sabato 17 dicembre 2022

 Leggendo “Che cosa c'è da ridere”



Buonasera...dunque... io ho un amico,

questo amico, in certi momenti, è anche simpatico e divertente...

di solito, invece è un noiosone... e anche un terribile snob...

per esempio, per quanto riguarda le letture… I suoi libri preferiti? Il Maestro e Margherita... letto 5 volte, confrontando le varie traduzioni pagina per pagina...

poi, “Viaggio al termine della notte”... anche se lui contesta questa traduzione del titolo... che secondo lui dovrebbe essere “Viaggio fino in fondo alla notte”...

e poi “L'uomo senza qualità”, di Musil, 1840 pagine... e per fortuna che è incompiuto... lui dice che gli piace perché è ironico e divertente... punti di vista...

ecco, questo mio amico, terribilmente snob, legge molto raramente autori contemporanei, ancora più raramente se sono italiani.


Immaginatevi il terremoto che si è scatenato nei suoi pensieri quando per Natale una nostra amica si è presentata a casa sua, per fargli gli auguri con un regalino: un libro.

Autore: Federico Baccomo – Editore Mondadori, titolo Che cosa c'è da ridere.

Quando l'ho letto, ho pensato a te... - dice lei - vedrai... ti piacerà tantissimo... auguri-auguri, scappo, devo andare di qua, di là... poi ne parliamo”.

Certo, certo, grazie... sei stata carinissima...”.

In realtà il mio amico... “terribilmente snob” stava pensando:

Ma io in questo momento sto leggendo 'Gli ultimi giorni dell'umanità'... il dramma di Karl Kraus,-un'altra polpetta tossica colossale da 800 pagine- come faccio a interromperlo per leggere questo Baccomo?

Farò così... leggo le prime 10 pagine, poi se mi prende vado avanti... se no, leggo 5 pagine in mezzo, e 5 alla fine, così quando ci vediamo avrò qualcosa da dire... basta trovare uno spunto, così parlo un po' di quello, divago... e così me la cavo...”.

Se state pensando che il mio amico, oltre a essere terribilmente snob è anche un po' stronzo... beh... sinceramente non so come darvi torto.

Comunque il mio amico prende il libro, ringrazia tantissimo, saluta l'amica che deve scappare... sospira e guarda un po' meglio la copertina del libro.

Sottotitolo: la storia del giovane comico ebreo che sfidò il nazismo.

Ecco subito tre esche micidiali per prendere all'amo il nostro pesciolone...

Primo: “Il giovane comico”. Il mio amico è molto attento ai meccanismi della comicità, e in particolare ai fini della comicità.

La comicità può essere rivoluzionaria, vedi Dario Fo, o Totò... per esempio,

ma può anche essere qualunquista, cioè reazionaria, e qui gli esempi sono infiniti... dal Bagaglino a Striscia la notizia... scegliete voi.

Secondo: “Ebreo”. Il mio amico per un periodo della sua vita ha vissuto in un paese dell'Est, ora in Europa. Lì ha incontrato l'antisemitismo “naturale”, quello delle persone comuni, quello più pericoloso. Quello dei fanatici è un problema di ordine pubblico... se ne deve occupare la Digos. Ma quello delle persone di buon senso è terribile, perché è quello delle persone che dicono: “... è vero che i nazisti hanno esagerato, ma anche gli ebrei, però...”. Sono quelli che non si occupano di politica... i tiepidi, gli indifferenti... è su di loro che si fonda ogni dittatura.

Terzo: il nazismo. Il mio amico, a settant'anni suonati, ancora non è riuscito a capire (e ci ha studiato su un bel po'...) come un popolo abbia potuto lasciarsi andare a quella isteria collettiva, che ha portato l'umanità in quel baratro che è stata la seconda guerra mondiale.

L'amica che gli ha regalato il libro, sa bene che il mio amico si è occupato a lungo di nazismo e di shoah. Sa che lui ha persino recuperato un testo per burattini scritto da un bambino di 13 anni, ebreo di Praga, a Terezin, e lo ha messo in scena. Si tratta di un testo farsesco, dove Hitler diventa Analfabeta Boccaccia I, i nazisti diventano i Cotechini Brutali, e il capo dell'esercito è il generale Concentrone...


  1. Canzone: Un capretto – Herbert Pagani


Questa era la canzone, (in italiano il testo è di Herbert Pagani), che il mio amico insegnava ai bambini delle elementari, quando andava nelle scuole a parlare della Shoah. Comunque, ecco fatto, il tonno ha abboccato, e parte per la lettura delle famose prime 10 pagine. Subito uno scenario che sembrava uscire da un racconto di Kafka o da “Le botteghe color cannella” di Bruno Schulz. Anzi il protagonista, che si chiama Erich, sembra proprio Bruno Schulz... piccolo, magro, brutto, sfigato, non accettato, né in casa, né a scuola, né per la strada, né da se stesso.

Dopo solo 6 pagine ecco che compare “il tronco spezzato”.

Il tronco spezzato non è un albero di un giardino, o di un parco, che è stato colpito da un fulmine. No, “Il 'tronco', naturalmente non era un tronco.

Era un uomo senza gambe, uno dei tanti mutilati di guerra che si rotolavano per le strade di Berlino, come foglie secche”.

Il mio amico si distrae. Una immagine riaffiora, dalla memoria dei tempi della sua infanzia. Da bambino, viveva in una grande casa, a Bergamo, lungo una via importante. Tutti gli anni sotto casa sua passava il Giro d'Italia.

Andava a chiudere la tappa a San Pellegrino.

La San Pellegrino era lo sponsor principale del Giro.

La via era animata ad ogni ora del giorno.

Proprio davanti a casa sua c'era la fermata del 4, il filobus che partiva dal piazzale del cimitero e arrivava fino a Porta Nuova, in centro.

C'era sempre molta gente che aspettava alla fermata.

Quando il filobus ripartiva, si vedevano bene, un orologiaio, che aveva una insegna con la scritta Wyler Vetta... erano orologi svizzeri... roba di lusso... oggi pare che si trovino solo su internet. Accanto all'orologiaio c'era “Da Dante”... una mescita di vino... un'osteria dove la gente del quartiere, dopo il lavoro, andava a bere vino e a giocare a carte. Giocavano anche alla morra. Spesso si sentiva battere sui tavoli col ritmo del gioco, e ogni tanto urlare parole concitate, incomprensibili, (erano in bergamasco)...

e risate sguaiate, degne di Polifemo o di Pantagruele.

Quando il filobus ripartiva, sul marciapiede, che era piuttosto largo, rimaneva un povero mutilato. Chiedeva l'elemosina.

Le sue gambe erano state tagliate pochi centimetri sotto l'inguine.

Al posto delle cosce, c'erano due pezzi di legno. Sembravano due tamponi di carta assorbente. Le mani le aveva avvolte in due stracci che gli servivano per sollevarsi da terra senza sporcarsi troppo, quando si doveva spostare. Cacche di cane non ce n'erano, ma la gente, soprattutto i vecchi, avevano ancora l'abitudine orrenda di sputare per terra. Per chi non se lo ricorda, nei tram, nei treni, su tutti i mezzi di trasporto, c'era un cartello con scritto “E' severamente vietato sputare per terra”

Aveva una camicia bianca sporchissima e una giacca grigio scuro, tutta unta e lisa.

Al mio amico l'uomo faceva paura, perché ogni tanto, quando qualcuno lo urtava, o gli diceva qualcosa che lo offendeva, tipo “Spostati, non stare in mezzo al marciapiede!” incominciava a urlare come un animale, e tirava anche dei sassi che portava nella tasca della giacca.

Ogni tanto raccoglieva le sue monete e si spostava davanti alla porta dell'osteria; allora venivano un paio di persone; lo agguantavano sotto le ascelle, lo sollevavano e lo portavano dentro. Dopo qualche minuto, il tronco usciva e tornava a chiedere l'elemosina, al suo posto, tra l'orologiaio e la mescita.


    2. Musica: Amarcord – Nino Rota


Quando un libro comincia a suscitare gli Amarcord... il lettore è in trappola!...


Bene... Cosa ci fa “il tronco”, nel romanzo di Federico Baccomo?

Fa quello che deve fare! Cambia la vita al protagonista.

Prima lo prende un po' in giro... (ebbene si: Erich, il protagonista è talmente sfigato che anche il tronco si permette di ridere di lui...) poi gli regala una cartolina... la foto di una bella ragazza nuda! ... a quei tempi non c'era mica internet, coi siti porno gratuiti...

bisogna sapere che quando il mio amico era giovane, i ragazzi si dividevano in due gruppi: da una parte i bamboccioni, i cocchi di mamma, quelli che a scuola si impegnavano, facevano a casa tutti i compiti che c'erano da fare...

dall'altra, c'erano i dritti, i furbi... quelli che arrivavano a scuola 20 minuti prima degli altri, per fare in tempo a copiare i compiti di matematica, di francese, di latino...

quelli che il pomeriggio lo passavano all'oratorio a giocare a calcio... o a ping-pong... quelli che volevano far vedere che loro, anche se avevano solo 13 anni, erano già grandi... sicuramente più grandi degli altri, quindi... primo: dicevano le parolacce... secondo fumavano di nascosto, e se prendevano un brutto voto o una nota, se ne fregavano, facevano le firme false... (e si facevano beccare subito...), e dicevano di fregarsene anche delle botte che ricevevano a casa, anche perché le mamme li difendevano sempre, perché i loro padri “avevano le mani così pesanti”...

poi, a scuola, esibivano, come medaglie al valore, lividi, occhi pesti e piccole ferite.

Ecco, i dritti, avevano una specie di carta di identità... una specie di tessera di iscrizione a un club molto esclusivo... come un green-pass... la tenevano ben nascosta nel portafoglio

(i bamboccioni avevano il borsellino... il portamonete...); i dritti no... loro avevano il “portafoglio”, e lì, ben nascosta ci tenevano... la foto di una donna nuda. Rigorosamente in bianco e nero, o al massimo colorata a mano.

Nei loro incontri, “privatissimi e clandestini” ciascuno dei dritti, esibiva la propria competenza. Si discuteva di forma e dimensioni delle tette (con particolare riferimento a diametro e colorazione delle areole), dei fianchi, degli occhi, delle bocche, .. della maggiore o minore sensualità delle pose... i più scafati, ogni tanto esprimevano giudizi dispregiativi, tipo: “Quella lì, sembra che c'abbia la figa orizzontale...”.

Cosa significasse di preciso non lo sa neanche il mio amico, però ridevano tutti compiaciuti...

Lui, la foto non l'aveva mai avuta, però ogni tanto, grazie a un cugino che faceva parte del club, era stato ammesso a un “raduno fotografico”, e quindi la testimonianza è credibile.

Ecco, Il “tronco”, dopo solo 6 pagine di romanzo, regala al giovane Erich la foto di una donna nuda. La foto della Bella Anita. Se vi interessa, a pagina 26, c'è la descrizione della ragazza bionda, “fotografata nella posa di un fenicottero”...

doveva essere sicuramente una ballerina.

Vi chiederete... ma come fa una cartolina con la foto di una ragazza nuda a cambiare la vita di una persona... è semplice... basta che te ne innamori perdutamente

Andate a pagina 26, dopo solo 15 pagine di romanzo, e troverete che il nostro Erich è già innamorato perso della bella della foto.

Il mio amico sente già arrivare la tragedia.

Ve lo ricordate il film “L'angelo azzurro?”... 1930, diretto da Josef von Sternberg, con la splendida Marlene Dietrich.

Anche il professor Rath, rispettabile insegnante di un ginnasio di provincia, un bamboccione di 60 anni, si innamora di una cantante di varietà.

È indimenticabile la scena in cui, con delicatezza, il povero vecchio, sorridendo, soffia sulla cartolina cercando di sollevare delle piccole piume che coprono le parti intime della Dietrich.


    3. Canzone: Ich bin von kopf bis fuß auf liebe eingestellt – Marlene Dietrich

  • Testo: Io sono fatta per l'amore, dalla testa ai piedi,

              perché il mio mondo è questo e niente altro che questo.

      È quel che devo fare, è la mia natura, posso solo amare, e nient'altro che questo.

    Gli uomini mi svolazzano intorno, come falene intorno a una luce

    e anche se si bruciano non posso farci niente.

Ernest Hemingway disse: “Se la Dietrich non avesse nient'altro che la voce potrebbe spezzarti il cuore. Ma ha anche un corpo stupendo e il volto di una bellezza senza tempo...”... per forza, poi, che il professor Rath dà fuori di matto!


Allora. Nel film la Dietrich, anzi Lola-Lola, lavora in un kabaret...

Erano gli anni 30, C'era stato il crollo di Wall Street, la crisi...

in Germania e in Austria dilagava la super inflazione con la super svalutazione... erano gli anni in cui i soldi non valevano niente, valevano meno della carta su cui erano stampati.

La vita non valeva niente; paradossalmente la gente voleva divertirsi senza freni. Stefan Zweig dice che a quei tempi una ragazza di 16 anni che fosse stata ancora vergine diventava lo zimbello della scuola... dice che, in certi locali si trovavano decine di maschi vestiti da ragazza, e decine di ragazze vestite da maschi... tutti in cerca di qualche avventura veloce... e magari di qualche facile guadagno.

Le ragazze portavano i capelli corti, un caschettino corto, come la Louise Brooks della Lulù di Pabst... una specie di quello che sarà ripreso poi da Liza Minnelli nel Kabaret di Bob Fosse.

Se volete capire l'epoca guardateveli questi film.

La Lulù, di Pabst, è un po' difficile da trovare... (è un film muto del 1929).

In questo film la Brooks interpreta una giovane donna seducente e disinibita, dalla sessualità sfrenata e dalla malizia irresistibile... questa ragazza porta inesorabilmente alla rovina gli uomini e le donne che si innamorano di lei.

Kabaret, invece è del 72;

chi può dimenticare Liza Minnelli, al Kit-Kat Kabaret, mentre canta Money-money

con le calze fumée, tenute su con le giarrettiere nere... con le coulottes, anche quelle nere... giacchino e gilet... neri, sberluccicanti e la bombetta alla Kafka,

con lei c'è l'irripetibile Maestro-di-cerimonie, Joel Grey (il solito ebreo mitteleuropeo... -il suo vero nome è David Katz- che va a Hollywood a vincere l'Oscar). Lui ha la faccia coperta di biacca, gli occhi bistrati, le labbra sottili, rosse come quelle della perfida matrigna di Biancaneve, frak, cappello a cilindro e bastone da passeggio di bamboo.


    4. Money, money – Liza Minnelli

E' il denaro che fa girare il mondo...

Un marco, uno yen, un dollaro o una sterlina
È tutto ciò che fa girare il mondo
Se ti è capitato di essere ricco e hai voglia di divertirti per una notte
Puoi pagare per una scappatella gay
Se ti è capitato di essere ricco e solo e hai bisogno di compagnia
Puoi suonare per chiamare la cameriera
Se ti è capitato di essere ricco e ti accorgi che il tuo amante ti ha lasciato 
E tu soffri e soffri parecchio... calmati un po'.
Chiama un taxi e ripigliati... Puoi portarlo sul tuo yacht da 14 carati! 

Berlino, Vienna, Monaco erano piene di locali... in quelli di Berlino Erich vaga alla ricerca della splendida creatura della fotografia.

E qui al mio amico, gli parte un altro trip. Berlino, anni 30, Kabaret... Karl Valentin! Forse non tutti sanno chi è Karl Valentin. Karl Valentin è uno dei migliori rappresentanti del Kabaret politico e satirico. Lui era un vero cabarettista, un pioniere.

Un vero cabarettista gioca provocatoriamente con pregiudizi, luoghi comuni, buonsenso e politically correct dilagante col suo ditino indice moralmente alzato. Il vero cabarettista mostra come quest'ultimo soffoca il libero pensiero. Il vero cabarettista colpisce magistralmente con la sua lama affilatissima e verbalmente tossica.

Per la verità lui era di Monaco.

A Monaco, nella piazza della festa della birra, c'è la sua statua, anzi, c'è una fontana con la sua statua. Magro, magrissimo, allampanato, con il suo spolverino, con la bombetta o il cilindro e un paio di scarpe spropositatamente enormi.

Qui lui è un mito, come Totò a Napoli.

Nella stessa piazza, ci sono anche le statue dei più famosi tra i suoi collaboratori.

La gente beve la birra nel parco e nella maggior parte dei casi non sa nemmeno chi erano. C'è la Liesl Karlstadt, la sua spalla fissa,

poi c'è Roider Jackl il musicista con la chitarra, quello che componeva stornelli satirici in dialetto bavarese e Weiss Ferdl, cicciottello e anche lui musicista comico... per capirci, una specie di Nino Taranto, quello con la paglietta frastagliata, che cantava “Dove sta Zazà”, “Ciccio formaggio” e anche Agata....


    5. Canzone: Agata – Nino Taranto


Abbiamo scelto di mettere una canzone napoletana, perché la città del Kabaret, in Italia era Napoli.

In Francia a Parigi c'erano i caffè con gli chansonier... Edit Piaf, Maurice Chevalier, Charles Trenet... questi locali erano una eredità della Bella Epoque, ed erano stati dipinti dagli impressionisti... e dai post impressionisti.

Da noi Napoli. C'era il caffè concerto, o meglio il “caffè chantant”... con le sciantose... come Mimì Tirabusciò che faceva la mossa...

I locali più famosi erano il Salone Margherita e il Gambrinus... le artiste erano Anna Fougez, Lina Cavalieri e Concettina Barra... gli artisti... Petroli, Fregoli e l'immenso Raffaele Viviani... dimenticati quasi completamente anche loro.

Mi ricordo che il mio amico, che una volta era un collega... ogni tanto gli partiva l'embolo, e cominciava a fare dei pipponi impossibili alle colleghe di lettere provenienti dalla Campania, colpevoli di non conoscere, e quindi di non far conoscere ai ragazzi un genio come Raffaele Viviani.

E qui, al mio amico gli parte un altro Amarcord. Siamo alla fine degli anni 70.

Una amica gli dice di andare a teatro a vedere uno spettacolo che si chiama Brechtomania. Al teatro Nuovo, in piazza San Babila. Recita tale Leopoldo Mastelloni. Mai sentito. L'amica dice che il fatto che questo Mastelloni sia praticamente sconosciuto è un vero e proprio crimine del sistema teatrale italiano.

(oggi chi si ricorda di Mastelloni sa che fu cacciato dalla RAI per una bestemmia, e che è tornato in TV per partecipare a un reality)

Vabbbè. Il mio amico va. Lo spettacolo è magico.

Leopoldo Mastelloni, la faccia coperta di biacca, truccato come un Pierrot, ma non col camicione bianco come Jean-Gaspard Debureau. No; lui ha la guepière di pizzo nero, calze scure, scarpe col tacco... e canta un po' in tedesco, un po' in francese e un po' in napoletano. Magari comincia con una canzoncina melensa in francese, e a metà cambia il testo e inserisce i testi drammatici di Raffaele Viviani. Un mix esplosivo.

Davanti agli spettatori passa una carrellata di personaggi incredibili... dalle macchiette più sconvenienti e sguaiate , a tutta una serie di personaggi usciti dall'Opera da tre soldi. Canta la canzone di Polly, la ballata della schiavitù sessuale, La canzone di Jenny delle spelonche. Si passa continuamente dal divertimento che ti fa scoppiar dal ridere a momenti struggenti che fanno salire le lacrime agli occhi.

Il mio amico va a rivedere lo spettacolo per le due sere successive.

Tra tutti i personaggi che colpiscono il mio amico ce n'è uno straordinario.


6. Canzone: So' bammenella 'e copp' 'e quartiere – Raffaele Viviani


Sono 'Bambinella' e vengo dai Quartieri.

Quando, di nascosto, per i vicoli, di sera, sul pianino mi metto a ballare...

faccio parlare tutta Napoli

Viene la Polizia? ... In un attimo me la squaglio.

E, se mi catturano, subito mi lasciano libera!

In questura, se a volte ci vado, è per formalità...

Con le buone maniere, faccio cadere il brigadiere...

Lo prendo e gli faccio il lavoretto: gli dico che lo tengo qui (sul cuore).

L'allocco se la beve, gli gira la testa e abbocca...

ma, non appena mi tocca, mi deve lasciare andar via.


Ho un bel ragazzo vicino che mi fa rispettare...

e appena dopo aver fatto l'amore, deve saper litigare.

Tutte le sere, quello mi ammazza di botte!

Mi vuole un bene sfrenato, ma non lo dà a vedere.

Per me, l'essenziale, E' quando mi bacia in maniera carnale.

Mi fa dimenticare tutto il male che mi ha fatto passare!


Torniamo a Monaco.

Qui Karl Valentin si esibiva alla “Catacomba”, o alla “Spelonca del cavaliere”

La città di Monaco a Karl Valentin gli ha dedicato un museo. Il biglietto costava 99 centesimi di marco, e ci tenevano a darti il centesimino di resto.

Il mio amico c'è stato. L'ambiente è piccolo, ma pieno zeppo di tutte le cose strambe che lui aveva inventato per i suoi numeri: strumenti musicali improbabili, vestiti da pompiere, da aviatore, da soldato prussiano, vestiti per i nani, ballerine, spose... sedie con le gambe annodate, un triciclo esilissimo, e un aereo da indossare...

Su un gradino di una scala che porta al primo piano c'è un portafoglio. Tutti i boccaloni come il mio amico, si chinano per raccoglierlo, pensando che sia caduto a qualche visitatore, per poi accorgersi che in realtà, il portafoglio è inchiodato al gradino, e lui è un pirla. Dappertutto fotografie di tutti gli spettacoli.

Tra le tante ce n'è una famosa. È una foto scattata in un locale durante una octoberfest. Si vede Valentin con la sua orchestrina.

Al clarinetto c'è un Brecht giovanissimo. È il Breht che ha rischiato di essere espulso dalla scuola per avere scritto nel tema “Dulce et decorun est, pro patria mori” qualcosa del tipo “Andate avanti voi!”

Cosa ci fa, lì?... lo spiega lui.


Io nacqui figlio di gente benestante. I miei genitori addosso mi legarono un colletto,

mi allevarono nell'abitudine di essere servito, e mi istruirono nell'arte del comando.

Però, quando fui adulto e mi guardai intorno

non mi piacque la gente della mia classe, né dare ordini, né essere servito

e io lasciai la mia classe, e feci lega con la gente del basso ceto.


Pagliacci, nani, ballerine, prostitute, protettori, contrabbandieri, ricettatori... tutta gente molto più interessane dei piccolo borghesi, già antisemiti, e pronti a diventare nazisti. È tutta quella gente che ritroveremo poi nella famosa “Opera da 3 soldi”... quella che ha fatto la fortuna del Piccolo e di Giorgio Strehler.


7. Canzone: Die Moritat von Mackie Messer - MILVA


È lì che Brecht, nella patria di Goethe e di Shiller... impara la prima regola dello spettacolo... la regola più importante:

Primo: non rompere i coglioni al pubblico...

perché se il pubblico si rompe i coglioni, non viene più a teatro,

e se non viene più a teatro, non paga più il biglietto,

e se non paga più il biglietto, tu non mangi...

quindi... vedi di non rompere i coglioni.

Tra i vari modi di non rompere i coglioni agli spettatori... ce n'è uno molto efficace: farli ridere. E come si fa a farli ridere?


In quel periodo c'è un tipo strano, tra Vienna, Monaco, Berlino... uno che scrive un giornale tutto da solo... era un settimanale, si chiamava LA FIACCOLA.

Lui si chiamava Karl Kraus. Le sue battute suscitavano l'ilarità al “Simplicissimus”

Erano battute spietate... satira politica e umorismo nero.

Per esempio... contro la politica,

ben venga il caos, visto che l'ordine... proprio non ha funzionato!

contro i giornalisti...

Il giornalista è uno che dopo... sapeva tutto prima...

contro i politici e i giornalisti insieme...

Come cominciano le guerre? I politici raccontano balle ai giornalisti,

e poi credono a quello che leggono sui giornali.

contro i suoi concittadini:

Le conversazioni dal parrucchiere sono la prova inconfutabile

che certe teste... servono solo per sostenere i capelli...

contro certe mode...

La psicanalisi è quella malattia mentale che ritiene di essere la terapia.


Piccole battute argute e spietate. Le trovate nel suo libro “Detti e contraddetti”.

Leggendolo si scoprono cose molto divertenti.

Per esempio, ai giorni nostri, ci sono persone tutte d'un pezzo, che non si piegano davanti alla dittatura sanitaria. Noi siamo così consapevoli dei nostri diritti,

e siamo così orgogliosi e sprovveduti... che crediamo di avere inventato i no-vax...

100 anni fa, Karl Kraus scriveva:

… a Vienna non è scoppiato il vaiolo, ma un'epidemia di vaccino.

Ora, tutti sanno valutare il valore della profilassi, ma la prudenza di alcuni, è un po' esagerata... si prendono il vaiolo... per proteggersi dal vaccino!


Ma, ma, ma... il suo bersaglio preferito erano le donne.

Delle due, l'una. O a quell'epoca le donne erano di una inconsistenza assoluta,

(cosa non del tutto da escludere, visti i sistemi educativi dell'epoca)

oppure lui era un maschilista di mmmerda, e lo erano pure i viennesi che ridevano!

I diritti delle donne, sono doveri degli uomini.


e così, lui la costrinse a fare quello che voleva lei


Il seduttore che si vanta di iniziare le donne ai misteri dell'amore

è come il turista che arriva alla stazione

e si offre di mostrare le bellezze della città alla guida locale


Al mondo, non c'è persona più infelice del feticista.

Lui desidera solo la scarpina, di una donna,

e invece deve accontentarsi di una donna intera...


Una donna deve avere un aspetto così intelligente...

che la sua stupidità, si presenti poi... come una gradevole sorpresa.


8. Canzone: Donne - Zucchero


Il mio amico pensa che sia a causa di questa filosofia di fondo, che ancora oggi nei paesi dell'est si sentono barzellette agghiaccianti.

Ve ne racconto, un paio non per farvi ridere, ma per farvi... “capire”.


La prima viene dall'Ungheria. Il mio amico l'ha sentita raccontare da un preside, alle professoresse di una scuola, per la festa della donna. Dunque...

Ci sono tre amiche che sono amiche fin dai tempi della scuola, e ogni giovedì si ritrovano in un caffè per chiacchierare un po' delle loro vite, dei loro progetti.

Un giorno una sbotta e comincia a raccontare di suo marito...

che lei è stufa che lui ogni giorno pretende una camicia pulita, poi quando arriva a casa a mezzo giorno se la leva e ne vuole un'altra... ogni giorno 2 camicie, e a lei tocca lavarle... e la loro casa è così piccola che loro non hanno neanche la lavatrice, e lei deve lavare tutto a mano.

La seconda, interviene e racconta che per lei fare il bucato non è un grave problema... loro la lavatrice ce l'hanno... quello che le dà fastidio, a lei, è stirare... lì, in piedi, un sacco di tempo... e poi... un mal di schiena...

La terza dice: a me non dà fastidio lavare e stirare... per quello mio marito non è tanto esigente... invece... è sul mangiare che proprio non lo sopporto. Quello che cucino non va mai bene... una volta è insipido, una volta è troppo salato, una volta è troppo cotto... e comunque, anche quando non c'è niente da dire... “sua mamma, lo faceva meglio!”.

La prima lancia l'idea; “Ragazze, dobbiamo ribellarci! Da oggi io smetto di lavargli le camicie... tu smetti di stirargliele, e tu smetti di cucinare... voglio proprio vedere cosa succede!”

Se ne vanno, e si danno appuntamento per la settimana successiva, come al solito.

Quando si trovano, la prima arriva trionfante...

Ragazze, vittoria! Ho smesso di lavare le camicie di mio marito.

Il primo giorno non ho visto niente... il secondo giorno non ho visto niente...

il terzo giorno... ho visto mio marito che ha preso le sue camicie, il sapone, la bacinella, e ha cominciato a lavarsi le sue camicie...

Brava! Ben fatto!...

La seconda... “... e io ho smesso di stirargliele...

Il primo giorno non ho visto niente... il secondo giorno non ho visto niente...

il terzo giorno... ho visto mio marito che ha preso le sue camicie, il ferro e l'asse da stiro, e ha cominciato a stirarsi le sue camicie...

Brava! Ben fatto!

Tocca alla terza... “... e io ho smesso di cucinare...

Il primo giorno non ho visto niente... il secondo giorno non ho visto niente...

il terzo giorno... ho ricominciato a vedere qualcosa dall'occhio destro...

Così si ride nel paese di Orban...


  • canzone: Jenny dei pirati - Milva


Invece a Praga si ride così...

Lui e lei si incontrano, si piacciono, decidono di sposarsi.

Problema.

Lei ha 20 anni, lui ne ha 50.

Intervengono gli amici, soprattutto quelli di lui.

Ma cosa fai? Ma perché te la devi sposare? Scopatela, e finché dura... dura...”

No, no... non è così... noi ci amiamo davvero, vogliamo stare insieme per sempre...”

D'accordo... certo, adesso tu hai 50 anni, e lei ne ha 20, per ora le cose possono andare bene, ma pensa... tra 10 anni, tu ne avrai 60 e lei 30...”

No, no... non è così... è tutta la vita che io cercavo una donna come lei, e finalmente l'ho trovata...”

D'accordo... ma facciamo passare altri 10 anni... pensa,,, tu ne avrai 70, e lei 40...”

Ma non sarà un problema... perché il vero amore...”

E va bene, ma lascia passare altri 10 anni... pensa... quando tu ne avrai 80... 80 anni e lei ne avrà 50... e allora?

Eh? Cosa farai allora? TE NE ANDRAI IN GIRO CON UNA VECCHIA!”


    8. Canzone: Respect – Aretha Franklin


Brecht impara bene alla scuola di Karl Valentin e di Karl Kraus.

Impara che fare kabaret, non è, fare gli stupidini.

Per fare Kabaret bisogna essere disperati, spietati, cattivi, scorretti.

Nel libro di Federico Baccamo ci sono frasi... che il mio amico legge con grande piacere. Finalmente qualcuno che parla con chiarezza e che dice cose sensate sul significato del riso.

  • Far ridere è un veleno!

  • Il riso ti mette davanti la tua anima nuda.

  • È l'umiliazione a muovere ragionamenti scuri...

  • La libertà di un comico si scontra con quella del suo pubblico

  • Che cosa c'era da ridere, in tutto quello che gli stava intorno? Farsi la domanda, era venire al mondo. Darsi la risposta, era trovarci un senso.

  • In quel mondo, non c'era, e non c'era mai stato qualcosa da ridere.

Il riso non può essere il gioco di parole facile e senza senso di certi comici di oggi.

Il riso non può essere il giochino di creare personaggi ridicoli e grotteschi, da additare al ludibrio del pubblico... personaggi (il più delle volte meridionali) che parlano un italiano stentato, che usano parole per assonanza, stravolgendo il significato di quello che vorrebbero dire. Un esempio per tutti; una che al mio amico proprio non gli va giù: la sconsolata di Anna Maria Barbera.

È la comicità delle imitazioni razziste che sottintendono: “ma non saranno mica italiani, questi terroni ignoranti?”... e la Lega ringrazia. Il mio amico, quando organizzava gli spettacoli degli studenti, doveva sempre lottare con ragazzi e ragazze, che volevano fare le imitazioni dei professori. Amplificare il tik della professoressa di inglese, rendere grottesco l'abbigliamento di quella di matematica e via dicendo...

In queste parodie, c'è sempre anche una componente di vigliaccheria.

Io devo subire tutto l'anno la tua autorità... mi devo piegare davanti al tuo potere? Ebbene, oggi io mi vendico... ti metto in ridicolo davanti a tutti, e tu sentirai come tutti ridono di te”.

Il mio amico, quando i ragazzi gli proponevano qualche imitazione, gli faceva vedere le scene di Amarcord, in cui Fellini ha fatto i ritrattini grotteschi dei suoi professori; poi chiedeva “Sapreste fare di meglio?”. Nella maggior parte dei casi la cosa finiva lì.


In una situazione del genere si trova anche il protagonista del romanzo di Baccamo.

Il nazista che si diverte tanto agli spettacoli di Erich, prepara uno sketch. Si veste da donna e fa l'imitazione di una “iena” del campo di concentramento.

Il nazista si diverte molto... però non può andare lui sul palco... ne va della sua dignità... lui è il nazista “cattivo-cattivo-cattivo”, non può mettersi a fare il pagliaccio. Soluzione: Erich si deve imparare la parte... e la fa lui.

Erich esita. Quello che gli chiede il nazista è banale, volgare... obbedire a quell'ordine significa rinnegare se stesso, tutta la sua concezione del Comico, tutta la sua filosofia di vita. Disobbedire a quel desiderio, a quell'ordine, significa rischiare la vita. Nel romanzo c'è qualche pagina in cui Erich... riflette, dubita come Amleto...

fare l'imitazione o non fare l'imitazione?... questo è il problema”. Il mio amico legge quelle pagine tutte d'un fiato; è lì con Erich... completamente proiettato dentro la scena. Parla con Erick.

Non puoi mollare adesso! No... proprio adesso, No! Mandalo affanculo, fregalo, insegnagli cos'è il mestiere del comico... dagli una lezione di dignità.... non piegarti... non abbassarti al suo livello...”. Il mio amico è così pirla che gli viene persino da piangere...


La verità è che prima di tutto il comico deve saper ridere di se stesso...

Molière ce l'ha insegnato per primo, e poi Brecht, e Musil, e Kafka, e Beckett fino a Thomas Bernhard.

Il vero comico, ridendo di sé, ride del mondo che lo circonda.

Pensiamo a Brecht che suonava il clarinetto nell'orchestrina di Karl Valentin.

Le sue battute erano fulminanti:

Durante i miei nove anni alle scuole superiori

non sono riuscito a insegnare niente ai miei professori

Ci dice tutto della scuola all'inizio del 900.

E quando poi, negli anni di Hitler è costretto a fuggire in America... sentite come descrive il suo soggiorno a Hollywood...

Ogni mattina, per guadagnarmi il pane, vado al mercato dove si comprano menzogne... e pieno di speranza, mi metto in fila tra i venditori.

Nell'America, madre e matrigna di ogni democrazia... ecco Hollywood, “il mercato dove si comprano (e si vendono) menzogne...

e lui, il povero Bertolt, si mette lì, col cappello in mano, cercando di riuscire ad allungare forchetta e coltello per riuscire a tagliare almeno una fettina di arrosto.


      1. Via col vento – colonna sonora


Nella Madre Courage, uno dei testi sacri di Brecht, troviamo questo brano esemplare.

Siamo nella guerra dei 30 anni. La Courage è una vivandiera al seguito degli eserciti in guerra. La guerra è il suo affare. Sentite cosa dice il cuoco:


Ce n’è sempre di quelli che vanno in giro dicendo che una volta o l’altra la guerra finirà”.

Non è affatto detto che la guerra, una volta o l’altra debba finire.

Naturalmente può succedere che ci sia una piccola pausa.

Può darsi che la guerra debba ripigliar fiato… può perfino succedere una disgrazia...

Si sa… non c’è niente di perfetto, su questa terra.

Una guerra perfetta, probabilmente non esisterà mai.

Chissà… una svista, ed ecco la fregatura!

E dopo vai tu a rimetterla in carreggiata, la guerra!

Ma nei momenti difficili le verranno in soccorso gli imperatori, i re… il papa.

Lo scrivano ribatte: Ma non si può vivere senza pace in eterno

Interviene il cappellano: Io vorrei dire che, secondo me, la pace esiste anche in guerra.

Perché la guerra va incontro a tutte le esigenze,dell'uomo.

Per esempio, in guerra puoi cacare come nella pace più profonda,

e fra una battaglia e l’altra... ti bevi una bella birra,

e persino in marcia puoi fare un pisolino appoggiato al gomito, sul ciglio della strada. Quando si va all’assalto non puoi giocare a carte, ma non puoi neanche quando lavori il campo in tempo di pace.

Durante una battaglia ti possono portar via una gamba con una cannonata; e da principio strepiti, come se fosse qualcosa di importante, ma poi ti danno un bicchiere di grappa, e tu ti calmi, e alla fine torni a saltabeccare tranquillo di qua e di là.

E che cosa ti impedisce di aumentare la tua specie in mezzo a tutto questo macello, dietro un granaio o in qualche altro posto? Non possono mica impedirtelo, e così la guerra avrà i tuoi rampolli e potrà continuare con loro. No, no, per carità! Perché mai dovrebbe smettere?”


Questo è Brecht. È geniale, facendo finta di lodare la guerra, fa un ritratto del suo volto mostruoso.

Forse è per questo che man mano ha finito per scomparire dai teatri di tutta Italia.

Ma il mio amico si ricorda ancora bene di lui, e di Karl Valentin, di Karl Kraus, di Raffaele Viviani e di tutti quegli altri artisti meravigliosi che il libro di Roberto Baccamo ha fatto ritornare a galla, nella sua memoria.

Per cui il mio amico manda a Roberto un sentito ringraziamento, e a voi, vi invita calorosamente a leggervi il libro, se non l'avete ancora letto.

Grazie della vostra attenzione



  1. Un capretto – Herbert Pagani

  2. Amarcord – Nino Rota

  3. Ich bin von kopf bis fuß auf liebe eingestellt – Marlene Dietrich

  4. Money, money – Liza Minnelli

  5. Agata – Nino Taranto

  6. So' bammenella 'e gopp' 'e quartiere – Leopoldo Mastelloni

  7. Die Moritat von Mackie Messer – Milva

  8. Donne – Zucchero

  9. Jenni dei pirati- Milva

  10. Respect – Aretha Franklin

  11. Via col vento – colonna sonora

  12. Hymne a l'amour – Edith Piaf

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