TROIANE
Da Euripide e Seneca
Scena Prima – Ecuba, coro, Taltibio
Scena Seconda – Pirro, Agamennone, Calcante, coro
Scena Terza – Andromaca, vecchio, Astianatte
Scena Quarta – Ulisse, Andromaca, Astianatte, coro
Scena Quinta – Elena, Andromaca, Ecuba
Scena Sesta – Elena, Andromaca, Ecuba, Cassandra, ancella
Scena Settima - Nunzio, Ecuba, Andromaca
Prima
scena----------------------------------------------------------------------------
Ecuba.
Chiunque ha fiducia nella propria condizione di re, chiunque non ha paura
dei cambiamenti d’umore degli dei... e comanda, sicuro di sé, dentro la sua
grande reggia, guardi me e te, Troia, distrutta fin dalla base.
Mai il destino ha offerto prova migliore di quanto si possa distruggere con
facilità la posizione dei re potenti. Guardate!
Le mura della città, ridotte in macerie, giacciono addosso alle case
bruciate.
La reggia è in fiamme, ma nemmeno le fiamme riescono a tenere lontane le
mani avide dei vincitori. Tutta Troia brucia, e intanto viene saccheggiata.
Il fumo denso che si alza a ondate impedisce persino di vedere la luce del
cielo.
I vincitori immobili scrutano la città e intanto covano propositi feroci.
I saccheggiatori portano via il bottino… un bottino che 1000 navi non
riusciranno a contenere. Ma che senso ha piangere sulle macerie della
città distrutta, dopo che ho visto con i miei occhi l’esecrabile assassinio del
re.
Io ho visto la testa del re, la testa di Priamo, piegata all’indietro con i
capelli attorcigliati nella mano di Pirro, io ho visto la spada spinta fino in
fondo alla ferita profonda.
Priamo non ha sepolcro, e mentre Troia sta bruciando, Priamo non ha un
rogo.
Ma questo non basta.
Da un’urna stanno uscendo i nuovi destini per le figlie e le nuore di
Priamo. Andromaca, la moglie di Ettore, la moglie di Antenore, Cassandra… io
stessa...
Donne, prigioniere, battetevi il petto con le palme delle mani, e rendete a
Troia i dovuti onori funebri.
Coro.
- Ecuba,
noi abbiamo già pianto per anni, da quando la nave di Paride, tagliando le
onde del mare, giunse alle nostre coste.
- Per 10
anni abbiamo pianto.
- Da 10
anni non è passato giorno senza che noi piangessimo.
- Piangi
anche tu, regina, battiti il petto, e noi seguiremo il ritmo che tu ci
darai.
Ecuba.
Sciogliete le chiome, scoprite le braccia, e i vostri capelli grigi di
cenere scendano tristi giù per il collo. Scoprite il seno, colpite il seno con
mano furiosa... per rispetto di quale sposo volete tenere il petto coperto?
Coro.
- Piangiamo
tutte, piangiamo la morte di Ettore!
- Tiriamo
fuori con la forza del dolore tutti i nostri gemiti per Troia
- Che il
cielo e la terra siano pieni dei nostri gemiti
Ecuba.
La nostra mano destra colpisce le braccia e le spalle... per renderti
onore, o Ettore.
Ettore tu eri il muro che ci difendeva dai nemici.
L’ultimo giorno di Ettore fu anche l’ultimo giorno della patria.
Le nostre braccia, le spalle, la testa, le mammelle sono coperte di sangue.
Coro.
- E ora
battiamo i nostri petti per il vecchio re Priamo.
- Egli, dopo
avere sepolto i figli che erano destinati a diventare re, ora, giace,
tronco senza testa, ammazzato come vittima sacrificata a Giove.
Ecuba.
Non piangete la morte di Priamo! Dovreste dire “fortunato Priamo!”!
Lui non dovrà mai sopportare il giogo dei greci sul suo collo di vinto.
Non dovrà vedere né il trionfo di Agamennone né quello di Ulisse…
non dovrà piegare il collo per portare il peso dei loro trofei… non
diventerà l’attrazione dello spettacolo, alla parata dei vincitori lungo le
larghe strade di Micene.
Coro.
- Diciamo
tutte “fortunato Priamo!” che morendo ha portato con sé il regno ancora
suo.
- Fortunato
Priamo che tra le ombre dei campi Elisi va alla ricerca di Ettore.
- Fortunato
chiunque morendo in guerra ha portato via con sé tutte le sue cose quando
ormai erano distrutte.
Entra Taltibio
Coro.
- Taltibio,
spiegaci per quale motivo le navi dei greci indugiano ancora
- Quale
dio chiude loro la via del ritorno
Taltibio.
Il mio animo è stretto dal terrore... mie membra sono scosse da terrore.
Io stesso… io, con i miei occhi ho visto apparizioni mostruose più
grandi di ogni realtà. La terra all’improvviso si scosse, le cime degli alberi
oscillarono, il bosco e la foresta sacra tuonarono con un fragore terrificante.
Poi la terra si spaccò aprendo immense caverne e sollevò la tomba di
Achille.
Fu allora che apparve la grande ombra del comandante. Egli si ergeva
superbo come quando vincitore, reggendo le redini del cocchio, trascinava il
corpo di Ettore.
Pieno di ira egli gridò: “Andate, andate, gente incapace! Prendete pure il
bottino che avete ricavato grazie alle mie azioni.
Sciogliete pure le vostre navi e andate per i mari.
Ma io… io voglio che Polissena sia data come sposa alle mie ceneri. Voglio
che venga sacrificata dalla mano di Pirro e voglio che il suo sangue bagni la
mia tomba”.
Ora la superficie del mare giace immobile e il vento placido mormora sulle
onde leggere.
Seconda
scena--------------------------------------------------------------------------
Pirro.
Agamennone! Stavi già per alzare le vele per tornartene a casa e ti sei
dimenticato di Achille. Eppure, dalla sua mano è venuta la spinta decisiva che
ha distrutto Troia.
Ora, anche se tu lo volessi e ti affrettassi a dare quanto ti viene
chiesto, in ogni caso glielo daresti in ritardo perché tutti gli altri
comandanti hanno già ricevuto la loro ricompensa. Troia voi l’avete
distrutta, ma mio padre l’ha vinta!
Tu sei debitore, verso Achille, e ora che lui chiede una vergine tu esiti?
Così… improvvisamente, ora, credi che sia manifestazione di ferocia onorare
Achille sacrificando come vittima la figlia di Priamo?
Eppure, tu, tua figlia Ifigenia… tu che eri suo padre, tu l’hai immolata,
pur di riconquistare Elena.
Agamennone.
Perché vuoi macchiare con un maledetto assassinio l’ombra nobile di tuo
padre?
Nessuno è mai riuscito a conservare il potere fondato sulla violenza,
e la grandezza in un momento può essere sepolta.
Il vincitore deve sapere cosa è giusto fare e cosa deve subire il vinto.
La vittoria su Troia ci ha reso troppo superbi e alteri.
Ma la sorte di Priamo ci fa meditare sul favore della Fortuna.
Prima superbi, poi timorosi.
Il nostro destino può cambiare in un momento.
Su alcuni il destino incombe con lentezza.
Io ho voluto vincere i troiani, ma avrei voluto impedire che fossero
abbattuti e annientati… ma è impossibile tenere a freno un nemico che arde di
ira.
Tutto quello che può apparire come indegno e feroce, è stato prodotto dal
rancore e dalle tenebre.
Le spade, una volta bagnate di sangue si abbandonano al capriccio folle.
Ma! ma io non permetterò che, Polissena, la vergine di sangue reale muoia e
sia offerta come vittima sacrificale sulla tomba di Achille; io non permetterò
che questo crimine sia chiamato cerimonia nuziale.
La colpa di questo assassinio non ricadrà su di me.
Pirro.
Dunque l’anima di Achille non riceverà nessun sacrificio?
Agamennone.
Tutti celebreranno Achille con canti epici, e le terre che ancora non lo
conoscono sentiranno parlare del suo grande nome.
Se volete che del sangue scorra sulla tomba di Achille, che si scannino i
colli grassi di un intero gregge. Io non voglio più sangue che sia pianto da
una qualunque madre.
Pirro.
Una volta eri gonfio d’orgoglio e arrogante… ora lo scricchiolio della
paura ti rende timido e titubante… o forse il tuo cuore sta già bruciando per
un nuovo amore, o per una nuova amante?
Adesso tu pensi che sia un sacrilegio immolare delle vergini?
Non c’è legge che risparmi i prigionieri o che ne impedisca la condanna a
morte!
Agamennone.
Quello che non è vietato dalla legge, a volte lo vieta il buonsenso
Pirro.
Per il vincitore è lecito fare tutto quello che ritiene opportuno fare.
Guardami! Guarda la mia destra! È con questa mano che io darò ad Achille la
vittima che gli è dovuta. E se tu me lo impedirai sarai tu, quello che io
ucciderò. (si allontana)
Agamennone.
Avrei dovuto farlo tacere e punirlo in modo che si pentisse duramente delle
sue parole…
ma piuttosto... fate venire Calcante, l’interprete degli dei…
se gli dei chiederanno Polissena, io la consegnerò.
(entra Calcante)
Calcante, tu che con la tua arte ci fai conoscere le volontà degli dei,
tu che sai leggere le viscere degli animali, tu che sai interpretare i
tuoni del cielo…
tu, Calcante, spiegaci cosa comanda Apollo e guidaci con il tuo consiglio.
Calcante.
Agamennone, il destino concede ai greci la possibilità di partire al solito
prezzo: bisogna sacrificare una vergine sulla tomba di Achille…
e Pirro deve consegnarla a suo padre con gli ornamenti e con gli abiti con
cui si sposano le donne di Micene… ma questo non è il solo motivo che trattiene
le nostre navi.
Gli dei chiedono un sangue più nobile di quello di Polissena.
Il destino chiede il sangue del figlio di Ettore.
Il ragazzo deve... cadere dalla sommità della torre... e morire.
Coro.
- Ma
allora è vero che le ombre continuano a vivere dopo che i corpi sono stati
sepolti…
- Dunque,
se le anime dei poveri morti devono continuare a vivere più a lungo…
è inutile chiudere le
ceneri dentro l’urna funebre.
- No,
dopo la morte non c’è nulla
- Anche
la morte è nulla
- Coloro
che sono avidi di vita depongano ogni speranza.
- Coloro
che sono pieni di preoccupazioni depongano ogni timore.
- Il
tempo ci divora
- La
morte rovina il corpo e non risparmia l’anima
- Cerbero
e Ade sono vuote parole… chiacchiere inconsistenti… favole simili a un
sogno angoscioso.
Terza
scena.----------------------------------------------------------------------------
Andromaca.
Donne della Frigia, perché queste lacrime? Perché strappate i vostri
capelli e vi battete il petto infelice?
Troia per me è caduta già da tempo… da quando il carro di Achille trascinò
di corsa il corpo del mio Ettore.
Tutto quello che sta succedendo ora, io lo sopporto senza sentirlo… resa
ormai dura come una pietra io seguirei subito il mio sposo, se Astianatte non
mi trattenesse qui.
È lui che doma il mio orgoglio e mi vieta di morire.
È lui che aggiunge altro tempo alla mia sofferenza.
Vecchio.
Andromaca, quale paura improvvisa ti agita, adesso?
Andromaca.
Da un grande male nasce un male ancora più grande. Il destino rovinoso di
Troia, non è ancora giunto alla sua meta.
Vecchio.
Quali altre disgrazie potrà ancora trovare per noi il destino?
Andromaca.
Ciò che atterrisce il mio animo è il sogno che ho fatto in una notte
orrenda.
Vecchio.
Cosa hai sognato?
Andromaca.
Era quasi l’alba… all’improvviso Ettore si alzò davanti ai miei occhi… ma
non come quando andava in battaglia.
No, era stanco e abbattuto, e il suo viso era appesantito dalle lacrime e
coperto di capelli scomposti.
Scuoteva la testa e mi disse: “Svegliati e porta via nostro figlio.
Nascondilo!... per lui questa è l’unica via di salvezza”.
Un brivido gelido scacciò il mio sonno. Mi svegliai tremante, mentre la sua
ombra si allontanava… proprio mentre cercavo di abbracciarla.
Figlio mio… tu sei nato troppo tardi per difendere la tua città… e io ho
paura di pensare al tuo destino.
Per chi è stato fatto prigioniero basta l’augurio di continuare a vivere.
Povero figlio mio, in quale luogo fidato, potrò nasconderti?
Tutta la città ormai è ridotta a un mucchio di polvere, e in questa distesa
desolata, non resta neppure un angolo dove possa nascondersi un bambino.
L’unico posto che il nemico ha rispettato e che deve rispettare è la
grande tomba consacrata al mio caro sposo.
Affiderò mio figlio a suo padre, anche se un brivido corre per tutto il mio
corpo.
E io tremo, davanti a un presagio di morte.
Vecchio.
Molti si sono salvati perché si è creduto che fossero già morti.
Andromaca.
Non ho molte speranze. La sua fama lo schiaccia come un peso massiccio.
Bisogna sperare che nessuno lo tradisca.
Vecchio.
Non avere testimoni del tuo inganno.
Andromaca.
E se il nemico lo cercherà?
Vecchio.
Devi dire che è morto nella città distrutta
Andromaca.
In quale luogo potremo rifugiarci al sicuro? Chi ci aiuterà? Chi ci
proteggerà?
Ettore, tu che hai sempre difeso i tuoi cari, accogli tuo figlio tra le tue
ceneri, e fai in modo che egli continui a vivere. Entra dentro la tomba, figlio
mio.
Perché ti rifiuti? Non vuoi disonorarti nascondendoti? Ti vergogni di avere
paura?
Nelle disgrazie bisogna avere il coraggio di cedere.
Avanti entra nel sepolcro di tuo padre… è l’unica possibilità che hai di
salvarti!
Vecchio.
Ora allontanati. C’è il rischio che la tua paura attiri l’attenzione di
tutti.
Vai, taci, e soffoca ogni tuo lamento.
Non vedi che sta arrivando Ulisse, colui che porta inganni e sciagure.
Andromaca.
Spalancati, o terra! E tu, sposo mio, metti al sicuro questo nostro figlio
nell’oscurità della profondità.
Quarta scena
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Ulisse.
Andromaca, ascoltami, anche se quella che sentirai non è la mia voce, ma la
voce di tutti i greci riuniti in assemblea.
Il figlio di Ettore ci impedisce di tornare alle nostre case dopo tutti
questi anni.
Il destino chiede tuo figlio. Ora! Calcante ha parlato.
Finché tuo figlio sarà vivo, i greci saranno sempre preoccupati… la loro
pace non sarà mai sicura… e finché la paura li costringerà a guardarsi
indietro, non deporranno mai le armi.
Non credermi crudele… ma mi è stato comandato di chiedere il figlio di
Ettore.
Andromaca.
Se io sapessi dov’è mio figlio, non parlerei nemmeno se le mie mani fossero
legate dalle catene e il mio petto trafitto dalle spade… non parlerei nemmeno
se tu mi torturassi col fuoco.
Io non so dov'è mio figlio… non so se è morto nel fuoco che ha distrutto la
città… non so se sta fuggendo per i campi, o se è stato ucciso da qualche
animale feroce, e ora giace come cibo per gli uccelli.
Ulisse.
Non mentire. Dov’è tuo figlio!
Andromaca.
Sta insieme ad Ettore, insieme a Priamo… Sta dove stanno tutti i troiani.
Ulisse.
Io ti torturerò con la frusta, con il fuoco… e tu parlerai… i segreti più
profondi usciranno come un fiume in piena.
Andromaca.
Cos’è che ti fa parlare? Il coraggio, la rabbia, o la paura?
Vai… e porta pure ai greci la notizia che il figlio di Ettore è morto.
Ulisse.
E come lo dimostri?
Andromaca.
Che io possa morire in questo istante, se non è vero che mio figlio giace
tra i morti… giace nella tomba, dopo aver ricevuto ciò che ai morti è dovuto.
Ulisse. (Tra sé)
Se io raccontassi ai greci che il destino del figlio di Ettore si è
compiuto, loro mi crederebbero.
Ma io, come posso credere a questa madre? Certo, lei piange, si lamenta… i
suoi passi sono ansiosi… ma io vedo anche che lei, con orecchio attento, cerca
di cogliere ogni suono… ogni voce… Devo pensare qualcosa… mi congratulerò con
lei.
Sei fortunata, che tu tuo figlio sia già morto… in questo modo, si è
salvato dalla morte crudele che lo attendeva… se fosse stato ancora vivo avrei
dovuto precipitarlo dall’unica torre della città che è rimasta in piedi.
Andromaca.
Mi sento svenire, ho freddo, sto tremando.
Ulisse.
Ha paura. Ha cominciato a tremare!
Perché ti guardi intorno? Perché tremi? Tanto tuo figlio è già morto…
Andromaca.
È da molto tempo ormai che ho paura, ma non mi sono ancora abituata…
Ulisse.
Va bene… se non potremo purificare le nostre navi con le ceneri del
ragazzo, spargeremo le ceneri del cadavere di Ettore. … dovremo radere al suolo
la sua tomba… non c’è altra scelta.
Andromaca.
Ettore! La tua cenere, strappata dal tumulo sarà dispersa in mare?
Non posso sopportarlo. Ma non posso sopportare neanche che mio figlio sia
consegnato a una morte nefanda. Come potrei sopportare che mio figlio sia
scagliato dall’alto dell’ultima torre della città.
Che fare? Salvare tutti e due non è possibile. Ho scelto. Tra i due salverò
mio figlio, Astianatte, quello di cui i greci hanno paura.
Ulisse.
Ho già concesso troppo tempo. Questa donna resiste. Farò scavare questa
Tomba fino alle fondamenta, finché non saranno trovate le ceneri del morto.
Voglio che questa tomba sia abbattuta e dispersa per tutta la pianura.
Andromaca.
Avete portato morte e distruzione, avete distrutto i templi degli dei. Ora
aggiungete un nuovo sacrilegio all’elenco già troppo lungo. Ma io non lo
permetterò, resisterò a mani nude. L’ira mi darà la forza.
Ulisse.
Perché vi fermate? Vi spaventano le chiacchiere di una donna? Ho detto di
demolire quella tomba. Avanti, obbedite. Subito!
Andromaca.
Prima dovrete uccidermi!
Ulisse.
Distruggete tutto! Dalle fondamenta!
Andromaca.
In un solo crollo saranno abbattuti mio marito e mio figlio…
Non voglio che mio figlio muoia schiacciato sotto il peso della tomba del
padre…
Se deve morire che muoia in qualunque altro luogo. Non qui.
Ulisse abbi compassione di me.
Ulisse.
Tira fuori tuo figlio, e poi implora.
Andromaca.
Figlio mio, esci da questo luogo di tenebre in cui sei nascosto.
L’inganno che io avevo pensato per salvarti non è riuscito.
Arrenditi e buttati ai piedi del padrone della tua vita, alza le mani e
supplica.
C’è la morte che ti attende. Tu sei prigioniero, inginocchiati! Piangi,
come piange tua madre.
Piangi e chiedi di poter continuare a vivere.
Ulisse.
Il tuo dolore mi commuove, Andromaca, ma mi commuovono di più le madri dei
greci.
Io so che questo bambino crescerebbe per provocare grandi lutti.
Andromaca.
Ma come puoi pensare che questo bambino faccia risorgere la nostra città
dalle ceneri?
Non vedi che noi Troiani giaciamo a terra, abbattuti?
Come possiamo essere motivo di paura nei confronti di qualcuno? Metti la
sua testa sotto il giogo… concedi a lui che sarebbe diventato re, di essere
schiavo.
Ulisse.
Non è Ulisse a rifiutarlo, ma Calcante.
Andromaca.
Tu, assassino, macchinatore di inganni, per colpa della tua mente malefica
giacciono morti anche molti greci. Gli dei e l’indovino non hanno colpa.
Tu sei un vigliacco, e ti nascondi dietro di loro. Sei tu che vuoi questo
delitto.
Come sei coraggioso tu!, ad ammazzare un bambino.
Ulisse.
Non ho tempo per ascoltare le tue parole inutili. La flotta deve salpare.
Andromaca.
Concedimi almeno un po’ di tempo per rendere a mio figlio gli onori
funebri.
Ulisse.
Questo te lo posso concedere. Ti lascerò il tempo che mi chiedi.
Saziati di lacrime; il pianto allevia l’angoscia.
Andromaca.
Figlio mio, tu non terrai in mano lo scettro di Troia…
Tu non manderai sotto il giogo le popolazioni vinte…
Tu non massacrerai le spalle dei greci in fuga…
Tu non trascinerai con il tuo carro il cadavere di Pirro…
Tu non abbellirai i templi di Troia con il bottino di guerra…
Ulisse.
Basta donna. Interrompi il tuo pianto di madre.
Il dolore non è capace di trovare la sua fine da solo.
Andromaca.
Concedimi ancora poche lacrime, in modo che la mia mano possa chiudere gli
occhi a lui ancora vivo…
Astianatte.
Madre, salvami!
Andromaca.
Non aggrapparti alle pieghe della mia veste… lascia andare le mie mani che
non possono difenderti.
Vai... fatti incontro a tuo padre, e portagli queste poche parole del mio
lamento.
“Padre, se, dopo la morte, conservi ancora un po’ dell’amore che hai avuto
per Andromaca, come puoi permettere che lei diventi la schiava di uno sposo
greco?
Come puoi rimanere indifferente al suo destino?”
Ulisse.
Il tuo pianto non ha limiti.
Portate via costui… che costringe la flotta greca a ritardare la partenza.
Coro.
- Dove ci
porteranno, ora? Nei monti della Tessaglia?
- Forse a
Creta… la grande isola delle 100 città
- A
Caristo, da dove vengono i marmi colorati
- Oppure
a Eleusi, dove si tengono le cerimonie sacre di cui non si deve parlare
- Che le
tempeste del mare ci sbattano dove vogliono, purché non a Sparta, la città
di Elena che tante sciagure portò a Troia
- Si,
lontane da Sparta, ma anche lontane da Argo e Micene
- E anche
da Itaca, dove anche le rocce sono ingannatrici
- E tu
Ecuba… chi sarà il tuo padrone? Chissà dove ti condurrà, per metterti in
mostra?
- Nel
regno di chi, morirai… regina.
Quinta scena ------------------------------------------------------------------------------
Elena.
Ogni matrimonio che comporti dolore, lamenti e sangue, è degno di ricevere
la benedizione di Elena. Anche ora che Troia è distrutta, sono costretta a fare
del male ai vinti. Devo raccontare le false nozze di Pirro con Polissena.
Devo portare alla ragazza vesti greche e ornamenti…
Devo preparare una trappola… il mio inganno porterà alla morte la sorella
di Paride… questa per lei sarà la soluzione più leggera… tanti desidererebbero
morire senza aver paura della morte. La colpa di questo crimine ricadrà su chi
l’ha ideato… non su di me… io sono costretta a compiere questo delitto...
Polissena, Pirro ti chiede per il sacro legame di un legittimo
matrimonio.
Presto, deponi gli abiti del lutto, metti gli abiti della festa, non sarai
più schiava, lascia che io pettini i tuoi capelli. Sii felice, La caduta di
Troia ti porta su un trono più alto.
Polissena, lasciati ingannare, vedrai che ti sarà utile…
Andromaca.
Mancava solo questa disgrazia.
Una cerimonia di nozze, mentre tutto intorno Troia brucia.
Ma come potrebbe, Polissena, rifiutare?
La maledizione ha colpito tutti e due i popoli.
Davanti a noi le tombe dei capi… tutto intorno ossa bianche che giacciono
insepolte.
Elena, queste ossa sono state sparse per colpa tua.
Per colpa tua è corso il sangue di greci e troiani, mentre tu,
indifferente, stavi a guardare i soldati che si battevano… non preoccuparti
neanche adesso… continua! Continua a preparare la stanza nuziale.
Elena.
Anch’io sono una schiava… anch’io sopporto le sofferenze della schiavitù.
Almeno voi potete starvene tutte insieme unite dalla disgrazia.
Io invece sono sola e contro di me si accaniscono vincitori e vinti.
Io sono stata la causa della carneficina… e sarà Menelao che mi giudicherà.
Ora ti prego Andromaca, smetti di piangere, e cerca di convincere Polissena
ad accettare le nozze…
Io non riesco più a trattenere le lacrime.
Andromaca.
Elena che piange… ma perché piange?
Perché non ci dici quale delitto ha progettato Ulisse? Cosa vuol fare con
questa vergine? Scagliarla da una roccia? O affogarla nel mare profondo?
Parla! Svela quello che nascondi con quel tuo viso falso e ingannatore!
Qualunque disgrazia sarebbe meglio che vedere Pirro sposato con Polissena.
Tra tutte le nostre disgrazie togline almeno una… risparmiaci di essere
ingannate.
Elena.
La mia vita ormai mi è odiosa… sarei contenta se Pirro mi uccidesse davanti
alla tomba di Achille… sarei pronta ad uccidermi io stessa…
ma Calcante dice... che Achille comanda... che la vergine sia sacrificata
davanti alla sua tomba, affinché sia la sua sposa nei Campi Elisi.
Andromaca.
Guarda… guarda Polissena!
Guarda come ha ascoltato con gioia la notizia della sua morte imminente!
È lei ora a chiedere il vestito da sposa… è lei, ora, che ti chiede di
preparare i suoi capelli.
Solo Ecuba, è rimasta sconvolta ad ascoltare questa condanna a morte…
Alzati, Ecuba, solleva il tuo animo… non cedere proprio adesso!
Ecuba.
Achille continua ancora a farci guerra! Persino le sue ceneri hanno sete
del nostro sangue. Di tutti i miei figli, ora solo questa mi è rimasta in vita.
Risparmiatemi la pena di vedere anche la sua morte… ma tu, figlia mia, sii
serena… pensa, Cassandra, pensa Andromaca, quanto vorrebbero avere nozze come
queste!
Andromaca.
Hai ragione, Ecuba… noi siamo solo da compiangere. Tra poco la flotta greca
ci disperderà su tutti i mari; Polissena invece resterà qui, coperta dalla cara
terra della patria dei nostri padri.
Elena.
Il vostro dolore sarà ancora maggiore quando conoscerete i risultati del
sorteggio che vi ha assegnato ai vostri padroni.
Andromaca.
Dimmi di chi dovrò essere la serva, io.
Elena.
Tu sei stata assegnata a Pirro.
invece… Cassandra, a causa della sua pazzia, non è stata estratta.
Agamennone l’ha tenuta per sé.
Vuole farne la sua sposa segreta
Ecuba.
Qualcuno ha voluto che io fossi sua?
Elena.
L’estrazione ti ha assegnata a Ulisse, che però non ti voleva.
Ecuba.
Ulisse… adesso si che sento tutta la mia sconfitta. Adesso si che sento di
essere schiava… ed è del mio padrone che mi vergogno, non della mia schiavitù.
Andiamo… portami pure da Ulisse. Io porto con me il mio destino.
Non ci sarà pace tra le onde, e anche i venti si abbatteranno sulla nave.
Io porterò con me le disgrazie mie, e anche quelle di Priamo.
Ecco che arriva Pirro, scuro in volto. Pirro, coraggio, avanti!... apri il
mio petto con la tua spada!
Avanti afferrami e trascinami via. Pregherò che la mia nave sia travolta
dalle onde e che altrettanto capiti a tutte le altre navi dei greci.
Sesta scena
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Ancella.
Ecuba, guarda… sta arrivando tua figlia... la vergine di Apollo. La
follia si è impadronita di lei… chi è abituato a vivere libero non può
tollerare la schiavitù
Ecuba.
Dove sta andando?
Ancella.
Sta avanzando con passo veloce verso il campo dei greci… porta con sé fiori
per la sua festa di nozze. È convinta che ora sia giunto anche per lei il
momento di essere sposa.
Cassandra.
Mamma… pensa che grande onore, sarò la moglie di un re. Ti prego, intreccia
una corona di fiori da mettere sulla mia testa, per le mie nozze. Fai una
corona per le mie nozze reali. Sai mamma, il grande Agamennone, il re dei
greci, ha scelto me come sua sposa. Benedicimi, madre, prima che io raggiunga
il mio sposo, e voi tutt'e, fate onore all’uomo che il destino ha voluto
concedermi.
Ancella.
Regina, fermala ru questa ragazza… impediscile di correre verso il campo
dei greci
Ecuba.
Figlia mia, lascia quei fiori… neppure la sventura, neppure il dolore ti
aiutano a ritrovare il senno. Dammi quei fiori, Cassandra
Cassandra
Madre, se Apollo esiste, se Apollo esiste, io sarò funesta per lui., il
grande Agamennone...perché io lo ucciderò. Io sarò la rovina della sua casa. Io
sarò la rovina che lo punirà per la morte dei miei fratelli…. di mio padre. Ma
stai zitta, mamma, stai zitta, non farmi scoprire, io terrò nascosta la scure a
doppio taglio, e lo colpirò sul collo, qui, con forza, appena celebrate le
nozze.
Ancella.
I greci per riconquistare Elena sono morti a migliaia, e il loro
comandante, così potente, così nobile, per una impresa così criminale, osò
perdere quello che aveva di più caro… sua figlia. Tutto questo per restituire a
suo fratello una donna che era fuggita per sua volontà, e vennero qui, davanti
alle mura di Troia, sulle rive dello Scamandro a cadere uno a uno, uno dopo
l’altro, non per difendere i confini della loro patria, lontana, ma per
riconquistare Elena.
Cassandra.
Quelli che sono morti, non rivedranno più i loro figli, e i loro corpi non
saranno pianti dalle loro mogli e resteranno qui per sempre, sepolti in terra
straniera, le spose moriranno abbandonate, i padri non vedranno più i loro
figli, nessuno si avvicinerà alle loro tombe per compiere i riti della pietà.
Per offrire sacrifici alla terra, ma io devo tacere, non posso parlare di
queste cose tremende… e i troiani sono morti per difendere la patria, e a loro
vada la lode eterna.
Il destino di Ettore sembra doloroso… e invece non lo è!... morendo ha
ottenuto la fama di eroe… e questo è successo per merito dei greci. Se loro
fossero rimasti a casa loro, noi, il suo valore non lo avremmo saputo!... chi è
valoroso, fa una bella morte… degna della sua patria… invece i vili fanno una
brutta morte… Certo che le persone sagge, evitano la guerra…
Madre! tu non devi piangere né la patria né le mie nozze… perché saranno
proprio le mie nozze a distruggere i nostri nemici!
Ancella.
Guardatela, come sorride dolcemente davanti alle disgrazie della nostra
patria… sembra contenta…
povera Cassandra… vaneggia. Se Apollo non le avesse sconvolto la mente, i
greci, non la lascerebbero lanciare le maledizioni che lei lancia da questa
spiaggia.
Agamennone, Il gran capo dei greci, il figlio di Atreo, è stato folle, a
volersi innamorare di questa fanciulla… folle! Cassandra sarà la sua rovina!
Cassandra.
Folle non sono io! Folli sono questi uomini! Dicono che mia madre entrerà
nella casa di Ulisse…
Folli! non conoscono gli oracoli di Apollo? quegli oracoli che lui… a me!
ha rivelato!
Folli! mia madre deve morire qui! Mia madre morirà… qui!
E Ulisse… l’astuto Ulisse… quanto è stupido! non immagina nemmeno le pene
che soffrirà!
In quei giorni, i mali che io soffro adesso… gli sembreranno gioie! Gioie
che lui invidierà!
Ancella.
Ma perché stai qui a raccontare le sventure che Ulisse dovrà soffrire…
Cassandra.
Hai ragione… questi miserabili… che ora sembrano felici… non sanno nemmeno
che la loro morte arriverà presto… di notte… nemmeno, di giorno… saranno
sepolti di notte! Si saranno sepolti di notte! oppure non saranno nemmeno
sepolti… perché affogheranno in mare!
Invece io… io piccola schiava di Apollo… io, povero cadavere nudo, sarò
sbattuta sarò sbattuta sulla tomba del mio sposo… povero…
Dimmi, cara… dov’è la nave… voglio partire… voglio partire subito…
Ancella.
Vieni. Vieni con me… vieni come una Erinni, non come una sposa…
Non piangere. Saluta la madre, Saluta la patria. Saluta i fratelli che
giacciono nell’ombra.
Saluta il padre, che ti ha dato la vita…
Cassandra.
Si, addio… addio… non mi aspetterete a lungo… presto mi vedrete giungere
tra di voi... vittoriosa, vittoriosa, a raccontarvi la rovina degli Atridi…
andiamo!
Settima scena ----------------------------------------------------------------------------
Nunzio.
Lasciatemi piangere il destino duro, crudele e orrendo.
Devo riferire i lutti di Andromaca e quelli di Ecuba.
Ecuba.
Qualunque disgrazia tu riferisca, sarà un lutto mio. Tutto ciò che va in
rovina appartiene a Ecuba.
Nunzio.
La vergine è stata sacrificata… il fanciullo è stato buttato dalla torre,
dall’unica torre di Troia che è rimasta in piedi. Da quella stessa torre Priamo
mostrava al nipote le azioni di battaglia del padre.
Attorno alla torre si era riunita una folla di comandanti e di soldati…
c’era, tutto intero, l’esercito greco. Ulisse è venuto avanti, attraverso la
pianura, con passo superbo. Egli teneva, per la mano destra il nipote di
Priamo. Giunti davanti alla torre, si arrestarono. Il piccolo non possedeva
ancora la forza sufficiente per lottare con l’uomo, tuttavia gridava le sue
minacce e tentava di liberarsi con inutili morsi. Egli era pieno di impeto, e
col suo coraggio aveva commosso tutti i presenti. Ma lui no, lui non piangeva.
E mentre Ulisse pregava con le parole suggerite da Calcante… a quel punto,
d’impulso, saltò giù dalla torre, e cadde lì proprio davanti ai comandanti
greci.
…
Andromaca.
Chi coprirà ora il suo corpo senza vita… chi lo deporrà nella tomba?
Nunzio.
Ora, egli giace come corpo senza forma. La caduta in quel precipizio ha
lasciato solo ossa sparpagliate. I lineamenti del suo corpo e del suo viso si
sono confusi per la caduta. Il suo collo e la sua testa si sono frantumati
nell’impatto con la pietra… Appena concluso questo crimine… tutti quanti sono
andati alla tomba di Achille per compiere un altro delitto. Le onde del mare
arrivavano fino al tumulo. La folla riempiva tutta la spiaggia. Quasi tutti
odiavano quel delitto, ma se ne sono fatti spettatori. Alcuni pensavano che con
questo sacrificio finalmente la flotta greca sarebbe potuta partire. Altri
godevano che la stirpe dei nemici venisse tagliata alla base. All'improvviso
comparvero le fiaccole, come in un matrimonio vero, e lei, Polissena, avanzava
con la testa bassa, per pudore, e piangeva. Tutti ammirarono il coraggio con
cui avanzava verso la morte. Appena Polissena arrivò al culmine della salita,
Pirro prese posizione per il sacrificio, ma lei, spavalda non arretrò nemmeno
di un passo; si voltò per ricevere il colpo, e rimase ferma... superba!... col
volto truce. Pirro, cosa mai vista, rimase esitante. Poi fece entrare la spada
nel profondo delle carni, e quando la tolse, il sangue schizzò fuori
improvviso. La ragazza cadde con il volto in avanti, in un impeto d'ira e tutto
quel sangue, non rimase a rapprendersi per terra, ma sparì rapido, dentro la
tomba crudele.
Ecuba.
E ora andatevene pure, o greci. Andate pure, senza preoccupazioni.
Aprite ai venti le vele delle vostre navi. La vergine e il fanciullo sono
caduti.
La guerra è finita! La guerra è finita. Su quale tomba verserò le mie
lacrime, ora… quella di mia figlia… quella di mio nipote… quella di mio marito…
o di Troia tutta… forse dovrei piangere solo su me stessa… Io ho cercato la
morte tra le spade, tra le frecce e le fiaccole, ma lei ha paura di me che la
desidero, e mi evita, ma io quanto vorrei essere con Priamo…
Nunzio. Donne… prigioniere, veloci, andate alla spiaggia. Le navi stanno già allargando le loro vele… la flotta sta per muoversi… E’ ora di andare.