martedì 25 settembre 2012


La scala verticale


                                                              a Federico Fellini,
                                                              a Michail Bulgakof, Nicolai Gogol e Anton Cekof,
                                                              a Franz Kafka e Bohumil Hrabal
                                                              a De Sica e Zavattini,
                                                              a Paolo Villaggio…




Luigi Alcide Fusani
  
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Luiglio-Agosto 2012
Giuseppe è uno dei nomi più diffusi in Italia.
Brambilla è uno dei cognomi più diffusi a Milano.
Giuseppe Brambilla era un tranquillo pensionato che viveva in un condominio qualsiasi della periferia milanese; era vissuto per tutta la vita in quel quartiere; tutti lo conoscevano perché per tutta la vita aveva fatto l'idraulico; aveva cominciato da ragazzo nella bottega del padre; alla fine della sua carriera aveva lasciato il negozio ai figli e ora si riposava.
Era vedovo; ogni mattina si alzava senza fretta, andava sul balcone e fumava la prima sigaretta; si preparava il caffè con la moka; si sistemava per uscire e andare in piazza; comperava la Gazzetta, passava al bar, ordinava ‘cappuccino e brioche alla crema’, e da buon milanista sfotteva il padrone del bar, noto tifoso interista. Entrambi poi, prendevano in giro il tifoso di una terza notissima e titolatissima squadra del campionato di calcio italiano… ne avevano ottimi motivi: tutta la grande squadra: giocatori, tecnici e dirigenti, era stata convocata davanti al tribunale della Federazione, per rendere testimonianza, qualche giorno dopo, su una gravissima questione di calcio-scommesse che vedeva implicate le criminalità organizzate italiane, le mafie: russa, cinese e sudamericana, con le ferocissime bande di zingari rumeni. Per la grande squadra si parlava apertamente di punizioni severissime… fino alla retrocessione in serie C.
Ma lasciamo stare il calcio, perché la vera passione di Giuseppe Brambilla, non è il “fubal”, ma il ciclismo; da sempre, dai tempi di Coppi e Bartali, a quelli di Motta e Gimondi, a quelli di Bugno e Pantani… e quando arrivava a Pantani… un magone, un groppo in gola… “poer fieu”.
Quando era il periodo non si perdeva una tappa né del Giro d'Italia, né di quello di Francia, per non parlare delle grandi classiche: la Parigi-Roubaix, la freccia Vallona, e la sua preferita: la Milano-Sanremo. Ogni anno andava all'Arena a vedere la partenza, poi a casa a seguire la corsa e l'arrivo in televisione. Il suo sogno? Poter stare, almeno una volta, su una macchina di quelle che seguono la gara… essere lì, soffrire con loro, i ciclisti.
Aveva ancora una vecchia bici da corsa degli anni ’60, di quelle col manubrio a corna di ariete; cambio Campagnolo; non l'avrebbe mai cambiata con una di quelle che si usano oggi, col cambio giapponese. Quando lavorava ancora, la usava la domenica, per andare a fare qualche sgambata con gli amici; adesso, se c'era una bella giornata, la prendeva anche durante la settimana... la prendeva per andare a Ticino, a respirare un po' d'aria fresca e pulita.
E insomma… Giuseppe Brambilla era una persona normale e tranquilla, ma… ma quella mattina capitò quel qualcosa… quell'evento imprevisto… che diede anche a lui il famoso quarto d'ora di celebrità.
Era una notte calda e afosa di giugno, anzi era proprio la prima notte d'estate; erano le quattro del mattino del 21 giugno; Giuseppe Brambilla si era svegliato… il letto era troppo caldo; era sgradevole restare disteso in quel bagno di sudore. Si alzò, prese le sigarette, andò sul balconcino. L’appartamentino era tranquillo; non si affacciava sulla strada; dava su un grande spazio aperto, uno spazio in buona parte verde, ben piantumato, con i vialetti e le panchine, tutto circondato di condomini; c'era anche la scuola materna, i campi da gioco dell'oratorio, e due campi da tennis.
Il signor Giuseppe stava per accendere una sigaretta, quando, proprio là davanti a lui, in mezzo al parchetto... la vide: la scala era là.
Una scala a pioli, piantata là in mezzo, verticale, altissima: talmente alta che, nelle luci ancora incerte dell'alba, non si vedeva nemmeno dove andava a finire.
Giuseppe Brambilla rimase interdetto; si dimenticò persino di accendere la sigaretta. Cos'era quella scala lì? A cosa serviva? Chi era che l'aveva messa? E perché?
Il signor Giuseppe sentì di essersi perso qualcosa; rientrò in casa, prese il telecomando, accese e mise sul canale “Ventiquattro su 24”. Stavano facendo, come al solito, un servizio sulla crisi economica… una fabbrica in Abruzzo stava per chiudere, una in Sardegna metteva gli operai in cassa integrazione. In basso scorrevano i titoli delle principali notizie: la solita dichiarazione del ministro dell'economia sulla necessità della lotta all'evasione fiscale; le solite esplosioni e i soliti attentati nei paesi arabi; il passaggio di un calciatore da una squadra straniera ad una italiana in cambio di milioni e milioni; la morte di una rockstar americana famosa negli anni ’60.
Della scala nessuna notizia; eppure ieri non c'era. A quest'ora non si poteva neanche telefonare a nessuno… forse ai carabinieri… ma non è che poi fare una denuncia… : Pronto?... sono Giuseppe Brambilla… abito qui davanti al parco Sant'Anselmo… volevo denunciare che hanno messo giù una scala…. Non sapeva neanche ‘chi’ denunciare… se andava bene, lo avrebbero preso in giro…
Forse era meglio chiamare i vigili… magari al Comune sapevano qualcosa.
Giuseppe Brambilla tornò sul balconcino. C'era un po' più di luce; la scala si vedeva ancora meglio. Doveva andare a vedere da vicino; si mise un paio di pantaloni, infilò le scarpe, prese il cellulare, e scese. Un minuto dopo era davanti alla scala. Incredibile! La scala sembrava appoggiata; non aveva neanche un basamento… e lassù non si vedeva neanche dove andava a finire… ma com'era che faceva a stare su?
Provò a toccare: sembrava acciaio, lucido, freddo. Prese il cellulare; cercò il numero e chiamò.
“Vigili urbani, dica!”
“Senta… io sono qui al parco Sant'Anselmo… no?! E sono qui… che c'è giù una scala… ”
“Com'è che si chiama lei?”
“Brambilla… Giuseppe Brambilla”
“Dov'è che abita?”
“Via Majorana… 12”
“Diceva che c'è una scala?… mi spieghi un momento…”
“Eh! … c’è una scala… una scala a pioli… che va su diritta… non si capisce neanche…”
“Ma la scala dov'è?”
“Qui in mezzo!”
“Un momento che mandiamo una macchina… aspetti lì!...”
Il telefonista chiamò il capo della pattuglia di servizio.
“Esposito?”
“Dimmi”
“Guarda che c'è uno, lì al parco Sant'Anselmo… c’è uno che parla di una scala… va' a vedere”
“… è ubriaco?”
“… mah, non sembrava… o è uno scherzo… sta attento comunque… portati il Mazza…”
“ Va ben…”
Cinque minuti dopo, il Brambilla, l’Esposito e il Mazza erano lì, ai piedi della scala; i lampeggianti dell'auto della polizia urbana mandavano i loro bagliori azzurri.
Il signor Giuseppe, stava raccontando che ieri sera non c'era niente… poi stamattina, faceva caldo…
L’Esposito era senza parole; scrutava verso l'alto, ma non si vedeva la fine, e in basso, non si vedeva nessun segno... il Mazza toccava… cercava inutilmente di sollevare, di spostare… dava dei piccoli colpi sui pioli… la scala risuonava tutta. L’Esposito era preoccupatissimo; ogni volta che il Mazza spingeva o forzava, esclamava: “Sta fermo, ostrega!... Sta 'tento!...”. Quella cosa lì, era più grande di loro. L’Esposito tornò alla macchina e chiamò il Comando: “… Ranzani… ‘scolta…”
“Dimmi!”
“… qui non si capisce…”
“Cosa?”
“… c'è qui una scala… è una scala a pioli… che va su diritta… verticale… non si vede dove finisce… non si capisce neanche come fa a star su… non c'è basamento… niente…”
Al Comando, il telefonista rispose con una frase offensiva, seguita da “… che scherzo è?...”
“… non è nessuno scherzo…”
“Dai… chi è che c'è lì con te?”
“… no, no, c'è solo questo pensionato...”
“… il Giuseppe Brambilla?...”
“… si, c'è solo lui…”
Ranzani pensò che Giuseppe Brambilla fosse un banale nome di fantasia per una bella presa in giro e decise di ribaltare lo scherzo: “… e il Luigi Rossi non c'è?”
“Chi è il Luigi Rossi?”
“… è il cugino del Mario Bianchi!... pirla!... vadaviaiciap…”, e risate, e altri amichevoli insulti coloriti e divertiti… se non che, proprio in quel momento, il telefonista guardò fuori dalla finestra, e nelle prime luci del mattino, dietro la villetta dall'altra parte della strada, vide una linea verticale che tagliava in due parti esatte il cielo. Il telefonista posò la cuffia, si alzò dalla sedia, andò alla finestra, guardò con attenzione e... la vide: la scala saliva indefinitamente, fino a perdersi nel buio, e saliva proprio dalla zona del parco Sant'Anselmo.
Intanto nella macchina, l’Esposito, che aveva sentito interrompersi improvvisamente la comunicazione, e con essa la sequela di bonari improperi, di prese in giro e di risate, continuava a chiamare:
“Ranzani! Ranzani, dove sei?! Ranzani non fare il pirla… Ranzani, rispondi!”.
Furono solo pochi secondi, ma in quei pochi secondi l’Esposito aveva già cominciato a figurarsi scenari apocalittici: terroristi che avevano assaltato il comando; extraterrestri che si stavano mangiando il Ranzani; un piccolo buco nero che si era creato in quel momento, per colpa di quegli esperimenti che fanno a Ginevra e stava risucchiando tutto il mondo cominciando dal povero Ranzani.
Il delirio mentale si interruppe finalmente, quando l’Esposito sentì la voce del telefonista, che finalmente era tornato al suo posto, e senza ridere, con tono composto, disse: “L’ho vista.”

*

Tre ore dopo, alle otto di mattina, al parco Sant'Anselmo, era già cominciato il grande carnevale. I vigili urbani avevano avvisato il sindaco; il sindaco aveva avvisato la questura, i carabinieri, i vigili del fuoco, la protezione civile, la guardia di finanza e persino la forestale.
Naturalmente, nessuno sapeva cosa fare, però intorno alla scala era tutto un lampeggiare di automezzi, ambulanze comprese, anche se nessuno si era fatto male.
Anche la folla aveva cominciato a radunarsi; qualcuno verso le sei, vedendo la scala dalla finestra di casa, in mezzo ai bagliori dei primi lampeggianti, aveva chiamato la redazione di Radio Democratica Milano, e subito la notizia era stata trasmessa.
L’ANSA l'aveva ripresa immediatamente e rilanciata in tutto il mondo.
La prima immagine della scala, una foto scattata con il cellulare, comparve sulla rete, nel profilo Facebook di una studentessa del liceo artistico, non meglio identificata (la sua pagina era intestata a tale Valentina Miao Miao, e la sua immagine era il musetto malizioso della sua gattina Melody). Era stata svegliata alle sei e mezzo dalla mamma che doveva uscire di casa alle sette e un quarto, per andare in negozio. Valentina, veramente, non aveva nessuna voglia di alzarsi... era stata in piedi fino alle due e mezzo, a chattare con le compagne di scuola, a commentare le fotografie fatte in piscina al pomeriggio, ma la mamma l'aveva convinta: “Vieni a vedere… sono sicura che nessuno ha ancora postato una foto di quello che c'è fuori qua…”.
Per farla breve: alle otto, oltre a tutte le forze dell'ordine, c’erano già sul posto decine di giornalisti e qualche troupe delle televisioni sia pubbliche che private.
Il sindaco, il maresciallo dei carabinieri, il comandante dei vigili del fuoco e persino il parroco erano lì davanti alla scala e non sapevano né cosa fare, né cosa dire. Non c'erano danni; non c'erano tracce; non succedeva niente. Qualcuno doveva pur dichiarare qualcosa alla stampa… ma cosa?
La scala se ne stava lì, bella dritta, perfettamente immobile. In disparte, il Giuseppe Brambilla aspettava; ai carabinieri e al sindaco, aveva raccontato quello che sapeva: aveva caldo, come tutti, si era alzato a fumare una sigaretta sul balcone e l'aveva vista...:
“Io non me l'immaginavo neanche, che c'era giù una scala…”, disse come a volersi scusare e a voler chiarire che lui non aveva colpe. Gli fu detto di non allontanarsi e di restare a disposizione. Tra poco i giornalisti avrebbero saputo che lui era quello che per primo aveva visto la scala, e a quel punto tutti, giornali e televisioni, gli avrebbero chiesto interviste, dichiarazioni... lo avrebbero ripreso e fotografato, e la sua immagine sarebbe apparsa su tutte le prime pagine e su tutte le televisioni del mondo.
Il primo problema lo causò una bambina di quattro anni che la mamma stava portando alla materna, proprio lì in mezzo al parco. La bambina, Britney Martinez, figlia di immigrati sudamericani, era una bambina molto vivace; vide la scala e cominciò a far festa:
“ Mamma!  Guarda che bella!... Com’è alta!... Dov’è che sale?”, e senza chiedere il permesso, né aspettare risposte, si staccò dalla mano della mamma, la signora Carmen Vargas Martinez, e dopo una breve corsetta, arrivò ai piedi della scala e, prima che qualcuno dei presenti potesse intervenire, aveva già cominciato ad arrampicarsi. La mamma chiamava, ordinava:
“Britne! No! Scende subito! Sce lo dico al pàpa che te sculascia! Scende subito qui, Britne!”, ma Britney, felice e divertita, continuava a salire ridendo.
“Mamma! Vedo le case!”, e su, e su sempre ridendo.
Un giovane vigile del fuoco pensò di lanciarsi all'inseguimento della bambina ma il comandante lo trattenne:
“ Non con questa!... con le nostre!”, e subito la squadra cominciò a sollevare la scala del loro camion e ad allungarla. Il giovane vigile intanto saliva velocissimo, per paura che la piccola salisse troppo in alto, mentre due uomini della Protezione civile tendevano un telo nel caso che Britney scivolasse e cadesse a terra. Per fortuna il giovane vigile la raggiunse in pochi istanti, la prese in braccio e la portò a terra tra gli applausi, sana, salva e ridente, mentre felice batteva le manine.
La scena venne ripresa dalle telecamere presenti e immediatamente ritrasmessa; il comandante dei vigili del fuoco si rese conto di quante e quali polemiche sarebbero scoppiate se la bambina avesse riportato anche solo un semplice graffio, e quindi ordinò agli uomini della Protezione civile di mettere a distanza di sicurezza dalla scala, un giro completo di transenne, decorato con il vivace nastro di plastica bianco e rosso, quello che intima: Assolutamente vietato passare oltre.
Appena finita l'operazione, gli uomini delle forze dell'ordine si disposero dietro le transenne, affinché nessuno si avvicinasse senza autorizzazione.
Intanto alcuni giornalisti televisivi avevano identificato il Giuseppe Brambilla e gli chiedevano di avvicinarsi per intervistarlo; altri invece, avevano raggiunto la signora Carmen Vargas Martinez:
“Signora, cosa avrebbe fatto se il vigile del fuoco non fosse riuscito a raggiungere in tempo la sua bambina?”;
“Ha avuto paura?”;
“Che lavoro fa a suo marito?”;
“Da quanto tempo siete in Italia?”;
“Vorrebbe che la sua bambina avesse la cittadinanza italiana?”.
Ogni tanto arrivava una macchina nuova: arrivarono il prefetto, il questore, il capo della Protezione civile regionale, il comandante della forestale e un colonnello della Guardia di Finanza.
La scala restava lì: ferma, immobile, indifferente.
“Ma come fa a stare in piedi?”;
“E se cade?”;
“Ma quanto sarà lunga?”.
A un certo punto, tutti, mentre guardavano lassù, dove la scala si perdeva, videro un aereo, uno di quelli che andavano a Malpensa… videro che passava proprio là vicino, dove la scala si perdeva. Il prefetto fece chiamare immediatamente il comandante della torre di controllo dell'aeroporto sulla linea riservata.
“Comandante, buongiorno sono il prefetto Ferrari…”, disse con tono concitato. Il comandante ebbe un momento di esitazione:
“Comandante, mi sente?, sono il prefetto Ferrari!”
“Si dottore, la sento…”
“Con chi sto parlando?”
“Colonnello Cavalli…”
“Mi dica colonnello, avete qualche segnalazione particolare questa mattina?”
Silenzio.
“Si dottore…”
“Mi spieghi!”
“… qualche pilota, questa mattina, venendo da sud, dalla Sardegna, da Genova... hanno detto che passando sulla periferia ovest di Milano… hanno visto vicino alla rotta…”,
pausa, lunga pausa…
“Cosa hanno visto?”
“… una scala… una scala verticale… forse di acciaio… dicono di essere passati vicino a una scala… ”
“E voi? voi cosa avete fatto? perché non avete dato l'allarme?”. Altra pausa molto lunga.
“Credevamo che fosse uno scherzo…”
“Come, credevate che fosse uno scherzo!”
“… scusi… ci comunicano che c'è una scala a novemila metri di quota… credevamo che fosse uno scherzo.”
In effetti erano quasi due ore che alla torre di controllo tutti si stavano scompisciando dalle risate; erano già una dozzina gli aerei che avevano segnalato la scala…
“Avete visto una scala?”, rispondevano da terra… “bene, parcheggiatevi lì, e fate scendere la gente a piedi… i bagagli mandateli giù con l'ascensore”, e giù risate.
Il prefetto pensò a quali catastrofi erano state fortunatamente evitate e quali si dovevano ora assolutamente evitare.
“Colonnello, dirottate immediatamente tutti gli aeromobili in transito sulla zona ovest di Milano! Fate fare un giro largo, o mandateli direttamente a Linate, a Bergamo, a Torino, dove volete, ma ripeto, assolutamente non fateli passare sulla zona ovest di Milano!”
“Ma cosa succede?”
“C'è una scala, una scala che parte dal centro di un parco e va su, diritta, a perdita d'occhio, non si vede dove va a finire… anzi, colonnello, chiami l'aeronautica militare e mandate degli aerei, degli elicotteri a sorvolare la zona e a cercare di capire cos'è questa scala che è spuntata qui questa notte!”
“Provvedo subito personalmente, signor prefetto!”
Alla torre di controllo tutti avevano ascoltato la conversazione in viva voce, e ora, nessuno rideva più. Mezz'ora dopo, gli aerei e gli elicotteri dell’aviazione giravano incessantemente attorno alla scala… ma non vedevano niente di più di una scala verticale che saliva verso il cielo, diritta, e non aveva limite.

*

Non erano ancora le dieci, e già scoppiava la prima polemica: il capogruppo di un partito di opposizione a Palazzo Marino, dichiarava:
“Quanto è successo questa notte a piazza Sant'Anselmo, dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che l'attuale giunta che governa Milano è del tutto inadatta a garantire la sicurezza dei cittadini... se è possibile che chiunque si introduca in un parco della città e senza alcuna autorizzazione, violando le più elementari norme di sicurezza, vi pianti una scala, vuol dire che la città é lasciata a se stessa... il sindaco deve prendersi le sue responsabilità e dire chiaramente ai cittadini: primo, chi pagherà i danni nel caso che questa scala cadendo distrugga case, monumenti, e Dio non voglia… uccida cittadini innocenti; secondo chi si accollerà le spese per la messa in sicurezza e per la rimozione di questa scala, e visto che sembrano non esserci responsabili… non vorremmo che ancora una volta fosse chiamato a pagare Pantalone… cioè il cittadino che è già schiacciato da una quantità intollerabile di tasse, che invece di diminuire aumentano sempre… non vorremmo che, con la scusa della scala, si approfittasse ancora una volta per aumentarle”.
Immediatamente dopo, il portavoce del sindaco ribatteva che, fin dalla prima segnalazione la polizia municipale era prontamente intervenuta, e già alle quattro e quindici, una pattuglia composta dal maresciallo Esposito e dall’agente Mazza, era presente sul posto e presidiava la piazza garantendo la sicurezza degli abitanti del quartiere e di tutta la città.
La polemica si protrasse per tutto il giorno con continui distinguo tra gli esponenti delle opposizioni e quelli dei partiti della maggioranza, con riflessi anche sulla scena nazionale.
Infatti, alcuni esponenti di primo piano di un importante partito assunsero una terza posizione che potremmo riassumere in questo modo, citando le parole dell'onorevole Pasticci:
“Io ritengo, e su questo argomento godo dell'appoggio completo della direzione del mio partito, che esprimersi in questo momento sull'evento della comparsa a Milano della scala verticale, di cui non conosciamo nemmeno le effettive dimensioni, sia uno sterile esercizio di retorica preelettorale, tanto più inutile, in quanto tale evento si manifesta nel pieno di una crisi economica epocale, le cui dimensioni superano gli angusti confini del nostro paese, e si estendono a tutta l'Europa, e da qui al resto del mondo, quindi, per favore occupiamoci dei problemi seri e cerchiamo di trovare soluzioni concrete… e lasciamo stare discussioni che lasciano il tempo che trovano su scale e gradini. Noi dobbiamo stare qui e adesso, con i piedi ben piantati per terra. Buonasera. Grazie.”
Naturalmente non tutti erano d'accordo con l'equilibrato e consapevole deputato e segretario di partito; per cui quella sera, per discuterne, anticipando alla prima serata una puntata straordinaria di ‘Tutto di Tutto’, il conduttore della trasmissione Aloisio di Montenero, più conosciuto col nome d'arte di ‘Richelieu’, annunciò al telegiornale una trasmissione speciale sul tema “Una scala per salire, o una scala per scendere?”

*

Una musica di Jean Baptiste Lully risuonò nelle case di milioni d'italiani. Richelieu apparve dall'alto della scalinata che dominava la scenografia dello studio televisivo.
“Buonasera... buonasera  ai nostri spettatori e ai nostri ospiti. Benvenuti a ‘Tutto di Tutto’ dal vostro Richelieu.”
Quando fu al centro della scena, guardò diritto nella camera esattamente davanti a sé e con tono grave si rivolse agli spettatori.
“Oggi, primo giorno d'estate... un evento senza precedenti nella storia dell’umanità si è verificato nel nostro paese... a Milano... da oggi, a Milano, la città regina della lirica, sede del teatro musicale più famoso del mondo... il teatro alla Scala... la città del grande calcio... la città di San Siro... lo stadio chiamato la Scala del calcio... a Milano da oggi abbiamo la terza scala… la scala del mistero... chi l'ha portata? Perché? Perché proprio a Milano? Dove porta? … e soprattutto… - si abbassarono le luci in sala - è una scala per scendere o una scala per salire?
Ne parliamo questa sera a ‘Tutto di Tutto’ con i nostri ospiti… ed ecco a voi… l'uomo del giorno… l'uomo che l'ha vista per primo… il signor Giuseppe Brambilla! …Venga signor Brambilla… si accomodi qui”.
Richelieu attese che il pensionato scendesse tutta la scalinata, gli porse la mano da stringere come se fosse da baciare, e poi lo accompagnò alla prima poltrona tra quelle che formavano il semicerchio in cui si sarebbe svolta la conversazione. Il signor Giuseppe Brambilla, disorientato, si guardava intorno e scopriva che nello studio, oltre a Richelieu, c'erano anche altre decine di persone, tutte in piedi, che durante la trasmissione non venivano mai inquadrate. Si sedette.
Richelieu chiamò gli altri ospiti: l'importante opinionista del famoso giornale di destra; l'importante opinionista del famoso giornale di sinistra; una famosa donna di spettacolo, cantante, attrice, presentatrice, molto bella, diventata poi onorevole del centro destra; una famosa rappresentante della società civile, molto meno bella dell'altra, diventata poi onorevole del centro sinistra; un filosofo cattolico famoso per le sue prese di posizioni intransigenti; un famoso maitre-à-penser di sinistra che aveva ottenuto un grande successo in Francia con un saggio intitolato ‘La società dei parassiti’, dedicato alla finanza internazionale degli anni 2000; un sacerdote bergamasco, padre Grissini, noto per le sue posizioni non convenzionali; il dottor Ferenc Paal, un ingegnere ungherese, da anni trasferitosi in Italia, fondatore e presidente dell'AIR3T, l’associazione internazionale per la gestione e il controllo degli incontri ravvicinati del terzo tipo; infine comparve il mago di Antas, detto la voce di Baal, famoso per avere previsto contro ogni sondaggio l'elezione di Carmine Cannoniere a sindaco di Bagnarolo Campano,: uno strano personaggio che era entrato in politica dopo avere lasciato la sua attività di venditore ambulante di fiori al cimitero della città.
Il mago di Antas, al secolo Gavino Piras, si presentò vestito da faraone dell'antico Egitto, salmodiando in una lingua incomprensibile, recando alta sopra la testa una statuetta della dea Tanit.
L'intervento del Giovanni Brambilla, fu il più breve della storia della trasmissione.
Richelieu si rivolse a lui, in tono mellifluo, in inizio di trasmissione:
“Allora, signor Brambilla, ci dica... da quello che riportano le agenzie di stampa… sembra che questa mattina alle quattro... verso le quattro... lei, non riuscendo a sopportare il caldo, come la maggior parte dei cittadini che non hanno l'aria condizionata… sia uscito sul balcone del suo appartamento... forse per fumare una sigaretta... abbia guardato verso il parco Sant Anselmo, e abbia visto, lì... alta... altissima… la scala...”.
“Si…”.
Il Brambilla non ebbe tempo di dire altro. Richelieu gli aveva già tolto la parola.
“Sono passate ormai -guardò l'orologio- più di diciassette ore... e di questa scala non siamo ancora riusciti a sapere nulla... né chi l'ha portata... né perché... con quali scopi... con quali obiettivi...”.
Nella pausa seguente alla parola ‘obiettivi’, si inserì la famosa donna di spettacolo, ora onorevole del centro destra; sostenne che questa mancanza di informazioni era segno evidente dell'incapacità del governo, in particolare del ministro degli interni e di quello della difesa, che dovrebbero farlo, di garantire la sicurezza dei cittadini.
A darle man forte intervenne immediatamente il giornalista del famoso giornale di destra che cominciò a deplorare il fatto che nessun esponente del governo si fosse ancora presentato al parco Sant’Anselmo per rendersi conto di persona della situazione e per rassicurare i cittadini.
Gli esponenti del centro-sinistra risposero per le rime.
Gli esponenti del centrodestra rumoreggiarono; i due filosofi tentarono di intromettersi nella discussione, ma furono prontamente zittiti dal conduttore, non appena furono pronunciate le parole “trascendente” e “materialismo”.
La prima mezz'ora di trasmissione passò tra queste simpatiche schermaglie verbali, che avrebbero potuto continuare sullo stesso tono, per ore, ma a questo punto, Richelieu, col tono deciso dei grandi direttori d’orchestra, tolse la parola ai contendenti:
“Basta così, non siamo ancora in campagna elettorale, interrompiamo per favore queste polemiche e cominciamo a pensare al futuro… voglio tornare ora alla domanda che ha aperto questa serata… vorrei chiedere all’ingegner Paal… ma secondo lei, questa scala, è una scala per salire... ora è una scala per scendere?”.
L'ingegner Paal assunse un tono grave…
“Credo che è evidentissimo da tutti, che non si deve discutere nemmeno… che questa scala, che è una scala di tale dimensioni, di tale costruzioni… è senza alcuno dubbio, l'opera di una civiltà extraterrestre, e quindi è tramite, cioè collegamento, per contatto, che noi siamo attendendo di anni…”.
Il mago di Antas se ne uscì con una risata isterica e stridula. Richelieu lo richiamò immediatamente con fermezza:
“Santità! Non ora, la prego… Santità!”;
“… ma dottore, lei si rende conto che io, ascoltando tali stupidaggini, non posso fare altro... non posso trattenere il riso che sgorga spontaneo e impetuoso dal mio inconscio e dal mio animo”;
“Io non posso continuare se quello signore, sempre interrompe ridendo… parlando”.
Richelieu riportò la conversazione nel giusto binario, ma non prima di aver mandato in onda la consueta dose di pubblicità; alla ripresa, si rivolse all’ingegner Paal in tono confidenziale e chiese: “… ma questa scala… per realizzare questo contatto… dovranno scendere questi extraterrestri… o dovrà salire una delegazione di esseri umani?”;
“Io penso che deve salire umani… è semplice, perché se extraterrestre vuole scendere, non hanno bisogno con scala... Loro possono raggiungere terra senza problema, con suoi mezzi trasporto semplice”.
“Queste affermazioni dimostrano i.ne.qui.vo.ca.bil.men.te tutta la stupidità del signore che ha appena finito di parlare…”, interruppe ancora il mago di Antas.
“Lei non può sempre offendendo parlare!”
“Lei proferisce frasi cretine, e io non offendo nessuno perché dico soltanto la verità… se gli extraterrestri potessero raggiungere la terra senza problemi, con i loro semplici mezzi di trasporto… con gli stessi mezzi potrebbero consentire agli umani di raggiungere loro. Questo discorso degli extraterrestri è del tutto campato in aria e io sono qui per lacerare il velo di menzogna con cui questi ignoranti, incompetenti in malafede, stanno cercando di confondere la mente dei semplici”.
Evidentemente soddisfatto per aver trionfato con tale disinvoltura sul malcapitato ingegnere ungherese, il mago di Antas prima incrociò le mani sul petto, poi benedisse i presenti tracciando a destra, con la mano destra, il divino triangolo, poi a sinistra, con la mano sinistra, il cerchio divino, e infine, con entrambe le mani, la divina linea orizzontale che univa il divino triangolo al cerchio divino. Infine giunse le mani davanti al petto e pronunciò di nuovo parole incomprensibili; Richelieu lo lasciò terminare il suo breve rito osservando con sguardo serio ma scettico, senza sorridere, ma tenendo il ciglio sinistro visibilmente sollevato, dando così al suo viso un'espressione asimmetrica e accigliata.
“… e allora ci dica lei… cosa dobbiamo aspettarci da questa scala?”.
Il mago di Antas diede un cenno di assenso e aprì le braccia, come a voler porgere la sua immensa saggezza a tutto il mondo:
“Ho interrogato gli astri che governano l'universo da milioni di anni…”;
“… e che notizie ne ha ricavato?”, incalzava impaziente Richelieu, il gran maestro di cerimonie televisive, come se fosse stato veramente interessato alle risposte del mago.
“Io ho guardato le stelle, io ho ascoltato le stelle, e le stelle hanno portato la loro luce e la loro voce fino ai miei occhi e alle mie orecchie e mi hanno comunicato che gli dei eterni… gli dei  dell'antico Egitto, gli dei dei Fenici, dell'Africa intera, gli dei delle lontane Americhe, gli dei degli Incas, degli aztechi e dei pellerossa, gli dei delle antiche civiltà orientali… persino gli dei dell'antica Grecia, e il Dio unico della religione giudaico-cristiana, hanno deciso di riunirsi in un divino concilio universale e, per il bene dell'umanità, di risolvere definitivamente il problema della pace in cielo e in terra.
Ora essi, dopo aver realizzato in cielo la pace e la concordia delle religioni, riconoscendo la pari dignità di tutte le divinità, scenderanno attraverso la scala per portare nel mondo… la pace, il benessere e la concordia tra i popoli”;
“… e quando avverrà questa discesa? - chiese Richelieu come si ci credesse davvero - … è in grado di darci un'indicazione… almeno approssimativa… sarebbe bene saperlo con un certo anticipo in modo che si possano organizzare una opportuna accoglienza… e una diretta televisiva… in mondovisione…”.
Il mago di Antas allargò le braccia con fare paterno e comprensivo…
“… Dottor Richelieu, come lei ben sa, l'idea del tempo è un'idea tutta umana… gli dei vivono nell'eternità, cioè nell'assenza di tempo… un istante nel loro tempo, può valere anni nel nostro tempo… forse secoli… anche la scienza, con la teoria della relatività, ha riconosciuto questa realtà, per cui è impossibile per noi calcolare… fare una equivalenza… e dire quando esattamente questo evento accadrà… l'unica cosa che possiamo dire è che tale evento accadrà al parco Sant'Anselmo… l'unica cosa che possiamo fare è recarci al parco Sant'Anselmo, e lì, in raccoglimento, cercare la gioia nel nostro cuore e attendere fiduciosi”.
Richelieu non nascose la sua delusione… avrebbe voluto un’ora… una data almeno, per poter poi deridere il mago, quando alla scadenza, non sarebbe successo assolutamente nulla; ma il mago non era accaduto nel tranello.
“Bene, restiamo in attesa… ma intanto sentiamo padre Grissini… cosa ne pensa di quello che hanno appena detto l'ingegner Paal, e il mago di Antas?”.
Il prete cominciò lentamente, col suo accento bergamasco, con la sua cadenza trascinata:
“Mah, insomma… io ho lasciato parlare… non mi piace quelli che interrompe sempre... gridano uno sull'altro… ho ascoltato sia il signore là degli extraterrestri, sia l'altro… degli aztechi… degli egiziani… ormai siamo un'epoca che ognuno può dire quello che gli pare… che ognuno pretende di aver ragione qualunque cosa dice… va bé… io non lo so… poi la gente… sono disorientati e non sanno più cosa pensano… cosa dicono... ma insomma... per non stare qui a menare il can per l'aia... è evidente che ci troviamo davanti un qualcosa di soprannaturale... di miracoloso... che non è che si capisce ancora bene il senso... però, certo, come tutti i miracoli è un'occasione...";
“ In che senso?” chiese Richelieu;
“Eh… prima di tutto una occasione di conversione… per tutti… la scala è lì… la vedono tutti, quindi è evidente che si tratta di un messaggio rivolto a tutti…”;
“Spieghi meglio ai telespettatori il concetto di conversione…”;
“Eh, conversione… cosa vuol dire conversione? vuol dire cambiare stile di vita… cercare di essere un po' meno superficiali e badare di più all'essenziale…”;
“… interessantissimo questo concetto... ma forse c'è anche dell'altro...”;
“Staremo a vedere... anzi, io direi: andiamo a vedere!... se c'è una scala... andiamo su... qualcosa succederà!”;
“Ma chi dovrebbe andare? … secondo lei… lei ci andrebbe per esempio?”;
“ Ma certo! Potrebbe andar su chiunque... anche se secondo me sarebbe meglio che andasse sul il Papa…”;
“Il Papa!? … come il Papa?!”;
“Eh scusi... nel Sinai, a farsi dare le tavole sul monte, non è mica andato sul il Mosé? Ha mica mandato su uno qualsiasi! È andato su lui... il capo! E allora perché non dovrebbe andare su il Papa?”:
“Sensazionale! Padre Grissini propone di far salire sulla scala… il Papa in persona... potremmo dire a ricevere le tavole della legge per il terzo millennio! Se interpreto bene il suo pensiero... padre”;
“… ma, non lo so, se a ricevere le nuove tavole della legge... ma forse a ricevere qualche messaggio, qualche visione... non lo so...”.
La provocazione di padre Grissini rimise in moto la trasmissione.
Tutti volevano dire la loro… ma Richelieau aveva organizzato collegamenti in diretta con il parco Sant'Anselmo... si ascoltarono le illuminanti opinioni di autorità e di gente comune; furono trasmesse le immagini provenienti dagli elicotteri che continuavano a compiere le loro evoluzioni intorno alla scala... ma il sasso lanciato nello stagno aveva suscitato onde che si stavano allargando sempre di più, con velocità fulminea, e con reazioni non del tutto imprevedibili…
A Roma, nei palazzi del Vaticano, fu subito emergenza.
Il Papa, in tuta da ginnastica, nella palestrina attigua ai suoi appartamenti, stava guardando la trasmissione, mentre pedalava sulla cyclette; lì accanto, anche lui in tuta da ginnastica, per fargli compagnia, camminando sul tapis-roulant, il cardinal Gonzaga.
Erano un po’ preoccupati come ogni volta che padre Grissini andava in televisione. Quando il mago di Antas raccontava le sue elucubrazioni, i due uomini di Dio scuotevano la testa sorridendo, un po' rassegnarti... “Segni di quest'epoca confusa…” pensavano, ma quando quel sacerdote se ne uscì con la sua proposta, che nessuno, né Richelieu, né i presenti, aveva respinto con sdegno, il Papa smise di pedalare, il cardinale smise di camminare, e rischiarono entrambi di cadere.
“Ma quello è pazzo! Ma chi l'ha autorizzato!”
Erano le undici meno un quarto; il Papa cominciò a schiacciare pulsanti, suonare campanelli, e per i palazzi vaticani fu tutto un correre di monsignori, di segretari, di addetti all'ufficio stampa e di responsabili di uffici comunicazione... tutti convergevano di corsa allo studio di Sua Santità.
Meno di dieci minuti più tardi, da piazza San Pietro, guardando in su, si poteva vedere la luce filtrare attraverso le persiane delle finestre dello studio di Sua Santità. Cosa sia stato detto esattamente in quella situazione non lo sapremo mai; tuttavia indiscrezioni filtrate dagli ambienti ben informati sostenevano che Sua Santità aveva minacciato provvedimenti disciplinari severissimi nei confronti di padre Grissini, ma i suoi consiglieri più fidati lo avevano convinto a soprassedere, visto che nulla di grave o di illecito era stato commesso dal sacerdote, che anzi, paragonandolo a Mosé, aveva sottolineato davanti a tutto il mondo il suo ruolo di guida suprema dell'umanità, unico degno di confrontarsi direttamente con Dio. Inoltre un provvedimento nei confronti di padre Grissini avrebbe offerto l'occasione ai giornali radicali e della sinistra per scatenare una nuova campagna di opinione contro la mentalità liberticida della gerarchia cattolica.
Pare che l'efficacia degli argomenti abbia convinto, abbastanza rapidamente, Sua Santità a recedere dai progetti punitivi, ma che non di un solo millimetro fosse stato smosso dalla determinazione di non salire assolutamente, per nessun motivo sulla scala: “Io soffro di vertigini” aveva ripetuto più e più volte; “Mosé era stato chiamato da Dio sul monte Sinai direttamente... io non ho sentito nessuna chiamata”; “Chi assicura che salendo la scala mi metterò in contatto direttamente con Dio”; “Cosa ha da dire ancora Dio!? abbiamo già la Bibbia, i Vangeli… abbiamo già tutto”; “Se Dio vuole, può comunicare anche senza che io salga su quella ridicola scala!”… finché a un certo punto, non arrivò l'illuminazione: “Se Dio avesse voluto che io salivo la scala... avrebbe messo la scala a Roma! Se ha messo la scala a Milano, è perché vuol parlare con l'arcivescovo di Milano, o addirittura col parroco della chiesa di Santa Anselmo, che magari è un sant'uomo…”.
La determinazione del Santo Padre nel non voler salire sulla scala era fuori di dubbio, e tutti i presenti non poterono fare altro che prenderne atto.
Fu in quel momento che in tutto il mondo si diffuse la notizia non del tutto esatta, come oggi noi ben sappiamo, che il presidente degli Stati Uniti, noto fervente cattolico, male informato dai suoi assistenti, sulla volontà (inesistente) del Papa di salire sulla scala verticale, aveva comunicato durante una diretta televisiva, che la NASA era pronta a realizzare, a tempi di record, una specie di navicella spaziale, la Papa-mobile-verticale, che, arrampicandosi a cremagliera sulla scala di piazza Sant’Anselmo, fosse in grado di accompagnare Sua Santità, all’altezza di decine e decine di chilometri fuori dall'atmosfera celeste, fino all'appuntamento divino.
I telegiornali della notte chiusero su questa notizia. I canali televisivi all news continuarono a seguire l'avvenimento in diretta per tutta la notte, mostrando la scala investita dai fasci di luce delle fotoelettriche, intervistando la gente comune che, ancora alle ore piccole stazionava in piazza Sant’Anselmo e raccogliendo negli studi televisivi gli illuminanti pareri dei tuttologi di ogni razza e colore.
Alle otto del mattino un comunicato Ansa riportava in ogni angolo del pianeta il comunicato ufficiale della Santa Sede: “Il segretario di stato vaticano, dopo avere consultato il Santo Padre sugli sviluppi relativi all'apparizione della scala verticale di piazza Sant'Anselmo, anche a seguito di alcune dichiarazioni di uomini di Chiesa, riguardanti direttamente Sua Santità e che hanno provocato alcune gradite ma precipitose reazioni su scala internazionale, ha deciso l'istituzione di una pontificia commissione incaricata di esaminare l'evento in tutte le sue implicazioni, al fine di acquisire elementi certi per poter assumere le opportune decisioni conseguenti. La pontificia commissione è presieduta dal cardinale Gonzaga, coadiuvato dal vescovo di Pechino cardinale Hsu Chen Ghu, dal vescovo di Lagos, cardinale Giacomo Mbaba, e dal vescovo di Baltimora cardinale Steve McCarty”.

*

Alle prime luci del secondo giorno, la scala era ricomparsa: immobile, misteriosa, immutata.
Nei telegiornali del mattino, gli inviati non potevano fare altro che sottolineare che nulla era cambiato a piazza Sant'Anselmo. Si parlava di clima di attesa, anche se nessuno sapeva bene ‘attesa di che cosa’… la gente continuava ad arrivare e alle dieci si poteva parlare già di folla. Sulla via Pertini che portava al parco, si erano installati i primi furgoni che vendevano panini, piadine, bibite.
In mezzo a loro alcuni ambulanti di colore vendevano gadgets cinesi: portachiavi con una scalettina; scalettine-stappa bottiglie; fazzolettini e bandane multicolori con fantasie di scalettine; cupole di plastica in cui, dopo avere opportunamente agitato, la neve cadeva malinconica sul parco Sant’Anselmo e sulla sua scaletta.
Alla televisione, le trasmissioni più popolari del mattino, non parlavano d'altro che della scala: a ‘Buongiorno Buongiorno’, le interviste erano alternate a brani delle opere più famose registrate negli ultimi anni al teatro alla Scala; a ‘Buongiorno per tutto il giorno’, l'inizio della trasmissione era dedicato alla indimenticabile Wanda Osiris e ai brani musicali da lei interpretati mentre scendeva le famose scale, circondata dai boys; a ‘Buongiorno per davvero’, il famoso critico cinematografico, commentava celebri scene di film costruite intorno alle scale, dalla Corazzata Potemkin, ai musical di Fred Astaire; a ‘Buongiorno nel nome del Signore’, su tele Sacro Cuore, un pacato sacerdote argomentava su come il santo Rosario possa essere considerato, a tutti gli effetti, una sorta di scala per avvicinarsi sempre di più al cielo, e alla fine del suo intervento lanciò una semplice proposta: …questa sera, alle ore ventuno, appuntamento al parco Sant'Anselmo, per una lunga notte di veglia e di preghiera.
La Chiesa cattolica non sempre è pronta a cogliere al volo le occasioni che i tempi le offrono. Alcuni personaggi senza scrupoli, muovendosi sulla rete, e utilizzando i social network, avevano già fondato una nuova setta: la ‘Santa Chiesa milanese della scala’ detta brevemente la setta degli Anselmiti, che professavano la loro fede come una forma di amore libero e universale; il loro capo era Walter Agosti, un cantante che era stato famoso per un certo periodo negli anni sessanta, quando con il nome d'arte di Long Willy, era entrato in hit-parade con canzoncine simpatiche e orecchiabili come ‘Lacrime blu’, ‘Libera di cogliere un fiore’ e ‘Io vado a Hollywood’.
Conclusosi il suo periodo di maggior successo, si era ritirato in India per seguire gli insegnamenti filosofici di un Santone locale detto White Road, perché portava sempre impeccabili abiti bianchi di foggia occidentale. Sfortunatamente il santone morì pochi mesi dopo l'arrivo di Long Willy che, quindi, era rientrato a Novara, sua città natale, e qui, nella cascina dei suoi genitori, aveva aperto una specie di comune agricola dedita alla coltivazione del riso e alla produzione di ingredienti necessari per la cucina macrobiotica; specialità: i formaggi di capra conditi con spezie orientali.
Long Willy si nominò primo capo della Santa Chiesa milanese della scala, impose a se stesso il nome di Anselmo primo, e scelse tra gli ospiti della comune, dodici amici fidati ai quali diede il titolo di ‘apostoli’.
Alle ore quattordici del 22 giugno, Anselmo primo, con i suoi dodici apostoli, e altri fedeli salmodianti, tutti vestiti con tunica rossa e sciarpa nera, si presentò al parco, recando un vincastro fatto con una sottile scala, intorno a cui era avvinghiato un biscione, e chiedendo alle autorità di pubblica sicurezza di consentirgli di salire sulla scala.
Naturalmente, nessuno dei presenti era in grado di concedere un tale permesso, e l'ordine tassativo era: nessuno può avvicinarsi alla scala e tantomeno arrampicarvisi.
Iniziò una lunga discussione che non cambiò in nulla la posizione delle autorità, per cui agli Anselmiti non restò altro che tenere la posizione e continuare a salmodiare in attesa della evoluzione degli eventi.
Due ore dopo, non lontano dai furgoni che vendevano piadine e bibite, si parcheggiò un pulmino carico di antenne e apparecchiature elettroniche. Sulla fiancata uno strano simbolo: un quadrato nero intorno al quale erano posizionate quattro frecce rosse: una da destra e una da sinistra una da sopra e una da sotto; sopra il simbolo, la sigla di BDN-pie; sotto, in piccolo la scritta ‘Brigate per la Difesa Nazionale dai pericoli interni ed esterni’.
Scesero quattro individui in camice bianco e cominciarono a collegare cavi, antenne, spinotti e tutto quanto; nemmeno tre minuti dopo, il primo telecronista cominciava a intervistare il portavoce della brigata, che declamò il proclama ufficiale: “Davanti alla evidente incapacità delle autorità pubbliche ad assumere qualunque iniziativa atta a garantire la sicurezza dei cittadini, abbiamo deciso di istituire un presidio per la vigilanza del sito di piazza Sant'Anselmo, in modo tale da poter riconoscere con sufficiente anticipo i segnali di una possibile aggressione extraterrestre al nostro paese, e consentire ai cittadini di organizzare efficaci contromisure di autodifesa. Stiamo quindi scannerizzando tutte le frequenze radio provenienti dallo spazio in cerca di possibili anomalie”.
Il proclama delle BDN-pie fu disturbato da fischi e dissensi di uno sparuto gruppo di ragazzi che, a giudicare dall'aspetto, provenivano sicuramente da centri sociali alternativi. Quello che pareva essere il ‘capo’ di questi giovani si vide porre davanti al viso il microfono mentre il giornalista gli domandava:
“Sembra di capire che il vostro gruppo si trovi in aperto dissenso con l’azione degli attivisti per la difesa nazionale”;
“Bubba non rispondere…!”, intervenne la Mallu (Maria Luisa, sulla carta d'identità), una ragazzina con capelli tagliati da mohicano, con tatuaggi tribali nella parte della testa dove capelli erano stati rasati.
“Cioè, cazzo, io non capisco... oh, non sappiamo ancora un cazzo... e loro, senza sapere... proprio neanche un cazzo..., oh sono già qui... magari questi qui vengono giù per aiutarci… magari cazzo ne so... no! Loro... a priori: no!? Cioè, ma che cazzo di gente siete... ma se non li conosci neanche... cazzo... ma cì avete parlato? Ma come ragionano... prima di dire… oh… cazzo... due giorni... io non lo so..."; a questo punto si alzò il coro “Brigate, brigate... a-ffan-culo…”, ripetuto più e più volte.
Il portavoce delle ‘Brigate’ si rivolse al giornalista e ai giovani contestatori: “Allora… gli spettatori possono giudicare da soli la civiltà di questa gente”;
“Ma civiltà che cosa... cazzo!”, urlò la Mallu.
“Noi non abbiamo niente contro nessuno... solo che a casa nostra può entrare solo chi è invitato e se rispettano le nostre leggi e le nostre tradizioni, altrimenti fanno il piacere di restare a casa sua…”.
E di nuovo: “Brigate, brigate... andate a fare in culo…”, alternato a “Scemi... scemi!”.
Un gruppo di una decina di guardie forestali s'intromise e la discussione fu interrotta.
Il vice questore si guardò in giro... erano le sei di sera e c'era decisamente troppa gente al parco Sant'Anselmo.
È vero che la maggior parte delle persone si faceva fotografare con i telefonini, con la scala sullo sfondo e subito spediva la foto gli amici che non avevano la fortuna di essere lì e di potersi sbizzarrire in tutte le pose più imprevedibili: fingendo di arrampicarsi sulla scala, fingendo di discenderne, di sostenerla come se fosse la torre di Pisa; guardando terrorizzati come se stessero sbarcando gli alieni, guardando in estasi come se ci fosse la Madonna di Fatima, baciandosi e abbracciandosi, facendo boccacce e V di vittoria, facendo bella-lì, sfigato, looser...
Il vice questore era preoccupato; troppa gente, troppo movimento, troppo pochi uomini in caso di emergenza. L'origine delle preoccupazioni erano informazioni, provenienti da altre piazze d'Italia, che parlavano di raduni di penitenti incappucciati, che a petto scoperto, dotati di cilicio e di flagelli si stavano percuotendo, chiedendo perdono per i peccati dell'umanità.
Altri gruppi di questi penitenti, provenienti dalla Calabria, dalla Basilicata, dal Molise, dal Umbria e perfino dalla Croazia, guidati dai loro parroci o addirittura del loro vescovi, stavano convergendo sul parco Sant'Anselmo a bordo di pullman.
Il vice questore temeva che giunti sulla piazza, gli appartenenti alle diverse confraternite si sarebbero contesi le zone più vicine alla scala per manifestare davanti ai giornalisti e alle televisioni provenienti da tutto il mondo, la loro devozione.
“Ma il Papa che fa ?” mormorò tra sé e sé.

*

Già... il Papa che stava facendo?
Risposta: dopo avere adempiuto ad alcuni inderogabili impegni programmati da vario tempo, tra cui il più importante era ricevere i rappresentanti, dirigenti e atleti, della squadra di ciclismo ‘Ruote e Vita’, in partenza per il Tour de France, sponsorizzata da un noto industriale cattolico dell'Emilia, arricchitosi producendo le famose marmellate di Santa Teresa… (le marmellate dell’estasi)… dunque… dopo aver adempiuto agli inderogabili impegni, si era riunito con la pontificia commissione, fermamente deciso a trovare tutte le più valide giustificazioni per scongiurare assolutamente la deprecabile ipotesi di doversi arrampicare su quella scala.
I cardinali della commissione avevano letto i giornali, avevano guardato la televisione, avevano letto le dettagliate relazioni delle autorità di pubblica sicurezza, il cui contenuto si poteva riassumere in una semplice frase: “Non ne sappiamo nulla”.
L'unico dato certo era scritto in una nota riservatissima, consegnata dal cardinale Mbaba, al cardinal Gonzaga, che riportava il contenuto di un colloquio segreto svoltosi tra lo stesso Mbaba e l'arcivescovo di Milano, il potentissimo cardinale Lucio Gallina, il cui senso si poteva sintetizzare così: “Io sulla scala non ci vado nemmeno morto; il capo è lui, se vuole che vada su qualcuno, ci va su, lui”.
Sua Santità ebbe uno scatto di nervi che i fedeli non potrebbero mai nemmeno immaginare: “Se glielo dico io, lui piglia e sale, se no, c'è lo mando io a calci nel sedere, su quella scala del diavolo!”…
Tutti i membri della commissione rimasero colpiti dalla determinazione del sant'uomo… il cardinale Mbaba ripeté: “La scala del diavolo!”… e contemporaneamente sui volti di tutti presenti si aprì un serafico sorriso: eccola la soluzione!... ma come avevano fatto a non pensarci prima! La scala del diavolo... messa lì apposta dal demonio per tentare gli uomini, per far leva sulla loro smania di sapere... come l'albero della conoscenza nel paradiso terrestre! Sì,... la scala della conoscenza! Ecco il motivo giusto per non salire e anche l'occasione buona per mettere a tacere una volta per tutte quel sacerdote... quel saccente, sempre pronto a sputare le sue sentenze ogni volta che qualcuno gli piazzava davanti alla bocca un microfono. Ora finalmente lo si poteva inchiodare: la storia, anzi Dio stesso, lo aveva smascherato, assegnandogli il ruolo di serpente tentatore, incaricato di indurre il Santo Padre al peccato di superbia.
Il cardinali Gonzaga chiamò un servitore di camera e gli ordinò di portare una bottiglia di champagne per brindare alla divina soluzione.
Mentre brindavano il cardinale Mbaba cominciava mentalmente a prendere appunti sul comunicato che sarebbe stato divulgato la mattina successiva: “Il Santo Padre, riunitosi in preghiera con i cardinali componenti la pontificia commissione incaricata di riflettere sull'evento della comparsa della scala misteriosa... eccetera... eccetera...”.
Il comunicato sarebbe stato divulgato la mattina successiva... ma qualche giornalista amico avrebbe ricevuto in anteprima qualche informazione... soprattutto sui provvedimenti a carico di quel prete presuntuoso, ammalato di protagonismo e così arrogante da pretendere di insegnare al papa quello che deve fare. Provvedimenti... niente di repressivo, s'intende… purtroppo non sono più i tempi, ma un chiaro e accorato richiamo alla prudenza, al silenzio, e al rispetto della gerarchia. Champagne!

*

Per la seconda sera consecutiva ‘Tutto di Tutto’ andava in onda in prima serata.
Titolo della puntata: ‘La scala misteriosa - opportunità o tentazione?’.
Richelieu aveva ricevuto istruzioni ben precise: sostenere con determinazione e obiettività la tesi gradita in Vaticano e non ancora divulgata. Bisognava dare alla puntata una veste di serietà dopo il tono cialtronesco della sera precedente; a metà trasmissione sarebbe intervenuto da Roma in diretta l'esperto di affari vaticani Dante Augusto Mariani a spiegare tutta la situazione per benino.
In studio erano ospiti al solito, un onorevole di sinistra e uno di destra con la missione di sostenere le due tesi contrapposte: prima; successo del governo, infatti chiunque abbia messo la scala ha scelto il nostro paese, evidentemente in segno di fiducia verso il sistema Italia, il suo assetto economico e produttivo; seconda: fallimento del governo, infatti, chiunque abbia messo la scala ha scelto il nostro paese in quanto convinto di poter venire a casa nostra a fare il proprio comodo, senza alcun controllo.
Accanto agli onorevoli era presente Angelo Pietroni, il noto giornalista televisivo che da anni conduceva la trasmissione “Il mio amico E.T.”; in questa trasmissione non venivano offerte risposte ma posti quesiti interessanti: “Gli extraterrestri sono già tra noi?”; “Gli aztechi erano arrivati sulla terra con le astronavi?”; “Le piramidi servivano per comunicare oltre lo spazio?”; “Le banche di Wall Street ricevono ordini dagli extraterrestri?”.
La sua presenza a ‘Tutto di Tutto’, si era resa necessaria per affrontare alcuni spinosi temi: la scala misteriosa può essere considerata un passaggio per accedere ad un'altra dimensione?... oppure per metterci in comunicazione con un mondo parallelo?... gli extraterrestri vogliono portarci un aiuto per risolvere i nostri problemi o hanno bisogno di aiuto?... hanno forse esaurito qualche elemento naturale nel loro mondo e hanno bisogno di trovarne nuovi giacimenti qui?... potrebbero aver bisogno di sale marino?... stanno aspettando che qualcuno salga o aspettano un invito a scendere? e infine… gli extraterrestri, con la scala, hanno voluto offrirci una via di fuga di fronte all’avvicinarsi della fine imminente del nostro pianeta?
Sono argomenti che appassionano l'opinione pubblica.
Molto meno interessanti, le opinioni degli scienziati convocati: un fisico, un matematico, un meteorologo, un ingegnere, un astronomo.
Per rendere più comprensibili i loro interventi, Richelieu aveva fatto preparare un magnifico modellino in scala del sistema solare, con le posizioni dei pianeti in quel momento; la terra si riconosceva immediatamente perché ne usciva una specie di ferro da calza che rappresentava la scala.
Richelieu sorrise agli spettatori: “Noi non sappiamo quanto sia lunga la scala... nel nostro modellino l'abbiamo rappresentata come se misurasse 500 milioni di chilometri, ma allo stato attuale delle nostre conoscenze potrebbero essere molti di più, o molti di meno. Vedremo poi con gli scienziati che questa sera sono nel nostro studio quali conseguenze comporti una diversa stima delle dimensioni della scala”.
Insieme agli scienziati era stato invitato anche un gruppo di imprenditori, anche questi scelti accuratamente in due categorie: da una parte i sostenitori della tesi che la scala poteva offrire una straordinaria occasione di sviluppo per il sistema produttivo nazionale, in particolare per lo sviluppo del turismo; dall'altra i benaltristi, i sostenitori della tesi opposta: “… sì, la scala può dare un contributo al rilancio del made in Italy, ma il paese ha bisogno di ben altro, soprattutto di riforme strutturali e di ridurre la spesa pubblica”. Entrambi comunque concordavano sul fatto che classificare alcuni prodotti nazionali col marchio ‘Scala verticale certificata e garantita’, avrebbe tutelato le nostre esportazioni nel mondo, dalla concorrenza sleale dei paesi emergenti, e quindi bene aveva fatto l'ufficio per il commercio estero a depositarlo.
Richelieu con una lunga bacchetta, mostrava con orgoglio il marchio, che rispendeva su uno schermo gigante: un quadrato diviso in tre parti, come la bandiera italiana, con un terzo verde, un terzo rosso e il terzo centrale, bianco diviso in rettangolini che alludeva ai gradini della scala. Il quadrato era sormontato dalla scritta Italia e a sua volta sormontava la scritta &Italy.
Alla sua presentazione dalle file del pubblico si levò spontaneo e unanime un applauso di consenso.
Richelieu si pavoneggiò: “Questa sera a ‘Tutto di Tutto’ abbiamo presentato in anteprima il marchio: Italia & Italy - prodotti a scala verticale certificata e garantita!
E ora, prima di passare la parola ai nostri scienziati, mi dicono che abbiamo in diretta da Roma il nostro esperto di affari vaticani…”
Sullo schermo alle spalle di Richelieu, comparve il sorriso serio di Dante Augusto Mariani. “Buona sera a tutti gli spettatori”.
“Allora, ci dica... questa mattina il comunicato ufficiale della Santa sede ci ha informati della avvenuta costituzione della commissione pontificia per affrontare il tema proposto ieri sera in questa trasmissione da padre Grissini... e più in generale per definire il punto di vista della Santa sede, sulla presenza della scala misteriosa al parco Sant'Anselmo… si sa qualcosa? è trapelata qualche notizia sull'orientamento della curia a questo proposito?”
“Mah, guardi... lei sa... il riserbo degli ambienti vaticani è proverbiale… quindi nulla di ufficiale né di definitivo si sa ancora… - Mariani tirò un lungo respiro; Richelieu attendeva trepidante - ... tuttavia qualche voce comincia circolare…”;
“E cosa dicono queste voci?”;
“Sembra che l'atteggiamento di Sua Santità sia improntato al carattere di estrema prudenza. Lei sa… in realtà non c'è nulla di certo… cioè non si sa nulla di certo sulla scala, sulla sua funzione, sulla sua origine... se ci fosse stata qualche apparizione... se ci fosse stata una indicazione precisa… una chiamata… se ci fosse almeno una prova certa dell'origine divina della scala...”;
“Ma finora nulla di tutto questo!”
“Assolutamente nulla, anzi, pare che in commissione, qualcuno abbia anche ricordato la torre di Babele... l'arroganza dell'uomo che pretende di arrampicarsi fino al cielo”;
“Eh… certo, il peccato di superbia è sempre in agguato… di questi tempi poi…”;
“Certo... la superbia dell'uomo che pretende di affidare il suo destino unicamente alla sua intelligenza…”;
“Allora possiamo supporre che né domani… e neanche nei giorni seguenti… non vedremo Sua Santità arrampicarsi su per i gradini della scala come auspicato dal nostro padre Grissini, e anche da tanti fedeli…”;
“Francamente, penso proprio di no… il padre Grissini è persona di grande entusiasmo e di grande generosità, ma è anche dotato di una certa ingenuità e impulsività, che spesso lo spinge a manifestare pensieri non del tutto condivisibili… pensieri che non concordano con l'atteggiamento di prudenza e di cautela che caratterizza le scelte e i comportamenti della Santa sede”.
L’intervento si concluse con il sorriso compiaciuto dell'inviato da Roma: missione compiuta!
“Grazie, grazie mille al nostro collega da Roma… Dante Augusto Mariani, e torniamo qui in studio a Milano”.
Ormai erano passate le dieci e trenta; l'audience cominciava diminuire; era momento degli scienziati. Il fisico, il matematico, il meteorologo, l'ingegnere, l’astronomo, incominciarono ad argomentare. Richelieu poneva quesiti di grande interesse per l'opinione pubblica:
“La scala può avere una lunghezza infinita?”;
“Certo che no - rispose il fisico - una scala di lunghezza infinita, muovendosi nello spazio, nella parte che supera una certa distanza dalla terra, si troverebbe a muoversi a una velocità maggiore di quella della luce, e questo è in aperto contrasto con le leggi della relatività”;
Il matematico ribatté che questo sarebbe stato possibile, però ammettendo che a quelle distanze si creassero delle distorsioni nello spazio-tempo.
Intervenne immediatamente Angelo Pietroni che colse la palla al balzo:
“Potremmo pensare che questa distorsione sia il punto di passaggio... il tunnel… per il passaggio verso altre dimensioni... al limite anche per compiere salti nel tempo...”
“… e a quale distanza potrebbero trovarsi queste distorsioni?”;
“Intorno a 10 alla undicesima chilometri dalla terra”, disse il matematico;
“... cioè detto in parole povere?”;
“Circa cento miliardi di chilometri.”;
“E’ più o meno di un anno luce?”;
“È circa un centesimo…”;
“Cento miliardi di chilometri!... incredibile non si riesce nemmeno immaginare!... affrontare lo studio di questa scala comporterebbe un impegno scientifico straordinario… ma l'Italia è in grado di affrontare una sfida di questo genere?”
“Certo, se dovessimo arrivare a distanze intorno ai cento miliardi di chilometri, per sperimentare le proprietà della scala, occorrerebbero quantità di energia impensabili…”;
“E noi non abbiamo neanche una centrale nucleare”, disse, scotendo la testa tristemente, Richelieu, che da sempre si era rammaricato che, per colpa degli ecologisti non si fosse potuto sviluppare un percorso italiano al nucleare.
L'ingegnere intervenne: “Certo, sarebbe un dispendio di energia spaventosa, e di fronte a quali certezze... siamo sicuri che una salita sulla scala porterebbe vantaggi?... sarebbe veramente utile allo sviluppo scientifico?... allo sviluppo industriale?... sarebbe in grado di rendere l'Italia competitiva nel mercato della globalizzazione mondiale? io penso proprio di no... per quello che possiamo immaginare adesso, potrebbe essere solo un colossale spreco di risorse”.
Un discorso così negativo non piacque molto al conduttore, che rivolse uno sguardo implorante soccorso agli altri presenti... se anche loro avessero condiviso l'opinione dell’ingegnere la trasmissione avrebbe preso una piega decisamente deprimente.

In soccorso arrivò l'astronomo: “Certo di questa scala si sa ancora troppo poco... noi, al nostro osservatorio stiamo facendo tutta una serie di misure per verificare se per caso, la scala non stia frenando il moto di rotazione terrestre... lei mi capisce... anche un rallentamento di pochi secondi al giorno, nel corso del tempo, potrebbe portarci ad avere giornate di 25, 26… 30 ore con ricadute imprevedibili su tutti cicli biologici sulla terra... anche l'essere umano, come potrà comportarsi in un mondo in cui le giornate invece di 24, durassero 36 ore?”. Richelieu si mostrava interessatissimo e stupito.
Il giornalista pseudo scientifico, prese la palla al balzo e domandò ostentando viva apprensione:
“Ma se la scala può modificare il moto di rotazione della terra… allora forse potrebbe essere sconvolto tutto l'equilibrio del sistema solare…”.
L'idea di una catastrofe di dimensioni interplanetarie sembrava molto eccitante, sia per Pietroni che per Richelieu, ed entrambi guardavano con sincera apprensione l’astronomo il quale si affrettò a minimizzare: “Al momento, ancora non sappiamo esattamente cosa accadrà... stiamo facendo misurazioni... si avanzano delle ipotesi... delle congetture... congetture tutte da verificare...”.
La parola, ‘congetture’ piacque molto a Richelieu.
“Congetture, dice il professor Orsenigo… congetture che lasciano intravvedere scenari apocalittici degni dei più terrificanti film di Hollywood... dunque da questa scala non possiamo aspettarci niente di buono?”.
Finalmente intervenne il meteorologo: “Io non sarei così pessimista... non abbiamo ancora avuto l'occasione di sperimentare, ma io penso che in caso di temporale, la scala potrebbe funzionare come un enorme parafulmine e raccogliere una quantità enorme di energia elettrica che potrebbe essere convogliata a terra e utilizzata per particolari applicazioni industriali... ad esempio potrebbe alimentare inceneritori o altoforni…”;
“Cosa ne dice l’ingegnere?”
“Si, tra l’altro mi pare proprio che nella zona ovest di Milano, esista un grande inceneritore di rifiuti…”;
“Si, l’inceneritore di Figino!”;
“Se si riuscisse convogliare lì l’energia elettrica presente in quota, si potrebbero incenerire con poca spesa grandi quantità di rifiuti...”.
Richelieu, con un sorrisetto maligno, guardò in macchina e disse agli spettatori, confidenzialmente: “... se così fosse, bisognerebbe sperare di veder svettare qualche scala anche a Napoli o a Palermo... naturalmente questa è solo una battuta… che ci dà l'occasione per salutare i nostri spettatori che ci seguono dal sud d'Italia...”.

Detta questa ultima simpatica carognata, il conduttore ringraziò, salutò tutti gli esperti intervenuti e diede appuntamento ai telespettatori per la sera successiva e infine, facendo l'occhiolino confidenziale agli ascoltatori, aggiunse: “... sperando che stanotte, la scala non cada!”.

*

Durante la notte non successe nulla di nulla.
La scala svettava indifferente, immobile, algida da piazza Sant’Anselmo, dove brulicava la solita folla di centinaia di persone; chi recitava il rosario, chi scrutava le onde provenienti dallo spazio, chi vendeva panini, bibite e gadget.
Al mattino del terzo giorno l’ANSA divulgò l’equilibratissimo comunicato elaborato dalla commissione pontificia, il cui contenuto era già stato anticipato esattamente la sera precedente, da Dante Augusto Mariani.
Mariani stesso era presente alla trasmissione ‘Buongiorno Buongiorno’, a ribadire quello che era stato mandato a dire a ‘Tutto di Tutto’ la sera precedente.
A ‘Buongiorno per tutto il giorno’, erano già un po' più avanti...:
“Ma se la scala non è una via per mettersi in contatto con la/ le divinità, non si può pensare a una ‘salita laica’?”. Fu lanciato un referendum su Facebook: ‘Chi vorresti veder salire sulla scala?’.
I nomi più votati furono quelli del presidente della Repubblica; del capo del governo; del capo dell'opposizione; del sindaco di Milano; del capo della Protezione civile; del sindaco di Bari; pochi voti sparsi ottennero anche: Umberto Eco, Rita Levi Montalcini, Adriano Celentano; ultimo della lista, Nanni Moretti... con un solo voto.
A ‘Buongiorno per davvero’, il pubblico potè assistere a un terribile battibecco a quattro dove il sindaco di Venezia, quello di Firenze, il ministro della ricerca scientifica e il presidente della regione Lombardia si insultarono e si tolsero la parola l’un l’altro, per un'ora e quaranta, esprimendo le loro opinioni su chi dovesse salire, se dovesse servire, quando dovesse salire, come dovesse salire, fino a che altezza dovesse salire.
Alla fine della trasmissione, secondo la migliore tradizione dei talk-show televisivi, ognuno di loro era ancora più convinto delle proprie opinioni; nessuno di loro aveva ceduto di un solo millimetro.
A ‘Buongiorno nel nome del Signore’, su tele Sacro Cuore, il pacato sacerdote osservava come la scala della discordia fosse arrivata a mettere gli uomini uno contro l'altro... come se non bastassero già le divisioni tra religione e religione, e tra gruppi di fedeli all'interno della stessa religione. Invitò pertanto tutti i fedeli a intonare immediatamente il santo Rosario per invocare dal Cielo la concordia tra gli uomini in Italia e in tutto il mondo.

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Intanto al Ministero degli interni era stata convocata una riunione per affrontare la situazione.
L'appuntamento era per le prime ore del pomeriggio; già alle tredici i primi giornalisti erano fuori dal Viminale per carpire qualche frase, qualche parola, qualche intonazione della voce dei ministri, che lasciasse trasparire un indizio. Ogni telegiornale fece il suo collegamento in diretta e tutti i giornalisti dissero che erano in attesa dei ministri.
Quando i ministri cominciarono ad arrivare, tutti dichiararono che la riunione sarebbe cominciata tra poco; che non si sapeva quanto sarebbe durata; che non si sapeva se sarebbero state prese delle decisioni e men che meno che decisioni sarebbero state prese.
Arrivò il ministro degli interni accompagnato dal prefetto di Roma e da quello di Milano; arrivò il presidente del consiglio, con due sottosegretari alla presidenza; arrivò il ministro della difesa accompagnato dall'ammiraglio Ramponi e dal generale Riccoboni; arrivò il ministro dell'economia e della finanza; il ministro della ricerca scientifica; il ministro dell'istruzione e quello del commercio estero; il presidente della corte costituzionale e il cardinal Pignetta, osservatore inviato dalla Santa Sede; gli ambasciatori di Francia, Germania e Stati Uniti e l'onorevole Mandaroni, vice presidente del Parlamento europeo. Quando tutti furono entrati il portavoce del maggiore partito di opposizione, che casualmente si trovava davanti al Viminale, dichiarò a tutti gli organi di informazione lì riuniti che anche in questa occasione il governo italiano si era segnalato per mancanza di idee, per la mancanza assoluta di controllo sulla situazione e per incapacità; la lezione che ancora una volta, gli italiani devono trarre è che il governo deve andare a casa il prima possibile e chiamare il popolo, che è sovrano, ad esprimere la propria opinione su chi debba governare veramente questo paese.

All'interno del palazzo, intanto, i ministri, i generali, gli ambasciatori, e tutti quanti, avevano preso posizione intorno al tavolone. Tutti mormoravano, commentavano, sussurravano... qualcuno sorrideva...
Il Presidente del consiglio guardò in faccia i presenti: “Dunque... che si fa?”.
Tutti guardarono il loro blocco note, come a trovare qualcosa da dire... come gli studenti a scuola quando il professore domanda quello che aveva spiegato due mesi prima.
“Qualcuno ha un'idea?”. Silenzio tombale.
“Insomma qualcosa dobbiamo pur dire...”.
Intervenne il generale Riccoboni. I militari, anche se di alto grado, prediligono esprimersi in termini brutali perché fa più maschio; tuttavia noi non possiamo accettare quel linguaggio scurrile e quindi sostituiremo quei termini con asterischi.
“Tutto quello che sappiamo è che alle quattro di mattina del giorno 21 giugno, in piazza Sant'Anselmo a Milano è comparsa questa scala del *… e da allora si è scatenata una valanga di chiacchiere senza senso… ognuno va in televisione a dire la prima * che gli viene in mente... addirittura coinvolgendo il Santo Padre... rischiando di creare un incidente diplomatico che per fortuna la Santa sede è riuscita a evitare elegantemente... e qui voglio complimentarmi col cardinal Pignetta… ma insomma allo stato attuale di questa * di scala, non sappiamo né chi ce l'ha messa, né come, né perché, né dove va, né a cosa serve... insomma - e qui alzò un pochino la voce e sbatté il palmo della mano sul tavolo - … insomma non ne sappiamo un * … scusate la parola… e adesso che * gli andiamo a raccontare a quei * la fuori?!”
La forma del discorso del generale Riccoboni era sconveniente e inaccettabile... ma il contenuto fotografava esattamente la situazione.
Tutti tacquero. Il presidente del consiglio guardò sconsolato i presenti: “… ma è mai possibile… con tutti problemi che abbiamo in questo momento con la crisi che ci massacra… ma ci doveva capitare tra capo e collo quest’accidenti di scala?”.
Il ministro degli interni aprì le braccia:
“… noi stiamo cercando di garantire l'ordine pubblico… finora non è successo niente… ma io non lo so… se la folla dovesse aumentare… se qualcuno dovesse infiltrarsi e intraprendere qualche azione dimostrativa… bisognerebbe far confluire su Milano qualche reparto speciale… isolare il quartiere… mettere dei posti di blocco…”
“Sì, potremmo giustificare la cosa dicendo che abbiamo avuto informazioni riservate…”, disse l'ammiraglio Ramponi.
“No! Che poi magari a qualcuno gli viene in mente davvero di andare a fare qualche… no, no, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta!”, ribatté il prefetto di Milano.
“… giusto, non svegliamo il cane che dorme”, aggiunse il ministro della ricerca scientifica.
“… niente nuove, buone nuove...”, concluse il vicepresidente del Parlamento europeo.
I ministri annuirono, e a quel punto, ciascuno di loro, tanto per dare un senso alla propria presenza, incominciò a elencare i problemi che stava affrontando al suo ministero con relative proposte di soluzioni, per le quali purtroppo non c'erano le risorse economiche e finanziarie.
Le lamentazioni andarono avanti per un paio d'ore.
Ad ogni problema le spalle del povero primo ministro, si incurvavano sempre di più come sotto il peso di un macigno sempre più pesante.
Le parole conclusive della riunione, il Primo Ministro le rivolse al ministro dell'interno e alle autorità di pubblica sicurezza:
“Vedete almeno di fare in modo che non succedano incidenti, istituite una unità di crisi…”, poi verso le cinque del pomeriggio, il pover'uomo si avviò verso l'uscita, pronto ad affrontare le iene della carta stampata e delle televisioni in agguato lì fuori.
La dichiarazione copriva come una foglia di fico l'assenza di qualunque idea, sia di quello che stava succedendo, sia dei provvedimenti da prendere per affrontare la situazione: “Oggi 23 giugno, ci siamo riuniti, io con alcuni ministri, alcuni responsabili dell'ordine pubblico e anche qualche tecnico, per valutare la situazione che si è creata a Milano al parco Sant'Anselmo... sto parlando dell'apparizione della ormai famosa scala verticale... abbiamo analizzato attentamente tutti i dati e le informazioni in nostro possesso, abbiamo valutato eventuali strategie operative in funzione degli eventuali sviluppi che la situazione potrebbe assumere... vi posso assicurare che l'attenzione del governo su questo evento è massima, e per seguire meglio la vicenda sarà istituita qui al ministero degli interni un'unità di crisi. Naturalmente in questo momento non posso e non voglio scendere nei particolari, perché, per correttezza, devo prima parlarne con presidente della Repubblica, che in questo momento mi sta attendendo al Quirinale, e da cui sto per recarmi... vi ringrazio tutti e vi augurò buon lavoro…”.
“Presidente, presidente... avete previsto un imminente attacco alla terra?”, urlò un giovane giornalista di un quotidiano molto aggressivo nei confronti del governo.
“No, non lo abbiamo previsto, ma al momento nessuna ipotesi è stata scartata con certezza”.
Detto questo il presidente del consiglio scomparve nell'auto che doveva portarlo al Quirinale, e ai giornalisti rimasero da vedere, soltanto i lampeggianti delle auto della scorta, mentre nell'aria risuonavano, allontanandosi, gli echi delle sirene.

*

Giocatori, dirigenti e tecnici della squadra notissima e titolatissima, uscirono dall'aereo appena atterrato a Fiumicino. I tifosi, con bandiere e striscioni li accolsero da lontano con canti e grida di incoraggiamento. A pochi metri dall'aereo un pullman coi vetri oscurati e con le porte aperte attendeva giocatori, dirigenti e tecnici per accompagnarli all'Hotel Salomon: un cinque stelle poco lontano dal palazzo della Federazione. Le deposizioni delle testimonianze, era previsto che iniziassero la mattina successiva. Quando il pullman si mosse per avviarsi a un'uscita secondaria i tifosi intonarono a squarciagola “Tu, solo tu, tu nel mio cuore…”.
Il pullman scomparve nel buio.
Il pullman non arrivò mai all'Hotel Salomon.
Quaranta minuti dopo essersi allontanato dal piazzale, la polizia dell'aeroporto, nel suo normale giro di perlustrazione, trovò il pullman abbandonato, con le porte spalancate e il conducente in manette, legato con una catena al volante.
Di giocatori, dirigenti e tecnici, nessuna traccia.
Mezz'ora dopo, negli uffici di polizia interni all'aeroporto, l'autista aveva già raccontato tutto quello che sapeva: mentre si stava dirigendolo verso l'uscita secondaria, si erano avvicinati cinque macchinoni… “di quelli che li chiamano hammer”, cinque macchinoni neri, con targhe straniere, che avevano bloccato il pullman; ne erano usciti parecchi uomini armati, vestiti di nero e incappucciati che avevano puntato le armi contro di lui, e urlavano di aprire.
Lui aveva aperto; gli uomini erano saliti e avevano fatto scendere tutta la squadra... mani sopra la testa... in fila... fino a un elicottero grosso, come quelli militari, poi, quando tutti erano saliti, l'elicottero si era alzato in volo ed era scomparso quasi subito; gli uomini incappucciati, prima di risalire sui macchinoni lo avevano legato e gli avevano intimato di stare calmo e tranquillo, che tanto aveva solo da rimetterci, e poi se ne erano andati.
Naturalmente gli uomini vestiti di nero e incappucciati… parlavano con un accento slavo.
Alle sei e mezzo, l’ANSA batteva la notizia del sequestro dei giocatori, dirigenti e tecnici della squadra notissima e titolatissima.
Alla redazione di ‘Tutto di Tutto’, questa notizia fu accolta come una liberazione: Richelieu e i suoi collaboratori avevano passato tutto il pomeriggio a pensare a come riempire la terza serata sul tema della scala.
“Ancora una serata di chiacchiere a vanvera!?”, aveva esclamato Richelieu, furioso.
“Tre giorni che è comparsa e da quando è comparsa non è più successo niente… chiacchiere su chiacchiere! Non si può andare avanti così! O succede qualcosa o cambiamo argomento”.
Laura Carboni, la caporedattrice, propose: “Potremmo fare una serata dedicata alle vacanze dei vip... poi facciamo un collegamento in diretta col parco Sant'Anselmo... magari recuperiamo il vecchietto... quel Brambilla... lo facciamo chiacchierare un po' di com'è cambiata la sua vita... tanto per non mollare l'argomento così di colpo... e poi, man mano... lo lasciamo andare, almeno finché non succede qualcosa di nuovo...”.
“Dopo due sere che abbiamo fatto gli ascolti che abbiamo fatto… una serata sulle vacanze dei vip, è proprio una bella * !”, disse Richelieu, che lontano da orecchie indiscrete abbandonava il suo tono mellifluo e si esprimeva anche lui con toni brutalmente virili.
La notizia del sequestro liberò la redazione di ‘Tutto di Tutto’ da quella penosa situazione. Richelieu ne fu come galvanizzato.
“Come la intitoliamo la puntata?”;
“… pallone in ostaggio?”;
“… poco efficace.”;
“… mafia e pallone?”;
“… troppo didascalico”;
“Le mani sopra il pallone!”;
“… sì, questo è meglio, ricorda anche il film Le mani sulla città...”;
“Allora forse è meglio: ‘Le mani sul campionato’… più incisivo, più diretto, più chiaro.”;
“Si, si… ‘Le mani sul campionato’ non è male... lascia un po' intendere che, chi più chi meno, ci sono dentro tutti... quindi non è che si mette sotto accusa nessuno in particolare... mal comune mezzo gaudio... tutti colpevoli, nessun colpevole... si, si, ‘Le mani sul campionato’ va bene...”;
“Chi chiamiamo?”;
“I soliti… un paio di onorevoli… qualcuno che dia contro i giudici… qualche giornalista sportivo... qualcuno della federazione...”;
“Dobbiamo far passare il messaggio che è colpa dei giudici, se hanno sequestrato la squadra… sono sempre loro a fare casino per mettersi in mostra…”:
“… certo, il protagonismo dei giudici va sempre bene...”;
“Però allora, bisogna chiamare anche qualcuno della società civile... di quelle cavolo di associazioni antimafia...”;
“Chiamiamo Manzoni?”;
“… non viene… l'ultima volta s'è incazzato come una bestia… ché ogni volta che apriva la bocca, gli toglievo la parola…”
“…se non viene Manzoni … proviamo… chiamiamo quel prete…”
“Don Bertelli?”
“Sì, Don Bertelli va benissimo... chiamatelo subito... poi ci mettiamo qualche calciatore degli anni sessanta, vedete se riuscite a far venire Rivera, o Mazzola... e un paio di veline fidanzate dei calciatori e poi siamo a posto…”.
La serata cominciò come al solito, con il battibecco tra i due onorevoli; quello dell'opposizione che ancora una volta si scagliava contro il governo che aveva dimostrato una volta di più di non essere in grado di garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini; quello della maggioranza sosteneva invece che questo lo episodio, questa reazione furiosa, dimostrava proprio l'efficacia dell'azione del governo nella lotta contro la criminalità organizzata che, sotto il governo precedente aveva goduto di coperture e complicità.
Il copione della serata prevedeva poi l'illustrazione del plastico dell'aeroporto di Fiumicino, dove tutta l'azione del sequestro veniva mostrata muovendo con delicatezza e precisione l'aeroplanino, il pulmino, le macchinine e l'elicotterino.
Ma l'elicottero… dove era finito? Fu chiamato al telefono il comandante della torre di controllo: “Ma come è stato possibile che un elicottero di quelle dimensioni, sia atterrato e abbia potuto sollevarsi in volo, senza che alla torre di controllo nessuno si accorgesse di nulla?”; e poi, l'interrogativo inquietante: “Possiamo escludere con certezza la presenza di complici all'interno dell'aeroporto?”.
A questo punto, una giovane giornalista della redazione, irruppe discretamente nello studio, e si avvicinò a Richelieu per consegnargli, come se fosse arrivato in quel momento, un dispaccio di agenzia che era arrivato venti minuti prima. Il conduttore fece finta di leggere rapidamente e ostentò stupore e sorpresa, con professionalità; in realtà era già stato informato, mentre non era inquadrato, ma l'occasione di recitare la sua sceneggiata, non la voleva assolutamente perdere.
“Ricevo in questo momento... e voglio informare subito sia voi qui presenti in studio, sia i telespettatori a casa... è pervenuta la rivendicazione... non sappiamo quanto sia attendibile... verificheremo nei prossimi minuti... ma per il momento la riportiamo così come è arrivata: dunque… il comunicato dice che la squadra, dopo essere stata prelevata all’aeroporto di Fiumicino è stata trasportata... (non spiega come... probabilmente con l'elicottero) in un paese straniero... l'organizzazione responsabile… che si definisce OMA… che vorrebbe dire Organizzazione mondiale alternativa... chiede per il rilascio della squadra... la liberazione di 736 detenuti… tutti appartenenti all'organizzazione… di cui 143 detenuti in Italia... l'interruzione immediata del processo in corso a Roma, e di tutti processi in corso nel mondo in questo momento… e che vedono coinvolti i membri dell'organizzazione… chiedono… un indennizzo di milleduecento milioni di dollari… per introiti mancati, a causa delle attività di polizia e della magistratura... milleduecento milioni di dollari… è quasi un miliardo di euro... l'ultimatum scade tra settantadue ore... da quel momento in poi, ogni dodici ore sarà giustiziato uno dei giocatori… a cominciare da Martini… Filippo Martini... il portiere della squadra... che anche il portiere della nazionale...”.
Poi aggiunse col tono del grande esperto: “OMA… organizzazione mondiale alternativa… è la prima volta che compare questa sigla…”.
A questo punto la chiacchiera riprese più fluida e abbondante che mai.
E la scala? Nessuno aveva voglia di parlarne ancora.
Le polemiche che si potevano imbastire, erano state imbastite e si erano consumate come fuoco di paglia. Novità non ce n'erano, e questo inedito atto calcistico-terroristico, offriva nuova paglia al fuoco delle chiacchiere. Al parco Sant’Anselmo, la folla dei curiosi si era ridotta a una quindicina di persone. I venditori di piadine e bibite pensavano già a dove spostarsi per i giorni successivi.
Verso le dieci e trenta, dopo una buona mezz'ora di chiacchiere sul comunicato dei terroristi, Don Bertelli prese la parola: “Un ricatto di questa portata, da parte della criminalità organizzata internazionale, non può assolutamente essere accettato e non può lasciare indifferenti i rappresentanti e gli appartenenti ai movimenti della società civile, ma anche i semplici tifosi e gli appassionati di calcio. Io penso che la mobilitazione debba essere immediata ed estesa a tutto il territorio nazionale.”;
“Che tipo di mobilitazione propone, Don Bertelli ?”;
“ Si... io proporrei una mobilitazione spontanea... bisognerebbe che ogni italiano, ogni tifoso di calcio, con la bandiera della sua squadra... o anche col tricolore... salisse in macchina e bisognerebbe che cominciassero dei caroselli, dal centro delle città alle periferie... con i clacson delle automobili e il frastuono delle trombe... come se avessimo vinto qualche campionato internazionale… e bisognerebbe che tutti girassero tutta la notte nelle piazze, e intorno agli stadi... per far capire che il calcio italiano non si piega davanti ai ricatti… e anzi, nelle situazioni di crisi sa tirare fuori l'orgoglio e sa ritrovare l'unità che permette di resistere alla violenza di questa delinquenza… di questa criminalità organizzata...”;
Richelieu gongolava; far partire da ‘Tutto di Tutto’, una grande manifestazione di solidarietà nazionale, spontanea, immediata… che mettesse d’accordo tutti gli italiani… e chi se lo sarebbe mai immaginato!
“Si - disse con determinazione – certo! Questo può essere un segno forte… molto forte... il segno che il calcio italiano... che gli italiani... non si piegano neanche davanti ai ricatti più spietati... un bell'esempio di fermezza!”.
Tre minuti dopo questa dichiarazione, la prima macchina con a bordo parte della famiglia Pinna (sardi trasferiti a Genova: padre, due figli e la fidanzata del figlio maggiore), sventolando, a destra la bandiera Genoana, a sinistra quella della Juve, sul tetto il tricolore, partiva da Nervi e puntava diritta verso Marassi, lanciando col clacson, nella notte genovese, il segno della propria presenza.
Mezz'ora dopo, il carosello calcistico e solidale, aveva invaso strade e piazze di ogni città italiana, e milioni di auto facevano la spola dal Duomo, allo stadio.
L'idea di Don Bertelli, approvata e condivisa da Richelieu, aveva immediatamente provocato ovunque lo stato di allerta di tutte le forze dell'ordine, in particolare delle polizie urbane.
Dalle centrali operative, dai centri di coordinamento, si tentava di tenere la situazione sotto controllo: “C'è qualcuno vicino a piazza 25 aprile? chi è che può andare? Mambelli… com’è la situazione a Viale Garibaldi…? State attenti che lì succede sempre casino...”.
La mobilitazione era generale.
Il coordinamento della protezione civile di Milano era a corto di uomini.
Intorno a San Siro cominciava a salire il caos; il prefetto rimase a pensare, silenzioso per qualche minuto, poi fece chiamare Bianchi, il capitano dei carabinieri al parco Sant'Anselmo:
“Com’è lì la situazione?”;
“Tutto tranquillo”;
“Quanta gente c'è?”;
“Curiosi, non c’è più quasi nessuno…”;
“… e i gruppi?!;
“… quelli del rosario si sono spostati in parrocchia a pregare per i calciatori... quelli del cantante sono andati via già alle sei... quelli dei centri sociali sono andati a San Siro...”;
“… ma chi è, che è rimasto lì?”;
“… di gente ci sarà qui dieci persone... ma deve essere gente del quartiere... gente che portano il cane... poi ci siamo noi...”;
“ … quanti uomini ci saranno lì...”;
“ … eh… saremo una quarantina...”;
“… allora lasci lì due macchine, e gli altri andate a vedere che non succeda casino in giro... pare che a Viale Forze Armate, non ci si muove...”;
“… va bene, andiamo...”.
Il capitano Bianchi parlò con le pattuglie presenti, e dopo un quarto d'ora, il parco sembrava quasi deserto. A mezzanotte un paio di anziane chiacchieravano fumando e aspettando che Pallino e Mariacallas, finissero di fare i loro bisognini; i lampeggianti delle due auto di polizia urbana mandavano i loro bagliori azzurri sulle transenne che circondavano ancora la scala.
La scala, immobile, immutabile, indifferente, era sempre lì.
Una delle due anziane si chiedeva: “Per me, quella scala qui... io non lo so, ma mi sa che c'entra qualcosa, con quelli del calcio, che li hanno sequestrati...”;
“… mah, secondo me, non lo so... non si capisce... ma a me, mi pare impossibile...”;
“… certo, se andava su il Papa, io potevo vedermelo bene-bene anche dalla finestra di casa mia; mi metevi lì sul terrazzino... s’erì apost...”;
“… eh si… l’è propi un pecat che l’è minga vegnu… mi gh’ho mai vist ‘l Papa…”;
“… anca mi, l’u ‘est duma in televisione…”.
Era mezzanotte e un quarto. Le due vecchiette si avviarono verso casa; da lontano si sentiva il frastuono dei caroselli delle auto; il parco Sant'Anselmo rimase deserto; solo le due pattuglie stazionavano; i vigili urbani sonnecchiavano o mandavano sms coi cellulari.
Era la terza notte dalla comparsa della scala, ed era già cominciato il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista; faceva molto caldo; molte persone, anche se in alcune case era accesa l'aria condizionata, cercavano di riposare, ma non riuscirono a dormire e si rigiravano sopra il letto.

Non riusciva a dormire Sua Santità, che si chiedeva, nel silenzio della sua stanza, se la scala non fosse stata messa lì veramente per lui, e se la sua paura di salire, e la sua ostinazione non comportassero peccato di omissione.
Non riuscivano a dormire né il presidente del consiglio dei ministri, né il ministro degli interni, né gli altri ministri, né gli alti gradi dello stato, che in un raro barlume di lucidità si rendevano conto improvvisamente, della loro assoluta inadeguatezza al ruolo che avevano assunto e alla situazione che dovevano affrontare.
Non dormivano i dirigenti della Federazione nazionale calcio, che vedevano il loro feudo sgretolarsi e cadere a terra come un castello di carte e il loro potere finire in polvere, travolto dall'arroganza dei criminali di tutto il mondo.
Non dormivano i deputati, i giornalisti, i tuttologi, i comunicatori di ogni razza e colore, che si vergognavano del loro narcisismo e della inconsistenza delle loro chiacchiere; uno di loro si ricordò di aver letto, una volta, una frase:
“Non sanno cosa dicono, e parlano soltanto per mettere in moto l'aria,
e parlando alzano il viso e seguono con lo sguardo le parole pronunciate”
… chissà chi l'aveva scritta quella frase che ora lì rappresentava tutti così esattamente.
Non dormiva neanche Giuseppe Brambilla. Aveva guardato un po' la televisione, e c'era rimasto tanto male per quei ragazzi del calcio: “S’ as po pu gnanca giugà al fubal…”.
Pensò che la colpa era dei soldi… troppi soldi… soldi nel calcio, soldi nel ciclismo... “Va che fin che i gh’han fai fa al Pantani”… gli venne una lacrima sul ciglio, la asciugò piano piano, e mandò a quel paese gli sponsor, le televisioni, le dirette e tutto quel sistema.
Faceva troppo caldo per andare a letto; si mise sul divano, dove si metteva sempre quando c'era ancora sua moglie; guardò il posto dove lei si sedeva per guardare la televisione insieme; pensò che quando c'era sua moglie e alla sera si mettevano lì a vedere il Rischiatutto o la Domenica sportiva… era più bello... era bello anche se sua moglie a un certo punto si addormentava.
Si, una volta, quando lui la mattina dopo, doveva andare a lavorare, era più bello. Molto più bello. Si appisolò sereno e pieno di nostalgia.
Si risvegliò verso le quattro; aveva sete e voglia di fumare; andò in cucina, si versò un bicchiere d'acqua, bevve e dopo andò sul balcone con le sigarette. Guardò laggiù: la scala era sempre lì; accese la sigaretta, tirò una boccata, si guardò in giro, guardò i palazzi,  e soffiò il fumo. Quando il fumo si diradò davanti ai suoi occhi… la scala non c'era più... scomparsa.
Scomparsa di colpo, come fanno i maghi in televisione. Guardò meglio.
“Eh… la gh’è pu…”. Scomparsa.
Scomparsa di colpo, così com'era comparsa... e ora, laggiù non c’era più nessuno.
Nel parco c’erano solo le auto dei vigili, che forse non si erano ancora accorti di niente.
Disse tra sé e sé: “… e adesso cosa succede… bisogna avvisare i vigili? E poi un’altra volta la televisione, i giornali, le chiacchiere... e tutti i curiosi ancora… Madò… adess ol recumincia ol carneal… ma a mi ol m’enteresa minga!”.
Si, il Giuseppe Brambilla era stufo di curiosi e di tutte quelle chiacchiere; finì la sua sigaretta, spense le luci e se ne andò a dormire tranquillo.

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