UN EBREO A VIGEVANO
*
Luigi Alcide Fusani
Corso Pavia 26,
27029, Vigevano, Pavia
0381 903246
338 8262665
fusani.50 @ gmail.com
Buonasera e benvenuti a questo
incontro, sulla significativa vicenda
di Leon Rudich, medico…
semplicemente ebreo.
*
Facciamo una premessa… c’è
chi dice “Hitler era un pazzo…
e la colpa è stata tutta
dei tedeschi che, ‘per natura’, sono peggio delle bestie”.
*
Spero proprio… che non siate
d’accordo…
Troppo facile… e troppo
falso.
Troppo facile
auto-assolversi in questo modo… senza un processo, senza una ammissione di
colpa, senza aver fatto almeno un po’ di chiarezza, senza nessuna “rielaborazione
del lutto”.
Troppo facile che tutti
siano assolti… per non aver commesso il fatto,
o perché il fatto non
costituisce reato,
… perché ormai è passato
tanto di quel tempo…
perché bisogna
dimenticare e pensare al futuro…).
perché ‘noi abbiamo solo
ubbidito…’ o… per tutti i cavilli che volete voi…
*
Quando i tribunali non
funzionano
devono funzionare le
coscienze… quelle
degli intellettuali, degli
artisti, delle persone dotate di umanità, di serietà, di rigore.
*
Fare memoria sulla
vicenda del dottor Rudich, ebreo a Vigevano,
è l’occasione per esprimere
un giudizio sereno, ma chiaro e rigoroso
su eventi del novecento
archiviati e dimenticati troppo in fretta,
sepolti sotto montagne di
luoghi comuni
falsi, rassicuranti e
auto-assolutori.
*
Quando una sera, a cena,
degli amici, mi hanno accennato alla storia del dottor Rudich, tra me e questa
storia è scattata… la reazione chimica,
si è formato subito un
legame speciale.
La storia di questo
giovane ebreo, che a 20 anni abbandona la Romania,
dove l’aria stava
diventando irrespirabile e viene a Vigevano…
anzi prima a Pavia e poi
a Vigevano, ha suscitato la mia simpatia e la mia curiosità.
E così, ora, siamo qui
per parlare della vicenda del dottor Rudich,
ebreo a Vigevano… dunque…
La Romania…
cosa vi fa venire in
mente la Romania…
Le badanti…
I camionisti che in
autostrada vi fanno le luci per arrivare in tempo alla frontiera
I buttafuori delle
discoteche… quei bestioni annoiati… che se non vogliono
farvi entrare, dicono
“festa privata” e se voi insistete, loro ripetono “festa privata”
e se voi insistete ancora…
senza incazzarsi… senza dire più niente… vi mollano una testata in faccia… e vi
spaccano il naso… così, come niente, senza fare una piega…
*
Quando io sono stato Romania,
sono andato a Timisoara… in Transilvania.
Sono andato a casa di un
mio alunno…
uno zingaro che mi aveva
adottato come se io fossi uno zio,
e voleva che io
conoscessi la sua famiglia.
Aveva voluto a tutti i
costi ospitarmi a casa sua…
e mi aveva trattato come
uno di famiglia,
ma con tutti i riguardi, come un vero ospite d’onore.
*
Mi ha fatto visitare la
città…
ho visto le vetrine con i
cristalli da tavola… molati e decorati con motivi tipici…
Ho visto i vetri delle
lampade e dei vasi liberty che riproducono gli originali di Gallé
Bellissimi… ne ho anche
comperati.
Ho visto la piazza… con la cattedrale ortodossa,
quella di cui i monaci
rifiutarono di aprire le porte per lasciare una via di fuga
ai dimostranti inseguiti
dalla polizia di Ceausescu… e fu il massacro…
*
Ho visto i ragazzi di
strada, in branchi, con i sacchetti per ‘tirare le colle’ e gli occhi iniettati
di sangue… Io me ne andavo in giro bello tranquillo,
col mio impermeabilino chiaro…
e la macchina fotografica appesa al collo…
a un certo punto, il mio
alunno mi guarda con un sorrisetto imbarazzato…
poi, alludendo ai ragazzi
che stavano lì in un parco,
mi fa… “prooof… però… se
lei evitasse di provocare… sarebbe meglio…”
Sono i ragazzi di strada…
quelli buttati fuori dagli orfanatrofi
alla caduta
del regime comunista, quelli
che per ripararsi dal freddo, vivevano nelle fogne…
È lì che Miloud, il clown
francese di origine algerina, era sceso per recuperarli.
Ed è per loro, per dargli
un tetto, un letto e un pasto caldo,
che aveva inventato la
fondazione Parada, con la scuola di circo.
*
Questa è la Romania di
oggi.
Il giovane Rudich invece
fuggiva dalla Romania di ieri.
Cioè, per capirci… aveva
deciso di andare a studiare all’estero…
ma non come i nostri
giovani che, per esempio, vanno a Barcellona o a Dublino
6 mesi, 9 mesi, per fare
un Erasmus…
No… per lui si era
trattato di fuggire da una situazione insostenibile.
*
La Romania degli anni 20
era quella dove si affermava la guardia di ferro di Corneliu Codreanu… era uno
dei paesi europei che vantava una delle più ‘solide’ tradizioni antisemite…
Fin dalla metà
dell’ottocento le grandi potenze avevano insistito perché agli ebrei fosse
concessa la cittadinanza… magari una cittadinanza di serie b…
ma inutilmente…
e appena il maresciallo
Antonescu, il primo ministro, il dittatore, prese il potere, dichiarò apolidi
tutti gli ebrei, con l’approvazione compiaciuta di Hitler.
Addirittura, nel 41,
Hitler si lamentava con Goebbels perché Antonescu nel trattamento degli ebrei
procedeva in modo molto più radicale e drastico degli stessi tedeschi. Me
l’immagino… il colloquio confidenziale… “Ohi, Goebi… guarda che questo
Antonescu ci sta facendo fare la figura delle femminucce!…
la sua Legione rumena…
solo a Odessa… ha massacrato 60.000 ebrei…”.
È così. E sui giornali…
si potevano leggere articoli di questo genere…
“Si stanno avvicinando
tempi terribili. Oggi si vive letteralmente nel terrore.
Asiatici circoncisi e
anticristiani, ovunque, sollevano le loro mani immonde per strangolarci. Il
massacro di cristiani da parte del signor Lenin,
avrebbe fatto inorridire
persino Gengis Kan.
Un’orda di terroristi
ebrei, addestrata ad assassinare e ad assalire
si sta aggirando per il
paese macellando cittadini e contadini su patiboli portatili.
Volete aspettare di vedere
migliaia di persone pendere dai lampioni della vostra città? Volete aspettare
che una commissione bolscevica
estenda l’organizzazione
del crimine nella vostra città?
Volete vedere i corpi
delle vostre donne e dei vostri bambini buttati per le strade?”
Propaganda efficace…
terrificante, ma efficace…
Il grande drammaturgo Eugène
Ionesco scrisse:
“Nella Romania
legionaria, borghese e nazionalista,
ho visto in faccia il
demone del sadismo e della stupidità caparbia”.
Propaganda feroce, anche
se Antonescu era un “simpaticone”… il suo divertimento preferito era far
esporre i cadaveri degli ebrei nelle macellerie ebraiche…
Non l’avete capita… ve la
spiego subito…
Secondo Antonescu questa
cosa faceva ridere… perché i rumeni, gli ebrei,
li consideravano maiali… ma
gli ebrei non mangiano carne di maiale… e quindi
ecco il paradosso
divertente: esporre carne di maiale, nelle macellerie ebraiche!
*
Il dottor Rudich non
praticava questo umorismo nero… lui era molto discreto.
Negli appunti sulla sua
vita scrive:
“Sono venuto in Italia
nel ’25 dopo aver fatto due anni di medicina a Bucarest.
Due anni di studio molto
movimentati,
con risse quasi
quotidiane tra le organizzazioni studentesche democratiche
e quelle antisemitiche,
chiamate nazionalistiche e appoggiate dal governo.”
Che leggerezza!; era
stufo delle risse quasi quotidiane…
Io invece sono un po’ più
greve e voglio spiegare cos’erano e
come si svolgevano,
queste risse…
Per esempio, lo studente
andava a lezione, si sedeva in un banco… arrivava una ronda studentesca… si
trattava di gruppi di onesti studenti ariani, impegnati nella difesa della
patria dai nemici esterni e soprattutto interni… cioè gli ebrei…
Ecco, la ronda arrivava,
chiedeva allo studente di mostrare il libretto, o una carta di identificazione,
e poi il capetto intimava: “Lei… non è gradito in quest’aula…”, “Lei non può stare in quest’aula si alzi e se
ne vada immediatamente…”.
La speranza della ronda
era che lo studente obbiettasse qualcosa, tipo “Ma perché?...”, o addirittura si
rifiutasse… e a quel punto si scatenava il pestaggio…
il poveretto veniva
abbandonato a terra. sanguinante, magari con qualche osso rotto.
Se lo studente invece di
reagire si alzava e se ne andava subito, allora, poveretti, quelli della ronda,
gli toccava accontentarsi di qualche pugno dato così… in fretta e furia… e allora, per sfogarsi, andavano per i caffè
e per le birrerie della città
a caccia di ebrei, e quando
ne trovavano qualcuno, uomo o donna che fosse, lo prendevano, lo umiliavano
davanti a tutti, … per esempio, lo facevano spogliare
e lo costringevano a
ballare nudo su un tavolino…
poi lo facevano cadere e
per finire gli schiantavano la testa contro il muro…
gli spaccavano i denti a
manganellate, e quando non si reggeva più in piedi,
lo buttavano a terra come
un sacco di patate…
se poi… per caso, l’ebreo
era anche il proprietario del locale,
lasciavano che a finire
il lavoro fosse il fuoco.
*
Quando arrivava la
polizia (se il povero ebreo era ancora vivo), veniva arrestato…
e a questo punto arrivava
il bello. Lo portavano alla centrale, e lì cominciava la parte kafkiana… Il
commissario lo interrogava con il sorrisetto del gatto
che ha un topino ferito
tra le zampe.
“Ma come mai l’hanno
ridotta in questo modo?
Lei deve aver fatto
qualcosa… per caso non ha offeso qualcuno… ?
Aaah… Le avevano chiesto
del denaro e lei glielo aveva rifiutato?
Ecco, vede, è per comportamenti
come questo che voi ebrei non siete simpatici… Ma No!... Non vorrà mica sporgere
denuncia! Non sia ridicolo…
Lei sa come vanno poi
queste cose nei tribunali… sono cose lunghe…
Bisogna portare delle
prove, dei testimoni…
e chi le dice che anche
loro non abbiano dei testimoni…
delle persone… ris-petta-bi-li-ssi-me…
pronte a giurare che ha cominciato lei…
Io le consiglio di non
infilarsi in una avventura di questo genere.
La sua reputazione
potrebbe risentirne gravemente…
E poi per cosa… ma queste
sono ragazzate… lasci perdere, dia retta a me…
Ma lei non mi sembra
convinto…
non vorrei che adesso lei
uscisse di qui e andasse a combinare qualche sciocchezza.
Si, si, si ! … lei ha
proprio la faccia di qualcuno che sta per mettersi nei guai…
non me ne voglia, eh… ma
questa notte io la trattengo qui con noi…
lo faccio per il suo
bene. Mi creda.
Avanti! Portatelo in
cella!”. Il danno e la beffa.
Vedete, Kafka non aveva
mica inventato niente… Kafka aveva solo descritto…
*
È quasi sicuro che il
dottor Rudich, abbia assistito a scene di questo genere, forse qualcosa aveva
anche subito… e penso che abbia disapprovato anche il comportamento di certe
associazioni di giovani ebrei che si organizzavano per reagire ai soprusi.
C’era chi si vantava di
aver partecipato a 10, 15… 20 risse… di essere stato ferito più e più volte… ed
esibiva con orgoglio le cicatrici…
Ma Leon Rudich aveva
capito…
“Tutta questa gente,
umiliata, impaurita, frustrata…
stava aggiungendo la sua
impazienza all’odio ereditato dai loro genitori.
Questa gente stava solo
aspettando che arrivasse
qualcuno che riuscisse a
esprimere in parole i loro sentimenti feroci…
qualcuno che promettesse
loro un futuro…
qualcuno che parlasse
loro di grandezza e di sacrificio…
e i giovani, e gli
ingenui erano pronti a offrire il loro coraggio… la loro vita…
a morire e a far morire
nel sangue e nel fuoco,
Leon Rudich aveva capito
che gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali, i vecchi
e molti malati sarebbero
stati sterminati perché ritenuti inferiori…
e aveva capito anche la
cosa più tremenda… …
aveva capito che, se un
giorno i sopravvissuti avessero cercato di raccontare quello che era successo …
nessuno li avrebbe creduti!”.
Il giovane Rudich sapeva
che la catastrofe poteva travolgerlo da un momento all’altro… Lui voleva solo
studiare e fare il medico. E così decise di andarsene, finché c’era tempo.
se ne andò… prima di
essere chiuso in un ghetto,
e prima che il ghetto
fosse chiuso da un muro,
prima che fuggire da
Bucarest fosse impossibile.
In quell’abbandonare la
Romania c’era il rifiuto della vergogna
e di tutto il male che la
vergogna ti può fare.
Domanda. Visto che lui
stava in Romania, perché venire fino in Italia.
Non poteva fermarsi… per
esempio in Ungheria, che era più vicina?
A Pècs c’è una
università, la Janus Pannonius, che è una delle più antiche del mondo, fondata
nel 1367, tuttora molto prestigiosa, in particolare per la medicina…
ancora oggi ci sono molti
studenti, dall’Austria, dalla Germania, dalla Polonia,
da quasi tutti i paesi
europei… che vanno lì a studiare.
Ma no! In Ungheria no. In
Ungheria, subito dopo la prima guerra mondiale…
gli ungheresi erano stati
i primi a dotarsi di una legge antiebraica.
avevano emanato la
“numerus clausus”…
Le solite cose: divieto
di matrimoni misti, espropri, divieto di svolgere attività commerciali, divieto
di svolgere attività professionali, espulsione dagli uffici pubblici, espulsione
dalle scuole sia dei docenti che degli studenti, …
e poi la propaganda… La
propaganda antisemita coi suoi manifesti inquietanti…
Sulle vetrine dei negozi
della Kiraly Utza, la Montenapoleone di Pécs,
venivano incollati certi volantini…
ho le foto…
“Questo è un negozio
ebreo, … se sei un vero ungherese non comprare qui,
vuoi fare arricchire
ancora gli ebrei?”
su un altro manifestino… Due
profili… uno ariano,…
biondino, slavato,
modello nordico, l’altro, secondo l’iconografia più atroce,
una maschera col nasone,
il mento prominente, la bocca ghignante e sdentata,
gli occhi infossati e
stravolti, le sopracciglia cespugliose
i capelli scuri e ricci
come il vello di una pecora nera…
“Vi sembra questa la
faccia di un vero ungherese?”
(nel ritratto che ho
descritto, avrete sicuramente riconosciuto alcuni celebri attori ebrei come
Paul Newman o Michael Douglas,…
e Natalie Portman o
Gwyneth Paltrow, tra le attrici)
Nel maggio del 44, in
Ungheria su una popolazione di 9 milioni di abitanti,
vennero massacrati almeno
900 mila ebrei, alcuni direttamente sul posto,
(con la collaborazione
attiva delle croci frecciate ungheresi),
altri nei campi di
sterminio.
Da Pécs vennero deportate
4200 persone, ne sopravvissero 3.
Su tutto questo, oggi,
regnano una rimozione e una retorica ipocritamente autoassolutorie. L’attuale
presidente ungherese, uno dei leader del patto di Viserad… i duri e puri della
tolleranza zero, contro l’invasione degli extracomunitari… ecco, egli, pochi
anni fa, ha fatto innalzare, in piazza della Libertà, davanti al parlamento
ungherese, un monumento per ricordare i 70 anni della occupazione nazista
dell’Ungheria, (e il conseguente inizio della shoah).
Al centro del monumento, (un
arco in cui spiccano una dozzina di colonne spezzate)… l’arcangelo Gabriele,
che rappresenta la povera Ungheria, …
è attaccato da un’aquila
rapace, che rappresenta la Germania nazista.
Ancora una volta… “ la
colpa è stata tutta dei tedeschi…
e le croci frecciate
ungheresi, non hanno mai fatto del male a nessuno!”
Un falso storico. Il
tentativo di compiere una operazione di revisionismo negazionista… operazione
non del tutto riuscita però… perché molti cittadini e alcuni discendenti delle
vittime hanno creato, lì di fronte, una specie di
contro-monumento vivo… hanno
portato foto, testi, documenti, oggetti delle vittime e li hanno disposti lì,
con lumini e piccole pietre…
Irritato… il governo
ungherese, per una specie di par condicio, nel 2013 ha fatto mettere nella
stessa piazza, a poca distanza dal monumento, la statua dell’ammiraglio Horty,
il governatore collaborazionista del nazismo, l’equivalente di Petain in
Francia, però un po’ più cattivo. Vittime e carnefici sullo stesso piano.
E
ancora oggi… in Ungheria… chi è il nemico pubblico numero 1?
È Soros, l’ebreo
maledetto… quello che si è arricchito con le speculazioni,
quello che ha aperto
scuole e università nei paesi dell’est Europa… dicono…
per diffondere le
dottrine economiche liberali per rovinare il popolo cristiano… quell’ebreo
vuole ridurci tutti in schiavitù facendo invadere l’Europa dai musulmani.
Ancora oggi, durante le ultime
campagne elettorali, si sentivano frasi come:
“Volete ancora farvi
governare dagli ebrei? Rimettiamogli la stella gialla!”
Il popolo gode ad
affidarsi a governanti turpi… e dall’altro lato…
il mondo è pieno di uomini di governo che aspirano ad
indossare la divisa di boia.
*
Un mio amico, un
giornalista che vive a Budapest, mi racconta che
ogni settimana, meglio di
sabato, quando gli ebrei vanno al tempio,
c’è qualcuno che subisce
un agguato da parte degli Jobbik, quelli che si autodefiniscono “i migliori”,
un corpo paramilitare di estrema destra.
Prediligono rabbini e
attori, quelli famosi… li aggrediscono e li abbandonano feriti sui marciapiedi…
i giornali non ne parlano, né in Ungheria, né nel resto d’Europa.
E sempre in tema di
negazionismo e revisionismo… in Polonia una legge recente proibisce di
affermare che ‘alcuni’ polacchi hanno collaborato con i nazisti.
Sarebbe come se in Italia
facessero una legge
che decretasse che la
Repubblica di Salò non è mai esistita.
Se questa… è la
situazione… oggi… in molti paesi del centro-Europa,
immaginatevi come doveva
essere 100 anni fa.
Come vedete il terreno di
coltura della shoah, è stato concimato con generosità,
in ogni parte d’Europa
ben prima della comparsa di Adolf Hitler.
*
E quindi… via dalla
Romania, niente Ungheria, niente Polonia, niente Slovacchia, niente Serbia,
niente Croazia… la scelta dell’Italia è una scelta quasi obbligata.
Quindi eccolo arrivare in
Italia, a Pavia, …
Domanda… perché proprio Pavia?…
Perché non Roma?
Vado di fantasia…
A Roma no… fa troppo
caldo… il clima è troppo diverso, da quello della Romania… In Romania c’è quel bel
clima nebbioso, con le lunghe piogge d’autunno, quelle piogge minute, diffuse,
che avvolgono tutto…
A Firenze? No… troppa arte, troppa storia, troppo
passato… e lui di certo guardava di più al futuro,
A Bologna? No… a Bologna nel
19 c’era stato il 16 congresso nazionale del partito socialista… Si parlava di
"Fare come Lenin in Russia"
ed era stata proposta
l'adesione del PSI alla Terza Internazionale filosovietica…
La violenza era stata
accettata come mezzo di lotta politica:
si doveva "spingere il Proletariato alla conquista
violenta del potere politico ed economico"… no - grazie… di risse ne aveva
già avuto abbastanza in Romania.
Rudich voleva solo diventare
medico, voleva curare le persone… i poveri, la gente comune… era la sua idea…
come una missione…
A Milano?... a Milano no…
non c’è il fiume… lui era abituato a Jasi dove passa il Bahlui, un affluente
del Danubio, e anche a Bucarest, dove studiava c’era il fiume… si chiama Dâmbovița … un fiume in una città è importante…
è una ricchezza… ci si
può andare a riflettere, a fare passeggiate rilassanti…
*
E allora… Pavia. Pavia
sì. Pavia è la città ideale…
Piccola città. Storica università
prestigiosa, clima uggioso,
e il Ticino, col ponte
coperto da cui guardare l’acqua…
Quindi, 1925… il giovane
Rudich abbandona la Romania e si trasferisce a Pavia.
“Ho studiato a Pavia,
dove mi sono laureato nel 1930, subito sono venuto a Vigevano dove l’ospedale
era rimasto senza assistenti nel reparto medico. Il prof Sacchi per me, è stato
come un maestro severo e un padre affettuoso.”
Un uomo normale… un uomo
simpatico, se è vero che per spostarsi più in fretta da un reparto all’altro,
andava in bicicletta. Me la immagino la bicicletta… sicuramente una di quelle
vecchie Bianchi, tutte nere, pesantissime, coi freni a forcella, e lui che
pedala, magari lanciando qualche avvertimento…
“Mario, cosa fai in
piedi! Vai a letto, ché ti torna la febbre!”.
Nell’Italia di Bartali
certo la cosa doveva renderlo molto simpatico.
Ma torniamo alle sue
parole… “Conobbi il caro Mussini, il caro Botto, spiriti aperti, cuori
generosi, galantuomini…”.
“Mi sposai, ebbi un
figlio, poi una figlia, nel cui lettino, appena nata, il 30 agosto 38, dovetti
depositare come un bizzarro benvenuto, il decreto raziale
che faceva di lei una
creatura inferiore, che privava suo padre della nazionalità italiana, che lo
interdiceva dall’esercizio della sua professione e rendeva lui, la moglie
-italianissima- e i suoi figli ‘apolidi’ ”,
Se per lui i
“provvedimenti per la difesa della razza italiana” erano un “bizzarro benvenuto”…
certo non gli mancava il senso dell’umorismo.
È un punto di vista che
io condivido abbastanza. Cioè…
Quando si parla delle
leggi razziali, si mettono giustamente, in evidenza
i caratteri vergognosi e
le conseguenze tragiche che hanno avuto.
Però, io, col mio sguardo
sempre un po’ divergente…
vedo che queste leggi
contengono un vero e proprio teatro dell’assurdo…
Cioè, io non riesco a
trascurare il loro aspetto ridicolo e grottesco,
e questa sera vorrei per
un momento metterlo il primo piano…
sono sicuro che al dottor
Rudich farebbe piacere… allora…
Provvedimenti per la
difesa della razza italiana…
Ritenuta la necessità urgente
e assoluta di provvedere… abbiamo decretato…
(quelli che hanno decretato…
sono il Re Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano… e altri ministri)
Primo… È proibito il
matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con
persona appartenente ad
altra razza…
sottinteso… non vorremo mica
imbastardire la nostra splendida razza…
Cioè… non si possono
mescolare i nostri arianissimi siciliani, i calabresi… i sardi… che sono tutti
alti, biondi, con gli occhioni azzurri… atletici… dei vichinghi…
con gli ebrei, che invece
sono piccoli, brutti, tarchiati, pelosi…
ma immaginatevi questa
scena:… due fidanzati…
lui è innamorato di una
ragazza ebrea, bella colta intelligente…
Dominique Sanda… la Micol
del Giardino dei Finzi Contini…
si vogliono sposare… e
invece no! Mussolini e il re vogliono che ti becchi la terrona
baffuta grassa e
ignorante... quella di Mimì metallurgico! Così non si imbastardisce la razza!
Continuiamo… cosa
comporta ancora la necessità ‘urgente e assoluta’ di provvedere?
Ecco… Gli ebrei non
possono fare il servizio militare né in pace né il guerra…
E qui già si percepisce
un certo livello di paranoia
forse avevano paura che
sparassero addosso ai colonnelli e ai generali?
Gli
ebrei non possono esercitare le professioni liberali… un medico come Rudich, non
può fare il medico… e allora il medico chi lo deve fare?
Il
macellaio? Il barbiere?
Gli
ebrei non possono essere proprietari di terreni… e certo, nel paese dei
latifondi incolti, poi, magari poi loro li coltivano… e piantano degli alberi
ebrei che rovinano il paesaggio, e producono frutti velenosi per ammazzarci
tutti, come i pompelmi velenosi che hanno piantato in Israele.
Gli
ebrei non possono lavorare nelle amministrazioni pubbliche…
avevano paura che gli
facessero la carta di identità sbagliata… ?
che gli togliessero qualche
figlio dallo stato di famiglia… ? non capisco!
Gli ebrei non potevano
andare a scuola, né studenti, né docenti.
Questo per metà lo
capisco…
in quegli anni le classi,
soprattutto in certe regioni d’Italia, contavano più di 45 alunni ciascuna… e
quindi se leviamo qualche bambino ebreo il rapporto insegnanti-alunni migliora…
però se poi cacciano anche gli insegnanti… siamo da capo!
A parte gli scherzi… in
un paese in cui in media il 15% degli italiani erano analfabeti (più le donne
degli uomini… e questo si deduce dai registri di matrimonio, contando quanti
erano quelli che firmavano con la croce) ostacolare l’istruzione è una bella
manifestazione di… non so… fate voi.
Ma i divieti in cui si
arriva al massimo dell’imbecillità, secondo me sono quelli che riguardano lo
sport.
Passi il divieto di andare
in piscina… se parti dal presupposto che gli ebrei sono sporchi e portano le
malattie… posso capire che un italiano pulito e sanissimo non voglia nuotare
nell’acqua dove ci sono anche loro…
Ma il calcio… pensate i
calciatori, gli allenatori,… gli arbitri ! … a cui viene proibito di scendere
in campo…
“Il calcio deve essere
bonificato dalla presenza degli ebrei! Questi signori devono fare le valigie
entro 6 mesi…”
… vengono cacciati Konrad
Jeno, allenatore della Triestina,
Vilmos Wilhem allenatore
del Padova, Erbstein Erno allenatore del Torino…
e Weisz Arpad il più
famoso… quello che aveva fatto vincere il primo scudetto all’Inter… nel
1930, e due scudetti consecutivi al
Bologna nel 36 e nel 37…
Sarà ucciso ad Auschwitz
all’inizio del 44… con tutta la famiglia…
Forse avevano paura che
questi allenatori utilizzassero schemi diabolici…
e facessero perdere le
squadre autenticamente ariane? Non lo so.
Mi fa venire in mente
quando ero piccolo… che c’era il bambino sfigato che,
o lo facevi vincere, o se
ne tornava a casa e si portava via il pallone…
Ma la cosa più imbecille
era che gli ebrei non potevano neanche andare a vedere la partita… ma perché?
Avevano paura che se il
pallone finiva in tribuna glielo bucavano?…
Che imbecillità…
Imbecille come fare la figurina di Anna Frank con la maglia della Roma… e
questa è imbecillità recente… o per meglio dire… sempre verde…
*
Purtroppo o per fortuna…
noi italiani abbiamo la bizzarra abitudine
di rispettare le leggi
quando lo riteniamo opportuno…
quando le riteniamo
giuste e se ci conviene… se no, no.
Per noi le leggi sono una
indicazione, un suggerimento…
Ecco perché non andiamo
d’accordo con i tedeschi!
*
E così, quando scoppia la
guerra,
il dottor Rudich riesce a
non far internare i suoi famigliari…
lui viene mandato al
confino in Abruzzo,
… ma poi gli permettono
di ritornare a Vigevano.
Per un po’ diventa
medico-clandestino… grazie a un collega che firma le ricette al posto suo… ma si
sente come uno che fa la borsanera…
in tempo di guerra sono
cose che si rischia la galera, per non dire di peggio…
“In quel periodo conobbi
molti di quelli che poi diventarono parte attiva della Resistenza… Qualcuno,
poi, perse la libertà, la salute, o la vita”.
La guerra andava avanti,
e le cose si facevano sempre più complicate.
Per trovare un po’ di
lavoro, deve andare a Milano.
Pare che un giorno abbia
sentito parlare un gruppo di bambini e ragazzi…
Parlavano una lingua
strana… una lingua che sembrava tedesco…
“Saighe sent – istark in a
groisse – bal masel”… che
vorrebbe dire “stai in
buona salute, sii forte e che tu abbia tanta fortuna”
Non è tedesco, è Yiddish.
Cos’è l’Yiddish?... …
Faccio prima a dire… che
il tedesco è come l’Yiddish, ma senza ironia…
In tedesco ci può essere
la comicità (spesso un po’ greve)…
ma l’ironia no, l’ironia non
è roba per i tedeschi…
Il dottor Rudich, tra le
altre lingue, parlava anche l’Yiddish. E capisce.
Quei bambini sono figli
di rifugiati … non possono andare a scuola…
ma devono pur passare il
loro tempo da qualche parte,
mentre i genitori sono in
giro a cercare di rimediare qualcosa per la giornata.
Bisognava provvedere. Non
so bene come… ma si ritrova con un vecchio amico, l’ingegner Israel Kalk.
All’inizio pare che abbiano portato i bambini… saggiamente diffidenti, in una
latteria; poi la reazione di qualche cliente infastidito, e magari il rischio
di qualche denuncia o addirittura della chiusura, pare che abbia indotto il
proprietario a invitare Kalk e Rudich a cercare un altro locale… per accogliere
e sfamare quei bambini.
Con l’aiuto di qualche
benefattore
-quelli che con
linguaggio dagli echi latini loro chiamavano ‘oblatori’-
(e nell’indifferenza… o
nell’impotenza di altri) nacque la Mensa dei bambini,
vicino a piazza Tricolore,
non lontano dal Conservatorio.
E fu così che quei
piccoli profughi poterono ricevere ogni giorno un pranzo e una cena caldi,
assistenza medica, materiale scolastico e persino i biglietti del tram
per andare alla scuola
ebraica, che era l’unica che potessero frequentare.
È improbabile che i pasti
prevedessero delizie come il borsh (con la panna acida),
le zuppe di pollo o di
manzo (coi funghi, coi ceci o con le melanzane),
e i dolci alle noci, alla
mela, ai semi di papavero… e le tante altre leccornie della cucina ebraica
polacca, ungherese, ceca… però dai sorrisi che si vedono nelle foto anche la
cucina italiana riscuoteva ‘il suo bel consenso’.
Naturalmente, dopo
qualche mese, le autorità fasciste, in mancanza di meglio… impedirono al
dottore di viaggiare tra Vigevano a Milano, e così la sua partecipazione a
questa impresa fu interrotta.
Il dottor Rudich,
ricorda… “… visto che non mi permettevano di fare l’impiegato, presi il
libretto di lavoro da operaio… mi ricordo la faccia dell’impiegato dell’ufficio
di collocamento…
·
Grado
di studio conseguito?
·
Laurea
in medicina e chirurgia con assistentato ospedaliero.
·
Situazione
militare –
·
Ex
ufficiale
·
Eventuali
lingue conosciute?
·
Otto…”
(immagino io) rumeno, italiano, francese, inglese, tedesco, forse russo,
ungherese, polacco… ‘senza
contare il vigevanese’…
Ma cosa avrà pensato
l’impiegato? Gli sarà venuto il sospetto che costringere il dottor Rudich a
fare il manovale era un ‘sintomo’ della demenza del regime?
Non lo sapremo mai.
Mi hanno detto che forse in
fabbrica si infortunò ad una mano… e mi sembra naturale… se uno è medico e tu
lo metti al tornio, per forza poi che si fa male…
per cui ben presto gli
vennero affidati altri incarichi… incarichi di responsabilità…
Comunque poi arrivarono
il 25 luglio e l’8 settembre… la catastrofe…
*
Il dottore, con i tedeschi
in giro, ha il buon senso di nascondersi per un paio di mesi
in valle del Ticino, con
degli inglesi, prigionieri di guerra che erano riusciti a fuggire da un campo
di prigionia. Per fortuna i contadini e i guardaboschi li aiutavano…
Ma provate a immaginare
l’ansia per la moglie e per i figli che erano rimasti in città, … abitavano in
Corso Milano… in una casa nel cortile dell’antica trattoria alla Colla… presso
due sorelle, le signorine Maria e Paola Arati…
Meriterebbero che in
qualche giardino dei giusti venisse piantato un albero per la loro memoria… e
il fatto che una delle due fosse soprannominata… pare…
la dentona… la rende solo
più simpatica…
Il dottore sicuramente si
tormentava per i famigliari
(…e se li catturano, e se
li interrogano, e se li deportano…)
… ma c’era anche
l’apprensione per se stesso… la paura di cadere in un rastrellamento… la paura
di non vedere mai più i suoi bambini, la moglie.
Non ce la fa a resistere.
La situazione è disperata - e impone una scelta disperata:
La fuga in Svizzera… che
insomma, non è come adesso, che noi ci prendiamo la macchina, e se a Chiasso non
c’è troppa coda, in un’ora siamo a Lugano.
Eh… no!
“Il 4 novembre (del 43)
decisi di regalarmi la libertà…
In pieno giorno partii da
Vigevano… con mia moglie, sua madre, Rina Misul, e i miei figli… (il maschietto
di sei anni, la bambina di cinque)… pochi vestiti addosso, e senza altro denaro
se non quello da consegnare ai contrabbandieri…” che li aspettavano vicino a Luino.
*
Le cronache del tempo
sono piene di vicende atroci…
Gente che veniva derubata
di tutto e abbandonata nei boschi…
quando non ammazzata e
buttata in qualche dirupo…
(I trafficanti di esseri
umani, i delinquenti che speculano sulle disgrazie dei disperati, non li hanno
mica inventati i libici…)
C’erano gruppi di
profughi che venivano costretti a dividersi
perché era pericoloso
portare vecchi o bambini… Anche al dottore viene chiesto di lasciare indietro
la mamma di sua moglie… perché era vecchia.
Il dottore non voleva
saperne di abbandonarla, ma pare che la signora Rina, quando tutti si
addormentarono, partì da sola e tornò a casa.
Con un po’ di fortuna,
con l’aiuto delle sorelle Arati, e anche con una certa prontezza di spirito,
riuscì a cavarsela e a sopravvivere alla guerra.
Intanto, il resto della
famiglia…
“Di notte, col buio e con
la nebbia, passammo la montagna…
I bambini scivolavano
sulle rocce, ma sapevano che non dovevano lamentarsi…
Entrammo in Svizzera
strisciando sotto un ponticello al quale era stata tolta la rete.
Le guide, dopo averci
fatto passare se ne andarono portandosi via i nostri zaini”.
Sicuramente, quelli… furbi…
avranno pensato che gli sporchi ebrei stavano scappando in Svizzera con le loro
ricchezze, trafugate con tanta avidità ai poveri italiani… diamanti, oro,
titoli di stato… in realtà dentro gli zaini c’erano solo pochi vestiti usati e
qualche documento… i documenti di identità e il diploma di laurea…
Saranno stati delusi
nello scoprire che la laurea del Dottor Rudich, loro non potevano usarla…
Questa disavventura fu la
causa del fatto che l’accoglienza in Svizzera non fu granché. La polizia
militare non credeva che con quelle mani callose, lui fosse un medico… e quindi…
campi di raccolta, separazioni… uomini da una parte, donne e bambini
dall’altra…
Comunque meglio di quello
che capitò ad alcuni profughi… ebrei, a cui le guardie di frontiera svizzere, sequestrarono
ogni avere, e poi li riconsegnarono ai repubblichini.
Dopo qualche traversia,
il dottore fu riconosciuto
e si ritrovò a fare il
dirigente in una clinica per rifugiati, vicino a Losanna.
*
Finalmente arrivò il 25
aprile; il dottore e la famiglia senza aspettare gli adempimenti di tutte le
pratiche burocratiche, (cioè senza il permesso degli svizzeri), rientrano in
Italia… Eravamo entrati in Svizzera clandestinamente… uscivamo dalla Svizzera… clandestinamente…
e a piedi, in treno, col traghetto, chiedendo dei passaggi in auto… riuscirono
a rientrare a Vigevano.
Da questo punto in poi la
storia è tutta in discesa…
Nasce la Repubblica, le
deliranti leggi antisemite vengono immediatamente abrogate,
e il dottore può
riprendere a fare il medico…
si iscrive al partito
Socialista… quello di Nenni, non quello di tangentopoli…
partecipa alla vita
politica… consigliere comunale, assessore, vicesindaco…
e infine Sindaco…
Nei suoi ricordi si
definisce così… “Nato in Europa orientale, divenuto Italiano e Vigevanese, sono
e resto Europeo… libero e socialista!”
*
Ultima riflessione… Ora
noi siamo qui… io sto parlando e voi mi ascoltate…
Alle volte mi chiedo… “ma
oggi, è davvero utile parlare?”
Oggi tutti quelli che
parlano, hanno tutti ragione.
Qualunque argomento si
affronti, in qualunque momento,
tutti hanno già pronte in
tasca tutte le loro rispostine, belle e pronte,
magari confezionate da
qualcun altro… dal loro ufficio marketing…
I politici, i manager…
fanno il training…
C’è uno staff che gli
prepara tutte le domande possibili e immaginabili
e tutte le risposte
possibili e immaginabili…
E non solo… li addestrano
a rispondere… così, a macchinetta…
Gli insegnano la postura,
il sorrisetto fesso, il tono, il ritmo, il volume…
Mai nessuno che abbia una
esitazione, un secondo di tregua per fermarsi a ragionare. Tutti automi… (e in
questo, tutti seguono l’esempio dell’imbianchino tedesco … che aveva preso
delle lezioni di “voce” da un attore…)
E noi, … noi siamo
diventati degli automi dell’ascolto…
e guardate che questa è
una cosa grave…
non c’è più il tempo
della riflessione, del confronto…
Parlavo con un ragazzo di
16 anni…
questo ragazzo, in età
dello sviluppo ha tutta una serie di problemi fisici…
la madre è preoccupata,
il medico gli ha spiegato che l’origine dei suoi disturbi
è da ricercare in certi
suoi comportamenti non equilibrati
e lo ha invitato a
modificarli. Gli ha spiegato cause ed effetti.
La risposta è stata… “Ma
questa è una mia scelta”… una mia scelta!
Che vuol dire: non me ne
frega niente della tua scienza,
non me ne frega niente
delle tue competenze,
non me ne frega niente
del tuo discorso logico,
non me ne frega niente ne
di te né di nessuno, neanche del mio corpo.
Non c’è più ascolto. Questa
è la mia scelta. Punto. Punto e basta.
Ecco…
Nel mio ultimo anno di
insegnamento ho accompagnato
una classe quinta, in
gita scolastica, a Berlino
(lo so che si dovrebbe
dire “viaggio di istruzione”,
ma non sono convinto che
ci sia coincidenza tra l’oggetto e il nome,
e siccome sono antico,
preferisco chiamarla gita… e non ci vedo niente di male).
*
Non ci vedo niente di
male nemmeno nel fatto che tra gli studenti,
quasi tutti maggiorenni,
ci fosse un certo entusiasmo per le birrerie
che avremmo visitato alla
sera dopo cena…
d’altronde, che facciamo,
andiamo a Berlino e non andiamo in birreria? Non esiste!
Quello che mi dà da
pensare invece, sono certe reazioni di alcuni ragazzi, che,
nella loro sincerità,
così poco politicamente corretta,
davanti ad alcune tappe
del percorso didattico,
mostrano indifferenza e anche
una certa insofferenza.
A Norimberga, nello
stadio dove si tenevano le adunate oceaniche
in cui Hitler ipnotizzava
le decine di migliaia di adoratori,
molti scelgono di non
scendere nemmeno dal pullman…
preferiscono restare ad
ascoltare musica o a dormire.
A Vansee, nel visitare la
palazzina dove venne decisa e pianificata ‘la soluzione finale’, dopo un
percorso frettoloso, escono nel giardino che circonda la villa,
e si fanno anche
richiamare dai custodi.
A Berlino, con gentilezza
mi domandano:
“Ma perché dobbiamo
andare a visitare il museo della shoah?
Noi volevamo andare a
visitare lo stadio”
(dove se non ricordo male,
mi dicono che l’Italia abbia battuto la Germania)…
Io chiedo se c’è una
partita… ? No… non c’è niente.
Ma sarà chiuso, non si potrà
nemmeno visitare…
Non importa. Vogliono
andare a vedere lo stadio… vuoto… da fuori.
Secondo me è meglio
visitare il museo della shoah…
ma loro con un certo
candore mi domandano:
“Ma perché… perché sempre
con questi ebrei…
Lo sappiamo… i nazisti li
hanno perseguitati…
Ce l’avete raccontato
mille volte, ma noi cosa c’entriamo?
E poi è passato tanto di
quel tempo… ormai son cose passate…
Non succederanno più… ”
“È vero… agli ebrei è
successo 70, 80 anni fa…
ma se la volta prossima
capitasse a voi?
Guardate quello che è
successo nella ex Jugoslavia…
Chi poteva immaginare che
popoli che convivevano da anni e anni
si sarebbero scannati
senza pietà…
chi poteva immaginare
che, al centro dell’Europa, ci sarebbero stati di nuovo
i campi di sterminio e i
massacri di massa… come a Srebrenica…
Basta che ci sia chi
sappia soffiare sul fuoco nel modo giusto,
e una guerra civile
imprevista… inedita… può scoppiare anche da noi…”
“No, -mi dicono- da noi
non può succedere”. Punto. È la loro decisione. Punto.
Come il ragazzino di 16
anni. Punto. Chiusa la discussione.
Alla fine ci mettiamo
d’accordo… e facciamo un compromesso:
prima la visita al museo
della shoah, poi lo stadio…
*
Però sono inquieto. So
che non li ho convinti e non mi credono.
Sono venuti solo per
buona educazione e per rispetto nei miei confronti.
Sperimento tutta
l’impotenza delle parole per far comprendere il senso della shoah.
Davanti alla shoah,
perdono senso… le parole e perfino i numeri.
Cosa vuol dire sei
milioni di morti? Che differenza c’è tra
un milione di morti, sei
milioni di morti o venti milioni di morti…?
Quanto
ci si impiega a contare fino a un milione?…
contando
senza smettere mai per 8 ore al giorno… uno, due, tre… ci si impiega un mese e
mezzo. Ogni numero un morto…
Un milione di morti sono
gli esseri umani massacrati in Ruanda,
un milione di Tuzi
massacrati dagli Utu… in poco più di tre mesi,
aprile, maggio, giugno
nel 94… nell’indifferenza dell’Europa…
Venti
milioni… sono i morti causati in Europa dalla spagnola… alla fine della prima
guerra mondiale… sapete quanto sono 20 milioni di secondi… sono quasi otto
mesi… se mettiamo un timer adesso (fine gennaio), suona alla fine di settembre…
Febbraio,
marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre… un morto ogni
secondo… giorno e notte…
Sei
milioni di morti sono gli ebrei passati nei forni crematori.
Proviamo a visualizzarli…?
Prendiamo l’autostrada del sole da Milano a Roma… 600 kilometri. Ecco, in ogni
metro dell’autostrada ci mettiamo una fila di 10 ebrei…
Ecco 6 milioni di ebrei…
*
Vedete le parole, i
numeri… non sembra, ma sono reticenti. Non fanno capire la realtà.
Come fare per restituire
senso a queste parole.
Allora, io che sono
appassionato di teatro… di cinema, ho pensato una cosa…
vi faccio una modesta
proposta, proprio nel senso di Jonathan Swift
Una specie di happening. Una
simulazione. Una esperienza… Un reality!
Bisognerebbe invitare i
ragazzi… un’ottantina… in un posto come il binario 21 a Milano. Invitarli tutti
a salire su un vagone…
(un carro bestiame, come
quelli usati dai nazisti per i loro carichi)…
per provare… e restare lì
un po’ di tempo… Poi chiudere il portellone, …
per un tempo imprecisato.
Potrebbero bastare 4 ore… 8 ore… magari 24…
Si, io penso che bisognerebbe
lasciarli lì… 24 ore.
solo 24 ore, non 3 giorni
o 4 giorni come capitava a quei poveri vecchi, malati, a quei poveri ragazzi, a
quelle povere mamme con i bambini…
che partivano da quello
stesso binario 21.
Lo
so… lo so che non si può fare…
Lo
so… immaginatevi le reazioni di mammine, nonnine, paparini…
Lo so… che ci sarebbero
gli estremi per qualche reato…
a cominciare dal
sequestro di persona…
quindi… non ditemi che
sono un sadico…
ma facciamo finta…
facciamo finta!
non per cattiveria… solo
per far capire meglio la situazione,
proviamo solo a
immaginare…
Senza mangiare… senza
bere… in piedi… 24 ore…
solo con un bidone a
disposizione per i loro bisogni…
e intanto far scaldare
l’ambiente come se il carro fosse al sole d’estate…
oppure farlo raffreddare
come se fossimo in Polonia d’inverno…
All’esterno bisognerebbe lasciare
solo dei cani… dei dobermann affamati che abbaiano… Sarebbe interessante fare
una candid-camera…
(una specie di Grande
fratello… L’isola dei famosi… ma vero! non fasullo come quelli delle televisioni…
Lo chiamerei “Il vagone degli studenti”…)
Se ne potrebbe ricavare una
trasmissione molto interessante… un film!
… vere crisi di panico… vere
crisi di claustrofobia, vere incazzature, urla,
bestemmie da far
arrossire i portuali tedeschi… perché, non facciamo gli ipocriti,
molti dei nostri giovani
bestemmiano con gran passione ed energia.
Sono sicuro che dalle
riprese si potrebbe ricavare un documentario molto istruttivo… da proiettare
nelle scuole, da passare in televisione…
e anche gli 80
partecipanti all’esperimento ne trarrebbero giovamento…
forse la smetterebbero di
dire “siamo stufi di sentir parlare di ebrei”.
Sarebbe istruttivo,
perché si potrebbe far toccare davvero con mano,
al di là delle parole
ormai vuote di realtà,
quale sorte turpe è stata
inflitta a 6 milioni di innocenti
nell’indifferenza di
milioni di europei per bene,
con la soddisfazione di
milioni di europei per bene,
con la complicità di
milioni di europei per bene.
come ha detto George
Benanos…
Le più grandi canagliate della storia
non sono state commesse dalle più grandi canaglie,
ma… dai vigliacchi e dagli incapaci
*
Conclusione: Leon Rudich
non è stato un grande eroe;
non è stato un
combattente valoroso che abbia sfidato fascisti e nazisti in scontri epici a
costo della sua vita; non è stato un sopravvissuto dei campi di sterminio
in cui siano scomparsi
tutti i suoi familiari;
non ha scritto saggi
densi di riflessioni profondissime, o memorie toccanti di vicende drammatiche
accadute a lui, alla sua famiglia o al suo popolo;
la sua vicenda non ha
avuto un finale tragico
come quella di sei
milioni di suoi correligionari.
No, Leon Rudich è stato
un uomo sereno con la vocazione del medico.
Faceva il medico per
mantenere se stesso e la sua famiglia, certo,
ma anche per solidarietà
verso i più deboli, i più indifesi…
nell’epoca in cui non
c’era ancora il servizio sanitario nazionale…
Un benefattore, nel suo
piccolo.
Un suggerimento alle
autorità cittadine… Non sarebbe il caso di mettere almeno una targa sulle case
in cui abitò e dovette nascondersi?
Abbiamo preso spunto dalla
sua vicenda,
a volte ragionando su un
semplice indizio, a volte lavorando anche di fantasia,
per descrivere lo sfondo
davanti al quale il dottor Rudich si è mosso,
e nel quale ha rischiato
di essere stritolato,
Abbiamo cercato di offrirvi
spunti per una riflessione su alcuni momenti del 900.
In quei momenti,
autorità, intellettuali, artisti, opinionisti e magistrati…
sono stati troppo spesso reticenti
(quando non complici),
e il loro comportamento
non è stato abbastanza fermo, nell’impedire quei “piccoli passi”, quegli
spostamenti progressivi dell’orrore che,
a poco a poco, ma inesorabilmente,
conducono e riconducono, alla catastrofe.
Grazie a Leon Rudich,
medico, … semplicemente ebreo.
all’ANED e al professor Marco Savini, che mi ha fornito, gran
parte della documentazione su cui ho costruito questo racconto, tra cui
l’esauriente articolo della signora Guarnaschelli, che contiene preziosissime
indicazioni e alcune interviste ai figli del dottor Rudich…
grazie anche alla mia amica Rosana Rosatti che ha cercato,
con risultati discutibili, di farmi imparare tre parole in Yiddish,
e alla signora Liliana Molina sempre prodiga di preziosi
suggerimenti e di generosi incoraggiamenti.
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