sabato 17 dicembre 2022

UN EBREO A VIGEVANO

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Luigi Alcide Fusani

Corso Pavia 26,

27029, Vigevano, Pavia

0381 903246

338 8262665

fusani.50 @ gmail.com

*


Buonasera e benvenuti a questo incontro, sulla significativa vicenda

di Leon Rudich, medico… semplicemente ebreo.

*

Facciamo una premessa… c’è chi dice “Hitler era un pazzo…

e la colpa è stata tutta dei tedeschi che, ‘per natura’, sono peggio delle bestie”.

*

Spero proprio… che non siate d’accordo…

Troppo facile… e troppo falso.

Troppo facile auto-assolversi in questo modo… senza un processo, senza una ammissione di colpa, senza aver fatto almeno un po’ di chiarezza, senza nessuna “rielaborazione del lutto”.

Troppo facile che tutti siano assolti… per non aver commesso il fatto,

o perché il fatto non costituisce reato,

… perché ormai è passato tanto di quel tempo…

perché bisogna dimenticare e pensare al futuro…).

perché ‘noi abbiamo solo ubbidito…’ o… per tutti i cavilli che volete voi…

*

Quando i tribunali non funzionano

devono funzionare le coscienze… quelle

degli intellettuali, degli artisti, delle persone dotate di umanità, di serietà, di rigore.

Fare memoria sulla vicenda del dottor Rudich, ebreo a Vigevano,

è l’occasione per esprimere un giudizio sereno, ma chiaro e rigoroso

su eventi del novecento archiviati e dimenticati troppo in fretta,

sepolti sotto montagne di luoghi comuni

falsi, rassicuranti e auto-assolutori.

*

Quando una sera, a cena, degli amici, mi hanno accennato alla storia del dottor Rudich, tra me e questa storia è scattata… la reazione chimica,

si è formato subito un legame speciale.

La storia di questo giovane ebreo, che a 20 anni abbandona la Romania,

dove l’aria stava diventando irrespirabile e viene a Vigevano…

anzi prima a Pavia e poi a Vigevano, ha suscitato la mia simpatia e la mia curiosità.

E così, ora, siamo qui per parlare della vicenda del dottor Rudich,

ebreo a Vigevano… dunque… La Romania…

cosa vi fa venire in mente la Romania…

Le badanti…

I camionisti che in autostrada vi fanno le luci per arrivare in tempo alla frontiera

I buttafuori delle discoteche… quei bestioni annoiati… che se non vogliono

farvi entrare, dicono “festa privata” e se voi insistete, loro ripetono “festa privata”

e se voi insistete ancora… senza incazzarsi… senza dire più niente… vi mollano una testata in faccia… e vi spaccano il naso… così, come niente, senza fare una piega…

*

Quando io sono stato Romania, sono andato a Timisoara… in Transilvania.

Sono andato a casa di un mio alunno…

uno zingaro che mi aveva adottato come se io fossi uno zio,

e voleva che io conoscessi la sua famiglia.

Aveva voluto a tutti i costi ospitarmi a casa sua…

e mi aveva trattato come uno di famiglia,

ma con tutti i riguardi, come un vero ospite d’onore.

*

Mi ha fatto visitare la città…

ho visto le vetrine con i cristalli da tavola… molati e decorati con motivi tipici…

Ho visto i vetri delle lampade e dei vasi liberty che riproducono gli originali di Gallé

Bellissimi… ne ho anche comperati.

Ho visto la piazza… con la cattedrale ortodossa,

quella di cui i monaci rifiutarono di aprire le porte per lasciare una via di fuga

ai dimostranti inseguiti dalla polizia di Ceausescu… e fu il massacro…

*

Ho visto i ragazzi di strada, in branchi, con i sacchetti per ‘tirare le colle’ e gli occhi iniettati di sangue… Io me ne andavo in giro bello tranquillo,

col mio impermeabilino chiaro… e la macchina fotografica appesa al collo…

a un certo punto, il mio alunno mi guarda con un sorrisetto imbarazzato…

poi, alludendo ai ragazzi che stavano lì in un parco,

mi fa… “prooof… però… se lei evitasse di provocare… sarebbe meglio…”


Sono i ragazzi di strada… quelli buttati fuori dagli orfanatrofi alla caduta

del regime comunista, quelli che per ripararsi dal freddo, vivevano nelle fogne…

È lì che Miloud, il clown francese di origine algerina, era sceso per recuperarli.

Ed è per loro, per dargli un tetto, un letto e un pasto caldo,

che aveva inventato la fondazione Parada, con la scuola di circo.

*

Questa è la Romania di oggi.

Il giovane Rudich invece fuggiva dalla Romania di ieri.

Cioè, per capirci… aveva deciso di andare a studiare all’estero…

ma non come i nostri giovani che, per esempio, vanno a Barcellona o a Dublino

6 mesi, 9 mesi, per fare un Erasmus…

No… per lui si era trattato di fuggire da una situazione insostenibile.

*

La Romania degli anni 20 era quella dove si affermava la guardia di ferro di Corneliu Codreanu… era uno dei paesi europei che vantava una delle più ‘solide’ tradizioni antisemite…

Fin dalla metà dell’ottocento le grandi potenze avevano insistito perché agli ebrei fosse concessa la cittadinanza… magari una cittadinanza di serie b…

ma inutilmente…

e appena il maresciallo Antonescu, il primo ministro, il dittatore, prese il potere, dichiarò apolidi tutti gli ebrei, con l’approvazione compiaciuta di Hitler.

Addirittura, nel 41, Hitler si lamentava con Goebbels perché Antonescu nel trattamento degli ebrei procedeva in modo molto più radicale e drastico degli stessi tedeschi. Me l’immagino… il colloquio confidenziale… “Ohi, Goebi… guarda che questo Antonescu ci sta facendo fare la figura delle femminucce!…

la sua Legione rumena… solo a Odessa… ha massacrato 60.000 ebrei…”.

È così. E sui giornali… si potevano leggere articoli di questo genere…

“Si stanno avvicinando tempi terribili. Oggi si vive letteralmente nel terrore.

Asiatici circoncisi e anticristiani, ovunque, sollevano le loro mani immonde per strangolarci. Il massacro di cristiani da parte del signor Lenin,

avrebbe fatto inorridire persino Gengis Kan.

Un’orda di terroristi ebrei, addestrata ad assassinare e ad assalire

si sta aggirando per il paese macellando cittadini e contadini su patiboli portatili.

Volete aspettare di vedere migliaia di persone pendere dai lampioni della vostra città? Volete aspettare che una commissione bolscevica

estenda l’organizzazione del crimine nella vostra città?

Volete vedere i corpi delle vostre donne e dei vostri bambini buttati per le strade?”

Propaganda efficace… terrificante, ma efficace…

Il grande drammaturgo Eugène Ionesco scrisse:

“Nella Romania legionaria, borghese e nazionalista,

ho visto in faccia il demone del sadismo e della stupidità caparbia”.

Propaganda feroce, anche se Antonescu era un “simpaticone”… il suo divertimento preferito era far esporre i cadaveri degli ebrei nelle macellerie ebraiche…

Non l’avete capita… ve la spiego subito…

Secondo Antonescu questa cosa faceva ridere… perché i rumeni, gli ebrei,

li consideravano maiali… ma gli ebrei non mangiano carne di maiale… e quindi

ecco il paradosso divertente: esporre carne di maiale, nelle macellerie ebraiche!

*

Il dottor Rudich non praticava questo umorismo nero… lui era molto discreto.

Negli appunti sulla sua vita scrive:

“Sono venuto in Italia nel ’25 dopo aver fatto due anni di medicina a Bucarest.

Due anni di studio molto movimentati,

con risse quasi quotidiane tra le organizzazioni studentesche democratiche

e quelle antisemitiche, chiamate nazionalistiche e appoggiate dal governo.”

Che leggerezza!; era stufo delle risse quasi quotidiane…

Io invece sono un po’ più greve e voglio spiegare cos’erano e

come si svolgevano, queste risse…

Per esempio, lo studente andava a lezione, si sedeva in un banco… arrivava una ronda studentesca… si trattava di gruppi di onesti studenti ariani, impegnati nella difesa della patria dai nemici esterni e soprattutto interni… cioè gli ebrei…

Ecco, la ronda arrivava, chiedeva allo studente di mostrare il libretto, o una carta di identificazione, e poi il capetto intimava: “Lei… non è gradito in quest’aula…”, “Lei non può stare in quest’aula si alzi e se ne vada immediatamente…”.

La speranza della ronda era che lo studente obbiettasse qualcosa, tipo “Ma perché?...”, o addirittura si rifiutasse… e a quel punto si scatenava il pestaggio…

il poveretto veniva abbandonato a terra. sanguinante, magari con qualche osso rotto.


Se lo studente invece di reagire si alzava e se ne andava subito, allora, poveretti, quelli della ronda, gli toccava accontentarsi di qualche pugno dato così… in fretta e furia… e allora, per sfogarsi, andavano per i caffè e per le birrerie della città

a caccia di ebrei, e quando ne trovavano qualcuno, uomo o donna che fosse, lo prendevano, lo umiliavano davanti a tutti, … per esempio, lo facevano spogliare

e lo costringevano a ballare nudo su un tavolino…

poi lo facevano cadere e per finire gli schiantavano la testa contro il muro…

gli spaccavano i denti a manganellate, e quando non si reggeva più in piedi,

lo buttavano a terra come un sacco di patate…

se poi… per caso, l’ebreo era anche il proprietario del locale,

lasciavano che a finire il lavoro fosse il fuoco.

*

Quando arrivava la polizia (se il povero ebreo era ancora vivo), veniva arrestato…

e a questo punto arrivava il bello. Lo portavano alla centrale, e lì cominciava la parte kafkiana… Il commissario lo interrogava con il sorrisetto del gatto

che ha un topino ferito tra le zampe.

“Ma come mai l’hanno ridotta in questo modo?

Lei deve aver fatto qualcosa… per caso non ha offeso qualcuno… ?

Aaah… Le avevano chiesto del denaro e lei glielo aveva rifiutato?

Ecco, vede, è per comportamenti come questo che voi ebrei non siete simpatici… Ma No!... Non vorrà mica sporgere denuncia! Non sia ridicolo…

Lei sa come vanno poi queste cose nei tribunali… sono cose lunghe…

Bisogna portare delle prove, dei testimoni…

e chi le dice che anche loro non abbiano dei testimoni…

delle persone… ris-petta-bi-li-ssi-me… pronte a giurare che ha cominciato lei…

Io le consiglio di non infilarsi in una avventura di questo genere.

La sua reputazione potrebbe risentirne gravemente…

E poi per cosa… ma queste sono ragazzate… lasci perdere, dia retta a me…

Ma lei non mi sembra convinto…

non vorrei che adesso lei uscisse di qui e andasse a combinare qualche sciocchezza.

Si, si, si ! … lei ha proprio la faccia di qualcuno che sta per mettersi nei guai…

non me ne voglia, eh… ma questa notte io la trattengo qui con noi…

lo faccio per il suo bene. Mi creda.

Avanti! Portatelo in cella!”. Il danno e la beffa.

Vedete, Kafka non aveva mica inventato niente… Kafka aveva solo descritto…

*

È quasi sicuro che il dottor Rudich, abbia assistito a scene di questo genere, forse qualcosa aveva anche subito… e penso che abbia disapprovato anche il comportamento di certe associazioni di giovani ebrei che si organizzavano per reagire ai soprusi.

C’era chi si vantava di aver partecipato a 10, 15… 20 risse… di essere stato ferito più e più volte… ed esibiva con orgoglio le cicatrici…


Ma Leon Rudich aveva capito…

“Tutta questa gente, umiliata, impaurita, frustrata…

stava aggiungendo la sua impazienza all’odio ereditato dai loro genitori.

Questa gente stava solo aspettando che arrivasse

qualcuno che riuscisse a esprimere in parole i loro sentimenti feroci…

qualcuno che promettesse loro un futuro…

qualcuno che parlasse loro di grandezza e di sacrificio…

e i giovani, e gli ingenui erano pronti a offrire il loro coraggio… la loro vita…

a morire e a far morire nel sangue e nel fuoco,

Leon Rudich aveva capito che gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali, i vecchi

e molti malati sarebbero stati sterminati perché ritenuti inferiori…

e aveva capito anche la cosa più tremenda… …

aveva capito che, se un giorno i sopravvissuti avessero cercato di raccontare quello che era successo … nessuno li avrebbe creduti!”.


Il giovane Rudich sapeva che la catastrofe poteva travolgerlo da un momento all’altro… Lui voleva solo studiare e fare il medico. E così decise di andarsene, finché c’era tempo.

se ne andò… prima di essere chiuso in un ghetto,

e prima che il ghetto fosse chiuso da un muro,

prima che fuggire da Bucarest fosse impossibile.

In quell’abbandonare la Romania c’era il rifiuto della vergogna

e di tutto il male che la vergogna ti può fare.


Domanda. Visto che lui stava in Romania, perché venire fino in Italia.

Non poteva fermarsi… per esempio in Ungheria, che era più vicina?

A Pècs c’è una università, la Janus Pannonius, che è una delle più antiche del mondo, fondata nel 1367, tuttora molto prestigiosa, in particolare per la medicina…

ancora oggi ci sono molti studenti, dall’Austria, dalla Germania, dalla Polonia,

da quasi tutti i paesi europei… che vanno lì a studiare.

Ma no! In Ungheria no. In Ungheria, subito dopo la prima guerra mondiale…

gli ungheresi erano stati i primi a dotarsi di una legge antiebraica.

avevano emanato la “numerus clausus”…

Le solite cose: divieto di matrimoni misti, espropri, divieto di svolgere attività commerciali, divieto di svolgere attività professionali, espulsione dagli uffici pubblici, espulsione dalle scuole sia dei docenti che degli studenti, …

e poi la propaganda… La propaganda antisemita coi suoi manifesti inquietanti…

Sulle vetrine dei negozi della Kiraly Utza, la Montenapoleone di Pécs,

venivano incollati certi volantini… ho le foto…

“Questo è un negozio ebreo, … se sei un vero ungherese non comprare qui,

vuoi fare arricchire ancora gli ebrei?”

su un altro manifestino… Due profili… uno ariano,…

biondino, slavato, modello nordico, l’altro, secondo l’iconografia più atroce,

una maschera col nasone, il mento prominente, la bocca ghignante e sdentata,

gli occhi infossati e stravolti, le sopracciglia cespugliose

i capelli scuri e ricci come il vello di una pecora nera…

“Vi sembra questa la faccia di un vero ungherese?”

(nel ritratto che ho descritto, avrete sicuramente riconosciuto alcuni celebri attori ebrei come Paul Newman o Michael Douglas,…

e Natalie Portman o Gwyneth Paltrow, tra le attrici)

Nel maggio del 44, in Ungheria su una popolazione di 9 milioni di abitanti,

vennero massacrati almeno 900 mila ebrei, alcuni direttamente sul posto,

(con la collaborazione attiva delle croci frecciate ungheresi),

altri nei campi di sterminio.

Da Pécs vennero deportate 4200 persone, ne sopravvissero 3.

Su tutto questo, oggi, regnano una rimozione e una retorica ipocritamente autoassolutorie. L’attuale presidente ungherese, uno dei leader del patto di Viserad… i duri e puri della tolleranza zero, contro l’invasione degli extracomunitari… ecco, egli, pochi anni fa, ha fatto innalzare, in piazza della Libertà, davanti al parlamento ungherese, un monumento per ricordare i 70 anni della occupazione nazista dell’Ungheria, (e il conseguente inizio della shoah).

Al centro del monumento, (un arco in cui spiccano una dozzina di colonne spezzate)… l’arcangelo Gabriele, che rappresenta la povera Ungheria, …

è attaccato da un’aquila rapace, che rappresenta la Germania nazista.

Ancora una volta… “ la colpa è stata tutta dei tedeschi…

e le croci frecciate ungheresi, non hanno mai fatto del male a nessuno!”

Un falso storico. Il tentativo di compiere una operazione di revisionismo negazionista… operazione non del tutto riuscita però… perché molti cittadini e alcuni discendenti delle vittime hanno creato, lì di fronte, una specie di

contro-monumento vivo… hanno portato foto, testi, documenti, oggetti delle vittime e li hanno disposti lì, con lumini e piccole pietre…

Irritato… il governo ungherese, per una specie di par condicio, nel 2013 ha fatto mettere nella stessa piazza, a poca distanza dal monumento, la statua dell’ammiraglio Horty, il governatore collaborazionista del nazismo, l’equivalente di Petain in Francia, però un po’ più cattivo. Vittime e carnefici sullo stesso piano.


E ancora oggi… in Ungheria… chi è il nemico pubblico numero 1?

È Soros, l’ebreo maledetto… quello che si è arricchito con le speculazioni,

quello che ha aperto scuole e università nei paesi dell’est Europa… dicono…

per diffondere le dottrine economiche liberali per rovinare il popolo cristiano… quell’ebreo vuole ridurci tutti in schiavitù facendo invadere l’Europa dai musulmani.

Ancora oggi, durante le ultime campagne elettorali, si sentivano frasi come:

“Volete ancora farvi governare dagli ebrei? Rimettiamogli la stella gialla!”

Il popolo gode ad affidarsi a governanti turpi… e dall’altro lato…

il mondo è pieno di uomini di governo che aspirano ad indossare la divisa di boia.

*

Un mio amico, un giornalista che vive a Budapest, mi racconta che

ogni settimana, meglio di sabato, quando gli ebrei vanno al tempio,

c’è qualcuno che subisce un agguato da parte degli Jobbik, quelli che si autodefiniscono “i migliori”, un corpo paramilitare di estrema destra.

Prediligono rabbini e attori, quelli famosi… li aggrediscono e li abbandonano feriti sui marciapiedi… i giornali non ne parlano, né in Ungheria, né nel resto d’Europa.

E sempre in tema di negazionismo e revisionismo… in Polonia una legge recente proibisce di affermare che ‘alcuni’ polacchi hanno collaborato con i nazisti.

Sarebbe come se in Italia facessero una legge

che decretasse che la Repubblica di Salò non è mai esistita.

Se questa… è la situazione… oggi… in molti paesi del centro-Europa,

immaginatevi come doveva essere 100 anni fa.

Come vedete il terreno di coltura della shoah, è stato concimato con generosità,

in ogni parte d’Europa ben prima della comparsa di Adolf Hitler.

*

E quindi… via dalla Romania, niente Ungheria, niente Polonia, niente Slovacchia, niente Serbia, niente Croazia… la scelta dell’Italia è una scelta quasi obbligata.

Quindi eccolo arrivare in Italia, a Pavia, …

Domanda… perché proprio Pavia?… Perché non Roma?

Vado di fantasia…

A Roma no… fa troppo caldo… il clima è troppo diverso, da quello della Romania… In Romania c’è quel bel clima nebbioso, con le lunghe piogge d’autunno, quelle piogge minute, diffuse, che avvolgono tutto…

A Firenze? No… troppa arte, troppa storia, troppo passato… e lui di certo guardava di più al futuro,

A Bologna? No… a Bologna nel 19 c’era stato il 16 congresso nazionale del partito socialista… Si parlava di "Fare come Lenin in Russia"

ed era stata proposta l'adesione del PSI alla Terza Internazionale filosovietica…

La violenza era stata accettata come mezzo di lotta politica:

si doveva "spingere il Proletariato alla conquista violenta del potere politico ed economico"… no - grazie… di risse ne aveva già avuto abbastanza in Romania.

Rudich voleva solo diventare medico, voleva curare le persone… i poveri, la gente comune… era la sua idea… come una missione…

A Milano?... a Milano no… non c’è il fiume… lui era abituato a Jasi dove passa il Bahlui, un affluente del Danubio, e anche a Bucarest, dove studiava c’era il fiume… si chiama Dâmbovița … un fiume in una città è importante…

è una ricchezza… ci si può andare a riflettere, a fare passeggiate rilassanti…

*

E allora… Pavia. Pavia sì. Pavia è la città ideale…

Piccola città. Storica università prestigiosa, clima uggioso,

e il Ticino, col ponte coperto da cui guardare l’acqua…

Quindi, 1925… il giovane Rudich abbandona la Romania e si trasferisce a Pavia.

“Ho studiato a Pavia, dove mi sono laureato nel 1930, subito sono venuto a Vigevano dove l’ospedale era rimasto senza assistenti nel reparto medico. Il prof Sacchi per me, è stato come un maestro severo e un padre affettuoso.”

Un uomo normale… un uomo simpatico, se è vero che per spostarsi più in fretta da un reparto all’altro, andava in bicicletta. Me la immagino la bicicletta… sicuramente una di quelle vecchie Bianchi, tutte nere, pesantissime, coi freni a forcella, e lui che pedala, magari lanciando qualche avvertimento…

“Mario, cosa fai in piedi! Vai a letto, ché ti torna la febbre!”.

Nell’Italia di Bartali certo la cosa doveva renderlo molto simpatico.

Ma torniamo alle sue parole… “Conobbi il caro Mussini, il caro Botto, spiriti aperti, cuori generosi, galantuomini…”.

“Mi sposai, ebbi un figlio, poi una figlia, nel cui lettino, appena nata, il 30 agosto 38, dovetti depositare come un bizzarro benvenuto, il decreto raziale

che faceva di lei una creatura inferiore, che privava suo padre della nazionalità italiana, che lo interdiceva dall’esercizio della sua professione e rendeva lui, la moglie -italianissima- e i suoi figli ‘apolidi’ ”,

Se per lui i “provvedimenti per la difesa della razza italiana” erano un “bizzarro benvenuto”… certo non gli mancava il senso dell’umorismo.

È un punto di vista che io condivido abbastanza. Cioè…

Quando si parla delle leggi razziali, si mettono giustamente, in evidenza

i caratteri vergognosi e le conseguenze tragiche che hanno avuto.

Però, io, col mio sguardo sempre un po’ divergente…

vedo che queste leggi contengono un vero e proprio teatro dell’assurdo…

Cioè, io non riesco a trascurare il loro aspetto ridicolo e grottesco,

e questa sera vorrei per un momento metterlo il primo piano…

sono sicuro che al dottor Rudich farebbe piacere… allora…


Provvedimenti per la difesa della razza italiana…

Ritenuta la necessità urgente e assoluta di provvedere… abbiamo decretato…

(quelli che hanno decretato… sono il Re Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano… e altri ministri)

Primo… È proibito il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con

persona appartenente ad altra razza…

sottinteso… non vorremo mica imbastardire la nostra splendida razza…

Cioè… non si possono mescolare i nostri arianissimi siciliani, i calabresi… i sardi… che sono tutti alti, biondi, con gli occhioni azzurri… atletici… dei vichinghi…

con gli ebrei, che invece sono piccoli, brutti, tarchiati, pelosi…

ma immaginatevi questa scena:… due fidanzati…

lui è innamorato di una ragazza ebrea, bella colta intelligente…

Dominique Sanda… la Micol del Giardino dei Finzi Contini…

si vogliono sposare… e invece no! Mussolini e il re vogliono che ti becchi la terrona

baffuta grassa e ignorante... quella di Mimì metallurgico! Così non si imbastardisce la razza!

Continuiamo… cosa comporta ancora la necessità ‘urgente e assoluta’ di provvedere?

Ecco… Gli ebrei non possono fare il servizio militare né in pace né il guerra…

E qui già si percepisce un certo livello di paranoia

forse avevano paura che sparassero addosso ai colonnelli e ai generali?


Gli ebrei non possono esercitare le professioni liberali… un medico come Rudich, non può fare il medico… e allora il medico chi lo deve fare?

Il macellaio? Il barbiere?


Gli ebrei non possono essere proprietari di terreni… e certo, nel paese dei latifondi incolti, poi, magari poi loro li coltivano… e piantano degli alberi ebrei che rovinano il paesaggio, e producono frutti velenosi per ammazzarci tutti, come i pompelmi velenosi che hanno piantato in Israele.


Gli ebrei non possono lavorare nelle amministrazioni pubbliche…

avevano paura che gli facessero la carta di identità sbagliata… ?

che gli togliessero qualche figlio dallo stato di famiglia… ? non capisco!


Gli ebrei non potevano andare a scuola, né studenti, né docenti.

Questo per metà lo capisco…

in quegli anni le classi, soprattutto in certe regioni d’Italia, contavano più di 45 alunni ciascuna… e quindi se leviamo qualche bambino ebreo il rapporto insegnanti-alunni migliora… però se poi cacciano anche gli insegnanti… siamo da capo!


A parte gli scherzi… in un paese in cui in media il 15% degli italiani erano analfabeti (più le donne degli uomini… e questo si deduce dai registri di matrimonio, contando quanti erano quelli che firmavano con la croce) ostacolare l’istruzione è una bella manifestazione di… non so… fate voi.


Ma i divieti in cui si arriva al massimo dell’imbecillità, secondo me sono quelli che riguardano lo sport.

Passi il divieto di andare in piscina… se parti dal presupposto che gli ebrei sono sporchi e portano le malattie… posso capire che un italiano pulito e sanissimo non voglia nuotare nell’acqua dove ci sono anche loro…


Ma il calcio… pensate i calciatori, gli allenatori,… gli arbitri ! … a cui viene proibito di scendere in campo…

“Il calcio deve essere bonificato dalla presenza degli ebrei! Questi signori devono fare le valigie entro 6 mesi…”

… vengono cacciati Konrad Jeno, allenatore della Triestina,

Vilmos Wilhem allenatore del Padova, Erbstein Erno allenatore del Torino…

e Weisz Arpad il più famoso… quello che aveva fatto vincere il primo scudetto all’Inter… nel 1930, e due scudetti consecutivi al Bologna nel 36 e nel 37…

Sarà ucciso ad Auschwitz all’inizio del 44… con tutta la famiglia…

Forse avevano paura che questi allenatori utilizzassero schemi diabolici…

e facessero perdere le squadre autenticamente ariane? Non lo so.

Mi fa venire in mente quando ero piccolo… che c’era il bambino sfigato che,

o lo facevi vincere, o se ne tornava a casa e si portava via il pallone…

Ma la cosa più imbecille era che gli ebrei non potevano neanche andare a vedere la partita… ma perché?

Avevano paura che se il pallone finiva in tribuna glielo bucavano?…

Che imbecillità… Imbecille come fare la figurina di Anna Frank con la maglia della Roma… e questa è imbecillità recente… o per meglio dire… sempre verde…

*

Purtroppo o per fortuna… noi italiani abbiamo la bizzarra abitudine

di rispettare le leggi quando lo riteniamo opportuno…

quando le riteniamo giuste e se ci conviene… se no, no.

Per noi le leggi sono una indicazione, un suggerimento…

Ecco perché non andiamo d’accordo con i tedeschi!

*

E così, quando scoppia la guerra,

il dottor Rudich riesce a non far internare i suoi famigliari…

lui viene mandato al confino in Abruzzo,

… ma poi gli permettono di ritornare a Vigevano.

Per un po’ diventa medico-clandestino… grazie a un collega che firma le ricette al posto suo… ma si sente come uno che fa la borsanera…

in tempo di guerra sono cose che si rischia la galera, per non dire di peggio…

“In quel periodo conobbi molti di quelli che poi diventarono parte attiva della Resistenza… Qualcuno, poi, perse la libertà, la salute, o la vita”.

La guerra andava avanti, e le cose si facevano sempre più complicate.

Per trovare un po’ di lavoro, deve andare a Milano.

Pare che un giorno abbia sentito parlare un gruppo di bambini e ragazzi…

Parlavano una lingua strana… una lingua che sembrava tedesco…

“Saighe sent – istark in a groisse – bal masel”… che

vorrebbe dire “stai in buona salute, sii forte e che tu abbia tanta fortuna”

Non è tedesco, è Yiddish. Cos’è l’Yiddish?... …

Faccio prima a dire… che il tedesco è come l’Yiddish, ma senza ironia…

In tedesco ci può essere la comicità (spesso un po’ greve)…

ma l’ironia no, l’ironia non è roba per i tedeschi…

Il dottor Rudich, tra le altre lingue, parlava anche l’Yiddish. E capisce.

Quei bambini sono figli di rifugiati … non possono andare a scuola…

ma devono pur passare il loro tempo da qualche parte,

mentre i genitori sono in giro a cercare di rimediare qualcosa per la giornata.

Bisognava provvedere. Non so bene come… ma si ritrova con un vecchio amico, l’ingegner Israel Kalk. All’inizio pare che abbiano portato i bambini… saggiamente diffidenti, in una latteria; poi la reazione di qualche cliente infastidito, e magari il rischio di qualche denuncia o addirittura della chiusura, pare che abbia indotto il proprietario a invitare Kalk e Rudich a cercare un altro locale… per accogliere e sfamare quei bambini.

Con l’aiuto di qualche benefattore

-quelli che con linguaggio dagli echi latini loro chiamavano ‘oblatori’-

(e nell’indifferenza… o nell’impotenza di altri) nacque la Mensa dei bambini,

vicino a piazza Tricolore, non lontano dal Conservatorio.

E fu così che quei piccoli profughi poterono ricevere ogni giorno un pranzo e una cena caldi, assistenza medica, materiale scolastico e persino i biglietti del tram

per andare alla scuola ebraica, che era l’unica che potessero frequentare.

È improbabile che i pasti prevedessero delizie come il borsh (con la panna acida),

le zuppe di pollo o di manzo (coi funghi, coi ceci o con le melanzane),

e i dolci alle noci, alla mela, ai semi di papavero… e le tante altre leccornie della cucina ebraica polacca, ungherese, ceca… però dai sorrisi che si vedono nelle foto anche la cucina italiana riscuoteva ‘il suo bel consenso’.

Naturalmente, dopo qualche mese, le autorità fasciste, in mancanza di meglio… impedirono al dottore di viaggiare tra Vigevano a Milano, e così la sua partecipazione a questa impresa fu interrotta.

Il dottor Rudich, ricorda… “… visto che non mi permettevano di fare l’impiegato, presi il libretto di lavoro da operaio… mi ricordo la faccia dell’impiegato dell’ufficio di collocamento…

  • Grado di studio conseguito?

  • Laurea in medicina e chirurgia con assistentato ospedaliero.

  • Situazione militare –

  • Ex ufficiale

  • Eventuali lingue conosciute?

  • Otto…” (immagino io) rumeno, italiano, francese, inglese, tedesco, forse russo,

ungherese, polacco… ‘senza contare il vigevanese’…

Ma cosa avrà pensato l’impiegato? Gli sarà venuto il sospetto che costringere il dottor Rudich a fare il manovale era un ‘sintomo’ della demenza del regime?

Non lo sapremo mai.

Mi hanno detto che forse in fabbrica si infortunò ad una mano… e mi sembra naturale… se uno è medico e tu lo metti al tornio, per forza poi che si fa male…

per cui ben presto gli vennero affidati altri incarichi… incarichi di responsabilità…

Comunque poi arrivarono il 25 luglio e l’8 settembre… la catastrofe…

*

Il dottore, con i tedeschi in giro, ha il buon senso di nascondersi per un paio di mesi

in valle del Ticino, con degli inglesi, prigionieri di guerra che erano riusciti a fuggire da un campo di prigionia. Per fortuna i contadini e i guardaboschi li aiutavano…

Ma provate a immaginare l’ansia per la moglie e per i figli che erano rimasti in città, … abitavano in Corso Milano… in una casa nel cortile dell’antica trattoria alla Colla… presso due sorelle, le signorine Maria e Paola Arati…

Meriterebbero che in qualche giardino dei giusti venisse piantato un albero per la loro memoria… e il fatto che una delle due fosse soprannominata… pare…

la dentona… la rende solo più simpatica…

Il dottore sicuramente si tormentava per i famigliari

(…e se li catturano, e se li interrogano, e se li deportano…)

… ma c’era anche l’apprensione per se stesso… la paura di cadere in un rastrellamento… la paura di non vedere mai più i suoi bambini, la moglie.

Non ce la fa a resistere. La situazione è disperata - e impone una scelta disperata:

La fuga in Svizzera… che insomma, non è come adesso, che noi ci prendiamo la macchina, e se a Chiasso non c’è troppa coda, in un’ora siamo a Lugano.

Eh… no!

“Il 4 novembre (del 43) decisi di regalarmi la libertà…

In pieno giorno partii da Vigevano… con mia moglie, sua madre, Rina Misul, e i miei figli… (il maschietto di sei anni, la bambina di cinque)… pochi vestiti addosso, e senza altro denaro se non quello da consegnare ai contrabbandieri…” che li aspettavano vicino a Luino.

*

Le cronache del tempo sono piene di vicende atroci…

Gente che veniva derubata di tutto e abbandonata nei boschi…

quando non ammazzata e buttata in qualche dirupo…

(I trafficanti di esseri umani, i delinquenti che speculano sulle disgrazie dei disperati, non li hanno mica inventati i libici…)

C’erano gruppi di profughi che venivano costretti a dividersi

perché era pericoloso portare vecchi o bambini… Anche al dottore viene chiesto di lasciare indietro la mamma di sua moglie… perché era vecchia.

Il dottore non voleva saperne di abbandonarla, ma pare che la signora Rina, quando tutti si addormentarono, partì da sola e tornò a casa.

Con un po’ di fortuna, con l’aiuto delle sorelle Arati, e anche con una certa prontezza di spirito, riuscì a cavarsela e a sopravvivere alla guerra.

Intanto, il resto della famiglia…

“Di notte, col buio e con la nebbia, passammo la montagna…

I bambini scivolavano sulle rocce, ma sapevano che non dovevano lamentarsi…

Entrammo in Svizzera strisciando sotto un ponticello al quale era stata tolta la rete.

Le guide, dopo averci fatto passare se ne andarono portandosi via i nostri zaini”.

Sicuramente, quelli… furbi… avranno pensato che gli sporchi ebrei stavano scappando in Svizzera con le loro ricchezze, trafugate con tanta avidità ai poveri italiani… diamanti, oro, titoli di stato… in realtà dentro gli zaini c’erano solo pochi vestiti usati e qualche documento… i documenti di identità e il diploma di laurea…

Saranno stati delusi nello scoprire che la laurea del Dottor Rudich, loro non potevano usarla…

Questa disavventura fu la causa del fatto che l’accoglienza in Svizzera non fu granché. La polizia militare non credeva che con quelle mani callose, lui fosse un medico… e quindi… campi di raccolta, separazioni… uomini da una parte, donne e bambini dall’altra…

Comunque meglio di quello che capitò ad alcuni profughi… ebrei, a cui le guardie di frontiera svizzere, sequestrarono ogni avere, e poi li riconsegnarono ai repubblichini.

Dopo qualche traversia, il dottore fu riconosciuto

e si ritrovò a fare il dirigente in una clinica per rifugiati, vicino a Losanna.

*

Finalmente arrivò il 25 aprile; il dottore e la famiglia senza aspettare gli adempimenti di tutte le pratiche burocratiche, (cioè senza il permesso degli svizzeri), rientrano in Italia… Eravamo entrati in Svizzera clandestinamente… uscivamo dalla Svizzera… clandestinamente… e a piedi, in treno, col traghetto, chiedendo dei passaggi in auto… riuscirono a rientrare a Vigevano.

Da questo punto in poi la storia è tutta in discesa…

Nasce la Repubblica, le deliranti leggi antisemite vengono immediatamente abrogate,

e il dottore può riprendere a fare il medico…

si iscrive al partito Socialista… quello di Nenni, non quello di tangentopoli…

partecipa alla vita politica… consigliere comunale, assessore, vicesindaco…

e infine Sindaco…

Nei suoi ricordi si definisce così… “Nato in Europa orientale, divenuto Italiano e Vigevanese, sono e resto Europeo… libero e socialista!”

*


Ultima riflessione… Ora noi siamo qui… io sto parlando e voi mi ascoltate…

Alle volte mi chiedo… “ma oggi, è davvero utile parlare?”

Oggi tutti quelli che parlano, hanno tutti ragione.

Qualunque argomento si affronti, in qualunque momento,

tutti hanno già pronte in tasca tutte le loro rispostine, belle e pronte,

magari confezionate da qualcun altro… dal loro ufficio marketing…

I politici, i manager… fanno il training…

C’è uno staff che gli prepara tutte le domande possibili e immaginabili

e tutte le risposte possibili e immaginabili…

E non solo… li addestrano a rispondere… così, a macchinetta…

Gli insegnano la postura, il sorrisetto fesso, il tono, il ritmo, il volume…

Mai nessuno che abbia una esitazione, un secondo di tregua per fermarsi a ragionare. Tutti automi… (e in questo, tutti seguono l’esempio dell’imbianchino tedesco … che aveva preso delle lezioni di “voce” da un attore…)

E noi, … noi siamo diventati degli automi dell’ascolto…

e guardate che questa è una cosa grave…

non c’è più il tempo della riflessione, del confronto…

Parlavo con un ragazzo di 16 anni…

questo ragazzo, in età dello sviluppo ha tutta una serie di problemi fisici…

la madre è preoccupata, il medico gli ha spiegato che l’origine dei suoi disturbi

è da ricercare in certi suoi comportamenti non equilibrati

e lo ha invitato a modificarli. Gli ha spiegato cause ed effetti.

La risposta è stata… “Ma questa è una mia scelta”… una mia scelta!

Che vuol dire: non me ne frega niente della tua scienza,

non me ne frega niente delle tue competenze,

non me ne frega niente del tuo discorso logico,

non me ne frega niente ne di te né di nessuno, neanche del mio corpo.

Non c’è più ascolto. Questa è la mia scelta. Punto. Punto e basta.

Ecco…

Nel mio ultimo anno di insegnamento ho accompagnato

una classe quinta, in gita scolastica, a Berlino

(lo so che si dovrebbe dire “viaggio di istruzione”,

ma non sono convinto che ci sia coincidenza tra l’oggetto e il nome,

e siccome sono antico, preferisco chiamarla gita… e non ci vedo niente di male).

*

Non ci vedo niente di male nemmeno nel fatto che tra gli studenti,

quasi tutti maggiorenni, ci fosse un certo entusiasmo per le birrerie

che avremmo visitato alla sera dopo cena…

d’altronde, che facciamo, andiamo a Berlino e non andiamo in birreria? Non esiste!

Quello che mi dà da pensare invece, sono certe reazioni di alcuni ragazzi, che,

nella loro sincerità, così poco politicamente corretta,

davanti ad alcune tappe del percorso didattico,

mostrano indifferenza e anche una certa insofferenza.


A Norimberga, nello stadio dove si tenevano le adunate oceaniche

in cui Hitler ipnotizzava le decine di migliaia di adoratori,

molti scelgono di non scendere nemmeno dal pullman…

preferiscono restare ad ascoltare musica o a dormire.


A Vansee, nel visitare la palazzina dove venne decisa e pianificata ‘la soluzione finale’, dopo un percorso frettoloso, escono nel giardino che circonda la villa,

e si fanno anche richiamare dai custodi.


A Berlino, con gentilezza mi domandano:

“Ma perché dobbiamo andare a visitare il museo della shoah?

Noi volevamo andare a visitare lo stadio”

(dove se non ricordo male, mi dicono che l’Italia abbia battuto la Germania)…

Io chiedo se c’è una partita… ? No… non c’è niente.

Ma sarà chiuso, non si potrà nemmeno visitare…

Non importa. Vogliono andare a vedere lo stadio… vuoto… da fuori.

Secondo me è meglio visitare il museo della shoah…

ma loro con un certo candore mi domandano:

“Ma perché… perché sempre con questi ebrei…

Lo sappiamo… i nazisti li hanno perseguitati…

Ce l’avete raccontato mille volte, ma noi cosa c’entriamo?

E poi è passato tanto di quel tempo… ormai son cose passate…

Non succederanno più… ”

“È vero… agli ebrei è successo 70, 80 anni fa…

ma se la volta prossima capitasse a voi?

Guardate quello che è successo nella ex Jugoslavia…

Chi poteva immaginare che popoli che convivevano da anni e anni

si sarebbero scannati senza pietà…

chi poteva immaginare che, al centro dell’Europa, ci sarebbero stati di nuovo

i campi di sterminio e i massacri di massa… come a Srebrenica…

Basta che ci sia chi sappia soffiare sul fuoco nel modo giusto,

e una guerra civile imprevista… inedita… può scoppiare anche da noi…”

“No, -mi dicono- da noi non può succedere”. Punto. È la loro decisione. Punto.

Come il ragazzino di 16 anni. Punto. Chiusa la discussione.

Alla fine ci mettiamo d’accordo… e facciamo un compromesso:

prima la visita al museo della shoah, poi lo stadio…

*

Però sono inquieto. So che non li ho convinti e non mi credono.

Sono venuti solo per buona educazione e per rispetto nei miei confronti.

Sperimento tutta l’impotenza delle parole per far comprendere il senso della shoah.

Davanti alla shoah, perdono senso… le parole e perfino i numeri.

Cosa vuol dire sei milioni di morti? Che differenza c’è tra

un milione di morti, sei milioni di morti o venti milioni di morti…?


Quanto ci si impiega a contare fino a un milione?…

contando senza smettere mai per 8 ore al giorno… uno, due, tre… ci si impiega un mese e mezzo. Ogni numero un morto…

Un milione di morti sono gli esseri umani massacrati in Ruanda,

un milione di Tuzi massacrati dagli Utu… in poco più di tre mesi,

aprile, maggio, giugno nel 94… nell’indifferenza dell’Europa…


Venti milioni… sono i morti causati in Europa dalla spagnola… alla fine della prima guerra mondiale… sapete quanto sono 20 milioni di secondi… sono quasi otto mesi… se mettiamo un timer adesso (fine gennaio), suona alla fine di settembre…

Febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre… un morto ogni secondo… giorno e notte…


Sei milioni di morti sono gli ebrei passati nei forni crematori.

Proviamo a visualizzarli…? Prendiamo l’autostrada del sole da Milano a Roma… 600 kilometri. Ecco, in ogni metro dell’autostrada ci mettiamo una fila di 10 ebrei…

Ecco 6 milioni di ebrei…

*

Vedete le parole, i numeri… non sembra, ma sono reticenti. Non fanno capire la realtà.

Come fare per restituire senso a queste parole.

Allora, io che sono appassionato di teatro… di cinema, ho pensato una cosa…

vi faccio una modesta proposta, proprio nel senso di Jonathan Swift

Una specie di happening. Una simulazione. Una esperienza… Un reality!

Bisognerebbe invitare i ragazzi… un’ottantina… in un posto come il binario 21 a Milano. Invitarli tutti a salire su un vagone…

(un carro bestiame, come quelli usati dai nazisti per i loro carichi)…

per provare… e restare lì un po’ di tempo… Poi chiudere il portellone, …

per un tempo imprecisato. Potrebbero bastare 4 ore… 8 ore… magari 24…

Si, io penso che bisognerebbe lasciarli lì… 24 ore.

solo 24 ore, non 3 giorni o 4 giorni come capitava a quei poveri vecchi, malati, a quei poveri ragazzi, a quelle povere mamme con i bambini…

che partivano da quello stesso binario 21.

Lo so… lo so che non si può fare…

Lo so… immaginatevi le reazioni di mammine, nonnine, paparini…

Lo so… che ci sarebbero gli estremi per qualche reato…

a cominciare dal sequestro di persona…

quindi… non ditemi che sono un sadico…

ma facciamo finta… facciamo finta!

non per cattiveria… solo per far capire meglio la situazione,

proviamo solo a immaginare…

Senza mangiare… senza bere… in piedi… 24 ore…

solo con un bidone a disposizione per i loro bisogni…

e intanto far scaldare l’ambiente come se il carro fosse al sole d’estate…

oppure farlo raffreddare come se fossimo in Polonia d’inverno…

All’esterno bisognerebbe lasciare solo dei cani… dei dobermann affamati che abbaiano… Sarebbe interessante fare una candid-camera…

(una specie di Grande fratello… L’isola dei famosi… ma vero! non fasullo come quelli delle televisioni… Lo chiamerei “Il vagone degli studenti”…)

Se ne potrebbe ricavare una trasmissione molto interessante… un film!

… vere crisi di panico… vere crisi di claustrofobia, vere incazzature, urla,

bestemmie da far arrossire i portuali tedeschi… perché, non facciamo gli ipocriti,

molti dei nostri giovani bestemmiano con gran passione ed energia.

Sono sicuro che dalle riprese si potrebbe ricavare un documentario molto istruttivo… da proiettare nelle scuole, da passare in televisione…

e anche gli 80 partecipanti all’esperimento ne trarrebbero giovamento…

forse la smetterebbero di dire “siamo stufi di sentir parlare di ebrei”.

Sarebbe istruttivo, perché si potrebbe far toccare davvero con mano,

al di là delle parole ormai vuote di realtà,

quale sorte turpe è stata inflitta a 6 milioni di innocenti

nell’indifferenza di milioni di europei per bene,

con la soddisfazione di milioni di europei per bene,

con la complicità di milioni di europei per bene.


come ha detto George Benanos…

Le più grandi canagliate della storia

non sono state commesse dalle più grandi canaglie,

ma… dai vigliacchi e dagli incapaci

*

Conclusione: Leon Rudich non è stato un grande eroe;

non è stato un combattente valoroso che abbia sfidato fascisti e nazisti in scontri epici a costo della sua vita; non è stato un sopravvissuto dei campi di sterminio

in cui siano scomparsi tutti i suoi familiari;

non ha scritto saggi densi di riflessioni profondissime, o memorie toccanti di vicende drammatiche accadute a lui, alla sua famiglia o al suo popolo;

la sua vicenda non ha avuto un finale tragico

come quella di sei milioni di suoi correligionari.


No, Leon Rudich è stato un uomo sereno con la vocazione del medico.

Faceva il medico per mantenere se stesso e la sua famiglia, certo,

ma anche per solidarietà verso i più deboli, i più indifesi…

nell’epoca in cui non c’era ancora il servizio sanitario nazionale…

Un benefattore, nel suo piccolo.


Un suggerimento alle autorità cittadine… Non sarebbe il caso di mettere almeno una targa sulle case in cui abitò e dovette nascondersi?


Abbiamo preso spunto dalla sua vicenda,

a volte ragionando su un semplice indizio, a volte lavorando anche di fantasia,

per descrivere lo sfondo davanti al quale il dottor Rudich si è mosso,

e nel quale ha rischiato di essere stritolato,

Abbiamo cercato di offrirvi spunti per una riflessione su alcuni momenti del 900.

In quei momenti, autorità, intellettuali, artisti, opinionisti e magistrati…

sono stati troppo spesso reticenti (quando non complici),

e il loro comportamento non è stato abbastanza fermo, nell’impedire quei “piccoli passi”, quegli spostamenti progressivi dell’orrore che,

a poco a poco, ma inesorabilmente, conducono e riconducono, alla catastrofe.

Grazie a Leon Rudich, medico, … semplicemente ebreo.


… un ringraziamento speciale va all’ANPI e a Massimo Gallina, che per primo mi ha accennato alla storia del dottor Rudich,

all’ANED e al professor Marco Savini, che mi ha fornito, gran parte della documentazione su cui ho costruito questo racconto, tra cui l’esauriente articolo della signora Guarnaschelli, che contiene preziosissime indicazioni e alcune interviste ai figli del dottor Rudich…

grazie anche alla mia amica Rosana Rosatti che ha cercato, con risultati discutibili, di farmi imparare tre parole in Yiddish,

e alla signora Liliana Molina sempre prodiga di preziosi suggerimenti e di generosi incoraggiamenti. 

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