mercoledì 11 gennaio 2012

il maestro e margherita






Luigi Alcide Fusani

IL MAESTRO E MARGHERITA



dal romanzo di Michail Bulgakov









2 settembre ‘11
13 settembre ‘11

I.

Agli stagni di Patriarsi

È una serata primaverile, a Mosca. Fa un caldo terribile. Una panchina e qualche albero vicino allo stagno. Arrivano due personaggi che stanno bevendo una bibita arancione:
Berljoz, circa quarant'anni, piccolo, grassoccio, calvo, vestito di grigio e con enormi occhiali con montatura nera; è il presidente della Massolit, la potente associazione dei letterati di Mosca.
Ivan, giovane poeta, largo di spalle, capelli ricci rossicci, berretto appoggiato sulla nuca, camicia sportiva, pantaloni bianchi, sandali neri.
A mezz’aria, passa avanti e indietro un signore altissimo e incredibilmente magro con un berretto da fantino sulla testa e una giacchetta a scacchi. Ivan beve tranquillamente la sua bibita, mentre Berljoz è terrorizzato dall'apparizione.
  • Berljoz.            Per il diavolo… sai che questo caldo per poco non mi fa venire un colpo? ho avuto persino una specie di allucinazione… comunque… riprendiamo il nostro discorso... vedi, il poema che hai scritto, è buono; ma quello che è sbagliato è l'idea di fondo... quello che noi dobbiamo dimostrare non è che Gesù era buono o cattivo, ma che Gesù non è mai esistito e tutti i racconti su di lui sono semplici invenzioni… comune mitologia…
in ogni religione orientale c'è una vergine che ha partorito un dio...
la realtà è che non c'è una sola prova storica del fatto che Gesù sia realmente esistito!
Mentre Berljoz pronuncia questa ultima frase entra Mr. Woland: intorno ai quarant'anni, alto, alcuni denti ricoperti d'oro, bocca leggermente storta, scuro di capelli; abito e scarpe grigio scuro, bastoncino da passeggio con pomo nero a forma di testa di cane; occhio destro nero, praticamente un buco, occhio sinistro stranamente verde e luminoso, sopracciglia nere, una più alta dell'altra.
Mr. Woland guarda intorno, i palazzi sulla piazza.
  • Berljoz.            Guarda c’è uno straniero…
  • Ivan.                Deve essere un inglese…
  • Berljoz.            Può essere anche un tedesco… comunque, vedi Ivan, tu hai dato un'immagine molto satirica della nascita di Gesù, figlio di Dio… ma dovresti mettere in rilievo, i lati assurdi della vicenda… altrimenti sembra che Gesù sia nato davvero! (Ridono)
  • Mr. Woland.    (Con l'accento tedesco) Scusino prego… ma l'argomento della loro conversazione è talmente interessante che… posso sedere? (si siede in mezzo ai due) se non ho capito male loro stavano dicendo che Gesù non è mai esistito…
  • Berljoz.            Lei ha capito benissimo, stavo dicendo esattamente così.
  • Mr. Woland.    E lei è d'accordo?
  • Ivan.                Al 100 per 100!
  • Mr. Woland.    Sorprendente!... e se ho capito bene loro non credono neppure in Dio… con me potete essere sinceri, non lo dirò a nessuno… parola d'onore!
  • Berljoz.            Naturalmente signore! noi non crediamo in Dio, e da noi si può parlarne con assoluta libertà. Qui la maggior parte della gente ha smesso da molto tempo, e con consapevolezza, di credere alla favola di Dio.
  • Mr. Woland.    Ma che cosa affascinante!... ma permettete che vi proponga un problema che mi agita… ma se Dio non c'è, chi governa la vita umana e l'ordine sulla terra?
  • Ivan.                … ma… l'uomo stesso, la governa!
  • Mr. Woland.    Ma come può l'uomo governare la vita se non è neppure in grado di garantirsi per il giorno dopo… pensi se per esempio, improvvisamente, gli viene… un leggero sarcoma… l'uomo che pensava di reggere i destini del mondo, si ritrova dopo poco tempo, improvvisamente,  lungo e disteso dentro una cassa di legno…
ma può capitare anche di peggio; per esempio… una persona decide di andarsene a passare un breve periodo di vacanza, ma non riesce nemmeno a realizzare questo programma perché gli capita di scivolare e di finire sotto il tram! Non sosterrà che sia stato lui, a governare se stesso…
  • Berljoz.            Beh, certo l'uomo è mortale, nessuno lo nega…
  • Mr. Woland.    Certo certo, l'uomo è mortale, ma questo è il meno… il guaio è che alle volte more all'improvviso… a volte non può nemmeno prevedere al mattino, quello che farà alla sera…
  • Berljoz.            Insomma, questo è eccessivo... io più o meno so quello che farò questa sera... tra poco me ne torno a casa, e questa sera alle 10, al circolo, devo presiedere una riunione... a meno che passando per strada non mi cada un mattone in testa! (ridono)
  • Mr. Woland.    … no, no! nessun mattone... lei morirà di un'altra morte.
  • Berljoz.            Forse lei sa esattamente di che morte devo morire io?
  • Mr. Woland.    Naturalmente!
  • Berljoz.            E me lo dirà?
  • Mr. Woland.    Volentieri… mi lasci fare due calcoli… Mercurio è nella seconda casa… la luna sta scomparendo... quattro e tre sette… disgrazia…
Si! lei sarà decapitato!
  • Berljoz.            (Berljoz e Ivan ridono) … e da quali nemici esattamente?
  • Mr. Woland.    Nessun nemico… una ragazza russa, una commessa del grande magazzino.
  • Berljoz.            Mi scusi sa, ma mi sembra veramente poco probabile!
  • Mr. Woland.    E invece è così... questa sera non ci sarà nessuna riunione... perché Annuska ha già comprato l'olio di semi di girasole, non solo, ma l’ha anche rovesciato!
  • Berljoz.            … ma cosa c'entra l'olio di girasole… e Annuska… chi è questa Annuska?
  • Ivan.                Senta un po' caro signore! Non le è mai successo di passare un po' di tempo in una clinica per malati di mente?
  • Mr. Woland.    Ma certo che ci sono stato, e più di una volta! Peccato che non ho mai avuto il tempo di chiedere esattamente al professor Stravinskij cosa sia la schizofrenia… perciò glielo chieda direttamente lei, quando avrà l'occasione! (Qualche secondo di imbarazzo, Mr. Woland porge un biglietto da visita) Mi scusino signori se nella foga del discorso mi sono dimenticato di presentarmi… ecco il mio biglietto da visita, il passaporto e l'invito a venire a Mosca per una consulenza… sono specialista di magia nera… e qui, nella biblioteca di Stato, sono stati ritrovati preziosi manoscritti del decimo secolo, e io devo esaminarli, sono l'unico specialista al mondo in grado di farlo.
  • Berljoz.            Ah, dunque lei è uno storico!
  • Mr. Woland.    Si, certo, si può dire che sono uno storico… e vi avviso, questa sera, in questi giardinetti, accadrà qualcosa di molto interessante… un'ultima cosa… tenete presente… che Gesù è esistito.
  • Berljoz.            Ci scusi professore, noi rispettiamo le sue competenze, ma a questo proposito abbiamo un altro punto di vista.
  • Mr. Woland.    Ma quale punto di vista e punto di vista! Gesù è esistito e basta!...  (scompare l'accento tedesco) “Era un mattino di primavera… il 14 del mese di Nisan…”

II.

Ponzio Pilato

Colonnato del palazzo di Erode. Ponzio Pilato cammina stancamente. Indossa una tunica bianca foderata di rosso porpora. Pilato porta una mano alla tempia e la massaggia. Si sente il respiro di un uomo sofferente e il battito pesante del suo cuore.
  • Pilato.              Conducete l’accusato.
Entra un uomo coperto da una tunica azzurra lacera; è accompagnato dal centurione, un uomo enorme rispetto Gesù. La testa fasciata di bianco, le mani legate dietro la schiena. Il volto è livido e sporco di sangue. Osserva Pilato con curiosità.
  • Pilato.              Perché incitavi il popolo a distruggere il Tempio di Gerusalemme?
  • Gesù.               Buon uomo, credimi…
  • Pilato.              Come ti permetti di chiamarmi buon uomo? Centurione... portano via qualche minuto e spiegagli come deve parlare con me... ma non massacrarlo.
Gesù e il centurione escono. Si sente qualche colpo di frusta e il corpo di Gesù cadere a terra.
  • Centurione.      Quando ti rivolgi al Procuratore romano, devi chiamarlo Egemon e restare fermo in piedi. Nient'altro… se non vuoi qualche altro colpo di frusta.
  • Gesù.               Ho capito, va bene, non picchiarmi più.
Rientrano.
  • Pilato.              Come ti chiami?
  • Gesù.               Gesù.
  • Pilato.              Di dove sei?
  • Gesù.               Della città di Gamala.
  • Pilato.              Che origini hai?
  • Gesù.               Non so esattamente… non ricordo i miei genitori.
  • Pilato.              Dove abiti normalmente?
  • Gesù.               Giro di città in città…
  • Pilato.              Sei un vagabondo… hai parenti?
  • Gesù.               Non ho nessuno, sono solo al mondo
  • Pilato.              Sai leggere e scrivere?
  • Gesù.               Si,
  • Pilato.              Dunque, sei tu che avevi l'intenzione di distruggere il Tempio e sobillavi il popolo?                  
  • Gesù.               Io in vita mia non ho mai pensato di distruggere il Tempio, e non ho mai sobillato il popolo a commettere un'azione così insensata.
  • Pilato.              In questi giorni di festa c'è un sacco di gente che arriva in città… maghi, astrologi, assassini,... e arrivano anche i bugiardi. Tu, per esempio, sei un bugiardo... tu hai sobillato il popolo per distruggere il Tempio. Ti hanno sentito, al mercato... che cosa andavi raccontando al mercato, a proposito del tempio…
  • Gesù.               Egemon... io dicevo che cadrà il Tempio della vecchia fede, e sorgerà il nuovo Tempio della verità
  • Pilato.              E che cos'è questa verità?
  • Gesù.               La verità, prima di tutto, è che ti fa male la testa… e ti fa male così forte che pensi persino, con una certa vigliaccheria, alla morte. Tu non sei in grado non solo di parlare con me, ma fai fatica persino a guardarmi. Non riesci a pensare niente, e sogni solo di avere vicino il tuo cane, l'unico essere cui sei legato. Ma le tue sofferenze ora finiranno… ecco… ora è passato tutto, e io ne sono davvero contento… più tardi, verso sera, scoppierà un temporale... potrei accompagnarti a fare una passeggiata... ti darebbe un grande giovamento... mi sono venuti certi nuovi pensieri che potrebbero essere interessanti per te... tu sei un uomo molto intelligente... potrei condividerli con te…
peccato che tu sia troppo chiuso e abbia definitivamente perso la fede negli uomini…  ammettilo, non si può riporre tutto il proprio affetto in un cane... la tua vita è modesta, Egemon…
  • Pilato.              Slegategli le mani… confessa che sei un grande medico.
  • Gesù.               No, Procuratore, non sono un medico.
  • Pilato.              (Legge un papiro) Ascolta, è vero che hai fatto la tua comparsa in Gerusalemme passando per la porta Susa a dorso di un asino, seguito da una folla di straccioni che ti acclamavano come un nuovo profeta?
  • Gesù.               Non ce l'ho l’asino… è vero, sono entrato per porta Susa, ma con me c'era solo Levi Matteo, e nessuno mi acclamava perché nessuno a Gerusalemme, sapeva ancora niente di me…
  • Pilato.              (Parlando tra sé) … dunque... scriveremo così... il Procuratore, esaminata la posizione del filosofo Gesù, non l'ha trovato colpevole di nessun crimine... il filosofo Gesù è certo un malato di mente… per cui il Procuratore non conferma la condanna a morte stabilita dal Sinedrio… ma poiché i discorsi insensati del Nazareno potrebbero causare agitazioni, il governatore decide di allontanare Gesù da questa città… e lo confina a Cesarea, in Palestina… sul Mediterraneo. (Pilato ora guarda ancora il papiro…) ascolta Nazareno, risulta che tu abbia detto qualche cosa a proposito del grande Cesare? Rispondi, hai detto, o non hai detto? Dimmi la verità… e misura bene ogni parola, se non vuoi la morte… qui si tratta di legge di lesa maestà…
  • Gesù.               È stato così. Ho conosciuto, vicino al Tempio, un giovane che si chiama Giuda... mi ha invitato a casa sua e mi ha offerto da bere e da mangiare... voleva che gli esponessi il mio punto di vista sul potere dello Stato…
  • Pilato.              E tu che cosa hai detto?
  • Gesù.               Ho detto che ogni potere è una violenza contro gli uomini... e verrà il tempo in cui non ci saranno più né il potere di Cesare né altri poteri... l'uomo entrerà nel regno della verità e della giustizia dove non sarà necessario nessun potere…
  • Pilato.              E poi?
  • Gesù.               … a questo punto si sono precipitati dentro alcuni uomini che mi hanno legato e mi hanno condotto in prigione.
  • Pilato.              Non c'è mai stato al mondo e non ci sarà mai!... mai niente di più grande e stupendo per gli uomini, del potere dell'imperatore Tiberio! E non sta a te, pazzo vagabondo, mettere in discussione queste cose…
Il regno della verità non verrà mai… delinquente, delinquente, delinquente!
Almeno hai fede negli dei?
  • Gesù.               Dio è uno solo, e io credo in lui.
  • Pilato.              E allora rivolgi a lui le tue preghiere, anche se non ti servirà!
  • Gesù.               Egemon… so che vogliono uccidermi, ma tu dovresti lasciarmi andare…
  • Pilato.              … perché tu pensi che un Procuratore di Roma possa lasciare libero un uomo che ha detto quello che hai detto tu? pensi che io sia disposto a prendere il tuo posto? Pensi che io condivida i tuoi pensieri? stai attento a quello che dici!
  • Gesù.               Egemon…
  • Pilato.              Segretario, scrivi che Pilato conferma la condanna a morte emessa dal Sinedrio per il colpevole Gesù di Nazaret… portatelo via e tenetelo separato dagli altri condannati.

III.

Ultimi istanti di vita di Berljoz

Di nuovo a Mosca, sulla panchina della prima scena con gli stessi tre personaggi.
  • Mr. Woland.    … ebbene sì... erano circa le 10 del mattino, quando Pilato emise la sua sentenza
  • Ivan.                (Tra sé e sé) … che strana storia è riuscito a imbastire questo straniero… forse mi sono addormentato… forse mi sono sognato tutto quanto…
  • Berljoz.            Il suo racconto è estremamente interessante professore… anche se non corrisponde esattamente al racconto evangelico…
  • Mr. Woland.    Scusi… almeno lei dovrebbe sapere che niente di quanto è scritto nei Vangeli è accaduto realmente… non possiamo assolutamente accettare i Vangeli come una fonte storica…
  • Berljoz.            Certo… certo, ma io temo che nessuno potrà confermare neppure che quello che lei ci ha appena raccontato, sia la verità.
  • Mr. Woland.    (Di nuovo accento tedesco) Ma certo che questo può trovare conferma! (Fa cenno ai due di avvicinarsi…) vedete... il fatto è… che io… io ero presente personalmente sul terrazzo di Ponzio Pilato… ma… in segreto… in incognito… per cui vi prego di non farne parola con nessuno e di tenere il massimo segreto! Sssss!
  • Berljoz.            (A Ivan) Ivan… Ivan… questo è pazzo… questo è pazzo (ma Ivan non capisce, quindi di nuovo ad alta voce)… certo certo, può essere andata così anzi, è molto probabile che sia andata così... Ponzio Pilato, il terrazzo, le colonne, Gesù… certo certo, tutto è chiaro ora. Scusi professore... Lei è qui solo con sua moglie?
  • Mr. Woland.    Sono solo, io… sono sempre solo…
  • Berljoz.            E dove sono i suoi bagagli professore… al Metropol…
  • Mr. Woland.    … io? io non sto in nessun luogo…
  • Berljoz.            Come? E dove andrà ad abitare?
  • Mr. Woland.    (Pensa un momento poi esclama)… a casa sua!
  • Berljoz.            (A Ivan) Ivan… Ivan… questo è pazzo… questo è pazzo…
… si capisco, io, io sarei molto contento, ma veramente da me non si sta molto comodi... al Metropol ci sono ottime stanze!
  • Mr. Woland.    E scommetto che non c'è nemmeno il diavolo! (Grande risata)
  • Berljoz.            (A Ivan) Ivan… Ivan… questo è pazzo… questo è pazzo
No no, certamente no!
  • Ivan.                Accidenti, la finisca di fare il matto!
  • Berljoz.            Senta… resti un momento con il mio compagno... io faccio un salto qui all'angolo a telefonare… a una persona… e poi l'accompagneremo dove lei desidera… (a Ivan) vado a telefonare al manicomio… tienilo qui, non farlo scappare!
  • Mr. Woland.    … certo certo, vada a telefonare, ma la prego, la scongiuro, prima di separarci, creda almeno che il diavolo esiste, non le chiedo di più... tenga presente che in proposito esiste la settima testimonianza, la più sicura…
  • Berljoz.            … devo telefonare… si, devo telefonare subito... chiariranno ogni cosa…
si accende la scritta “attenti al tram”… il tram sopraggiunge sibilando… Berljoz scivola e finisce sui binari… grida disperate di donne, stridore di freni… Berljoz è investito dal tram, e la sua testa rotola e rimbalza sul selciato della strada. Ivan incomincia a urlare come un pazzo, mentre Mr. Woland sorridendo si allontana… musica.


IV.

Schizofrenia, come predetto!

CASA DELLA CULTURA. Il portiere sulla porta di ingresso.
Una serie di porte con scritto “sezione di pesca e villeggiatura”; "problema alloggi";
"permessi di un giorno per scampagnata turistica";
"Cassa - liquidazioni autori sketch";
"ferie per potenziare la creatività; due settimane-racconto; un anno-romanzo".
Ad un tavolo sono seduti: il narratore, il poeta, la scrittrice, l'autore di sketch popolari. Stanno pranzando
  • Il narratore.      (Guardando l'orologio) Si sta facendo tardi.
  • Il poeta.           Strano però… La seduta era per le 10.
  • La scrittrice.     Sono sicura che si starà godendo il fresco in riva al fiume.
  • L'autore.          Anch'io me ne starei volentieri all'aperto a bere un tè invece di stare qui ad arrostire.
  • Il narratore.      Io lavoro molto meglio fuori città... soprattutto in primavera… purtroppo di dacie ce ne sono solo 22 e 7 in costruzione… e noi della casa della cultura siamo in 3000.
  • La scrittrice.     3112
  • Il narratore.      E a chi vengono assegnate le dacie? a quelli di noi che hanno più talento? no signori! Vengono assegnate ai generali!
  • Il poeta.           Non è ora il momento di stare a recriminare… sono già le 11 e mezzo
  • La scrittrice.     … certo avrebbe potuto telefonare…
Entra un uomo in frac…
  • L'uomo.           Signori… silenzio per favore… (si interrompe la musica) una notizia tremenda…
  • Tutti.                Che cosa, che cosa?!
  • L'uomo.           Berljoz… è morto… e ora si trova all'obitorio, dove il medico di turno gli sta ricucendo il capo sfondato!
  • La scrittrice.     … bisogna fare un telegramma! Subito!
  • Il poeta.           Ma che telegramma e telegramma… Berljoz è morto e non gli serve nessun telegramma!
  • L'autore.          Vabbè, Berljoz è morto... ma noi siamo vivi… (e porta alla bocca una polpetta)
In quel momento entra Ivan, il poeta; scalzo, camicia strappata con appuntata l'immagine di un santo; un paio di mutande a righe; in mano un cero acceso; una ferita recente sulla guancia destra…
  • La scrittrice.     Ma è in mutande!
  • Ivan.                Fratelli letterati, ascoltatemi tutti, egli è apparso! Acchiappatelo subito, altrimenti provocherà altre inenarrabili disgrazie!
  • Altri.                Come ha detto? chi è apparso? che cosa?
  • Ivan.                Il consulente… è il consulente che ha ammazzato Berljoz!
  • Il poeta.           Scusi sia più chiaro… chi l'ha ucciso?
  • La scrittrice.     Come l'ha ucciso?
  • Ivan.                Il consulente straniero, il professore… che è anche spia! Chiamate subito la polizia perché mandino subito cinque motociclisti col mitra per inseguire il professore... con lui ci sono altri due tipi… uno alto con un vestito a scacchi… e l'altro… l'altro è un gatto nero… grosso come un maiale… io intanto controllo qui… lo sento che è qui!
  • Il narratore.      Compagno si calmi… lei è sconvolto per la morte del nostro Berljoz… noi tutti lo comprendiamo bene... Lei ha bisogno di riposo... ora i compagni l'accompagneranno a letto… e lei deve dimenticare…
  • Ivan.                Cretino! Asino! Lo capisci o no che bisogna acciuffarlo!... Falla finita con queste sciocchezze! (Dà un pugno narratore e si scatena una rissa).
  • L'uomo in frac. (Al portiere)… è colpa vostra, tutto quello che è successo è colpa vostra… avanti, almeno chiamate un vigile, una macchina, un'ambulanza, fatelo portare all'ospedale!
Ivan viene immobilizzato e portato fuori dal locale mentre urla come un forsennato "mascalzoni, mascalzoni!" Buio. Musica rilassante.
Alla clinica. Il narratore. Ivan, seduto, immobile. Il professor Stravinskij.
  • Il narratore.      Ecco Dottore vede... noi temiamo che si tratti di delirium tremens…
  • Stravinskij.       Beveva molto?
  • Il narratore.      Non eccessivamente.
  • Stravinskij.       Ha cercato di acchiappare scarafaggi, topi, cani o diavoletti…?
  • Il narratore.      No, io l'ho visto ieri sera... stava benissimo...
  • Stravinskij.       Ma perché è in mutande?
  • Il narratore.      È venuto al ristorante in quelle condizioni...
  • Stravinskij.       Capisco… dunque dunque dunque… salve!
  • Ivan.                Salve, insetto nocivo!
  • Stravinskij.       Quanti anni ha?
  • Ivan.                Andate tutti al diavolo!
  • Stravinskij.       Ma perché sia arrabbia? ho detto forse qualcosa di sgradevole?
  • Ivan.                Vi denuncio tutti!
  • Stravinskij.       Che cosa vuole denunciare?
  • Ivan.                Che sono stato trascinato di forza in manicomio pur essendo sano!
  • Stravinskij.       Ma lei non si trova in manicomio… questa è una clinica dove nessuno ha intenzione di trattenerla!
  • Ivan.                Finalmente uno normale in mezzo a tutti questi idioti…
  • Stravinskij.       Ma in sostanza, perché pensa che l'abbiano portata qui…
  • Ivan.                Perché sono degli imbecilli!
  • Stravinskij.       Posso chiederle perché è andato al ristorante in camicia e mutande?
  • Ivan.                Certo, niente di misterioso… ero andato a fare un bagno nella Moscova e lì mi hanno portato via gli abiti e mi hanno lasciato queste porcherie... mi sono messo addosso quello che ho trovato perché avevo fretta di raggiungere la casa della cultura!
  • Stravinskij.       E perché tanta fretta?
  • Ivan.                Sto dando la caccia al consulente…
  • Stravinskij.       E come mai?
  • Il narratore.      Berljoz questa sera è stato travolto da un tram…
  • Ivan.                Non parlare di cose che non conosci… idiota! Io, ero presente al fatto, non tu! È lui che l'ha fatto finire sotto il tram!
  • Stravinskij.       Gli ha dato una spinta?
  • Ivan.                Ma che spinta... lui non ha bisogno di dare spinte… lui può fare cose che nessuno se l'immagina… lui lo sapeva prima che Berljoz sarebbe andato a finire sotto il tram!
  • Stravinskij.       Ma oltre a lei qualcuno ha visto questo consulente?
  • Ivan.                Berljoz, naturalmente!
  • Stravinskij.       … certo certo certo… ma mi dica… che misure ha preso per catturare questo assassino?
  • Ivan.                … ho preso un cero… e ho preso l'immagine… perché lui, il consulente, ha a che fare con gli spiriti maligni… e non si può catturarlo… ha parlato personalmente con Ponzio Pilato… e ha visto tutto… lui…
accidenti, sono già le due e io sono qui a perdere il mio tempo con voi… scusi dov'è il telefono?
  • Stravinskij.       Lasciatelo telefonare…
  • Ivan.                Polizia? Polizia… provvedete a inviare cinque motociclisti con mitra… per la cattura di un consulente straniero… si… vengo io con voi… venite a prendermi… sono qui al manicomio… (al Dottore) scusi com’è l'indirizzo qui… pronto… pronto!... pronto!!!!
che indecenza!... (mette giù il telefono) va bene… arrivederci!
  • Stravinskij.       Ma scusi, ma dove vuole andare a notte avanzata... con quella roba addosso… resti a riposare un poco da noi…
  • Ivan.                Lasciatemi passare… (due infermieri cercano di trattenerlo, Ivan si divincola e cerca di saltare attraverso una finestra, infrangibile. Ricade a terra. Gli infermieri lo afferrano e il dottor Stravinskij gli pratica un'iniezione) banditi, siete riusciti a rinchiudermi, ma vi avverto… la pagherete… la pagherete… (ricade sulla sedia addormentato).
  • Stravinskij.       Eccitazione psicomotoria... allucinazioni… delirio… aggravato dall'alcolismo… camera 117, controllato a vista!... evidentemente un caso di schizofrenia…


V.

Un alloggio malefico

Camera da letto di Lichodeev. Lichodeev si lamenta nel letto, mentre si sente il suono di un grosso campanone. Chiama aiuto.
  • Lichodeev.       Misa… Misaaa!
Dopo poco cerca di alzarsi con uno sforzo sovrumano. Ora è seduto sul letto, e si accorge che in un angolo della stanza c'è uno sconosciuto vestito di nero, con berretto nero.
  • Mr. Woland.    Buon giorno, simpaticissimo Stefan Bogdanovic
  • Lichodeev.       Chi è lei… e cosa desidera?
  • Mr. Woland.    Come? ha dimenticato il mio nome… Sono le 11, è esattamente un'ora che sto aspettando il suo risveglio e visto che lei mi ha fissato un appuntamento per le 10... eccomi qua…
  • Lichodeev.       Scusi…?
  • Mr. Woland.    Abbiamo bevuto un po' ieri sera… le fa male la testa vero? certo un calmante non le gioverà… segua la vecchia… saggia… regola: chiodo scaccia chiodo. L'unica cosa che le ridarà un po' di vita è un paio di bicchierini di vodka con uno spuntino caldo e piccante…
Compare un tavolinetto con un vassoio con pane bianco, un vasetto di caviale, un piattino di funghi bianchi e della vodka in una caraffa piena di ghiaccio… Mr. Woland versa della vodka in un bicchiere e la porge a Lichodeev.
  • Lichodeev.       Grazie… e lei non mangia?
  • Mr. Woland.    Molto gentile, io non mangio mai… spero che ora le sia venuto in mente il mio nome… (imbarazzo di Lichodeev) Mr. Woland… Professore di magia nera…  sono arrivato ieri a Mosca e sono subito venuto da lei per proporle il mio numero… Lei ha telefonato alla commissione provinciale dello spettacolo per l'approvazione… e poi abbiamo firmato un contratto per sette rappresentazioni… e alla fine ci siamo dati appuntamento per questa mattina alle 10 per definire ogni dettaglio.
  • Lichodeev.       Ma ma… ma io non mi ricordo nulla… mi faccia dare un'occhiata al contratto per favore…
  • Mr. Woland.    Prego... prego... (Lichodeev legge il contratto) provi a telefonare in ufficio…
  • Lichodeev.       (Prende il telefono, fa il numero) Rimskij… ascolta, quel contratto che ho firmato ieri… si… si… si certo… no… no, era solo per controllare… (Tra sé) Sembra tutto regolare… non va proprio bene, quando cominciano questi vuoti di memoria… (un grosso gatto nero attraversa la stanza e va a distendersi comodamente su un divano, con un bicchiere di vodka in una zampa e nell'altra una forchetta sulla quale ha infilzato un fungo) … ma cosa mi capita? da dove vengono queste apparizioni? non starò mica impazzendo…?!
  • Mr. Woland.    Stia tranquillo Stefan Bogdanovic… è solo il mio gatto, non si agiti…
Ma in un altro angolo della stanza è comparso anche un individuo alto, molto magro, con baffi come piume di gallina e con pince-nez con una lente rotta e una mancante
  • Lichodeev.       E quell'altro chi è… mamma mia, sto proprio diventando pazzo…
  • Mr. Woland.    La vedo stupito… non si preoccupi… è solo il mio seguito… e il seguito richiede spazio… motivo per cui qui dentro qualcuno è di troppo… e mi pare che questo qualcuno sia proprio lei…
  • Il tipo alto.       Si, sono loro, sono loro… sono loro che in questi ultimi tempi fanno una vita da porci… si ubriacano, vanno a donne, sfruttano la loro posizione e non combinano niente, semplicemente perché non sono all'altezza delle loro funzioni!
  • Il gatto.            E vanno su e giù con le macchine di Stato inutilmente…
Lichodeev a poco a poco, si sta accasciando al suolo e annaspa sul pavimento. Comprare un quarto personaggio… Azazello, piccolo, largo di spalle, capelli rossi bombetta in testa, un lungo canino ricoperto d'oro gli spunta dalla bocca.
  • Azazello.          Io non capisco nemmeno come abbiano potuto farlo direttore… se quello è un direttore io sono un arcivescovo…
  • Il gatto.            Azazello, tu a un arcivescovo non c'assomigli proprio!
  • Azazello.          È quello che dico io... permettete, Messere, che lo cacci via da Mosca! (Mr. Woland acconsente con un cenno del capo)
  • Lichodeev.       Aiuto… aiuto sto morendo (tutta la stanza scompare… Lichodeev viene sollevato in alto e poco dopo ricade… accanto a lui ora c'è un pescatore… Lichodeev si inginocchia e chiede)
la supplico, signore, mi dica che città è questa…
  • Il pescatore.     Accidenti!
  • Lichodeev.       Non sono ubriaco, mi creda! mi è capitato qualcosa... io sono ammalato... dove sono? Che città è questa?
  • Il pescatore.     Ma che città vuole che sia … è Yalta no?
Lichodeev sviene e cade.


VI.

Magia nera!

Uno strillone entra in scena con un grande manifesto e annuncia…
  • Strillone.          Da oggi - ogni sera - al TEATRO VARIETE’ - fuori programma - il PROFESSOR WOLAND - spettacolo di magia nera e rivelazione dei trucchi.

Due funzionari del teatro…
  • Primo.             È venuto bene direi… fa un bell'effetto, no?!
  • Secondo.         A me invece non piace per niente!... e mi stupisco proprio che abbiano autorizzato a metterlo in scena!
  • Primo. Ma no, non capisci! È una trovata molto sottile… tutto il succo sta nelle rivelazioni…
  • Secondo.         Non sono convinto… secondo me non c'è nessun succo… ma lui ha sempre queste belle trovate! Ce l'avesse almeno fatto vedere questo mago! Io non l'ho visto, tu non l'hai visto… chissà dove diavolo l'ha pescato! E ora Lichodeev non solo non si è visto in ufficio, ma è anche scomparso da casa sua!
  • Primo.             Non sarà finito anche lui sotto un tram?
  • Secondo.         Magari!
Bussano. Entra una postina in divisa con borsa a tracolla…
  • Postina.           C'è un telegramma per la direzione del VARIETE’. Firmare! (firmano, lei lo consegna ed esce)
  • Secondo.         A teatro VARIETE’ di Mosca… oggi ore 11.30, trasportato posto di polizia -uomo capelli castani - camicia da notte - pantaloni senza scarpe - dicesi Lichodeev direttore VARIETE’. Telegrafare polizia Yalta – chiarire dove trovasi direttore Lichodeev
  • Primo.             Ma è impossibile… questa mattina era a Mosca… ho parlato con lui per telefono verso le 11…
Entra di nuovo la postina che consegna un nuovo telegramma
  • Postina.           Telegramma. Firmare!
  • Secondo.         Che c'è ancora? (legge) prego credere Lichodeev proiettato Yalta, da ipnotismo professor Woland. Stop. Telegrafare immediatamente polizia Yalta per conferma identità Lichodeev
  • Primo.             Ipnotismo…
  • Secondo.         Non capisco! Non capisco! Non ca-pi-sco!!!
  • Primo.             Ipnotismo…

Musichetta da circo. Acrobati e giocolieri. Applausi. Escono. Entra il presentatore Bengalskij. Uomo robusto, allegro, con l'aria da bravo ragazzo, il viso ben rasato, ma il frac sgualcito su una camicia non tanto fresca.
  • Bengalskij.       Dunque, signori e signore… vedo che laggiù, in fondo il pubblico è aumentato ancora… questa sera abbiamo in teatro mezza città… poco fa ho incontrato un amico e gli ho detto… perché non vieni a teatro questa sera? c'è in teatro mezza città! E lui mi risponde… ma io abito nell'altra metà… (dal pubblico: finiscila con queste scemenze e vai avanti) grazie, grazie siete gentilissimi… dunque siamo arrivati al momento in cui si esibisce il noto artista straniero monsieur Woland… con il suo spettacolo di magia nera.
Noi sappiamo benissimo che la magia nera non esiste e che è solo superstizione… il Maestro Woland in un secondo tempo ci rivelerà i trucchi e la tecnica che egli possiede ad altissimo livello… ed è questo il vero interesse del suo numero… ma ora basta chiacchiere e invitiamo sul palco il signor Woland!
Entrano Mr. Woland, l'assistente magro e alto (Fagot), e il gatto
  • Mr. Woland.    Dunque dunque… dimmi caro Fagot… mi sembra che Mosca sia molto cambiata in questi ultimi tempi…
  • Fagot.              Proprio così Messere…
  • Mr. Woland.    I cittadini sono cambiati molto… come la città stessa del resto… sono venuti fuori tutti quei … tram… automobili…
  • Fagot.              Anche autobus Messere…
  • Bengalskij.       L'artista straniero intende esprimere la sua ammirazione per Mosca che ha realizzato tanti progressi tecnici e per i moscoviti…
  • Mr. Woland.    Ho forse espresso ammirazione?
  • Fagot.              Assolutamente no Messere, lei non ha espresso proprio alcuna ammirazione.
  • Mr. Woland.    E allora cosa va dicendo quell'uomo     …?
  • Fagot.              Racconta frottole, Messere… ecco tutto!
  • Mr. Woland.    Bene caro Fagot… il pubblico comincia ad annoiarsi… comincia col mostrarci qualcosa di semplice…
Fagot fa schioccare le dita e gridando… “ un, due, tre, quattro…” lancia in aria un mazzo di carte, il gatto le afferra al volo e le rilancia a Fagot che apre la bocca e carta dopo carta le inghiotte tutte… applausi scroscianti e grida di approvazione… ma Fagot punta il dito contro uno spettatore in platea e…
  • Fagot.              Egregi signori… il mazzo, ce l'ha il signor Parcevskij, in settima fila, tra un biglietto da tre rubli e la notifica di una citazione in giudizio!... mi pare che il signor Parcevskij ieri sera a cena abbia dichiarato che se non ci fosse il poker… la sua vita a Mosca sarebbe intollerabile… tenga pure il mazzo di carte, signor Parcevskij!
  • I Spettatore.    È vecchio questo trucco… quello fa parte della compagnia
  • Fagot.              Crede? … allora anche lei fa parte della compagnia perché il mazzo ora ce l'ha in tasca lei…
  • II spettatore.    È vero… è vero… ce l’ha lui…
  • I spettatore.     … un momento… ma questi sono biglietti da 10 rubli… è un pacchetto con 100 biglietti da 10 rubli…
  • III spettatore.   Fatelo anche a me questo gioco del mazzo!
  • Fagot.              Ma con piacere… ma perché a lei solo… che tutti guardino in alto! (Estrae una pistola) Uno! Due! Tre! (Spara e immediatamente una pioggia di banconote cade sulle poltrone degli spettatori; gazzarra. Improvvisamente Fagot batte le mani e la pioggia di biglietti cessa)
  • Bengalskij.       Ecco signori, abbiamo assistito a un caso di "cosiddetta" ipnosi di massa; un puro esperimento scientifico, che è la perfetta dimostrazione che non esiste nessun prodigio. Come avete visto queste presunte banconote sono scomparse improvvisamente così com'erano comparse… preghiamo quindi il Maestro Woland di rivelarci il trucco di questo esperimento… (segue un lungo silenzio imbarazzato)
  • Fagot.              Ecco, signori, questo à un caso di “cosiddetta” menzogna… le banconote, amici, sono vere… e questo signore... interviene continuamente, senza che nessuno lo interpelli, con false osservazioni che rovinano lo spettacolo. Adesso mi ha proprio scocciato. Che cosa dobbiamo farne?
  • Spettatore.       Tagliargli la testa!
  • Fagot.              Tagliargli la testa… questa sì che è un'idea… avanti! ein, zwei, drei (batte le mani, e il gatto che è balzato sulla schiena del presentatore, afferra la testa del presentatore, la gira due volte, e gliela strappa dal collo. Il corpo del presentatore si affloscia sulle ginocchia. Il gatto consegna la testa a Fagot che la mostra il pubblico…
  • Testa.              Aiuto! Chiamate un dottore…! Chiamate un dottore!
  • Fagot.              Continuerai a raccontare idiozie?
  • Testa.              No, giuro, mai più! Mai più!
  • Fagot.              E allora, amici, possiamo perdonarlo!?
  • Pubblico.         Si… si…!
  • Fagot.              (Al gatto) ... e allora rimettiamogli apposto la testa… (il gatto rimette a posto la testa del presentatore, e aiuta Bengalskij a rialzarsi e a sistemarsi… poi gli infila in tasca un pacchetto di biglietti da 10 rubli e lo invita ad andarsene)
  • Gatto.              Se ne vada, si sta più allegri senza di lei!
  • Bengalskij.       Aiuto, mi gira la testa, aiuto… oh come mi gira la testa!
  • Fagot.              Ora che ci siamo liberati di questo scocciatore, si apra un negozio per signora!
(Compaiono specchi e scaffali in cui sono disposti abiti, cappellini, scarpe di ogni colore, boccette di profumo, borsette, ecc ecc. Compare anche una bella ragazza dai capelli rossi con una strana cicatrice sul collo).
... naturalmente, la ditta offre del tutto gratuitamente alle signore, la possibilità di sostituire i vecchi abiti e le vecchie scarpe con modelli e calzature parigini… il discorso vale anche per borsette e tutto il resto...
(il gatto comincia a fare ampi gesti di invito alle Signore presenti in platea)
... prego, prego, senza incertezze e senza complimenti…
(dalla platea finalmente sale una ragazza)
            ... brava! Saluto la prima visitatrice! Cominciamo dalle scarpine madame?
(la ragazza prova un paio di scarpe lillà, fa alcuni passi sul tappeto)
  • Ragazza.          Non mi saranno strette?
  • Fagot.              Ma signorina… non lo dica neanche per scherzo!
  • Ragazza.          Bene allora prendo questo paio… monsieur!
  • Fagot.              E allora prenda anche questo abitino… va benissimo con le scarpe che ha scelto…
  • Gatto.              (Porgendo una boccetta di profumo) La ditta la prega di gradire questo profumo di Chanel come ricordo di questa bellissima serata!
  • Ragazza.          Merci! (E torna in platea)
  • Pubblico femminile. Anch'io, anch'io
(baraonda, finimondo, fino a quando… un colpo di pistola, e tutto scompare)
·        Gatto.              Signore e signori… lo spettacolo è finito… musica maestro!


VII.

Compaiono il Maestro e Margherita!

Camera di Ivan al manicomio. Ivan è disteso sul letto. Si apre una finestra ed entra il Maestro, con un berretto nero sul quale è ricavata la lettera M. Ivan si mette a sedere sul letto.
  • Maestro.          Sst! Silenzio! (E si mette in tasca un mazzo di chiavi) posso sedermi un momento?
  • Ivan.                Come ha fatto entrare…
  • Maestro.          Il mese scorso sono riuscito a portar via il mazzo di chiavi alla caposala… e così ogni tanto, posso uscire sul balcone e far visite ai vicini…
  • Ivan.                Potrebbe anche svignarsela…
  • Maestro.          … si, certo, potrei anche... ma non saprei dove andare… mi dica… qual è la sua professione?
  • Ivan.                Poeta!
  • Maestro.          Accidenti sono proprio sfortunato! Come si chiama?
  • Ivan.                Ivan Bezdominyi… conosce i miei versi?
  • Maestro.          Non mi piacciono assolutamente!
  • Ivan.                Quali ha letto?
  • Maestro.          Non ne ho letto neanche uno!
  • Ivan.                Come può giudicarli allora?
  • Maestro.          Ne ho letti altri... sarebbe miracoloso che lei... lo dica lei stesso; come sono i suoi versi?
  • Ivan.                (Pausa) Mostruosi!
  • Maestro.          Non ne scriva più!
  • Ivan.                Prometto. Lo giuro!
  • Maestro.          Mi dica... perché è finito qui?
  • Ivan.                Per via di Ponzio Pilato…
  • Maestro.          Che straordinaria coincidenza! La prego, racconti... racconti tutto! Non tralasci nulla…
Stacco musicale durante il quale vediamo Ivan raccontare tutta la vicenda al Maestro.
  • Ivan.                E così mi sono ritrovato qui.
  • Maestro.          … interessantissimo… e la cosa più straordinaria è che ho indovinato tutto! Mi dispiace solo una cosa… che al posto di Berljoz non ci fosse il critico Latunskij! Povero poeta… ma lei non doveva comportarsi con tanta disinvoltura… con tanta insolenza… con “lui”… e lui, gliel’ha fatta pagare… e mi creda… lei se l'è cavata ancora a buon mercato…
  • Ivan.                Ma insomma... chi è lui!?
  • Maestro.          … ieri lei… agli stagni di Patriarsi… ha incontrato Satana in persona
  • Ivan.                Ma non può essere… Satana non esiste!
  • Maestro.          … non lo dica… è grazie a lui, che lei ora si trova in una clinica psichiatrica… (breve pausa di riflessione)
  • Ivan.                Ma allora “lui”... lui può essere stato realmente da Ponzio Pilato... e a me mi fanno passare per pazzo! E ora lui è venuto a visitare Mosca e chissà che cosa combinerà! Bisogna trovare il modo di acciuffarlo!
  • Maestro.          Ci ha già provato, non le basta? e quanto agli altri non conviene nemmeno che ci provino… mi dispiace solo che l'abbia incontrato lei e non io…
  • Ivan.                E che vantaggio avrebbe potuto ricavarne?
  • Maestro.          … è una storia strana io mi trovo qui per lo stesso motivo per cui ci si trova lei… a causa di Ponzio Pilato. Il fatto è che un anno fa ho scritto un romanzo su Pilato.
  • Ivan.                Lei è uno scrittore?
  • Maestro.          Io sono un Maestro.
  • Ivan.                E come si chiama?
  • Maestro.          Io non ho più un nome, vi ho rinunziato come ho rinunziato a tutto nella vita… la mia vita non è stata del tutto comune... ero storico di professione, fino a due anni fa lavoravo in un museo di Mosca… conosco cinque lingue oltre al russo… inglese, francese, tedesco, latino e greco… e leggo anche l'italiano. Vivevo da solo e non conoscevo quasi nessuno a Mosca… e una volta, vinsi 100.000 rubli, alla lotteria, con un biglietto che mi avevano dato al museo. Con la vincita abbandonai quel maledetto buco in cui avevo vissuto fino ad allora, e presi in affitto due locali seminterrati in una villetta abbastanza nuova, con un piccolo giardino. Lasciai l'impiego al museo e cominciai a scrivere il romanzo su Ponzio Pilato. Arrivò la primavera e io avevo quasi finito di scrivere il mio romanzo… spesso andavo mangiare all’Arbat… c'era un magnifico ristorante… (pausa, entra Margherita)… lei aveva in mano degli orribili fiori gialli… mimose, che spiccavano violentemente sul suo soprabito nero… usciva da via Verskaja… e si voltò… c'erano migliaia di persone, ma io le assicuro che lei vide solo me… lei mi colpì non tanto per la sua bellezza, quanto per il senso di solitudine mai vista, che c'era nei suoi occhi… La seguii… io soffrivo perché temevo che lei se ne sarebbe andata e io non l’avrei rivista mai più … e invece si immagini… fu lei, a un tratto, che cominciò a parlare.
  • Margherita.      Le piacciono i miei fiori?
  • Maestro.          No… mi guardò stupita e subito compresi che per tutta la mia vita avevo amato solo lei… certamente lei dirà che sono pazzo…
  • Ivan.                Non dico nulla, la prego, continui…
  • Margherita.      Non le piacciono i fiori?
  • Maestro.          I fiori mi piacciono, ma non questi... mi piacciono le rose... (Margherita getta il mazzo di fiori per terra, il Maestro li raccoglie, ma Margherita li respinge, poi infila la sua mano guantata sotto il braccio del Maestro)… l'amore ci aveva sorpreso inatteso e violento come un assassino e ci aveva pugnalato entrambi…
  • Margherita.      No, non avvenne così… noi ci amavamo da sempre… senza saperlo, senza esserci mai visti…
  • Maestro.          Lei viveva con un altro uomo… e anch'io ero sposato…
  • Margherita.      Quel giorno ero uscita con i fiori gialli, perché tu finalmente mi trovassi, e se non fosse successo, mi sarei avvelenata... perché la mia vita era vuota…
  • Maestro.          Ben presto questa donna diventò la mia donna segreta… veniva da me ogni giorno nel pomeriggio, ma io cominciavo ad aspettarla fin dal mattino... il nostro amore era così intenso che non potevamo più separarci…
  • Margherita.      Lui lavorava al suo romanzo… io, impaziente, aspettavo solo di potere leggere le ultime parole che lui aveva scritto… e ripetevo ad alta voce le frasi che più mi colpivano… quel romanzo era tutta la mia vita.
  • Maestro.          Quando il romanzo fu finito… entrai nella vita con il mio libro in mano… e allora la mia vita ebbe fine… era la prima volta che capitavo nel mondo della letteratura… e lo ricordo con orrore… mi ricordo il colloquio con il redattore… volle sapere chi ero, da dove venivo, se scrivevo da molto, perché non aveva mai sentito parlare di me… chi mi aveva suggerito di scrivere un romanzo su un tema così strano… più tardi mi comunicarono che il materiale da pubblicare era sufficiente per due anni, e pertanto la pubblicazione del mio romanzo perdeva di interesse… un giorno su un giornale apparve l'articolo di un critico che sosteneva che io avevo imbastito un'apologia di Gesù Cristo…
  • Margherita.      Erano arrivati i giorni tristi dell'autunno…
  • Maestro.          Il romanzo non aveva avuto fortuna, e il suo insuccesso mi aveva lasciato profonde ferite nell’anima… non avevo più voglia di fare nulla e vivevo alla giornata… mi prese l'angoscia… cominciai ad avere paura del buio… anche Margherita si era accorta che mi stava accadendo qualcosa di brutto, era dimagrita, era diventata pallida, aveva smesso di ridere…
  • Margherita.      Continuavo a ripetergli di abbandonare tutto e di andarcene a sud, sul Mar Nero, con quello che restava del 100.000 rubli della lotteria… e un giorno lui mi promise che presto saremmo partiti…
  • Maestro.          Una notte mi svegliai e avevo già smarrito il dominio di me… nella stufa ardeva il fuoco, e allora fu la fine… presi i manoscritti del romanzo e cominciai a bruciarli… fu allora che arrivò lei…
  • Margherita.      Corsi alla stufa… e tolsi con le mani l'ultimo blocco di fogli rimasto... lo gettai sul pavimento... cercai di spegnere il fuoco con i piedi… e scoppiai a piangere…
  • Maestro.          Quando lei si calmò le dissi “detestavo questo romanzo… ho paura… ho una paura terribile”… Lei continuava a ripetere “perché l'hai fatto? Perché l'hai fatto?”...
  • Margherita.      … “non temere, non temere… io ti salverò”… ero stata una stupida… perché non ne avevo conservato io, una copia?... poi compresi… questo era il frutto della menzogna, e io non volevo più mentire… sarei tornata a casa e avrei chiarito tutto con mio marito… l’indomani mattina... gli avrei detto che amavo un altro e sarei tornata per sempre da lui…
  • Maestro.          Non potevo permetterlo… l'avrei trascinata a fondo con me… e così in quella notte di metà gennaio, senza sapere come, mi ritrovai all'aperto nel giardinetto della villetta… tremavo di freddo… la tormenta turbinava… un cane mi passò vicino e io ne fui terribilmente spaventato... il freddo e il terrore che mi accompagnavano sempre, mi spinsero alla disperazione… volevo buttarmi sotto un tram… ma il terrore mi paralizzava…  e poi… e poi mi sono ritrovato qua… ora sono quattro mesi…
povera donna... come sarebbe infelice se sapesse che sono qua… la sola speranza che mi  resta è che lei mi abbia dimenticato… io trovo che qua non si sta affatto male… basta non avere grandi progetti…
(si allontana) Grazie per la chiacchierata…

VIII.

Postumi dello spettacolo di magia nera

Uffici della polizia di Mosca. Un poliziotto sta relazionando il suo capo su quello che avviene in città.
  • I poliziotto.      Da non credere! Da non credere! Quando sono arrivato alla fermata dei taxi, davanti al teatro VARIETE’, su un marciapiede, alla luce dei lampioni, una signora era rimasta soltanto in camicia e mutande… viola!
  • II poliziotto.     E basta?
  • I poliziotto.      No, in testa aveva un cappellino azzurro e in mano un ombrellino… il marito cercava di levarsi il soprabito per coprirla… ma nell'agitazione la mano gli si era impigliata nella manica… certe parolacce!... e comunque non era l'unica… all'ingresso del teatro un'altra era rimasta solo con la biancheria intima… rosa!… non le dico le risate della gente intorno…
  • II poliziotto.     ... e tutti venivano dello spettacolo al VARIETE’?
  • I poliziotto.      Tutti!
  • II poliziotto.     Ma perché non se ne andavano a casa… di corsa, con un taxi o una carrozza…
  • I poliziotto.      Perché i tassisti, prima volevano vedere il denaro, e non accettavano viaggiatori che avessero solo banconote da 10 rubli. Alcuni tassisti… che avevano fatto salire degli spettatori che avevano assistito allo spettacolo di magia nera… sono stati pagati con banconote da 10 rubli… che poi si sono trasformate in etichette dell'acqua minerale… e ad uno che stava controllando che la banconota non fosse falsa… è sbucata fuori una vespa che gli ha punto un dito!… e poi la banconota si è trasformata in un mucchietto di sabbia… ho sentito bestemmie irripetibili!
  • II poliziotto.     … qui bisogna indagare… qui bisogna… dobbiamo convocare tutti! Direttore del teatro, direttore amministrativo, amministratore, tecnici, scenografi, presentatore… e soprattutto il negromante, e i suoi assistenti… vada… li voglio qui, tutti quanti… immediatamente!
  • I poliziotto.      Non è possibile!
  • II poliziotto.     Come!
  • I poliziotto.      Vuole sapere cos'è successo negli uffici della segreteria della commissione per lo spettacolo?
  • II poliziotto.     Avanti!
  • I poliziotto.      Mi hanno chiamato, per andare a vedere cosa era successo a Prochor Petrovic, il direttore… e quando sono arrivato sa cosa ho visto?... dietro la scrivania…
Compare la scrivania e dietro c'è seduto un abito un vuoto che scrive…
  • …c’era seduto un abito vuoto che scriveva su un foglio bianco, con la penna asciutta e senza inchiostro! Un abito vuoto… con la cravatta… e dal taschino spuntava una penna stilografica… ma sul colletto non c'era la testa e dai polsini e non uscivano le mani! L'abito stava lavorando, e quando io sono entrato, si è appoggiato alla poltrona e ha cominciato a parlare con la voce di Prochor Petrovic…
  • Voce.              Eppure c'è scritto fuori dalla porta che io non ricevo!
  • La segretaria.   (piangendo) … lo vede… lui non c'è! Lo trovi, la prego, lo trovi… glielo dicevo sempre io … ecco cosa succede a forza di bestemmiare! (Rivolta all'abito) Prochor Petrovic dove siete…
  • Voce.              Ma dove vuole che sia! sono qui davanti a lei! lei piuttosto chi è?
  • La segretaria.   Ecco, vede, non mi riconosce! Non mi riconosce!
  • Voce.              Senta signorina! La prego di non piangere così nel mio studio!
  • La segretaria.   No, non posso vedere una cosa del genere!… non posso!
  • I poliziotto.      Ma come è successo!
  • La segretaria.   Ero qui al mio tavolo, stavo lavorando, entra un gatto, un gatto nero, grosso come un ippopotamo. Io ho cercato di cacciarlo… ma è arrivato un ciccione che mi fa…
  • Azazello.          Come si permette di cacciare i visitatori!…
  • La segretaria.   … e se ne va diritto nello studio di Prochor Petrovic… io ho cercato di fermarlo, ma lui è entrato diretto, ed è andato a sedersi sulla poltrona davanti a Prochor Petrovic… e Prochor Petrovic si è infuriato
  • P Petrovic.       Perché entra così senza permesso!”…
  • Azazello.          Ma io sono venuto per parlarle di una faccenda.
  • P Petrovic.       … e io sono molto occupato!
  • Azazello.          No, caro signore, lei non ha proprio niente da fare!
  • P Petrovic.       Ma come si permette! Cacciatelo fuori! Che il diavolo mi porti via!
  • Azazello.          Vuole che il diavolo la porti via? nessun problema… si può fare immediatamente! (Schiocca le dita, e Prochor Petrovic scompare, e rimane solo il vestito).
  • La segretaria.   (Lancia un urlo terribile, Azazello e il gatto scompaiono) … e da quel momento è rimasto solo il vestito… e scrive scrive scrive!... e parla al telefono, pure! C'è da impazzire!
  • I poliziotto.      Eviti di piangere, signorina! (Al secondo poliziotto)… ebbene… questa è la situazione.
  • II poliziotto.     … credo di avere capito… (lunga pausa)… credo proprio di aver capito… in questi giorni, a Mosca, sta succedendo qualcosa di veramente strano!


IX.

Margherita

Margherita sta dormendo e sogna. Sogna un luogo sconosciuto, malinconico, sotto un cielo grigio.
Uno stormo di corvi lo attraversa. C'è un misero ponte sotto il quale scorre un piccolo torbido fiume. Gli alberi sono nudi e tristi. Si sente qualche richiamo di animali. In mezzo agli alberi una baracca di tronchi di legno con un orto. A un certo punto si apre la porta della baracca e appare il Maestro, lontano ma chiaramente visibile; è lacero, con i capelli arruffati e non rasato. Fa un cenno con la mano come chiamasse. Margherita corre verso di lui… e si sveglia.
  • Margherita.      Questo sogno può significare soltanto due cose: se egli è morto e mi ha chiamato, significa che morirò presto... e così ho finito di soffrire. Se invece egli è vivo, allora desidera che io lo ricordi… e vuole dirmi che ci vedremo ancora... sì, ci rivedremo molto presto… oggi qualcosa succederà!
Margherita si alza, apre un cassetto, prende una fotografia del Maestro e un quaderno bruciacchiato… e comincia a leggere “… le tenebre giunte dal Mediterraneo avvolsero la città… dal cielo scese un abisso che sommerse gli dei alati sopra il palazzo di Erode… sommerse i mercati, i vicoli, gli stagni… e Gerusalemme sprofondò come se non fosse mai esistita…”. Margherita si asciuga le lacrime. Margherita si veste ed esce… raggiunge una panchina, si siede, e comincia a parlare da sola.
  • Margherita.      Perché non mi dai tue notizie? non mi ami più? non posso crederci. Ma allora sei morto… se sei morto lasciami in pace, lasciami libera… esci dalla mia memoria… perché me ne resto sola, sotto le mura del Cremlino, come una civetta… perché mi sono esclusa dalla vita? … darei la mia anima al diavolo per sapere se è vivo o se è morto…
Passa il funerale di Berljoz… e intanto Azazello si siede accanto a Margherita.
            Chissà chi è morto…
  • Azazello.          … è il funerale di Michail Aleksandrovic Berljoz… era il presidente della Massolit, la potente associazione dei letterati di Mosca… poveretto… un tram lo ha decapitato, e ora lo stanno seppellendo senza testa… perché all’obitorio è scomparsa…
  • Margherita.      Ma allora quelli che accompagnano la barra sono dei letterati…
  • Azazello.          Naturalmente!
  • Margherita.      E lei li conosce?
  • Azazello.          Tutti dal primo all'ultimo…
  • Margherita.      E mi dica… c'è anche qualche critico?
  • Azazello.          Forse lei vuole che io le indichi il critico Latunskij?... vede, è quello biondo... biondo-cenere... quello che assomiglia a un prete… e lei, a quanto vedo, lo odia proprio questo Latunskij... (Margherita si rattrista e abbassa la testa)… forse è meglio lasciar stare… vero Margherita Nicolaievna…
  • Margherita.      Lei mi conosce? (Azazello si leva la bombetta e si inchina)
  • Azazello.          … ecco signora… io sono stato mandato da lei… per una certa faccenda…
  • Margherita.      Mi vuole arrestare?
  • Azazello.          Ma niente affatto… ma che tempi… ci si mette chiacchierare e già si pensa a un arresto! No signora… io devo solo farle un invito…
  • Margherita.      Ma che invito... sta delirando?
  • Azazello.          … un invito da parte di uno straniero molto illustre…
  • Margherita.      (Si alza per andarsene, furiosa) … ma come si permette, ruffiano!
  • Azazello.          Stupida!
  • Margherita.      Mascalzone!
  • Azazello.          (Si alza in piedi anche lui…) “… le tenebre giunte dal Mediterraneo avvolsero la città… dal cielo, scese un abisso che sommerse gli dei alati sopra il palazzo di Erode… sommerse i mercati, i vicoli, gli stagni… e Gerusalemme sprofondò come se non fosse mai esistita…”, e così sprofondi anche lei, col suo quaderno bruciato, la sua fotografia, e i fiori secchi!... (imitandola) Perché non mi dai tue notizie? non mi ami più? non posso crederci… se sei morto lasciami in pace, lasciami libera… esci dalla mia memoria…
  • Margherita.      Ma come fa lei a conoscere i miei pensieri? Mi dica chi è… da quale ufficio dipende?
  • Azazello.          Uffa, che donna noiosa... Le ho già detto che non dipendo da nessuno! Si sieda per piacere.
  • Margherita.      Mi dica chi è lei…
  • Azazello.          Mi chiamo Azazello, ma questo non le dirà niente lo stesso…
  • Margherita.      Mi dica come ha fatto a sapere del quaderno bruciato e a conoscere i miei pensieri…
  • Azazello.          No. Non glielo dico…
  • Margherita.      Ma sa qualche cosa di lui?
  • Azazello.          Mm… si… diciamo che so…
  • Margherita.      La supplico, mi dica soltanto una cosa: è vivo?
  • Azazello.          Per essere vivo... è vivo…
  • Margherita.      Oh, Dio, ti ringrazio!
  • Azazello.          (Sobbalzando) La prego, per favore, risparmi esclamazioni di questo genere!
  • Margherita.      Scusi scusi… è vero, mi sono arrabbiata con lei… ma sarà d'accordo che… per una donna… ricevere un invito per strada…
  • Azazello.          (Annoiato) Devo pregarla di stare zitta un momento… vede... l'invito è del tutto innocuo… nessuno saprà mai della sua visita
  • Margherita.      E perché mai questo straniero ha bisogno di me?
  • Azazello.          Questo lo saprà a suo tempo…
  • Margherita.      Ho capito... dovrò concedermi a lui.
  • Azazello.          Qualunque donna al mondo lo desidererebbe… ma devo deluderla... Non ci sarà niente di simile.
  • Margherita.      E che interesse ho ad andare da lui ?
  • Azazello.          Un interesse molto... molto grande... approfitti dell'occasione…
  • Margherita.      Intende dire che potrò sapere qualcosa di lui ? (Azazello annuisce) Vengo! Vengo dove vuole!
  • Azazello.          Gente difficile, le donne!... quelle innamorate, poi!... comunque la prego... (toglie dalla tasca una scatoletta d'oro rotonda e la porge a Margherita, sottovoce)… questa sera, alle 9 e mezza in punto, resti completamente nuda, e si spalmi il corpo con questo unguento… poi può fare quello che vuole, ma non si allontani dal telefono… io telefonerò alle 10 e le dirò tutto ciò che sarà necessario… lei non dovrà preoccuparsi di niente, sarà accompagnata dove deve andare senza nessun disturbo per lei. Chiaro?
  • Margherita.      Capisco perfettamente che lei mi sta comprando, e mi sta trascinando in un'oscura vicenda che mi costerà molto cara…
  • Azazello.          Come? Ricomincia? mi renda l'unguento…!
  • Margherita.      No. Non so a che cosa vado incontro, ma sono pronta a tutto per lui, perché per me, non c'è più altra speranza al mondo. Io mi perdo per amore!
  • Azazello.          Me la ridia! Me la ridia e vada tutto al diavolo…!
  • Margherita.      Assolutamente no. Accetto ogni cosa. Farò la pagliacciata dell'unguento. Andrò a casa del diavolo! Ma non gliela rendo!
  • Azazello.          Che orrore! (E scompare)


X.

L’estremo supplizio.

Il Maestro, con un pacco di fogli giallastri in mano. Un po' legge, un po' racconta.
  • Maestro.          Il sole scendeva ormai sul Monte Calvario, presidiato da una doppia fila di soldati. Dietro ai soldati, stavano folle di pellegrini che avevano gettato sull'erba le loro tende. Alla fine arrivò un drappello al comando del centurione Marco. Avanzava disposto su due file ai margini della strada… e mezzo a queste file, su un carro, i tre condannati, con bianchi cartelli appesi al collo sui quali era scritto "brigante e ribelle".
Dietro il primo carro ne venivano altri, carichi di pali incrociati, di corde, di vanghe. Su questi carri c'erano sei carnefici. Dietro gli ultimi soldati avanzavano i curiosi che desideravano assistere all’esecuzione. Il caldo era intollerabile e i soldati erano sfiniti dalla noia… maledicevano i tre briganti e auguravano loro di morire al più presto.
Il Procuratore aveva temuto che potessero scoppiare dei disordini, durante l'esecuzione... ma per fortuna... i suoi timori erano infondati. Nessuno aveva tentato di liberare i condannati e, a poco a poco, la folla se n'era tornata in città… perché non c'era niente di interessante, in quelle esecuzioni.
Dalla parte nord della collina, nella zona tutta frane e spaccature… uno stentato alberello di fico. Sotto questo alberello uno spettatore solitario… stava lì da quattro ore, cioè dall'inizio. Seduto sulla pietra, sospirava, e con un terribile tormento levava gli occhi al cielo seguendo alcuni uccelli rapaci che già da un po' volteggiavano in aria… su una pergamena aveva scritto: “Passano i minuti, e io Levi Matteo, mi trovo sul Monte Calvario, ma la morte non viene”… e più tardi “Il sole sta calando, ma la morte non viene … Dio! Perché questa ira contro di lui? Mandagli la morte!”… malediceva se stesso, per non essere riuscito a saltare sul carro e salvare Gesù dal supplizio… un attimo sarebbe stato sufficiente per colpire Gesù con una pugnalata… e un altro attimo sarebbe stato sufficiente per pugnalare se stesso e sfuggire lui stesso alla morte sul palo… malediceva se stesso... e ingiuriava suo padre e sua madre… si sollevò contro il cielo… contro il sole… e pretese da Dio un miracolo... immediatamente! Esigeva che Dio mandasse in quell'attimo stesso la morte a Gesù… si mise a gridare: "Ti maledico Dio! Tu sei sordo! Se tu non fossi sordo mi avresti ascoltato e lo avresti ucciso di colpo… tu sei il Dio del male! Tu non sei il Dio onnipotente! Tu sei un dio nero... io ti maledico, dio dei briganti!”.
Nel cielo si alzava, da Occidente, una nube gonfia di temporale, inesorabile e minacciosa… dalla nube cominciavano a guizzare fili di fuoco… a un certo punto uno dei carnefici prese una lancia e un altro portò verso il palo un secchio e una spugna… il primo sollevò la lancia e percosse Gesù… il corpo ebbe un sussulto… “Nazareno” disse il carnefice… “ Che vuoi?… “Bevi”, disse il carnefice, e sollevò una spugna imbevuta d'acqua sulla punta della lancia… l'aria si faceva sempre più scura… sulla collina si vedevano i lampi... si sentivano i tuoni… il carnefice tolse la spugna dalla lancia… poi sussurrò solennemente "Gloria al generoso Egemon!", e colpì al cuore Gesù… il sangue scorreva sul petto, la testa ricadde. Il capo della guardia toccò il piede di Gesù e disse “… è morto”. I lampi solcavano il cielo nero… le tenebre imprigionarono Gerusalemme… sulla collina era rimasto un uomo soltanto… agitando il coltello cercava di raggiungere i pali… recise le corde sulle caviglie, abbracciò Gesù, gli liberò le braccia… il corpo di Gesù bagnato, gli cadde addosso e lo fece cadere per terra… poi corse agli altri due pali, recise le funi e anche gli altri corpi caddero a terra… dopo poco, in cima alla collina restavano solo due corpi e tre pali vuoti... l'acqua batteva contro quei corpi… e li rivoltava…

Le tenebre, giunte dal Mediterraneo, avvolsero la città… Gerusalemme, la grande città, sprofondò come se non fosse mai esistita… Pilato, disteso sul triclinio, nell’oscurità prodotta dal temporale, versava il vino nella coppa, e ne beveva lunghe sorsate… mangiava un pezzetto di pane, succhiava un'ostrica, masticava un pezzetto di limone e beveva di nuovo. In quel momento, il Procuratore sentì dei passi sulla scala che portava al terrazzo… tra due leoni di marmo, apparve un uomo, che aveva il mantello fradicio… l'uomo raggiunse il terrazzo attraverso uno spiazzo del giardino, e alzando la mano disse…
  • L’uomo.          Salute e felicità Procuratore… ascolto gli ordini.
  • Pilato.              Siediti e bevi del vino…
  • L'uomo.           … è eccellente, Procuratore… è Falerno?
  • Pilato.              … invecchiato trent'anni! (entrambi ne rovesciano un po' in un piatto) alla nostra salute, e a Cesare, padre dei romani, primo fra gli uomini! (Bevono) … che cosa puoi dirmi dell'umore di questa città...
  • L'uomo.           Procuratore, io credo che lo stato d'animo a Gerusalemme ora sia soddisfacente.
  • Pilato.              Non c'è minaccia di altri disordini?
  • L'uomo.           ... si può garantire! (Pilato sospira)… il Procuratore non ama Gerusalemme…
  • Pilato.              Per carità… non c'è luogo al mondo più disperato di questo… queste feste... maghi, stregoni, pellegrini fanatici! Mi auguro che queste feste abbiano termine presto... dammi notizie dell'esecuzione… c'è stato qualche cenno di ribellione tra la folla?
  • L'uomo.           Nessuno.
  • Pilato.              E quell'uomo?... il Nazareno…
  • L'uomo.           Ha rifiutato di bere prima dell'esecuzione… ha ringraziato, e ha detto che non accusava chi gli toglieva la vita…
  • Pilato.              … ha detto altro?
  • L'uomo.           … ha detto solo, che tra i vizi umani uno dei maggiori è la vigliaccheria…
  • Pilato.              La vigliaccheria… sì, tra i vizi umani, uno dei maggiori è la vigliaccheria…
L'uomo scompare. Pilato beve ancora un poco di vino. Gli si avvicina il suo grosso cane dal pelo grigio. Pilato lo accarezza. Buio e silenzio. Pilato si stende su un lettino ma non riesce ad addormentarsi… anche il cane si stende accanto a lui… compare la luna e dalla luna compare un fascio di luce che arriva esattamente fino a Pilato… Pilato si incammina lungo quel sentiero di luce… accanto a lui il cane, e Gesù.
  • Gesù.               … la vigliaccheria, indubbiamente è uno dei vizi più terribili…
  • Pilato.              No, no… è il vizio più terribile di tutti… ma come è possibile, come si può pensare che per colpa di un uomo che ha commesso un delitto contro Cesare, il Procuratore della Giudea possa rovinarsi la carriera… questa mattina non l'avrei fatto… ma ora, di notte, considerando tutte le circostanze,… sarei pronto ad andare contro tutto e contro tutti pur di salvare quel pazzo, completamente innocente…
  • Gesù.               Ora noi resteremo insieme per sempre… se ci sarà uno di noi, ci sarà anche l'altro… se parleranno di me dovranno parlare anche di te…
  • Pilato.              Sì… sì… non dimenticarti di me... (Pilato si sveglia, Gesù scompare) … neanche di notte… neanche con la luna… si trova pace… tra i vizi umani, uno dei maggiori è certamente la vigliaccheria.


XI.

L'unguento di Azazello

Margherita è seduta davanti allo specchio, nuda. L'orologio segna quasi le 9.30. Davanti a lei la scatola che ha ricevuto da Azazello. Suonano le 9.30. Margherita prende un po' dell'unguento, lo spalma sulla mano, e ora comincia a spalmarsi la crema sulla fronte e sulle guance.
  • Margherita.      Che unguento meraviglioso! Le mie rughe sono scomparse, la mia pelle è ringiovanita, le mie guance sono tornate rosa e la mia fronte è bianca... oh come sono bella!... la mia pelle è luminosa…
ora Margherita si spalma l’unguento su tutto il corpo… fa un salto e rimane sospesa in aria come senza peso…
sono diventata una strega! Sono diventata una strega per colpa del dolore!
Si sente all'improvviso un allegro valzer… Margherita si mette a sedere sul davanzale, alla luce della luna… suona il telefono
  • Azazello.          Parla Azazello…
  • Margherita.      Caro caro Azazello…
  • Azazello.          È ora! Si alzi e voli fuori, e appena partirà, gridi "invisibile"… Giri un po' sulla città, poi vada a sud e punti sul fiume… la stanno già aspettando…
compare una scopa che si muove a tempo di valzer, Margherita ci sale a cavallo, e con quella vola fuori dalla finestra…
  • Margherita.      Addio, addio per sempre, io me ne volo via (il valzer aumenta il volume) invisibile, invisibile! (Margherita vola su Mosca… vede dall'alto la “Casa del letterato” e scende a leggere l'elenco degli inquilini)… Chustov, Dubranskij, Besudnikov, Latunskij… eccolo qua Latunskij… l'infame che ha rovinato il Maestro! Latunskij… appartamento 84… (Margherita gira intorno al palazzo contando finché non arriva alla finestra giusta… entra dalla finestra… distruzione del pianoforte, poi apre i rubinetti in bagno e cucina… e l'appartamento comincia ad allargarsi, sfonda armadi, specchi, letto, vasi di fiori, fino a quando la voce di un bambino)…
  • Bambino.         Mamma, mamma rompono i vetri... mamma ho paura… (Margherita smette la devastazione)
  • Margherita.      Non avere paura, non avere paura... a rompere i vetri sono stati solo dei ragazzi cattivi… (coccola il bambino)
  • Bambino.         Quelli con la fionda?
  • Margherita.      Sì, quelli con la fionda... quelli con la fionda… ora non ti preoccupare... mettiti giù… metti la mano sotto la guancia e riposa... vedrai che farai un bel sogno…
  • Bambino.         Si, e tu vieni nel mio sogno e raccontami una storia…
  • Margherita.      Si ti racconterò una storia… c'era una volta una zia... che non aveva figli... e non era felice… prima non fece che piangere… poi… poi diventò cattiva… e allora… dormi… dormi ora… (smette di carezzare il bambino, si alza, ritorna alla finestra e riparte. Dopo un breve volo Margherita si ritrova in un immenso salone buio, con un colonnato… Fagot si inchina davanti a Margherita).
  • Fagot.              Benvenuta Margherita Nikolaevna… e ora togliamo ogni mistero… vede, ogni anno Messere dà un ballo. Si chiama “Gran ballo del plenilunio primaverile” o ballo dei 100 Re. Vedrà che folla… dunque, come lei certamente avrà capito Messere è scapolo. Occorre una dama che faccia gli onori di casa… si è creata la tradizione che la dama destinata a fare le veci della padrona di casa per il gran ballo, in primo luogo, la debba aver nome Margherita, in secondo luogo, deve essere del posto… mi creda... qui a Mosca abbiamo scoperto 121 Margherite, ma neanche una che andasse bene! Finalmente, per fortuna... (Fagot si inchina)… devo chiederle...: rifiuta questo incarico?
  • Margherita.      Assolutamente non lo rifiuto
  • Fagot.              Perfetto! E ora mi segua la prego… qualunque cosa accada, stia tranquilla, e non abbia paura di nulla… il ballo sarà sfarzoso… vedremo personaggi che ai loro tempi disposero di un enorme potere… (compare un letto-trono sul quale è morbidamente disteso Mr. Woland, ai piedi del letto il gatto sta giocando a scacchi, e indossa sul pelo nero una splendida cravatta color oro, Azazello, vestito in frac, si inchina elegantemente davanti a Margherita… una strega nuda sta mescolando qualcosa in una casseruola da cui si diffondono vapori.
  • Mr. Woland.    La saluto, regina, e la prego di perdonare la mia tenuta da casa… bene, l’ora si sta avvicinando… mi dica... lei, per caso, ha qualcosa che la fa soffrire, qualche dispiacere... qualche angoscia che le avvelena l'anima?
  • Margherita.      Non Messere, non ho niente,… e ora che sono vicina a lei, mi sento benissimo…
  • Mr. Woland.    Bene, la prego dunque... non si smarrisca e non abbia paura. Beva solo acqua… altrimenti perderebbe le forze. È giunta l'ora! (Margherita si alza in piedi, incominciano a battere 12 rintocchi della mezzanotte)
  • Fagot.              Mi permetta regina, di darle qualche ultimo consiglio… Fra gli ospiti ci saranno le persone più disparate… ma lei non deve mostrare la sua preferenza a nessuno … e se qualcuno dovesse non piacerle, che non glielo si legga sul viso! per carità! se ne accorgerebbe subito! Anzi bisogna dimostrare di amarlo... di amarlo!... regina... e non trascuri nessuno... almeno un sorriso, almeno uno sguardo e soprattutto non tratti gli ospiti con indifferenza... diventerebbero tristi…
  • Gatto.              Attenzione... sto per dare il segnale…
  • Fagot.              Avanti…
  • Gatto.              Signore e Signori, attenzione… comincia il gran ballo! (Si accendono le luci, il direttore dell'orchestra dà il via al grande valzer, Margherita fa un cenno di consenso, e un saluto con la mano)
  • Fagot.              È troppo poco... è troppo poco! Quello è Johann Strauss… Dica “Saluto il re dei valzer”
  • Margherita.      Saluto il re dei valzer (il direttore d'orchestra si inchina per ringraziare)
Cominciano ad arrivare i primi scheletri, i primi zombi.
  • Fagot.              Ecco i primi! Il signor Jack e consorte… persona interessantissima… falsario, traditore della patria, alchimista molto acuto… diventò famoso per aver avvelenato l'amante del re… guardi com'è bello!
  • Margherita.      Molto piacere!
  • Gatto.              La regina è enchantée
  • Fagot.              Il conte Robert! Era l'amante della regina… avvelenò la moglie…
  • Gatto.              Enchanttés!
Cominciano ad affluire zombi di ogni tipo. Fagot dice i loro nomi, il gatto continua a inchinarsi e a declamare… Enchanttés!
  • Fagot.              La signora Tofana da Caserta! Ha aiutato oltre 500 spose, tra Roma, Napoli e Palermo a rimanere vedove... a volte le spose si stancano dei mariti… è stata strozzata in carcere dai secondini…
  • Margherita.      Sono felice di conoscerla!
  • Fagot.              Ecco... adesso arriva quella noiosa del fazzoletto!
  • Margherita.      Che fazzoletto!
  • Fagot.              ... un fazzoletto bordato di azzurro... sono trent'anni che è con noi … ogni mattina quando si sveglia trova un fazzoletto sul comodino, allora lei lo brucia... lo butta nel fiume… ma non serve a niente... vede... quando serviva in un caffè, il padrone la chiamò nella dispensa, e dopo nove mesi nacque un bambino... Lei lo condusse nel bosco e gli ficcò in bocca un fazzoletto... poi lo seppellì sottoterra… in tribunale cercò di giustificarsi dicendo che non aveva mezzi per mantenere il bambino…
  • Margherita.      E il padrone del caffè dov’è ora?
  • Gatto.              E cosa c'entra ora il padrone? Non l'ha mica soffocato lui il bambino nel bosco! (Margherita lo colpisce con un pugno su un orecchio) Regina! Ora mi si gonfierà l'orecchio… perché rovinare un ballo con un orecchio gonfio? … io parlavo solo da un punto di vista giuridico…
  • Frida.              Regina, sono felice di essere stata invitata al gran ballo.
  • Margherita.      Anch'io sono contenta di vederla... molto contenta... gradisce dello champagne?
  • Frida.              Con piacere … (beve) regina… mi chiamo Frida… si ricordi… mi chiamo Frida…!
  • Margherita.      Frida, stasera si inebrii di vino, e non pensi più a nulla! (Riprende la processione degli zombi).
  • Fagot e il Gatto… siamo molto lieti... La regina è molto lieta... siamo molto lieti... La marchesa ha avvelenato il padre e due fratelli per avere l'eredità... siamo molto lieti… regina un attimo di attenzione l'imperatore Rodolfo, mago e alchimista… ah, ecco madame… che magnifico bordello aveva a Strasburgo… benvenuti, benvenuti, regina posso presentarle il grande Caio Cesare Caligola, è venuto con Messalina… regina, un momento di pazienza… ancora pochi minuti… ecco Ivan il terribile… e per finire un paio di vampiri ubriachi. (Ricominciano a battere i 12 rintocchi della mezzanotte, la musica svanisce la folla degli ospiti si allontana)
  • Mr. Woland.    (Entrando) Bene… spero che sia andato tutto come volevo io... non è vero… (ha in mano un teschio che usa come coppa)
  • Fagot.              (A Margherita)… ma guardi dove era finito il cranio del povero Berljoz…
  • Mr. Woland.    Bevo alla vostra salute signori. (Beve, poi porge a Margherita) bevi anche tu!
  • Fagot.              Non temere regina... non temere. (Margherita beve a occhi chiusi, e tutto l'ambiente in cui si è svolto il gran ballo scompare, rimangono solo Mr. Woland e i suoi assistenti).

XII.

La sorte del Maestro e Margherita

  • Mr. Woland.    (A Margherita) Mi dica, l'hanno tormentata molto?
  • Margherita.      Oh no, Messere.
  • Mr. Woland.    La notte del plenilunio è notte di festa, e io ceno qui in compagnia dei miei famigliari e servitori… come si sente ora? Com'è andato questo ballo?
  • Fagot.              Un successo travolgente! Tutti incantati, tutti innamorati… che signorilità, che fascino, che charme…
  • Mr. Woland.    Accetta di dividere questo spuntino con noi?
  • Fagot.              Posso offrirle una fetta di ananas al sale e pepe, qualche ostrica alla senape... un bicchiere di alcol puro?
  • Gatto.              Un po' di uva con caviale e salsiccia arrosto?
  • Fagot.              Com'è piacevole cenare così alla buona con pochi amici.
  • Gatto.              Ma anche il ballo ha un suo lato piacevole... un suo fascino…
  • Mr. Woland.    Nessun lato piacevole… nessun fascino… tutta quella folla... mi hanno quasi fatto venire l'emicrania!
  • Gatto.              Ai suoi ordini, Messere! Se lei trova che non è piacevole, anch'io mi conformerò esattamente alla sua opinione…
  • Margherita.      … mi dispiace solamente che non ci fosse il critico Latunskij…
  • Mr. Woland.    … e chi sarebbe questo critico Latunskij ?
  • Margherita.      Messere, è l'uomo che ha rovinato il Maestro… sapesse… questa sera ho praticamente distrutto il suo appartamento…
  • Mr. Woland.    E ne valeva la pena?
  • Gatto.              Messere, permetta che me ne occupi io…
  • Azazello.          Siedi tu... ci vado io!
  • Margherita.      No, non preoccupatevi, non ce n'è bisogno! E ora, scusatemi, è tardi, devo andarmene.
  • Mr. Woland.    Che fretta ha?
  • Margherita.      Nessuna fretta... la ringrazio Messere... basta solo che io esca e corro a buttarmi nel fiume.
  • Mr. Woland.    Sieda… vuole forse dirmi qualcosa prima di congedarsi?
  • Margherita.      No, Messere, solo che se avesse ancora bisogno di me, io sarei pronta a fare qualunque cosa... mi sono molto divertita al ballo… e anche se fosse continuato ancora, avrei continuato a tendere il mio ginocchio da baciare a migliaia di pendagli da forca e di assassini…
  • Mr. Woland.    Ben detto! Ben detto! L'abbiamo messa alla prova… non chieda niente... mai niente e nessuno, specie a quelli più potenti di lei, saranno loro a proporre e a darle tutto. Ebbene... che cosa mi chiede per aver fatto gli onori di casa… cosa vuole per aver partecipato a questo ballo… parli senza soggezione... sono stato io a proporglielo...
  • Margherita.      ... dunque, posso chiedere una cosa?
  • Mr. Woland.    Chieda, chieda,  mia cara, chieda UNA COSA!
  • Margherita.      Voglio che la smettano di dare a Frida, quel fazzoletto col quale ha soffocato il suo bambino…
  • Mr. Woland.    Non ci posso credere... non so proprio cosa fare… non resta che munirci di stracci e tappare ogni fessura di questa stanza…
  • Margherita.      Di che state parlando Messere?
  • Mr. Woland.    Parlo della misericordia… talvolta si insinua nella maniera più subdola e assurda... fin nelle fessure più strette… lei a quanto pare, è una persona di singolare bontà… di eccelse qualità morali…
  • Margherita.      No Messere… ho solo avuto l'impudenza di darle una fondata speranza… ella crede nel mio potere e se resterà ingannata… io non mi darò pace per tutta la vita…
  • Mr. Woland.    Ora capisco!
  • Margherita.      Così lo farà?
  • Mr. Woland.    Nemmeno per sogno… un atto di misericordia… diciamo così non sono atti di competenza del mio dicastero… non sarò io a farlo, ma lei stessa… se deciderà avanti…
  • Fagot.              … La chiami!
  • Margherita.      Frida!
  • Frida.              (Che entra, e tende le braccia verso Margherita) Eccomi!
  • Margherita.      … vai, ti perdonano, non ti daranno più il fazzoletto… (Mr. Woland fa un gesto con la mano e Frida scompare)… la ringrazio…
  • Mr. Woland.    Dunque, questo non conta... mi dica cosa vuole per sé…
  • Fagot.              Cerchi di essere più giudiziosa… altrimenti la fortuna potrebbe sfuggirle per sempre!
  • Margherita.      Voglio che ora, in questo stesso istante, mi sia reso l'uomo che amo. Il Maestro!
Immediatamente si accende una luce verde e appare il Maestro in tenuta da ospedale. Margherita lo riconosce subito, protende le braccia e gli corre incontro… lo bacia su tutto il viso e piange.
  • Maestro.          Non piangere, Margherita, non piangere, non tormentarmi, io sono malato, molto malato...
  • Margherita.      Non temere, non temere, io sono qui, io sono qui con te…
  • Mr. Woland.    Su… versate qualcosa da bere a quest’uomo…
  • Margherita.      Bevi, bevi, non ti preoccupare, ti farà bene… (il Maestro beve)
  • Fagot.              Beva, beva... porta fortuna! Guardate, comincia già a riprendersi…
  • Mr. Woland.    Vede... ora va meglio... e possiamo parlare un po'. Chi è lei?
  • Maestro.          Nessuno. Ora non sono più nessuno.
  • Mr. Woland.    E da dove viene…
  • Maestro.          Da una casa di dolore... sono malato di mente…
  • Margherita.      Egli è un Maestro. Messere! Lo guarisca... ne vale la pena.
  • Mr. Woland.    Lei sa con chi sta parlando ora ?
  • Maestro.          Certo che lo so… al manicomio, il giovane poeta Ivan, mi ha parlato di lei.
  • Mr. Woland.    Ah si… mi ricordo, quel simpatico giovane che voleva dimostrarmi che io non esisto… mi dica…lei crede… che io sono realmente io?
  • Maestro.          Certo che lo credo… anche se sarebbe molto più rassicurante credere che lei sia un'allucinazione.
  • Margherita.      No, no! é lui… è veramente lui che ti sta di fronte…
  • Mr. Woland.    E mi dica... perché Margherita la chiama Maestro?
  • Maestro.          Ha un concetto troppo alto del romanzo che ho scritto…
  • Mr. Woland.    Un romanzo? e su che argomento?
  • Maestro.          Un romanzo su Ponzio Pilato…
  • Mr. Woland.    Di questi tempi? è incredibile... ma non poteva trovare un altro argomento? me lo faccia vedere!
  • Maestro.          Purtroppo non posso… l'ho bruciato nella stufa…
  • Mr. Woland.    Mi permetta, non è possibile... i manoscritti non bruciano… (rivolto al gatto) su… dammi qua il romanzo…. (il gatto consegna un grosso pacco manoscritto… Margherita è emozionatissima).
  • Margherita.      Si, è quello, è quello… Messere, lei è onnipotente!
Mr. Woland prende il manoscritto, lo gira tra le mani e lo fissa in silenzio, poi fissa il Maestro…
  • Maestro.          Nelle notti di luna piena non c'è mai pace per me...
  • Mr. Woland.    Bene, adesso è tutto chiaro… tutto chiaro! Su, Margherita... mi dica dunque tutto ciò che desidera…
  • Margherita.      La prego ci faccia tornare nel nostro seminterrato… accenda la lampada e tutto torni come era…
  • Maestro.          Non le dia ascolto… non è assolutamente possibile... non è più assolutamente possibile che tutto torni come prima…
  • Mr. Woland.    Lei dice che non è più possibile… e forse ha ragione… ma noi ci proveremo lo stesso.
  • Maestro.          Vede… non ho più né sogni né ispirazione… non mi interessa nessun altro eccetto Margherita… mi hanno spezzato dentro…
  • Mr. Woland.    E il suo romanzo? e Pilato?
  • Maestro.          Lo odio questo romanzo…
  • Margherita.      Non lo ascolti, Messere!
  • Mr. Woland.    Scriva qualcos’altro…
  • Maestro.          Qualcos'altro? Non lo pubblicherebbero lo stesso e poi, cosa c'è di interessante, da scrivere...
  • Mr. Woland.    Ma allora di cosa vivrà... dovrà chiedere l'elemosina…
  • Maestro.          Questa è una ottima idea… così Margherita ritroverà la saggezza e mi lascerà.
  • Mr. Woland.    Interessante... colui che scritto la storia di Ponzio Pilato, si ritira in un seminterrato e intende passare il resto della sua vita seduto là… a chiedere l'elemosina.
Battono i 12 rintocchi della mezzanotte
  • Margherita.      Ma è sempre mezzanotte?
  • Mr. Woland.    Sì… mi fa piacere prolungare un poco la mezzanotte nei giorni di festa… buona fortuna…
  • Margherita.      Addio.
  • Mr. Woland.    Arrivederci!
Margherita e il Maestro ora sono nel seminterrato.. Margherita è seduta al tavolo e davanti a lei c’è sia il quaderno bruciato dal fuoco, sia il quaderno intatto ricevuto da Woland. Il Maestro dorme profondamente su un divano… Margherita legge il manoscritto integro… e si addormenta anche lei.

Entra Levi Matteo
  • Mr. Woland.    Ma che sorpresa! Come mai sei giunto fin qui, ospite indesiderato? E non mi dici nemmeno buongiorno...
  • Levi Matteo.    Perché non voglio che il tuo giorno sia buono… spirito del male, sovrano delle ombre…
  • Mr. Woland.    Sei appena arrivato e già ostenti tutta la tua assurdità… tu non conosci male? Tu non hai ombre? Medita su questa domanda: che senso avrebbe il bene, se non esistesse il male e come apparirebbe la terra, se non vi fossero le ombre?
  • Levi Matteo.    Non discuto con te
  • Mr. Woland.    Perché sei stupido! Avanti, senza seccarmi troppo, perché sei venuto?
  • Levi Matteo.    Mi ha mandato lui
  • Mr. Woland.    E cosa ti ho ordinato di dirmi, schiavo!?
  • Levi Matteo.    Io non sono schiavo, sono un suo discepolo…
  • Mr. Woland.    Mi stai annoiando…! Allora… che vuole!
  • Levi Matteo.    Ha letto l'opera del Maestro… ti prega di prenderlo con te e di ricompensarlo con la pace eterna… per te non dovrebbe essere difficile…
  • Mr. Woland.    Per me niente è difficile… e tu lo sai bene… piuttosto, perché non lo prende con sé nella luce eterna?
  • Levi Matteo.    Non ha meritato la luce... ha meritato la pace…
  • Mr. Woland.    Riferisci che sarà fatto e vattene!
  • Levi Matteo.    Ti prega di prendere con te anche la donna che l'ama e che ha sofferto per lui.
  • Mr. Woland.    … grazie del suggerimento... senza di te non ci sarei arrivato! Vattene ho detto! Azazello... vai da loro e prepara tutto.
  • Maestro.          Una nuvola nera venne da Occidente e coprì il sole… in quel momento cominciò a far buio… la tenebra ricoprì l'enorme città, scomparvero i ponti, i palazzi, tutto scomparve, come non fosse mai esistito…
  • Azazello.          Permesso? (entra portando una tavola imbandita)… non c'è qualcuno che ha un po' di appetito qui?
  • Margherita.      Venga Azazello! (Al Maestro) ma guarda che meraviglia… vedi, non ci abbandonano. Non sono mai stata così felice in vita mia! Mi scusi Azazello se sono nuda…
  • Azazello.          Ma si figuri... guardi che ho visto non solo parecchie donne nude... ma anche donne completamente scorticate.
  • Maestro.          (Parlando tra sé) Costui non è venuto semplicemente a farci visita... è venuto qui con qualche incarico…
  • Azazello.          Ah già… prima che mi dimentichi... Messere saluta lor signori e mi incarica di invitarvi a fare con lui una breve passeggiata… naturalmente se loro lo desiderano.
  • Margherita.      Ma con grande piacere…
  • Azazello.          … e stavo dimenticando anche un'altra cosa… non so dove ho la testa questa sera… il mio signore vi manda un regalo… una bottiglia di vino… La prego di notare che è  lo stesso vino che beveva il governatore della Giudea… Falerno! (Estrae da un panno di broccato una brocca ricoperta di muffa, lo versa nei bicchieri, lo annusano… alla salute di Woland… (i tre accostano i bicchieri della bocca e bevono una grossa sorsata… Azazello arretra, il Maestro e Margherita si sentono soffocare)
  • Margherita.      (Rivolta ad Azazello)… ci hai avvelenati!...
  • Maestro.          Margherita!
(Il Maestro e Margherita si abbracciano, e cadono a terra morti entrambi… entra Mr. Woland… si avvicina… tende loro le mani e li aiuta a rialzarsi… tutti e tre si allontanano sulle note di un delicato valzer).

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