La scala verticale
a
Federico Fellini,
a
Michail Bulgakof, Nicolai Gogol e Anton Cekof,
a
Franz Kafka e Bohumil Hrabal
a
De Sica e Zavattini,
a
Paolo Villaggio…
Luigi
Alcide Fusani
Corso Pavia, 26
27029 – Vigevano (PV)
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Luiglio-Agosto 2012
Giuseppe è uno dei nomi più diffusi in Italia.
Giuseppe è uno dei nomi più diffusi in Italia.
Brambilla
è uno dei cognomi più diffusi a Milano.
Giuseppe
Brambilla era un tranquillo pensionato che viveva in un condominio qualsiasi
della periferia milanese; era vissuto per tutta la vita in quel quartiere;
tutti lo conoscevano perché per tutta la vita aveva fatto l'idraulico; aveva
cominciato da ragazzo nella bottega del padre; alla fine della sua carriera
aveva lasciato il negozio ai figli e ora si riposava.
Era
vedovo; ogni mattina si alzava senza fretta, andava sul balcone e fumava la
prima sigaretta; si preparava il caffè con la moka; si sistemava per uscire e
andare in piazza; comperava la Gazzetta, passava al bar, ordinava ‘cappuccino e
brioche alla crema’, e da buon milanista sfotteva il padrone del bar, noto
tifoso interista. Entrambi poi, prendevano in giro il tifoso di una terza
notissima e titolatissima squadra del campionato di calcio italiano… ne avevano
ottimi motivi: tutta la grande squadra: giocatori, tecnici e dirigenti, era
stata convocata davanti al tribunale della Federazione, per rendere
testimonianza, qualche giorno dopo, su una gravissima questione di
calcio-scommesse che vedeva implicate le criminalità organizzate italiane, le
mafie: russa, cinese e sudamericana, con le ferocissime bande di zingari
rumeni. Per la grande squadra si parlava apertamente di punizioni severissime…
fino alla retrocessione in serie C.
Ma
lasciamo stare il calcio, perché la vera passione di Giuseppe Brambilla, non è
il “fubal”, ma il ciclismo; da sempre, dai tempi di Coppi e Bartali, a quelli
di Motta e Gimondi, a quelli di Bugno e Pantani… e quando arrivava a Pantani…
un magone, un groppo in gola… “poer fieu”.
Quando
era il periodo non si perdeva una tappa né del Giro d'Italia, né di quello di
Francia, per non parlare delle grandi classiche: la Parigi-Roubaix, la freccia
Vallona, e la sua preferita: la Milano-Sanremo. Ogni anno andava all'Arena a
vedere la partenza, poi a casa a seguire la corsa e l'arrivo in televisione. Il
suo sogno? Poter stare, almeno una volta, su una macchina di quelle che seguono
la gara… essere lì, soffrire con loro, i ciclisti.
Aveva
ancora una vecchia bici da corsa degli anni ’60, di quelle col manubrio a corna
di ariete; cambio Campagnolo; non l'avrebbe mai cambiata con una di quelle che
si usano oggi, col cambio giapponese. Quando lavorava ancora, la usava la
domenica, per andare a fare qualche sgambata con gli amici; adesso, se c'era
una bella giornata, la prendeva anche durante la settimana... la prendeva per
andare a Ticino, a respirare un po' d'aria fresca e pulita.
E
insomma… Giuseppe Brambilla era una persona normale e tranquilla, ma… ma quella
mattina capitò quel qualcosa… quell'evento imprevisto… che diede anche a lui il
famoso quarto d'ora di celebrità.
Era
una notte calda e afosa di giugno, anzi era proprio la prima notte d'estate;
erano le quattro del mattino del 21 giugno; Giuseppe Brambilla si era
svegliato… il letto era troppo caldo; era sgradevole restare disteso in quel
bagno di sudore. Si alzò, prese le sigarette, andò sul balconcino.
L’appartamentino era tranquillo; non si affacciava sulla strada; dava su un
grande spazio aperto, uno spazio in buona parte verde, ben piantumato, con i
vialetti e le panchine, tutto circondato di condomini; c'era anche la scuola
materna, i campi da gioco dell'oratorio, e due campi da tennis.
Il
signor Giuseppe stava per accendere una sigaretta, quando, proprio là davanti a
lui, in mezzo al parchetto... la vide: la scala era là.
Una
scala a pioli, piantata là in mezzo, verticale, altissima: talmente alta che,
nelle luci ancora incerte dell'alba, non si vedeva nemmeno dove andava a
finire.
Giuseppe
Brambilla rimase interdetto; si dimenticò persino di accendere la sigaretta.
Cos'era quella scala lì? A cosa serviva? Chi era che l'aveva messa? E perché?
Il
signor Giuseppe sentì di essersi perso qualcosa; rientrò in casa, prese il
telecomando, accese e mise sul canale “Ventiquattro su 24” . Stavano facendo, come al
solito, un servizio sulla crisi economica… una fabbrica in Abruzzo stava per
chiudere, una in Sardegna metteva gli operai in cassa integrazione. In basso
scorrevano i titoli delle principali notizie: la solita dichiarazione del
ministro dell'economia sulla necessità della lotta all'evasione fiscale; le
solite esplosioni e i soliti attentati nei paesi arabi; il passaggio di un
calciatore da una squadra straniera ad una italiana in cambio di milioni e
milioni; la morte di una rockstar americana famosa negli anni ’60.
Della
scala nessuna notizia; eppure ieri non c'era. A quest'ora non si poteva neanche
telefonare a nessuno… forse ai carabinieri… ma non è che poi fare una denuncia…
: Pronto?... sono Giuseppe Brambilla… abito qui davanti al parco Sant'Anselmo…
volevo denunciare che hanno messo giù una scala…. Non sapeva neanche ‘chi’
denunciare… se andava bene, lo avrebbero preso in giro…
Forse
era meglio chiamare i vigili… magari al Comune sapevano qualcosa.
Giuseppe
Brambilla tornò sul balconcino. C'era un po' più di luce; la scala si vedeva
ancora meglio. Doveva andare a vedere da vicino; si mise un paio di pantaloni,
infilò le scarpe, prese il cellulare, e scese. Un minuto dopo era davanti alla
scala. Incredibile! La scala sembrava appoggiata; non aveva neanche un
basamento… e lassù non si vedeva neanche dove andava a finire… ma com'era che
faceva a stare su?
Provò
a toccare: sembrava acciaio, lucido, freddo. Prese il cellulare; cercò il
numero e chiamò.
“Vigili
urbani, dica!”
“Senta…
io sono qui al parco Sant'Anselmo… no?! E sono qui… che c'è giù una scala… ”
“Com'è
che si chiama lei?”
“Brambilla…
Giuseppe Brambilla”
“Dov'è
che abita?”
“Via
Majorana… 12”
“Diceva
che c'è una scala?… mi spieghi un momento…”
“Eh!
… c’è una scala… una scala a pioli… che va su diritta… non si capisce neanche…”
“Ma
la scala dov'è?”
“Qui
in mezzo!”
“Un
momento che mandiamo una macchina… aspetti lì!...”
Il
telefonista chiamò il capo della pattuglia di servizio.
“Esposito?”
“Dimmi”
“Guarda
che c'è uno, lì al parco Sant'Anselmo… c’è uno che parla di una scala… va' a
vedere”
“…
è ubriaco?”
“…
mah, non sembrava… o è uno scherzo… sta attento comunque… portati il Mazza…”
“
Va ben…”
Cinque
minuti dopo, il Brambilla, l’Esposito e il Mazza erano lì, ai piedi della
scala; i lampeggianti dell'auto della polizia urbana mandavano i loro bagliori
azzurri.
Il
signor Giuseppe, stava raccontando che ieri sera non c'era niente… poi
stamattina, faceva caldo…
L’Esposito
era senza parole; scrutava verso l'alto, ma non si vedeva la fine, e in basso,
non si vedeva nessun segno... il Mazza toccava… cercava inutilmente di
sollevare, di spostare… dava dei piccoli colpi sui pioli… la scala risuonava
tutta. L’Esposito era preoccupatissimo; ogni volta che il Mazza spingeva o
forzava, esclamava: “Sta fermo, ostrega!... Sta 'tento!...”. Quella cosa lì,
era più grande di loro. L’Esposito tornò alla macchina e chiamò il Comando: “…
Ranzani… ‘scolta…”
“Dimmi!”
“…
qui non si capisce…”
“Cosa?”
“…
c'è qui una scala… è una scala a pioli… che va su diritta… verticale… non si
vede dove finisce… non si capisce neanche come fa a star su… non c'è basamento…
niente…”
Al
Comando, il telefonista rispose con una frase offensiva, seguita da “… che
scherzo è?...”
“…
non è nessuno scherzo…”
“Dai…
chi è che c'è lì con te?”
“…
no, no, c'è solo questo pensionato...”
“…
il Giuseppe Brambilla?...”
“…
si, c'è solo lui…”
Ranzani
pensò che Giuseppe Brambilla fosse un banale nome di fantasia per una bella
presa in giro e decise di ribaltare lo scherzo: “… e il Luigi Rossi non c'è?”
“Chi
è il Luigi Rossi?”
“…
è il cugino del Mario Bianchi!... pirla!... vadaviaiciap…”, e risate, e altri
amichevoli insulti coloriti e divertiti… se non che, proprio in quel momento,
il telefonista guardò fuori dalla finestra, e nelle prime luci del mattino,
dietro la villetta dall'altra parte della strada, vide una linea verticale che tagliava
in due parti esatte il cielo. Il telefonista posò la cuffia, si alzò dalla
sedia, andò alla finestra, guardò con attenzione e... la vide: la scala saliva
indefinitamente, fino a perdersi nel buio, e saliva proprio dalla zona del
parco Sant'Anselmo.
Intanto
nella macchina, l’Esposito, che aveva sentito interrompersi improvvisamente la
comunicazione, e con essa la sequela di bonari improperi, di prese in giro e di
risate, continuava a chiamare:
“Ranzani!
Ranzani, dove sei?! Ranzani non fare il pirla… Ranzani, rispondi!”.
Furono
solo pochi secondi, ma in quei pochi secondi l’Esposito aveva già cominciato a figurarsi
scenari apocalittici: terroristi che avevano assaltato il comando;
extraterrestri che si stavano mangiando il Ranzani; un piccolo buco nero che si
era creato in quel momento, per colpa di quegli esperimenti che fanno a Ginevra
e stava risucchiando tutto il mondo cominciando dal povero Ranzani.
Il
delirio mentale si interruppe finalmente, quando l’Esposito sentì la voce del
telefonista, che finalmente era tornato al suo posto, e senza ridere, con tono composto,
disse: “L’ho vista.”
*
Tre
ore dopo, alle otto di mattina, al parco Sant'Anselmo, era già cominciato il
grande carnevale. I vigili urbani avevano avvisato il sindaco; il sindaco aveva
avvisato la questura, i carabinieri, i vigili del fuoco, la protezione civile,
la guardia di finanza e persino la forestale.
Naturalmente,
nessuno sapeva cosa fare, però intorno alla scala era tutto un lampeggiare di
automezzi, ambulanze comprese, anche se nessuno si era fatto male.
Anche
la folla aveva cominciato a radunarsi; qualcuno verso le sei, vedendo la scala
dalla finestra di casa, in mezzo ai bagliori dei primi lampeggianti, aveva
chiamato la redazione di Radio Democratica Milano, e subito la notizia era
stata trasmessa.
L’ANSA
l'aveva ripresa immediatamente e rilanciata in tutto il mondo.
La
prima immagine della scala, una foto scattata con il cellulare, comparve sulla
rete, nel profilo Facebook di una studentessa del liceo artistico, non meglio
identificata (la sua pagina era intestata a tale Valentina Miao Miao, e la sua
immagine era il musetto malizioso della sua gattina Melody). Era stata
svegliata alle sei e mezzo dalla mamma che doveva uscire di casa alle sette e
un quarto, per andare in negozio. Valentina, veramente, non aveva nessuna
voglia di alzarsi... era stata in piedi fino alle due e mezzo, a chattare con
le compagne di scuola, a commentare le fotografie fatte in piscina al
pomeriggio, ma la mamma l'aveva convinta: “Vieni a vedere… sono sicura che
nessuno ha ancora postato una foto di quello che c'è fuori qua…”.
Per
farla breve: alle otto, oltre a tutte le forze dell'ordine, c’erano già sul
posto decine di giornalisti e qualche troupe delle televisioni sia pubbliche
che private.
Il
sindaco, il maresciallo dei carabinieri, il comandante dei vigili del fuoco e
persino il parroco erano lì davanti alla scala e non sapevano né cosa fare, né
cosa dire. Non c'erano danni; non c'erano tracce; non succedeva niente.
Qualcuno doveva pur dichiarare qualcosa alla stampa… ma cosa?
La
scala se ne stava lì, bella dritta, perfettamente immobile. In disparte, il Giuseppe
Brambilla aspettava; ai carabinieri e al sindaco, aveva raccontato quello che
sapeva: aveva caldo, come tutti, si era alzato a fumare una sigaretta sul
balcone e l'aveva vista...:
“Io
non me l'immaginavo neanche, che c'era giù una scala…”, disse come a volersi
scusare e a voler chiarire che lui non aveva colpe. Gli fu detto di non
allontanarsi e di restare a disposizione. Tra poco i giornalisti avrebbero
saputo che lui era quello che per primo aveva visto la scala, e a quel punto
tutti, giornali e televisioni, gli avrebbero chiesto interviste,
dichiarazioni... lo avrebbero ripreso e fotografato, e la sua immagine sarebbe
apparsa su tutte le prime pagine e su tutte le televisioni del mondo.
Il
primo problema lo causò una bambina di quattro anni che la mamma stava portando
alla materna, proprio lì in mezzo al parco. La bambina, Britney Martinez, figlia
di immigrati sudamericani, era una bambina molto vivace; vide la scala e
cominciò a far festa:
“
Mamma! Guarda che bella!... Com’è
alta!... Dov’è che sale?”, e senza chiedere il permesso, né aspettare risposte,
si staccò dalla mano della mamma, la signora Carmen Vargas Martinez, e dopo una
breve corsetta, arrivò ai piedi della scala e, prima che qualcuno dei presenti
potesse intervenire, aveva già cominciato ad arrampicarsi. La mamma chiamava,
ordinava:
“Britne!
No! Scende subito! Sce lo dico al pàpa che te sculascia! Scende subito qui,
Britne!”, ma Britney, felice e divertita, continuava a salire ridendo.
“Mamma!
Vedo le case!”, e su, e su sempre ridendo.
Un
giovane vigile del fuoco pensò di lanciarsi all'inseguimento della bambina ma
il comandante lo trattenne:
“
Non con questa!... con le nostre!”, e subito la squadra cominciò a sollevare la
scala del loro camion e ad allungarla. Il giovane vigile intanto saliva
velocissimo, per paura che la piccola salisse troppo in alto, mentre due uomini
della Protezione civile tendevano un telo nel caso che Britney scivolasse e
cadesse a terra. Per fortuna il giovane vigile la raggiunse in pochi istanti,
la prese in braccio e la portò a terra tra gli applausi, sana, salva e ridente,
mentre felice batteva le manine.
La
scena venne ripresa dalle telecamere presenti e immediatamente ritrasmessa; il
comandante dei vigili del fuoco si rese conto di quante e quali polemiche
sarebbero scoppiate se la bambina avesse riportato anche solo un semplice
graffio, e quindi ordinò agli uomini della Protezione civile di mettere a
distanza di sicurezza dalla scala, un giro completo di transenne, decorato con
il vivace nastro di plastica bianco e rosso, quello che intima: Assolutamente
vietato passare oltre.
Appena
finita l'operazione, gli uomini delle forze dell'ordine si disposero dietro le
transenne, affinché nessuno si avvicinasse senza autorizzazione.
Intanto
alcuni giornalisti televisivi avevano identificato il Giuseppe Brambilla e gli
chiedevano di avvicinarsi per intervistarlo; altri invece, avevano raggiunto la
signora Carmen Vargas Martinez:
“Signora,
cosa avrebbe fatto se il vigile del fuoco non fosse riuscito a raggiungere in
tempo la sua bambina?”;
“Ha
avuto paura?”;
“Che
lavoro fa a suo marito?”;
“Da
quanto tempo siete in Italia?”;
“Vorrebbe
che la sua bambina avesse la cittadinanza italiana?”.
Ogni
tanto arrivava una macchina nuova: arrivarono il prefetto, il questore, il capo
della Protezione civile regionale, il comandante della forestale e un
colonnello della Guardia di Finanza.
La
scala restava lì: ferma, immobile, indifferente.
“Ma
come fa a stare in piedi?”;
“E
se cade?”;
“Ma
quanto sarà lunga?”.
A
un certo punto, tutti, mentre guardavano lassù, dove la scala si perdeva,
videro un aereo, uno di quelli che andavano a Malpensa… videro che passava
proprio là vicino, dove la scala si perdeva. Il prefetto fece chiamare
immediatamente il comandante della torre di controllo dell'aeroporto sulla
linea riservata.
“Comandante,
buongiorno sono il prefetto Ferrari…”, disse con tono concitato. Il comandante
ebbe un momento di esitazione:
“Comandante,
mi sente?, sono il prefetto Ferrari!”
“Si
dottore, la sento…”
“Con
chi sto parlando?”
“Colonnello
Cavalli…”
“Mi
dica colonnello, avete qualche segnalazione particolare questa mattina?”
Silenzio.
“Si
dottore…”
“Mi
spieghi!”
“…
qualche pilota, questa mattina, venendo da sud, dalla Sardegna, da Genova...
hanno detto che passando sulla periferia ovest di Milano… hanno visto vicino
alla rotta…”,
pausa,
lunga pausa…
“Cosa
hanno visto?”
“…
una scala… una scala verticale… forse di acciaio… dicono di essere passati
vicino a una scala… ”
“E
voi? voi cosa avete fatto? perché non avete dato l'allarme?”. Altra pausa molto
lunga.
“Credevamo
che fosse uno scherzo…”
“Come,
credevate che fosse uno scherzo!”
“…
scusi… ci comunicano che c'è una scala a novemila metri di quota… credevamo che
fosse uno scherzo.”
In
effetti erano quasi due ore che alla torre di controllo tutti si stavano
scompisciando dalle risate; erano già una dozzina gli aerei che avevano
segnalato la scala…
“Avete
visto una scala?”, rispondevano da terra… “bene, parcheggiatevi lì, e fate
scendere la gente a piedi… i bagagli mandateli giù con l'ascensore”, e giù
risate.
Il
prefetto pensò a quali catastrofi erano state fortunatamente evitate e quali si
dovevano ora assolutamente evitare.
“Colonnello,
dirottate immediatamente tutti gli aeromobili in transito sulla zona ovest di
Milano! Fate fare un giro largo, o mandateli direttamente a Linate, a Bergamo,
a Torino, dove volete, ma ripeto, assolutamente non fateli passare sulla zona
ovest di Milano!”
“Ma
cosa succede?”
“C'è
una scala, una scala che parte dal centro di un parco e va su, diritta, a
perdita d'occhio, non si vede dove va a finire… anzi, colonnello, chiami
l'aeronautica militare e mandate degli aerei, degli elicotteri a sorvolare la
zona e a cercare di capire cos'è questa scala che è spuntata qui questa notte!”
“Provvedo
subito personalmente, signor prefetto!”
Alla
torre di controllo tutti avevano ascoltato la conversazione in viva voce, e
ora, nessuno rideva più. Mezz'ora dopo, gli aerei e gli elicotteri
dell’aviazione giravano incessantemente attorno alla scala… ma non vedevano
niente di più di una scala verticale che saliva verso il cielo, diritta, e non
aveva limite.
*
Non
erano ancora le dieci, e già scoppiava la prima polemica: il capogruppo di un
partito di opposizione a Palazzo Marino, dichiarava:
“Quanto
è successo questa notte a piazza Sant'Anselmo, dimostra ancora una volta, se ce
ne fosse bisogno, che l'attuale giunta che governa Milano è del tutto inadatta
a garantire la sicurezza dei cittadini... se è possibile che chiunque si
introduca in un parco della città e senza alcuna autorizzazione, violando le
più elementari norme di sicurezza, vi pianti una scala, vuol dire che la città
é lasciata a se stessa... il sindaco deve prendersi le sue responsabilità e
dire chiaramente ai cittadini: primo, chi pagherà i danni nel caso che questa
scala cadendo distrugga case, monumenti, e Dio non voglia… uccida cittadini
innocenti; secondo chi si accollerà le spese per la messa in sicurezza e per la
rimozione di questa scala, e visto che sembrano non esserci responsabili… non
vorremmo che ancora una volta fosse chiamato a pagare Pantalone… cioè il
cittadino che è già schiacciato da una quantità intollerabile di tasse, che
invece di diminuire aumentano sempre… non vorremmo che, con la scusa della
scala, si approfittasse ancora una volta per aumentarle”.
Immediatamente
dopo, il portavoce del sindaco ribatteva che, fin dalla prima segnalazione la
polizia municipale era prontamente intervenuta, e già alle quattro e quindici,
una pattuglia composta dal maresciallo Esposito e dall’agente Mazza, era
presente sul posto e presidiava la piazza garantendo la sicurezza degli
abitanti del quartiere e di tutta la città.
La
polemica si protrasse per tutto il giorno con continui distinguo tra gli
esponenti delle opposizioni e quelli dei partiti della maggioranza, con
riflessi anche sulla scena nazionale.
Infatti,
alcuni esponenti di primo piano di un importante partito assunsero una terza
posizione che potremmo riassumere in questo modo, citando le parole
dell'onorevole Pasticci:
“Io
ritengo, e su questo argomento godo dell'appoggio completo della direzione del
mio partito, che esprimersi in questo momento sull'evento della comparsa a
Milano della scala verticale, di cui non conosciamo nemmeno le effettive
dimensioni, sia uno sterile esercizio di retorica preelettorale, tanto più
inutile, in quanto tale evento si manifesta nel pieno di una crisi economica
epocale, le cui dimensioni superano gli angusti confini del nostro paese, e si
estendono a tutta l'Europa, e da qui al resto del mondo, quindi, per favore
occupiamoci dei problemi seri e cerchiamo di trovare soluzioni concrete… e
lasciamo stare discussioni che lasciano il tempo che trovano su scale e
gradini. Noi dobbiamo stare qui e adesso, con i piedi ben piantati per terra.
Buonasera. Grazie.”
Naturalmente
non tutti erano d'accordo con l'equilibrato e consapevole deputato e segretario
di partito; per cui quella sera, per discuterne, anticipando alla prima serata
una puntata straordinaria di ‘Tutto di Tutto’, il conduttore della trasmissione
Aloisio di Montenero, più conosciuto col nome d'arte di ‘Richelieu’, annunciò
al telegiornale una trasmissione speciale sul tema “Una scala per salire, o una
scala per scendere?”
*
Una
musica di Jean Baptiste Lully risuonò nelle case di milioni d'italiani.
Richelieu apparve dall'alto della scalinata che dominava la scenografia dello
studio televisivo.
“Buonasera...
buonasera ai nostri spettatori e ai
nostri ospiti. Benvenuti a ‘Tutto di Tutto’ dal vostro Richelieu.”
Quando
fu al centro della scena, guardò diritto nella camera esattamente davanti a sé
e con tono grave si rivolse agli spettatori.
“Oggi,
primo giorno d'estate... un evento senza precedenti nella storia dell’umanità si
è verificato nel nostro paese... a Milano... da oggi, a Milano, la città regina
della lirica, sede del teatro musicale più famoso del mondo... il teatro alla Scala...
la città del grande calcio... la città di San Siro... lo stadio chiamato la Scala
del calcio... a Milano da oggi abbiamo la terza scala… la scala del mistero... chi
l'ha portata? Perché? Perché proprio a Milano? Dove porta? … e soprattutto… -
si abbassarono le luci in sala - è una scala per scendere o una scala per
salire?
Ne
parliamo questa sera a ‘Tutto di Tutto’ con i nostri ospiti… ed ecco a voi…
l'uomo del giorno… l'uomo che l'ha vista per primo… il signor Giuseppe
Brambilla! …Venga signor Brambilla… si accomodi qui”.
Richelieu
attese che il pensionato scendesse tutta la scalinata, gli porse la mano da
stringere come se fosse da baciare, e poi lo accompagnò alla prima poltrona tra
quelle che formavano il semicerchio in cui si sarebbe svolta la conversazione.
Il signor Giuseppe Brambilla, disorientato, si guardava intorno e scopriva che
nello studio, oltre a Richelieu, c'erano anche altre decine di persone, tutte
in piedi, che durante la trasmissione non venivano mai inquadrate. Si sedette.
Richelieu
chiamò gli altri ospiti: l'importante opinionista del famoso giornale di
destra; l'importante opinionista del famoso giornale di sinistra; una famosa
donna di spettacolo, cantante, attrice, presentatrice, molto bella, diventata
poi onorevole del centro destra; una famosa rappresentante della società
civile, molto meno bella dell'altra, diventata poi onorevole del centro
sinistra; un filosofo cattolico famoso per le sue prese di posizioni
intransigenti; un famoso maitre-à-penser di sinistra che aveva ottenuto un
grande successo in Francia con un saggio intitolato ‘La società dei parassiti’,
dedicato alla finanza internazionale degli anni 2000; un sacerdote bergamasco, padre
Grissini, noto per le sue posizioni non convenzionali; il dottor Ferenc Paal,
un ingegnere ungherese, da anni trasferitosi in Italia, fondatore e presidente
dell'AIR3T, l’associazione internazionale per la gestione e il controllo degli
incontri ravvicinati del terzo tipo; infine comparve il mago di Antas, detto la
voce di Baal, famoso per avere previsto contro ogni sondaggio l'elezione di
Carmine Cannoniere a sindaco di Bagnarolo Campano,: uno strano personaggio che
era entrato in politica dopo avere lasciato la sua attività di venditore
ambulante di fiori al cimitero della città.
Il
mago di Antas, al secolo Gavino Piras, si presentò vestito da faraone
dell'antico Egitto, salmodiando in una lingua incomprensibile, recando alta sopra
la testa una statuetta della dea Tanit.
L'intervento
del Giovanni Brambilla, fu il più breve della storia della trasmissione.
Richelieu
si rivolse a lui, in tono mellifluo, in inizio di trasmissione:
“Allora,
signor Brambilla, ci dica... da quello che riportano le agenzie di stampa…
sembra che questa mattina alle quattro... verso le quattro... lei, non
riuscendo a sopportare il caldo, come la maggior parte dei cittadini che non
hanno l'aria condizionata… sia uscito sul balcone del suo appartamento... forse
per fumare una sigaretta... abbia guardato verso il parco Sant Anselmo, e abbia
visto, lì... alta... altissima… la scala...”.
“Si…”.
Il
Brambilla non ebbe tempo di dire altro. Richelieu gli aveva già tolto la
parola.
“Sono
passate ormai -guardò l'orologio- più di diciassette ore... e di questa scala
non siamo ancora riusciti a sapere nulla... né chi l'ha portata... né perché...
con quali scopi... con quali obiettivi...”.
Nella
pausa seguente alla parola ‘obiettivi’, si inserì la famosa donna di
spettacolo, ora onorevole del centro destra; sostenne che questa mancanza di
informazioni era segno evidente dell'incapacità del governo, in particolare del
ministro degli interni e di quello della difesa, che dovrebbero farlo, di garantire
la sicurezza dei cittadini.
A
darle man forte intervenne immediatamente il giornalista del famoso giornale di
destra che cominciò a deplorare il fatto che nessun esponente del governo si
fosse ancora presentato al parco Sant’Anselmo per rendersi conto di persona
della situazione e per rassicurare i cittadini.
Gli
esponenti del centro-sinistra risposero per le rime.
Gli
esponenti del centrodestra rumoreggiarono; i due filosofi tentarono di
intromettersi nella discussione, ma furono prontamente zittiti dal conduttore,
non appena furono pronunciate le parole “trascendente” e “materialismo”.
La
prima mezz'ora di trasmissione passò tra queste simpatiche schermaglie verbali,
che avrebbero potuto continuare sullo stesso tono, per ore, ma a questo punto,
Richelieu, col tono deciso dei grandi direttori d’orchestra, tolse la parola ai
contendenti:
“Basta
così, non siamo ancora in campagna elettorale, interrompiamo per favore queste
polemiche e cominciamo a pensare al futuro… voglio tornare ora alla domanda che
ha aperto questa serata… vorrei chiedere all’ingegner Paal… ma secondo lei,
questa scala, è una scala per salire... ora è una scala per scendere?”.
L'ingegner
Paal assunse un tono grave…
“Credo
che è evidentissimo da tutti, che non si deve discutere nemmeno… che questa
scala, che è una scala di tale dimensioni, di tale costruzioni… è senza alcuno
dubbio, l'opera di una civiltà extraterrestre, e quindi è tramite, cioè
collegamento, per contatto, che noi siamo attendendo di anni…”.
Il
mago di Antas se ne uscì con una risata isterica e stridula. Richelieu lo
richiamò immediatamente con fermezza:
“Santità!
Non ora, la prego… Santità!”;
“…
ma dottore, lei si rende conto che io, ascoltando tali stupidaggini, non posso
fare altro... non posso trattenere il riso che sgorga spontaneo e impetuoso dal
mio inconscio e dal mio animo”;
“Io
non posso continuare se quello signore, sempre interrompe ridendo… parlando”.
Richelieu
riportò la conversazione nel giusto binario, ma non prima di aver mandato in
onda la consueta dose di pubblicità; alla ripresa, si rivolse all’ingegner Paal
in tono confidenziale e chiese: “… ma questa scala… per realizzare questo
contatto… dovranno scendere questi extraterrestri… o dovrà salire una
delegazione di esseri umani?”;
“Io
penso che deve salire umani… è semplice, perché se extraterrestre vuole
scendere, non hanno bisogno con scala... Loro possono raggiungere terra senza
problema, con suoi mezzi trasporto semplice”.
“Queste
affermazioni dimostrano i.ne.qui.vo.ca.bil.men.te tutta la stupidità del
signore che ha appena finito di parlare…”, interruppe ancora il mago di Antas.
“Lei
non può sempre offendendo parlare!”
“Lei
proferisce frasi cretine, e io non offendo nessuno perché dico soltanto la
verità… se gli extraterrestri potessero raggiungere la terra senza problemi,
con i loro semplici mezzi di trasporto… con gli stessi mezzi potrebbero
consentire agli umani di raggiungere loro. Questo discorso degli extraterrestri
è del tutto campato in aria e io sono qui per lacerare il velo di menzogna con
cui questi ignoranti, incompetenti in malafede, stanno cercando di confondere
la mente dei semplici”.
Evidentemente
soddisfatto per aver trionfato con tale disinvoltura sul malcapitato ingegnere
ungherese, il mago di Antas prima incrociò le mani sul petto, poi benedisse i
presenti tracciando a destra, con la mano destra, il divino triangolo, poi a
sinistra, con la mano sinistra, il cerchio divino, e infine, con entrambe le
mani, la divina linea orizzontale che univa il divino triangolo al cerchio
divino. Infine giunse le mani davanti al petto e pronunciò di nuovo parole
incomprensibili; Richelieu lo lasciò terminare il suo breve rito osservando con
sguardo serio ma scettico, senza sorridere, ma tenendo il ciglio sinistro visibilmente
sollevato, dando così al suo viso un'espressione asimmetrica e accigliata.
“…
e allora ci dica lei… cosa dobbiamo aspettarci da questa scala?”.
Il
mago di Antas diede un cenno di assenso e aprì le braccia, come a voler porgere
la sua immensa saggezza a tutto il mondo:
“Ho
interrogato gli astri che governano l'universo da milioni di anni…”;
“…
e che notizie ne ha ricavato?”, incalzava impaziente Richelieu, il gran maestro
di cerimonie televisive, come se fosse stato veramente interessato alle
risposte del mago.
“Io
ho guardato le stelle, io ho ascoltato le stelle, e le stelle hanno portato la
loro luce e la loro voce fino ai miei occhi e alle mie orecchie e mi hanno
comunicato che gli dei eterni… gli dei
dell'antico Egitto, gli dei dei Fenici, dell'Africa intera, gli dei
delle lontane Americhe, gli dei degli Incas, degli aztechi e dei pellerossa,
gli dei delle antiche civiltà orientali… persino gli dei dell'antica Grecia, e
il Dio unico della religione giudaico-cristiana, hanno deciso di riunirsi in un
divino concilio universale e, per il bene dell'umanità, di risolvere
definitivamente il problema della pace in cielo e in terra.
Ora
essi, dopo aver realizzato in cielo la pace e la concordia delle religioni,
riconoscendo la pari dignità di tutte le divinità, scenderanno attraverso la
scala per portare nel mondo… la pace, il benessere e la concordia tra i
popoli”;
“…
e quando avverrà questa discesa? - chiese Richelieu come si ci credesse davvero
- … è in grado di darci un'indicazione… almeno approssimativa… sarebbe bene
saperlo con un certo anticipo in modo che si possano organizzare una opportuna
accoglienza… e una diretta televisiva… in mondovisione…”.
Il
mago di Antas allargò le braccia con fare paterno e comprensivo…
“…
Dottor Richelieu, come lei ben sa, l'idea del tempo è un'idea tutta umana… gli
dei vivono nell'eternità, cioè nell'assenza di tempo… un istante nel loro
tempo, può valere anni nel nostro tempo… forse secoli… anche la scienza, con la
teoria della relatività, ha riconosciuto questa realtà, per cui è impossibile
per noi calcolare… fare una equivalenza… e dire quando esattamente questo
evento accadrà… l'unica cosa che possiamo dire è che tale evento accadrà al
parco Sant'Anselmo… l'unica cosa che possiamo fare è recarci al parco
Sant'Anselmo, e lì, in raccoglimento, cercare la gioia nel nostro cuore e attendere
fiduciosi”.
Richelieu
non nascose la sua delusione… avrebbe voluto un’ora… una data almeno, per poter
poi deridere il mago, quando alla scadenza, non sarebbe successo assolutamente
nulla; ma il mago non era accaduto nel tranello.
“Bene,
restiamo in attesa… ma intanto sentiamo padre Grissini… cosa ne pensa di quello
che hanno appena detto l'ingegner Paal, e il mago di Antas?”.
Il
prete cominciò lentamente, col suo accento bergamasco, con la sua cadenza
trascinata:
“Mah,
insomma… io ho lasciato parlare… non mi piace quelli che interrompe sempre...
gridano uno sull'altro… ho ascoltato sia il signore là degli extraterrestri,
sia l'altro… degli aztechi… degli egiziani… ormai siamo un'epoca che ognuno può
dire quello che gli pare… che ognuno pretende di aver ragione qualunque cosa
dice… va bé… io non lo so… poi la gente… sono disorientati e non sanno più cosa
pensano… cosa dicono... ma insomma... per non stare qui a menare il can per
l'aia... è evidente che ci troviamo davanti un qualcosa di soprannaturale... di
miracoloso... che non è che si capisce ancora bene il senso... però, certo,
come tutti i miracoli è un'occasione...";
“
In che senso?” chiese Richelieu;
“Eh…
prima di tutto una occasione di conversione… per tutti… la scala è lì… la
vedono tutti, quindi è evidente che si tratta di un messaggio rivolto a tutti…”;
“Spieghi
meglio ai telespettatori il concetto di conversione…”;
“Eh,
conversione… cosa vuol dire conversione? vuol dire cambiare stile di vita…
cercare di essere un po' meno superficiali e badare di più all'essenziale…”;
“…
interessantissimo questo concetto... ma forse c'è anche dell'altro...”;
“Staremo
a vedere... anzi, io direi: andiamo a vedere!... se c'è una scala... andiamo
su... qualcosa succederà!”;
“Ma
chi dovrebbe andare? … secondo lei… lei ci andrebbe per esempio?”;
“
Ma certo! Potrebbe andar su chiunque... anche se secondo me sarebbe meglio che
andasse sul il Papa…”;
“Il
Papa!? … come il Papa?!”;
“Eh
scusi... nel Sinai, a farsi dare le tavole sul monte, non è mica andato sul il
Mosé? Ha mica mandato su uno qualsiasi! È andato su lui... il capo! E allora
perché non dovrebbe andare su il Papa?”:
“Sensazionale!
Padre Grissini propone di far salire sulla scala… il Papa in persona...
potremmo dire a ricevere le tavole della legge per il terzo millennio! Se
interpreto bene il suo pensiero... padre”;
“…
ma, non lo so, se a ricevere le nuove tavole della legge... ma forse a ricevere
qualche messaggio, qualche visione... non lo so...”.
La
provocazione di padre Grissini rimise in moto la trasmissione.
Tutti
volevano dire la loro… ma Richelieau aveva organizzato collegamenti in diretta
con il parco Sant'Anselmo... si ascoltarono le illuminanti opinioni di autorità
e di gente comune; furono trasmesse le immagini provenienti dagli elicotteri
che continuavano a compiere le loro evoluzioni intorno alla scala... ma il
sasso lanciato nello stagno aveva suscitato onde che si stavano allargando
sempre di più, con velocità fulminea, e con reazioni non del tutto
imprevedibili…
A Roma,
nei palazzi del Vaticano, fu subito emergenza.
Il
Papa, in tuta da ginnastica, nella palestrina attigua ai suoi appartamenti,
stava guardando la trasmissione, mentre pedalava sulla cyclette; lì accanto,
anche lui in tuta da ginnastica, per fargli compagnia, camminando sul
tapis-roulant, il cardinal Gonzaga.
Erano
un po’ preoccupati come ogni volta che padre Grissini andava in televisione.
Quando il mago di Antas raccontava le sue elucubrazioni, i due uomini di Dio
scuotevano la testa sorridendo, un po' rassegnarti... “Segni di quest'epoca
confusa…” pensavano, ma quando quel sacerdote se ne uscì con la sua proposta,
che nessuno, né Richelieu, né i presenti, aveva respinto con sdegno, il Papa
smise di pedalare, il cardinale smise di camminare, e rischiarono entrambi di cadere.
“Ma
quello è pazzo! Ma chi l'ha autorizzato!”
Erano
le undici meno un quarto; il Papa cominciò a schiacciare pulsanti, suonare
campanelli, e per i palazzi vaticani fu tutto un correre di monsignori, di
segretari, di addetti all'ufficio stampa e di responsabili di uffici
comunicazione... tutti convergevano di corsa allo studio di Sua Santità.
Meno
di dieci minuti più tardi, da piazza San Pietro, guardando in su, si poteva
vedere la luce filtrare attraverso le persiane delle finestre dello studio di
Sua Santità. Cosa sia stato detto esattamente in quella situazione non lo
sapremo mai; tuttavia indiscrezioni filtrate dagli ambienti ben informati
sostenevano che Sua Santità aveva minacciato provvedimenti disciplinari
severissimi nei confronti di padre Grissini, ma i suoi consiglieri più fidati
lo avevano convinto a soprassedere, visto che nulla di grave o di illecito era
stato commesso dal sacerdote, che anzi, paragonandolo a Mosé, aveva sottolineato
davanti a tutto il mondo il suo ruolo di guida suprema dell'umanità, unico
degno di confrontarsi direttamente con Dio. Inoltre un provvedimento nei
confronti di padre Grissini avrebbe offerto l'occasione ai giornali radicali e
della sinistra per scatenare una nuova campagna di opinione contro la mentalità
liberticida della gerarchia cattolica.
Pare
che l'efficacia degli argomenti abbia convinto, abbastanza rapidamente, Sua
Santità a recedere dai progetti punitivi, ma che non di un solo millimetro
fosse stato smosso dalla determinazione di non salire assolutamente, per nessun
motivo sulla scala: “Io soffro di vertigini” aveva ripetuto più e più volte;
“Mosé era stato chiamato da Dio sul monte Sinai direttamente... io non ho
sentito nessuna chiamata”; “Chi assicura che salendo la scala mi metterò in
contatto direttamente con Dio”; “Cosa ha da dire ancora Dio!? abbiamo già la
Bibbia, i Vangeli… abbiamo già tutto”; “Se Dio vuole, può comunicare anche
senza che io salga su quella ridicola scala!”… finché a un certo punto, non
arrivò l'illuminazione: “Se Dio avesse voluto che io salivo la scala... avrebbe
messo la scala a Roma! Se ha messo la scala a Milano, è perché vuol parlare con
l'arcivescovo di Milano, o addirittura col parroco della chiesa di Santa
Anselmo, che magari è un sant'uomo…”.
La
determinazione del Santo Padre nel non voler salire sulla scala era fuori di
dubbio, e tutti i presenti non poterono fare altro che prenderne atto.
Fu
in quel momento che in tutto il mondo si diffuse la notizia non del tutto
esatta, come oggi noi ben sappiamo, che il presidente degli Stati Uniti, noto
fervente cattolico, male informato dai suoi assistenti, sulla volontà
(inesistente) del Papa di salire sulla scala verticale, aveva comunicato
durante una diretta televisiva, che la NASA era pronta a realizzare, a tempi di
record, una specie di navicella spaziale, la Papa-mobile-verticale, che,
arrampicandosi a cremagliera sulla scala di piazza Sant’Anselmo, fosse in grado
di accompagnare Sua Santità, all’altezza di decine e decine di chilometri fuori
dall'atmosfera celeste, fino all'appuntamento divino.
I
telegiornali della notte chiusero su questa notizia. I canali televisivi all
news continuarono a seguire l'avvenimento in diretta per tutta la notte,
mostrando la scala investita dai fasci di luce delle fotoelettriche,
intervistando la gente comune che, ancora alle ore piccole stazionava in piazza
Sant’Anselmo e raccogliendo negli studi televisivi gli illuminanti pareri dei
tuttologi di ogni razza e colore.
Alle
otto del mattino un comunicato Ansa riportava in ogni angolo del pianeta il
comunicato ufficiale della Santa Sede: “Il segretario di stato vaticano, dopo
avere consultato il Santo Padre sugli sviluppi relativi all'apparizione della
scala verticale di piazza Sant'Anselmo, anche a seguito di alcune dichiarazioni
di uomini di Chiesa, riguardanti direttamente Sua Santità e che hanno provocato
alcune gradite ma precipitose reazioni su scala internazionale, ha deciso
l'istituzione di una pontificia commissione incaricata di esaminare l'evento in
tutte le sue implicazioni, al fine di acquisire elementi certi per poter
assumere le opportune decisioni conseguenti. La pontificia commissione è
presieduta dal cardinale Gonzaga, coadiuvato dal vescovo di Pechino cardinale
Hsu Chen Ghu, dal vescovo di Lagos, cardinale Giacomo Mbaba, e dal vescovo di
Baltimora cardinale Steve McCarty”.
*
Alle
prime luci del secondo giorno, la scala era ricomparsa: immobile, misteriosa,
immutata.
Nei
telegiornali del mattino, gli inviati non potevano fare altro che sottolineare
che nulla era cambiato a piazza Sant'Anselmo. Si parlava di clima di attesa,
anche se nessuno sapeva bene ‘attesa di che cosa’… la gente continuava ad
arrivare e alle dieci si poteva parlare già di folla. Sulla via Pertini che portava
al parco, si erano installati i primi furgoni che vendevano panini, piadine,
bibite.
In
mezzo a loro alcuni ambulanti di colore vendevano gadgets cinesi: portachiavi
con una scalettina; scalettine-stappa bottiglie; fazzolettini e bandane multicolori
con fantasie di scalettine; cupole di plastica in cui, dopo avere
opportunamente agitato, la neve cadeva malinconica sul parco Sant’Anselmo e
sulla sua scaletta.
Alla
televisione, le trasmissioni più popolari del mattino, non parlavano d'altro
che della scala: a ‘Buongiorno Buongiorno’, le interviste erano alternate a
brani delle opere più famose registrate negli ultimi anni al teatro alla Scala;
a ‘Buongiorno per tutto il giorno’, l'inizio della trasmissione era dedicato
alla indimenticabile Wanda Osiris e ai brani musicali da lei interpretati
mentre scendeva le famose scale, circondata dai boys; a ‘Buongiorno per
davvero’, il famoso critico cinematografico, commentava celebri scene di film
costruite intorno alle scale, dalla Corazzata Potemkin, ai musical di Fred
Astaire; a ‘Buongiorno nel nome del Signore’, su tele Sacro Cuore, un pacato
sacerdote argomentava su come il santo Rosario possa essere considerato, a
tutti gli effetti, una sorta di scala per avvicinarsi sempre di più al cielo, e
alla fine del suo intervento lanciò una semplice proposta: …questa sera, alle
ore ventuno, appuntamento al parco Sant'Anselmo, per una lunga notte di veglia
e di preghiera.
La
Chiesa cattolica non sempre è pronta a cogliere al volo le occasioni che i tempi
le offrono. Alcuni personaggi senza scrupoli, muovendosi sulla rete, e utilizzando
i social network, avevano già fondato una nuova setta: la ‘Santa Chiesa
milanese della scala’ detta brevemente la setta degli Anselmiti, che
professavano la loro fede come una forma di amore libero e universale; il loro
capo era Walter Agosti, un cantante che era stato famoso per un certo periodo
negli anni sessanta, quando con il nome d'arte di Long Willy, era entrato in
hit-parade con canzoncine simpatiche e orecchiabili come ‘Lacrime blu’, ‘Libera
di cogliere un fiore’ e ‘Io vado a Hollywood’.
Conclusosi
il suo periodo di maggior successo, si era ritirato in India per seguire gli
insegnamenti filosofici di un Santone locale detto White Road, perché portava
sempre impeccabili abiti bianchi di foggia occidentale. Sfortunatamente il
santone morì pochi mesi dopo l'arrivo di Long Willy che, quindi, era rientrato
a Novara, sua città natale, e qui, nella cascina dei suoi genitori, aveva
aperto una specie di comune agricola dedita alla coltivazione del riso e alla
produzione di ingredienti necessari per la cucina macrobiotica; specialità: i
formaggi di capra conditi con spezie orientali.
Long
Willy si nominò primo capo della Santa Chiesa milanese della scala, impose a se
stesso il nome di Anselmo primo, e scelse tra gli ospiti della comune, dodici
amici fidati ai quali diede il titolo di ‘apostoli’.
Alle
ore quattordici del 22 giugno, Anselmo primo, con i suoi dodici apostoli, e
altri fedeli salmodianti, tutti vestiti con tunica rossa e sciarpa nera, si
presentò al parco, recando un vincastro fatto con una sottile scala, intorno a
cui era avvinghiato un biscione, e chiedendo alle autorità di pubblica
sicurezza di consentirgli di salire sulla scala.
Naturalmente,
nessuno dei presenti era in grado di concedere un tale permesso, e l'ordine
tassativo era: nessuno può avvicinarsi alla scala e tantomeno arrampicarvisi.
Iniziò
una lunga discussione che non cambiò in nulla la posizione delle autorità, per
cui agli Anselmiti non restò altro che tenere la posizione e continuare a
salmodiare in attesa della evoluzione degli eventi.
Due
ore dopo, non lontano dai furgoni che vendevano piadine e bibite, si parcheggiò
un pulmino carico di antenne e apparecchiature elettroniche. Sulla fiancata uno
strano simbolo: un quadrato nero intorno al quale erano posizionate quattro frecce
rosse: una da destra e una da sinistra una da sopra e una da sotto; sopra il
simbolo, la sigla di BDN-pie; sotto, in piccolo la scritta ‘Brigate per la
Difesa Nazionale dai pericoli interni ed esterni’.
Scesero
quattro individui in camice bianco e cominciarono a collegare cavi, antenne,
spinotti e tutto quanto; nemmeno tre minuti dopo, il primo telecronista
cominciava a intervistare il portavoce della brigata, che declamò il proclama
ufficiale: “Davanti alla evidente incapacità delle autorità pubbliche ad
assumere qualunque iniziativa atta a garantire la sicurezza dei cittadini,
abbiamo deciso di istituire un presidio per la vigilanza del sito di piazza
Sant'Anselmo, in modo tale da poter riconoscere con sufficiente anticipo i
segnali di una possibile aggressione extraterrestre al nostro paese, e
consentire ai cittadini di organizzare efficaci contromisure di autodifesa.
Stiamo quindi scannerizzando tutte le frequenze radio provenienti dallo spazio
in cerca di possibili anomalie”.
Il
proclama delle BDN-pie fu disturbato da fischi e dissensi di uno sparuto gruppo
di ragazzi che, a giudicare dall'aspetto, provenivano sicuramente da centri
sociali alternativi. Quello che pareva essere il ‘capo’ di questi giovani si
vide porre davanti al viso il microfono mentre il giornalista gli domandava:
“Sembra
di capire che il vostro gruppo si trovi in aperto dissenso con l’azione degli
attivisti per la difesa nazionale”;
“Bubba
non rispondere…!”, intervenne la Mallu (Maria Luisa, sulla carta d'identità),
una ragazzina con capelli tagliati da mohicano, con tatuaggi tribali nella
parte della testa dove capelli erano stati rasati.
“Cioè,
cazzo, io non capisco... oh, non sappiamo ancora un cazzo... e loro, senza
sapere... proprio neanche un cazzo..., oh sono già qui... magari questi qui
vengono giù per aiutarci… magari cazzo ne so... no! Loro... a priori: no!?
Cioè, ma che cazzo di gente siete... ma se non li conosci neanche... cazzo...
ma cì avete parlato? Ma come ragionano... prima di dire… oh… cazzo... due
giorni... io non lo so..."; a questo punto si alzò il coro “Brigate,
brigate... a-ffan-culo…”, ripetuto più e più volte.
Il
portavoce delle ‘Brigate’ si rivolse al giornalista e ai giovani contestatori:
“Allora… gli spettatori possono giudicare da soli la civiltà di questa gente”;
“Ma
civiltà che cosa... cazzo!”, urlò la Mallu.
“Noi
non abbiamo niente contro nessuno... solo che a casa nostra può entrare solo
chi è invitato e se rispettano le nostre leggi e le nostre tradizioni,
altrimenti fanno il piacere di restare a casa sua…”.
E
di nuovo: “Brigate, brigate... andate a fare in culo…”, alternato a “Scemi...
scemi!”.
Un
gruppo di una decina di guardie forestali s'intromise e la discussione fu
interrotta.
Il
vice questore si guardò in giro... erano le sei di sera e c'era decisamente
troppa gente al parco Sant'Anselmo.
È
vero che la maggior parte delle persone si faceva fotografare con i telefonini,
con la scala sullo sfondo e subito spediva la foto gli amici che non avevano la
fortuna di essere lì e di potersi sbizzarrire in tutte le pose più
imprevedibili: fingendo di arrampicarsi sulla scala, fingendo di discenderne,
di sostenerla come se fosse la torre di Pisa; guardando terrorizzati come se
stessero sbarcando gli alieni, guardando in estasi come se ci fosse la Madonna
di Fatima, baciandosi e abbracciandosi, facendo boccacce e V di vittoria,
facendo bella-lì, sfigato, looser...
Il
vice questore era preoccupato; troppa gente, troppo movimento, troppo pochi
uomini in caso di emergenza. L'origine delle preoccupazioni erano informazioni,
provenienti da altre piazze d'Italia, che parlavano di raduni di penitenti
incappucciati, che a petto scoperto, dotati di cilicio e di flagelli si stavano
percuotendo, chiedendo perdono per i peccati dell'umanità.
Altri
gruppi di questi penitenti, provenienti dalla Calabria, dalla Basilicata, dal
Molise, dal Umbria e perfino dalla Croazia, guidati dai loro parroci o
addirittura del loro vescovi, stavano convergendo sul parco Sant'Anselmo a
bordo di pullman.
Il
vice questore temeva che giunti sulla piazza, gli appartenenti alle diverse
confraternite si sarebbero contesi le zone più vicine alla scala per
manifestare davanti ai giornalisti e alle televisioni provenienti da tutto il
mondo, la loro devozione.
“Ma
il Papa che fa ?” mormorò tra sé e sé.
*
Già...
il Papa che stava facendo?
Risposta:
dopo avere adempiuto ad alcuni inderogabili impegni programmati da vario tempo,
tra cui il più importante era ricevere i rappresentanti, dirigenti e atleti,
della squadra di ciclismo ‘Ruote e Vita’, in partenza per il Tour de France,
sponsorizzata da un noto industriale cattolico dell'Emilia, arricchitosi
producendo le famose marmellate di Santa Teresa… (le marmellate dell’estasi)… dunque…
dopo aver adempiuto agli inderogabili impegni, si era riunito con la pontificia
commissione, fermamente deciso a trovare tutte le più valide giustificazioni
per scongiurare assolutamente la deprecabile ipotesi di doversi arrampicare su
quella scala.
I
cardinali della commissione avevano letto i giornali, avevano guardato la
televisione, avevano letto le dettagliate relazioni delle autorità di pubblica
sicurezza, il cui contenuto si poteva riassumere in una semplice frase: “Non ne
sappiamo nulla”.
L'unico
dato certo era scritto in una nota riservatissima, consegnata dal cardinale
Mbaba, al cardinal Gonzaga, che riportava il contenuto di un colloquio segreto
svoltosi tra lo stesso Mbaba e l'arcivescovo di Milano, il potentissimo
cardinale Lucio Gallina, il cui senso si poteva sintetizzare così: “Io sulla
scala non ci vado nemmeno morto; il capo è lui, se vuole che vada su qualcuno,
ci va su, lui”.
Sua
Santità ebbe uno scatto di nervi che i fedeli non potrebbero mai nemmeno
immaginare: “Se glielo dico io, lui piglia e sale, se no, c'è lo mando io a
calci nel sedere, su quella scala del diavolo!”…
Tutti
i membri della commissione rimasero colpiti dalla determinazione del sant'uomo…
il cardinale Mbaba ripeté: “La scala del diavolo!”… e contemporaneamente sui
volti di tutti presenti si aprì un serafico sorriso: eccola la soluzione!... ma
come avevano fatto a non pensarci prima! La scala del diavolo... messa lì apposta
dal demonio per tentare gli uomini, per far leva sulla loro smania di sapere...
come l'albero della conoscenza nel paradiso terrestre! Sì,... la scala della
conoscenza! Ecco il motivo giusto per non salire e anche l'occasione buona per
mettere a tacere una volta per tutte quel sacerdote... quel saccente, sempre
pronto a sputare le sue sentenze ogni volta che qualcuno gli piazzava davanti
alla bocca un microfono. Ora finalmente lo si poteva inchiodare: la storia,
anzi Dio stesso, lo aveva smascherato, assegnandogli il ruolo di serpente
tentatore, incaricato di indurre il Santo Padre al peccato di superbia.
Il
cardinali Gonzaga chiamò un servitore di camera e gli ordinò di portare una
bottiglia di champagne per brindare alla divina soluzione.
Mentre
brindavano il cardinale Mbaba cominciava mentalmente a prendere appunti sul
comunicato che sarebbe stato divulgato la mattina successiva: “Il Santo Padre,
riunitosi in preghiera con i cardinali componenti la pontificia commissione
incaricata di riflettere sull'evento della comparsa della scala misteriosa...
eccetera... eccetera...”.
Il
comunicato sarebbe stato divulgato la mattina successiva... ma qualche
giornalista amico avrebbe ricevuto in anteprima qualche informazione...
soprattutto sui provvedimenti a carico di quel prete presuntuoso, ammalato di
protagonismo e così arrogante da pretendere di insegnare al papa quello che
deve fare. Provvedimenti... niente di repressivo, s'intende… purtroppo non sono
più i tempi, ma un chiaro e accorato richiamo alla prudenza, al silenzio, e al
rispetto della gerarchia. Champagne!
*
Per
la seconda sera consecutiva ‘Tutto di Tutto’ andava in onda in prima serata.
Titolo
della puntata: ‘La scala misteriosa - opportunità o tentazione?’.
Richelieu
aveva ricevuto istruzioni ben precise: sostenere con determinazione e obiettività
la tesi gradita in Vaticano e non ancora divulgata. Bisognava dare alla puntata
una veste di serietà dopo il tono cialtronesco della sera precedente; a metà
trasmissione sarebbe intervenuto da Roma in diretta l'esperto di affari
vaticani Dante Augusto Mariani a spiegare tutta la situazione per benino.
In
studio erano ospiti al solito, un onorevole di sinistra e uno di destra con la
missione di sostenere le due tesi contrapposte: prima; successo del governo,
infatti chiunque abbia messo la scala ha scelto il nostro paese, evidentemente
in segno di fiducia verso il sistema Italia, il suo assetto economico e
produttivo; seconda: fallimento del governo, infatti, chiunque abbia messo la
scala ha scelto il nostro paese in quanto convinto di poter venire a casa
nostra a fare il proprio comodo, senza alcun controllo.
Accanto
agli onorevoli era presente Angelo Pietroni, il noto giornalista televisivo che
da anni conduceva la trasmissione “Il mio amico E.T.”; in questa trasmissione
non venivano offerte risposte ma posti quesiti interessanti: “Gli
extraterrestri sono già tra noi?”; “Gli aztechi erano arrivati sulla terra con
le astronavi?”; “Le piramidi servivano per comunicare oltre lo spazio?”; “Le
banche di Wall Street ricevono ordini dagli extraterrestri?”.
La
sua presenza a ‘Tutto di Tutto’, si era resa necessaria per affrontare alcuni
spinosi temi: la scala misteriosa può essere considerata un passaggio per accedere
ad un'altra dimensione?... oppure per metterci in comunicazione con un mondo
parallelo?... gli extraterrestri vogliono portarci un aiuto per risolvere i
nostri problemi o hanno bisogno di aiuto?... hanno forse esaurito qualche
elemento naturale nel loro mondo e hanno bisogno di trovarne nuovi giacimenti
qui?... potrebbero aver bisogno di sale marino?... stanno aspettando che
qualcuno salga o aspettano un invito a scendere? e infine… gli extraterrestri,
con la scala, hanno voluto offrirci una via di fuga di fronte all’avvicinarsi
della fine imminente del nostro pianeta?
Sono
argomenti che appassionano l'opinione pubblica.
Molto
meno interessanti, le opinioni degli scienziati convocati: un fisico, un
matematico, un meteorologo, un ingegnere, un astronomo.
Per
rendere più comprensibili i loro interventi, Richelieu aveva fatto preparare un
magnifico modellino in scala del sistema solare, con le posizioni dei pianeti
in quel momento; la terra si riconosceva immediatamente perché ne usciva una
specie di ferro da calza che rappresentava la scala.
Richelieu
sorrise agli spettatori: “Noi non sappiamo quanto sia lunga la scala... nel
nostro modellino l'abbiamo rappresentata come se misurasse 500 milioni di
chilometri, ma allo stato attuale delle nostre conoscenze potrebbero essere
molti di più, o molti di meno. Vedremo poi con gli scienziati che questa sera
sono nel nostro studio quali conseguenze comporti una diversa stima delle
dimensioni della scala”.
Insieme
agli scienziati era stato invitato anche un gruppo di imprenditori, anche
questi scelti accuratamente in due categorie: da una parte i sostenitori della
tesi che la scala poteva offrire una straordinaria occasione di sviluppo per il
sistema produttivo nazionale, in particolare per lo sviluppo del turismo;
dall'altra i benaltristi, i sostenitori della tesi opposta: “… sì, la scala può
dare un contributo al rilancio del made in Italy, ma il paese ha bisogno di ben
altro, soprattutto di riforme strutturali e di ridurre la spesa pubblica”.
Entrambi comunque concordavano sul fatto che classificare alcuni prodotti
nazionali col marchio ‘Scala verticale certificata e garantita’, avrebbe
tutelato le nostre esportazioni nel mondo, dalla concorrenza sleale dei paesi
emergenti, e quindi bene aveva fatto l'ufficio per il commercio estero a
depositarlo.
Richelieu
con una lunga bacchetta, mostrava con orgoglio il marchio, che rispendeva su
uno schermo gigante: un quadrato diviso in tre parti, come la bandiera
italiana, con un terzo verde, un terzo rosso e il terzo centrale, bianco diviso
in rettangolini che alludeva ai gradini della scala. Il quadrato era sormontato
dalla scritta Italia e a sua volta sormontava la scritta &Italy.
Alla
sua presentazione dalle file del pubblico si levò spontaneo e unanime un
applauso di consenso.
Richelieu
si pavoneggiò: “Questa sera a ‘Tutto di Tutto’ abbiamo presentato in anteprima
il marchio: Italia & Italy - prodotti a scala verticale certificata e
garantita!
E
ora, prima di passare la parola ai nostri scienziati, mi dicono che abbiamo in
diretta da Roma il nostro esperto di affari vaticani…”
Sullo
schermo alle spalle di Richelieu, comparve il sorriso serio di Dante Augusto
Mariani. “Buona sera a tutti gli spettatori”.
“Allora,
ci dica... questa mattina il comunicato ufficiale della Santa sede ci ha
informati della avvenuta costituzione della commissione pontificia per
affrontare il tema proposto ieri sera in questa trasmissione da padre Grissini...
e più in generale per definire il punto di vista della Santa sede, sulla
presenza della scala misteriosa al parco Sant'Anselmo… si sa qualcosa? è
trapelata qualche notizia sull'orientamento della curia a questo proposito?”
“Mah,
guardi... lei sa... il riserbo degli ambienti vaticani è proverbiale… quindi
nulla di ufficiale né di definitivo si sa ancora… - Mariani tirò un lungo
respiro; Richelieu attendeva trepidante - ... tuttavia qualche voce comincia
circolare…”;
“E
cosa dicono queste voci?”;
“Sembra
che l'atteggiamento di Sua Santità sia improntato al carattere di estrema
prudenza. Lei sa… in realtà non c'è nulla di certo… cioè non si sa nulla di
certo sulla scala, sulla sua funzione, sulla sua origine... se ci fosse stata
qualche apparizione... se ci fosse stata una indicazione precisa… una chiamata…
se ci fosse almeno una prova certa dell'origine divina della scala...”;
“Ma
finora nulla di tutto questo!”
“Assolutamente
nulla, anzi, pare che in commissione, qualcuno abbia anche ricordato la torre
di Babele... l'arroganza dell'uomo che pretende di arrampicarsi fino al cielo”;
“Eh…
certo, il peccato di superbia è sempre in agguato… di questi tempi poi…”;
“Certo...
la superbia dell'uomo che pretende di affidare il suo destino unicamente alla
sua intelligenza…”;
“Allora
possiamo supporre che né domani… e neanche nei giorni seguenti… non vedremo Sua
Santità arrampicarsi su per i gradini della scala come auspicato dal nostro
padre Grissini, e anche da tanti fedeli…”;
“Francamente,
penso proprio di no… il padre Grissini è persona di grande entusiasmo e di
grande generosità, ma è anche dotato di una certa ingenuità e impulsività, che
spesso lo spinge a manifestare pensieri non del tutto condivisibili… pensieri che
non concordano con l'atteggiamento di prudenza e di cautela che caratterizza le
scelte e i comportamenti della Santa sede”.
L’intervento
si concluse con il sorriso compiaciuto dell'inviato da Roma: missione compiuta!
“Grazie,
grazie mille al nostro collega da Roma… Dante Augusto Mariani, e torniamo qui
in studio a Milano”.
Ormai
erano passate le dieci e trenta; l'audience cominciava diminuire; era momento
degli scienziati. Il fisico, il matematico, il meteorologo, l'ingegnere, l’astronomo,
incominciarono ad argomentare. Richelieu poneva quesiti di grande interesse per
l'opinione pubblica:
“La
scala può avere una lunghezza infinita?”;
“Certo
che no - rispose il fisico - una scala di lunghezza infinita, muovendosi nello
spazio, nella parte che supera una certa distanza dalla terra, si troverebbe a
muoversi a una velocità maggiore di quella della luce, e questo è in aperto
contrasto con le leggi della relatività”;
Il
matematico ribatté che questo sarebbe stato possibile, però ammettendo che a
quelle distanze si creassero delle distorsioni nello spazio-tempo.
Intervenne
immediatamente Angelo Pietroni che colse la palla al balzo:
“Potremmo
pensare che questa distorsione sia il punto di passaggio... il tunnel… per il
passaggio verso altre dimensioni... al limite anche per compiere salti nel
tempo...”
“…
e a quale distanza potrebbero trovarsi queste distorsioni?”;
“Intorno
a 10 alla undicesima chilometri dalla terra”, disse il matematico;
“...
cioè detto in parole povere?”;
“Circa
cento miliardi di chilometri.”;
“E’
più o meno di un anno luce?”;
“È
circa un centesimo…”;
“Cento
miliardi di chilometri!... incredibile non si riesce nemmeno immaginare!... affrontare
lo studio di questa scala comporterebbe un impegno scientifico straordinario… ma
l'Italia è in grado di affrontare una sfida di questo genere?”
“Certo,
se dovessimo arrivare a distanze intorno ai cento miliardi di chilometri, per
sperimentare le proprietà della scala, occorrerebbero quantità di energia
impensabili…”;
“E
noi non abbiamo neanche una centrale nucleare”, disse, scotendo la testa
tristemente, Richelieu, che da sempre si era rammaricato che, per colpa degli
ecologisti non si fosse potuto sviluppare un percorso italiano al nucleare.
L'ingegnere
intervenne: “Certo, sarebbe un dispendio di energia spaventosa, e di fronte a
quali certezze... siamo sicuri che una salita sulla scala porterebbe vantaggi?...
sarebbe veramente utile allo sviluppo scientifico?... allo sviluppo industriale?...
sarebbe in grado di rendere l'Italia competitiva nel mercato della
globalizzazione mondiale? io penso proprio di no... per quello che possiamo
immaginare adesso, potrebbe essere solo un colossale spreco di risorse”.
Un
discorso così negativo non piacque molto al conduttore, che rivolse uno sguardo
implorante soccorso agli altri presenti... se anche loro avessero condiviso
l'opinione dell’ingegnere la trasmissione avrebbe preso una piega decisamente
deprimente.
In
soccorso arrivò l'astronomo: “Certo di questa scala si sa ancora troppo poco...
noi, al nostro osservatorio stiamo facendo tutta una serie di misure per
verificare se per caso, la scala non stia frenando il moto di rotazione
terrestre... lei mi capisce... anche un rallentamento di pochi secondi al
giorno, nel corso del tempo, potrebbe portarci ad avere giornate di 25, 26… 30
ore con ricadute imprevedibili su tutti cicli biologici sulla terra... anche
l'essere umano, come potrà comportarsi in un mondo in cui le giornate invece di
24, durassero 36 ore?”. Richelieu si mostrava interessatissimo e stupito.
Il
giornalista pseudo scientifico, prese la palla al balzo e domandò ostentando
viva apprensione:
“Ma
se la scala può modificare il moto di rotazione della terra… allora forse
potrebbe essere sconvolto tutto l'equilibrio del sistema solare…”.
L'idea
di una catastrofe di dimensioni interplanetarie sembrava molto eccitante, sia
per Pietroni che per Richelieu, ed entrambi guardavano con sincera apprensione
l’astronomo il quale si affrettò a minimizzare: “Al momento, ancora non
sappiamo esattamente cosa accadrà... stiamo facendo misurazioni... si avanzano
delle ipotesi... delle congetture... congetture tutte da verificare...”.
La
parola, ‘congetture’ piacque molto a Richelieu.
“Congetture,
dice il professor Orsenigo… congetture che lasciano intravvedere scenari
apocalittici degni dei più terrificanti film di Hollywood... dunque da questa
scala non possiamo aspettarci niente di buono?”.
Finalmente
intervenne il meteorologo: “Io non sarei così pessimista... non abbiamo ancora
avuto l'occasione di sperimentare, ma io penso che in caso di temporale, la
scala potrebbe funzionare come un enorme parafulmine e raccogliere una quantità
enorme di energia elettrica che potrebbe essere convogliata a terra e
utilizzata per particolari applicazioni industriali... ad esempio potrebbe
alimentare inceneritori o altoforni…”;
“Cosa
ne dice l’ingegnere?”
“Si,
tra l’altro mi pare proprio che nella zona ovest di Milano, esista un grande
inceneritore di rifiuti…”;
“Si,
l’inceneritore di Figino!”;
“Se
si riuscisse convogliare lì l’energia elettrica presente in quota, si
potrebbero incenerire con poca spesa grandi quantità di rifiuti...”.
Richelieu,
con un sorrisetto maligno, guardò in macchina e disse agli spettatori,
confidenzialmente: “... se così fosse, bisognerebbe sperare di veder svettare
qualche scala anche a Napoli o a Palermo... naturalmente questa è solo una
battuta… che ci dà l'occasione per salutare i nostri spettatori che ci seguono dal
sud d'Italia...”.
Detta
questa ultima simpatica carognata, il conduttore ringraziò, salutò tutti gli
esperti intervenuti e diede appuntamento ai telespettatori per la sera
successiva e infine, facendo l'occhiolino confidenziale agli ascoltatori,
aggiunse: “... sperando che stanotte, la scala non cada!”.
*
Durante
la notte non successe nulla di nulla.
La
scala svettava indifferente, immobile, algida da piazza Sant’Anselmo, dove
brulicava la solita folla di centinaia di persone; chi recitava il rosario, chi
scrutava le onde provenienti dallo spazio, chi vendeva panini, bibite e gadget.
Al
mattino del terzo giorno l’ANSA divulgò l’equilibratissimo comunicato elaborato
dalla commissione pontificia, il cui contenuto era già stato anticipato
esattamente la sera precedente, da Dante Augusto Mariani.
Mariani
stesso era presente alla trasmissione ‘Buongiorno Buongiorno’, a ribadire
quello che era stato mandato a dire a ‘Tutto di Tutto’ la sera precedente.
A
‘Buongiorno per tutto il giorno’, erano già un po' più avanti...:
“Ma
se la scala non è una via per mettersi in contatto con la/ le divinità, non si
può pensare a una ‘salita laica’?”. Fu lanciato un referendum su Facebook: ‘Chi
vorresti veder salire sulla scala?’.
I nomi
più votati furono quelli del presidente della Repubblica; del capo del governo;
del capo dell'opposizione; del sindaco di Milano; del capo della Protezione
civile; del sindaco di Bari; pochi voti sparsi ottennero anche: Umberto Eco,
Rita Levi Montalcini, Adriano Celentano; ultimo della lista, Nanni Moretti...
con un solo voto.
A
‘Buongiorno per davvero’, il pubblico potè assistere a un terribile battibecco
a quattro dove il sindaco di Venezia, quello di Firenze, il ministro della
ricerca scientifica e il presidente della regione Lombardia si insultarono e si
tolsero la parola l’un l’altro, per un'ora e quaranta, esprimendo le loro
opinioni su chi dovesse salire, se dovesse servire, quando dovesse salire, come
dovesse salire, fino a che altezza dovesse salire.
Alla
fine della trasmissione, secondo la migliore tradizione dei talk-show
televisivi, ognuno di loro era ancora più convinto delle proprie opinioni;
nessuno di loro aveva ceduto di un solo millimetro.
A
‘Buongiorno nel nome del Signore’, su tele Sacro Cuore, il pacato sacerdote
osservava come la scala della discordia fosse arrivata a mettere gli uomini uno
contro l'altro... come se non bastassero già le divisioni tra religione e
religione, e tra gruppi di fedeli all'interno della stessa religione. Invitò
pertanto tutti i fedeli a intonare immediatamente il santo Rosario per invocare
dal Cielo la concordia tra gli uomini in Italia e in tutto il mondo.
*
Intanto
al Ministero degli interni era stata convocata una riunione per affrontare la
situazione.
L'appuntamento
era per le prime ore del pomeriggio; già alle tredici i primi giornalisti erano
fuori dal Viminale per carpire qualche frase, qualche parola, qualche
intonazione della voce dei ministri, che lasciasse trasparire un indizio. Ogni
telegiornale fece il suo collegamento in diretta e tutti i giornalisti dissero
che erano in attesa dei ministri.
Quando
i ministri cominciarono ad arrivare, tutti dichiararono che la riunione sarebbe
cominciata tra poco; che non si sapeva quanto sarebbe durata; che non si sapeva
se sarebbero state prese delle decisioni e men che meno che decisioni sarebbero
state prese.
Arrivò
il ministro degli interni accompagnato dal prefetto di Roma e da quello di
Milano; arrivò il presidente del consiglio, con due sottosegretari alla
presidenza; arrivò il ministro della difesa accompagnato dall'ammiraglio
Ramponi e dal generale Riccoboni; arrivò il ministro dell'economia e della
finanza; il ministro della ricerca scientifica; il ministro dell'istruzione e
quello del commercio estero; il presidente della corte costituzionale e il
cardinal Pignetta, osservatore inviato dalla Santa Sede; gli ambasciatori di
Francia, Germania e Stati Uniti e l'onorevole Mandaroni, vice presidente del
Parlamento europeo. Quando tutti furono entrati il portavoce del maggiore
partito di opposizione, che casualmente si trovava davanti al Viminale,
dichiarò a tutti gli organi di informazione lì riuniti che anche in questa
occasione il governo italiano si era segnalato per mancanza di idee, per la
mancanza assoluta di controllo sulla situazione e per incapacità; la lezione
che ancora una volta, gli italiani devono trarre è che il governo deve andare a
casa il prima possibile e chiamare il popolo, che è sovrano, ad esprimere la
propria opinione su chi debba governare veramente questo paese.
All'interno
del palazzo, intanto, i ministri, i generali, gli ambasciatori, e tutti quanti,
avevano preso posizione intorno al tavolone. Tutti mormoravano, commentavano,
sussurravano... qualcuno sorrideva...
Il
Presidente del consiglio guardò in faccia i presenti: “Dunque... che si fa?”.
Tutti
guardarono il loro blocco note, come a trovare qualcosa da dire... come gli
studenti a scuola quando il professore domanda quello che aveva spiegato due
mesi prima.
“Qualcuno
ha un'idea?”. Silenzio tombale.
“Insomma
qualcosa dobbiamo pur dire...”.
Intervenne
il generale Riccoboni. I militari, anche se di alto grado, prediligono
esprimersi in termini brutali perché fa più maschio; tuttavia noi non possiamo
accettare quel linguaggio scurrile e quindi sostituiremo quei termini con
asterischi.
“Tutto
quello che sappiamo è che alle quattro di mattina del giorno 21 giugno, in
piazza Sant'Anselmo a Milano è comparsa questa scala del *… e da allora si è
scatenata una valanga di chiacchiere senza senso… ognuno va in televisione a
dire la prima * che gli viene in mente... addirittura coinvolgendo il Santo
Padre... rischiando di creare un incidente diplomatico che per fortuna la Santa
sede è riuscita a evitare elegantemente... e qui voglio complimentarmi col
cardinal Pignetta… ma insomma allo stato attuale di questa * di scala, non
sappiamo né chi ce l'ha messa, né come, né perché, né dove va, né a cosa
serve... insomma - e qui alzò un pochino la voce e sbatté il palmo della mano
sul tavolo - … insomma non ne sappiamo un * … scusate la parola… e adesso che *
gli andiamo a raccontare a quei * la fuori?!”
La
forma del discorso del generale Riccoboni era sconveniente e inaccettabile...
ma il contenuto fotografava esattamente la situazione.
Tutti
tacquero. Il presidente del consiglio guardò sconsolato i presenti: “… ma è mai
possibile… con tutti problemi che abbiamo in questo momento con la crisi che ci
massacra… ma ci doveva capitare tra capo e collo quest’accidenti di scala?”.
Il
ministro degli interni aprì le braccia:
“…
noi stiamo cercando di garantire l'ordine pubblico… finora non è successo
niente… ma io non lo so… se la folla dovesse aumentare… se qualcuno dovesse
infiltrarsi e intraprendere qualche azione dimostrativa… bisognerebbe far
confluire su Milano qualche reparto speciale… isolare il quartiere… mettere dei
posti di blocco…”
“Sì,
potremmo giustificare la cosa dicendo che abbiamo avuto informazioni
riservate…”, disse l'ammiraglio Ramponi.
“No!
Che poi magari a qualcuno gli viene in mente davvero di andare a fare qualche…
no, no, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta!”, ribatté il prefetto
di Milano.
“…
giusto, non svegliamo il cane che dorme”, aggiunse il ministro della ricerca
scientifica.
“…
niente nuove, buone nuove...”, concluse il vicepresidente del Parlamento
europeo.
I
ministri annuirono, e a quel punto, ciascuno di loro, tanto per dare un senso
alla propria presenza, incominciò a elencare i problemi che stava affrontando
al suo ministero con relative proposte di soluzioni, per le quali purtroppo non
c'erano le risorse economiche e finanziarie.
Le
lamentazioni andarono avanti per un paio d'ore.
Ad
ogni problema le spalle del povero primo ministro, si incurvavano sempre di più
come sotto il peso di un macigno sempre più pesante.
Le
parole conclusive della riunione, il Primo Ministro le rivolse al ministro
dell'interno e alle autorità di pubblica sicurezza:
“Vedete
almeno di fare in modo che non succedano incidenti, istituite una unità di
crisi…”, poi verso le cinque del pomeriggio, il pover'uomo si avviò verso
l'uscita, pronto ad affrontare le iene della carta stampata e delle televisioni
in agguato lì fuori.
La
dichiarazione copriva come una foglia di fico l'assenza di qualunque idea, sia
di quello che stava succedendo, sia dei provvedimenti da prendere per
affrontare la situazione: “Oggi 23 giugno, ci siamo riuniti, io con alcuni
ministri, alcuni responsabili dell'ordine pubblico e anche qualche tecnico, per
valutare la situazione che si è creata a Milano al parco Sant'Anselmo... sto
parlando dell'apparizione della ormai famosa scala verticale... abbiamo
analizzato attentamente tutti i dati e le informazioni in nostro possesso,
abbiamo valutato eventuali strategie operative in funzione degli eventuali
sviluppi che la situazione potrebbe assumere... vi posso assicurare che
l'attenzione del governo su questo evento è massima, e per seguire meglio la vicenda
sarà istituita qui al ministero degli interni un'unità di crisi. Naturalmente
in questo momento non posso e non voglio scendere nei particolari, perché, per
correttezza, devo prima parlarne con presidente della Repubblica, che in questo
momento mi sta attendendo al Quirinale, e da cui sto per recarmi... vi
ringrazio tutti e vi augurò buon lavoro…”.
“Presidente,
presidente... avete previsto un imminente attacco alla terra?”, urlò un giovane
giornalista di un quotidiano molto aggressivo nei confronti del governo.
“No,
non lo abbiamo previsto, ma al momento nessuna ipotesi è stata scartata con
certezza”.
Detto
questo il presidente del consiglio scomparve nell'auto che doveva portarlo al
Quirinale, e ai giornalisti rimasero da vedere, soltanto i lampeggianti delle
auto della scorta, mentre nell'aria risuonavano, allontanandosi, gli echi delle
sirene.
*
Giocatori,
dirigenti e tecnici della squadra notissima e titolatissima, uscirono
dall'aereo appena atterrato a Fiumicino. I tifosi, con bandiere e striscioni li
accolsero da lontano con canti e grida di incoraggiamento. A pochi metri
dall'aereo un pullman coi vetri oscurati e con le porte aperte attendeva
giocatori, dirigenti e tecnici per accompagnarli all'Hotel Salomon: un cinque
stelle poco lontano dal palazzo della Federazione. Le deposizioni delle
testimonianze, era previsto che iniziassero la mattina successiva. Quando il
pullman si mosse per avviarsi a un'uscita secondaria i tifosi intonarono a
squarciagola “Tu, solo tu, tu nel mio cuore…”.
Il
pullman scomparve nel buio.
Il
pullman non arrivò mai all'Hotel Salomon.
Quaranta
minuti dopo essersi allontanato dal piazzale, la polizia dell'aeroporto, nel
suo normale giro di perlustrazione, trovò il pullman abbandonato, con le porte
spalancate e il conducente in manette, legato con una catena al volante.
Di
giocatori, dirigenti e tecnici, nessuna traccia.
Mezz'ora
dopo, negli uffici di polizia interni all'aeroporto, l'autista aveva già
raccontato tutto quello che sapeva: mentre si stava dirigendolo verso l'uscita
secondaria, si erano avvicinati cinque macchinoni… “di quelli che li chiamano
hammer”, cinque macchinoni neri, con targhe straniere, che avevano bloccato il
pullman; ne erano usciti parecchi uomini armati, vestiti di nero e incappucciati
che avevano puntato le armi contro di lui, e urlavano di aprire.
Lui
aveva aperto; gli uomini erano saliti e avevano fatto scendere tutta la squadra...
mani sopra la testa... in fila... fino a un elicottero grosso, come quelli
militari, poi, quando tutti erano saliti, l'elicottero si era alzato in volo ed
era scomparso quasi subito; gli uomini incappucciati, prima di risalire sui
macchinoni lo avevano legato e gli avevano intimato di stare calmo e
tranquillo, che tanto aveva solo da rimetterci, e poi se ne erano andati.
Naturalmente
gli uomini vestiti di nero e incappucciati… parlavano con un accento slavo.
Alle
sei e mezzo, l’ANSA batteva la notizia del sequestro dei giocatori, dirigenti e
tecnici della squadra notissima e titolatissima.
Alla
redazione di ‘Tutto di Tutto’, questa notizia fu accolta come una liberazione:
Richelieu e i suoi collaboratori avevano passato tutto il pomeriggio a pensare a
come riempire la terza serata sul tema della scala.
“Ancora
una serata di chiacchiere a vanvera!?”, aveva esclamato Richelieu, furioso.
“Tre
giorni che è comparsa e da quando è comparsa non è più successo niente…
chiacchiere su chiacchiere! Non si può andare avanti così! O succede qualcosa o
cambiamo argomento”.
Laura
Carboni, la caporedattrice, propose: “Potremmo fare una serata dedicata alle
vacanze dei vip... poi facciamo un collegamento in diretta col parco
Sant'Anselmo... magari recuperiamo il vecchietto... quel Brambilla... lo
facciamo chiacchierare un po' di com'è cambiata la sua vita... tanto per non
mollare l'argomento così di colpo... e poi, man mano... lo lasciamo andare,
almeno finché non succede qualcosa di nuovo...”.
“Dopo
due sere che abbiamo fatto gli ascolti che abbiamo fatto… una serata sulle
vacanze dei vip, è proprio una bella * !”, disse Richelieu, che lontano da
orecchie indiscrete abbandonava il suo tono mellifluo e si esprimeva anche lui
con toni brutalmente virili.
La
notizia del sequestro liberò la redazione di ‘Tutto di Tutto’ da quella penosa
situazione. Richelieu ne fu come galvanizzato.
“Come
la intitoliamo la puntata?”;
“…
pallone in ostaggio?”;
“…
poco efficace.”;
“…
mafia e pallone?”;
“…
troppo didascalico”;
“Le
mani sopra il pallone!”;
“…
sì, questo è meglio, ricorda anche il film Le mani sulla città...”;
“Allora
forse è meglio: ‘Le mani sul campionato’… più incisivo, più diretto, più
chiaro.”;
“Si,
si… ‘Le mani sul campionato’ non è male... lascia un po' intendere che, chi più
chi meno, ci sono dentro tutti... quindi non è che si mette sotto accusa
nessuno in particolare... mal comune mezzo gaudio... tutti colpevoli, nessun
colpevole... si, si, ‘Le mani sul campionato’ va bene...”;
“Chi
chiamiamo?”;
“I
soliti… un paio di onorevoli… qualcuno che dia contro i giudici… qualche
giornalista sportivo... qualcuno della federazione...”;
“Dobbiamo
far passare il messaggio che è colpa dei giudici, se hanno sequestrato la
squadra… sono sempre loro a fare casino per mettersi in mostra…”:
“…
certo, il protagonismo dei giudici va sempre bene...”;
“Però
allora, bisogna chiamare anche qualcuno della società civile... di quelle
cavolo di associazioni antimafia...”;
“Chiamiamo
Manzoni?”;
“…
non viene… l'ultima volta s'è incazzato come una bestia… ché ogni volta che
apriva la bocca, gli toglievo la parola…”
“…se
non viene Manzoni … proviamo… chiamiamo quel prete…”
“Don
Bertelli?”
“Sì,
Don Bertelli va benissimo... chiamatelo subito... poi ci mettiamo qualche
calciatore degli anni sessanta, vedete se riuscite a far venire Rivera, o
Mazzola... e un paio di veline fidanzate dei calciatori e poi siamo a posto…”.
La
serata cominciò come al solito, con il battibecco tra i due onorevoli; quello
dell'opposizione che ancora una volta si scagliava contro il governo che aveva
dimostrato una volta di più di non essere in grado di garantire l'ordine
pubblico e la sicurezza dei cittadini; quello della maggioranza sosteneva
invece che questo lo episodio, questa reazione furiosa, dimostrava proprio
l'efficacia dell'azione del governo nella lotta contro la criminalità
organizzata che, sotto il governo precedente aveva goduto di coperture e
complicità.
Il
copione della serata prevedeva poi l'illustrazione del plastico dell'aeroporto
di Fiumicino, dove tutta l'azione del sequestro veniva mostrata muovendo con
delicatezza e precisione l'aeroplanino, il pulmino, le macchinine e l'elicotterino.
Ma
l'elicottero… dove era finito? Fu chiamato al telefono il comandante della
torre di controllo: “Ma come è stato possibile che un elicottero di quelle
dimensioni, sia atterrato e abbia potuto sollevarsi in volo, senza che alla
torre di controllo nessuno si accorgesse di nulla?”; e poi, l'interrogativo
inquietante: “Possiamo escludere con certezza la presenza di complici all'interno
dell'aeroporto?”.
A
questo punto, una giovane giornalista della redazione, irruppe discretamente
nello studio, e si avvicinò a Richelieu per consegnargli, come se fosse
arrivato in quel momento, un dispaccio di agenzia che era arrivato venti minuti
prima. Il conduttore fece finta di leggere rapidamente e ostentò stupore e
sorpresa, con professionalità; in realtà era già stato informato, mentre non era
inquadrato, ma l'occasione di recitare la sua sceneggiata, non la voleva
assolutamente perdere.
“Ricevo
in questo momento... e voglio informare subito sia voi qui presenti in studio,
sia i telespettatori a casa... è pervenuta la rivendicazione... non sappiamo
quanto sia attendibile... verificheremo nei prossimi minuti... ma per il
momento la riportiamo così come è arrivata: dunque… il comunicato dice che la
squadra, dopo essere stata prelevata all’aeroporto di Fiumicino è stata
trasportata... (non spiega come... probabilmente con l'elicottero) in un paese
straniero... l'organizzazione responsabile… che si definisce OMA… che vorrebbe
dire Organizzazione mondiale alternativa... chiede per il rilascio della
squadra... la liberazione di 736 detenuti… tutti appartenenti
all'organizzazione… di cui 143 detenuti in Italia... l'interruzione immediata
del processo in corso a Roma, e di tutti processi in corso nel mondo in questo
momento… e che vedono coinvolti i membri dell'organizzazione… chiedono… un
indennizzo di milleduecento milioni di dollari… per introiti mancati, a causa
delle attività di polizia e della magistratura... milleduecento milioni di
dollari… è quasi un miliardo di euro... l'ultimatum scade tra settantadue
ore... da quel momento in poi, ogni dodici ore sarà giustiziato uno dei
giocatori… a cominciare da Martini… Filippo Martini... il portiere della squadra...
che anche il portiere della nazionale...”.
Poi
aggiunse col tono del grande esperto: “OMA… organizzazione mondiale
alternativa… è la prima volta che compare questa sigla…”.
A
questo punto la chiacchiera riprese più fluida e abbondante che mai.
E
la scala? Nessuno aveva voglia di parlarne ancora.
Le
polemiche che si potevano imbastire, erano state imbastite e si erano consumate
come fuoco di paglia. Novità non ce n'erano, e questo inedito atto
calcistico-terroristico, offriva nuova paglia al fuoco delle chiacchiere. Al
parco Sant’Anselmo, la folla dei curiosi si era ridotta a una quindicina di
persone. I venditori di piadine e bibite pensavano già a dove spostarsi per i
giorni successivi.
Verso
le dieci e trenta, dopo una buona mezz'ora di chiacchiere sul comunicato dei
terroristi, Don Bertelli prese la parola: “Un ricatto di questa portata, da
parte della criminalità organizzata internazionale, non può assolutamente
essere accettato e non può lasciare indifferenti i rappresentanti e gli
appartenenti ai movimenti della società civile, ma anche i semplici tifosi e
gli appassionati di calcio. Io penso che la mobilitazione debba essere
immediata ed estesa a tutto il territorio nazionale.”;
“Che
tipo di mobilitazione propone, Don Bertelli ?”;
“
Si... io proporrei una mobilitazione spontanea... bisognerebbe che ogni
italiano, ogni tifoso di calcio, con la bandiera della sua squadra... o anche
col tricolore... salisse in macchina e bisognerebbe che cominciassero dei
caroselli, dal centro delle città alle periferie... con i clacson delle
automobili e il frastuono delle trombe... come se avessimo vinto qualche
campionato internazionale… e bisognerebbe che tutti girassero tutta la notte
nelle piazze, e intorno agli stadi... per far capire che il calcio italiano non
si piega davanti ai ricatti… e anzi, nelle situazioni di crisi sa tirare fuori
l'orgoglio e sa ritrovare l'unità che permette di resistere alla violenza di
questa delinquenza… di questa criminalità organizzata...”;
Richelieu
gongolava; far partire da ‘Tutto di Tutto’, una grande manifestazione di
solidarietà nazionale, spontanea, immediata… che mettesse d’accordo tutti gli
italiani… e chi se lo sarebbe mai immaginato!
“Si
- disse con determinazione – certo! Questo può essere un segno forte… molto
forte... il segno che il calcio italiano... che gli italiani... non si piegano
neanche davanti ai ricatti più spietati... un bell'esempio di fermezza!”.
Tre
minuti dopo questa dichiarazione, la prima macchina con a bordo parte della
famiglia Pinna (sardi trasferiti a Genova: padre, due figli e la fidanzata del
figlio maggiore), sventolando, a destra la bandiera Genoana, a sinistra quella
della Juve, sul tetto il tricolore, partiva da Nervi e puntava diritta verso
Marassi, lanciando col clacson, nella notte genovese, il segno della propria
presenza.
Mezz'ora
dopo, il carosello calcistico e solidale, aveva invaso strade e piazze di ogni
città italiana, e milioni di auto facevano la spola dal Duomo, allo stadio.
L'idea
di Don Bertelli, approvata e condivisa da Richelieu, aveva immediatamente
provocato ovunque lo stato di allerta di tutte le forze dell'ordine, in
particolare delle polizie urbane.
Dalle
centrali operative, dai centri di coordinamento, si tentava di tenere la
situazione sotto controllo: “C'è qualcuno vicino a piazza 25 aprile? chi è che
può andare? Mambelli… com’è la situazione a Viale Garibaldi…? State attenti che
lì succede sempre casino...”.
La
mobilitazione era generale.
Il
coordinamento della protezione civile di Milano era a corto di uomini.
Intorno
a San Siro cominciava a salire il caos; il prefetto rimase a pensare,
silenzioso per qualche minuto, poi fece chiamare Bianchi, il capitano dei
carabinieri al parco Sant'Anselmo:
“Com’è
lì la situazione?”;
“Tutto
tranquillo”;
“Quanta
gente c'è?”;
“Curiosi,
non c’è più quasi nessuno…”;
“…
e i gruppi?!;
“…
quelli del rosario si sono spostati in parrocchia a pregare per i calciatori...
quelli del cantante sono andati via già alle sei... quelli dei centri sociali
sono andati a San Siro...”;
“…
ma chi è, che è rimasto lì?”;
“…
di gente ci sarà qui dieci persone... ma deve essere gente del quartiere...
gente che portano il cane... poi ci siamo noi...”;
“
… quanti uomini ci saranno lì...”;
“ …
eh… saremo una quarantina...”;
“…
allora lasci lì due macchine, e gli altri andate a vedere che non succeda
casino in giro... pare che a Viale Forze Armate, non ci si muove...”;
“…
va bene, andiamo...”.
Il
capitano Bianchi parlò con le pattuglie presenti, e dopo un quarto d'ora, il
parco sembrava quasi deserto. A mezzanotte un paio di anziane chiacchieravano
fumando e aspettando che Pallino e Mariacallas, finissero di fare i loro
bisognini; i lampeggianti delle due auto di polizia urbana mandavano i loro
bagliori azzurri sulle transenne che circondavano ancora la scala.
La
scala, immobile, immutabile, indifferente, era sempre lì.
Una
delle due anziane si chiedeva: “Per me, quella scala qui... io non lo so, ma mi
sa che c'entra qualcosa, con quelli del calcio, che li hanno sequestrati...”;
“…
mah, secondo me, non lo so... non si capisce... ma a me, mi pare
impossibile...”;
“…
certo, se andava su il Papa, io potevo vedermelo bene-bene anche dalla finestra
di casa mia; mi metevi lì sul terrazzino... s’erì apost...”;
“…
eh si… l’è propi un pecat che l’è minga vegnu… mi gh’ho mai vist ‘l Papa…”;
“…
anca mi, l’u ‘est duma in televisione…”.
Era
mezzanotte e un quarto. Le due vecchiette si avviarono verso casa; da lontano
si sentiva il frastuono dei caroselli delle auto; il parco Sant'Anselmo rimase
deserto; solo le due pattuglie stazionavano; i vigili urbani sonnecchiavano o
mandavano sms coi cellulari.
Era
la terza notte dalla comparsa della scala, ed era già cominciato il 24 giugno,
festa di San Giovanni Battista; faceva molto caldo; molte persone, anche se in
alcune case era accesa l'aria condizionata, cercavano di riposare, ma non
riuscirono a dormire e si rigiravano sopra il letto.
Non
riusciva a dormire Sua Santità, che si chiedeva, nel silenzio della sua stanza,
se la scala non fosse stata messa lì veramente per lui, e se la sua paura di
salire, e la sua ostinazione non comportassero peccato di omissione.
Non
riuscivano a dormire né il presidente del consiglio dei ministri, né il
ministro degli interni, né gli altri ministri, né gli alti gradi dello stato, che
in un raro barlume di lucidità si rendevano conto improvvisamente, della loro
assoluta inadeguatezza al ruolo che avevano assunto e alla situazione che
dovevano affrontare.
Non
dormivano i dirigenti della Federazione nazionale calcio, che vedevano il loro
feudo sgretolarsi e cadere a terra come un castello di carte e il loro potere
finire in polvere, travolto dall'arroganza dei criminali di tutto il mondo.
Non
dormivano i deputati, i giornalisti, i tuttologi, i comunicatori di ogni razza
e colore, che si vergognavano del loro narcisismo e della inconsistenza delle
loro chiacchiere; uno di loro si ricordò di aver letto, una volta, una frase:
“Non
sanno cosa dicono, e parlano soltanto per mettere in moto l'aria,
e
parlando alzano il viso e seguono con lo sguardo le parole pronunciate”
… chissà chi l'aveva scritta
quella frase che ora lì rappresentava tutti così esattamente.
Non
dormiva neanche Giuseppe Brambilla. Aveva guardato un po' la televisione, e
c'era rimasto tanto male per quei ragazzi del calcio: “S’ as po pu gnanca giugà
al fubal…”.
Pensò
che la colpa era dei soldi… troppi soldi… soldi nel calcio, soldi nel
ciclismo... “Va che fin che i gh’han fai fa al Pantani”… gli venne una lacrima
sul ciglio, la asciugò piano piano, e mandò a quel paese gli sponsor, le
televisioni, le dirette e tutto quel sistema.
Faceva
troppo caldo per andare a letto; si mise sul divano, dove si metteva sempre
quando c'era ancora sua moglie; guardò il posto dove lei si sedeva per guardare
la televisione insieme; pensò che quando c'era sua moglie e alla sera si
mettevano lì a vedere il Rischiatutto o la Domenica sportiva… era più bello...
era bello anche se sua moglie a un certo punto si addormentava.
Si,
una volta, quando lui la mattina dopo, doveva andare a lavorare, era più bello.
Molto più bello. Si appisolò sereno e pieno di nostalgia.
Si
risvegliò verso le quattro; aveva sete e voglia di fumare; andò in cucina, si
versò un bicchiere d'acqua, bevve e dopo andò sul balcone con le sigarette.
Guardò laggiù: la scala era sempre lì; accese la sigaretta, tirò una boccata,
si guardò in giro, guardò i palazzi, e
soffiò il fumo. Quando il fumo si diradò davanti ai suoi occhi… la scala non
c'era più... scomparsa.
Scomparsa
di colpo, come fanno i maghi in televisione. Guardò meglio.
“Eh…
la gh’è pu…”. Scomparsa.
Scomparsa
di colpo, così com'era comparsa... e ora, laggiù non c’era più nessuno.
Nel
parco c’erano solo le auto dei vigili, che forse non si erano ancora accorti di
niente.
Disse
tra sé e sé: “… e adesso cosa succede… bisogna avvisare i vigili? E poi un’altra
volta la televisione, i giornali, le chiacchiere... e tutti i curiosi ancora… Madò…
adess ol recumincia ol carneal… ma a mi ol m’enteresa minga!”.
Si,
il Giuseppe Brambilla era stufo di curiosi e di tutte quelle chiacchiere; finì
la sua sigaretta, spense le luci e se ne andò a dormire tranquillo.
*