mercoledì 11 gennaio 2012

il grande quaderno







Luigi Alcide Fusani

Il grande quaderno



Da Trilogia della città di K, prima parte, di Agota Kristof


I. Prologo.

C’è un quaderno.
Sembra il diario di due bambini... in tempo di guerra...
Non so in quale guerra... non so in quale tempo... non so dove...
Non so chi l’ha scritto.
Non so se quello che c’è scritto è vero...
Non so se chi l’ha scritto ha vissuto quello che racconta,
oppure se ha raccolto dei racconti e gli ha dato una forma...
tante cose che ci sono scritte non sembrano neanche vere...
come se qualcuno avesse esagerato...
forse quelli che davvero hanno vissuto queste esperienze mentre raccontavano a chi ha scritto...
forse chi ha scritto ha amplificato ciò che gli era stato raccontato...
forse questo quaderno è servito a qualcuno per sopravvivere a un’altra guerra...
troppi dubbi, direte voi... perchè portare qui, su questo palcoscenico,
questo testo, se ci sono tutti questi dubbi?
La risposta è semplice: perchè questo testo, quello che c’è scritto in questo quaderno,
colpisce nel profondo.
Anche se non è stato scritto da due bambini... non importa... avrebbe potuto essere.
Non si sa qual è guerra che fa da sfondo al racconto.
Non importa... tutte le guerre del mondo sono uguali...
Qual è nel mondo, la guerra dove i bambini non sono vittime?
Quando c’è stata nel mondo una guerra “umana”...
una guerra che abbia rispettato gli innocenti, i deboli...
una guerra che non abbia sporcato... si “sporcato” lasciatemi usare questo termine volgare...
una guerra che non abbia sporcato quelli che l’hanno vissuta...
si perchè... attenzione... vittime della guerra non sono solo quelli che muoiono, quelli che perdono un braccio, un occhio... quelli che rimangono feriti... magari anche solo leggermente...
no, vittime della guerra sono anche tutti quelli che la guerra aiuta a tirare fuori il peggio di sé,
quelli a cui la guerra fa perdere il senso profondo dell’essere umani...
e allora anche l’esagerazione si può perdonare...
si, l’esagerazione è un peccato leggero, se serve per farci sentire tutto l’orrore della guerra,
per rendercela ripugnante...
per far si che anche noi... anche noi siamo concordi a rifiutare la guerra,
per far si che anche noi siamo concordi a dire che noi... noi siamo contro la guerra...
distinti, si badi bene... ben distinti da chi dice di essere per la pace, e contemporaneamente,
per portare la pace, porta la guerra... sempre a casa degli altri.
No, io non sono per la pace... io sono contro la guerra... come dice un medico italiano.
Ecco perchè questa sera, io sono qui, davanti a voi...
io sono qui... con questo quaderno. 

II. La casa di nonna.

Sembra il diario di due bambini... sono due gemelli...
Il quaderno dice che la mamma li ha fatti sfollare in campagna, a casa della nonna...
La mamma dice: vorrei solamente che i miei bambini sopravvivessero a questa guerra...
La grande città è bombardata giorno e notte, e non c'è più da mangiare.
Niente pane, niente carne, niente verdura, niente latte. Niente.
La nonna resiste. Rinfaccia alla figlia di essersi dimenticata di lei, di non essersi fatta vedere per 10 anni, di non essere mai venuta, di non avere mai scritto...
la mamma dei bambini risponde: sapete bene perché. A mio padre volevo bene... io.
La nonna resiste ancora: solo adesso ti ricordi di avere una mamma... arrivi qua e mi chiedi di aiutarti...
la mamma dei bambini piange.
La nonna dice: la guerra può durare ancora molto. Ma li farò lavorare, stai tranquilla. Il cibo non è gratis nemmeno qui.
La mamma bacia i bambini e se ne va piangendo. Lascia una grossa scatola con lenzuola, coperte, asciugamani e vestiti...
La nonna, invece, ride. Sì, ride molto forte... e quando i bambini le fanno la lingua lei ride ancora più forte.

La nonna abita vicino alla piccola città; la piccola città è vicino alla frontiera.
Vicino alla piccola città c'è una base militare segreta.
La casa della nonna e circondata da un giardino, in fondo al giardino c'è un ruscello, oltre il ruscello c'è la foresta.
Nel giardino la nonna coltiva tutti i tipi di verdura. Ci sono anche degli alberi da frutta.
In un angolo c'è una gabbia per i conigli, una per i polli, un porcile, e un casotto per le capre.
La nonna porta al mercato la verdura, la frutta, i conigli, le anatre, i polli... e li vende.
Vende anche le uova e il formaggio di capra.
I maiali invece li vende al macellaio che paga un po' con i soldi e un po' con dei prosciutti e delle salsicce.
La nonna possiede anche una vigna, dall'altra parte della strada.
Quando si entra nella casa della nonna, si entra nella cucina. La cucina è molto grande, e c'è sempre caldo, perché c'è il fuoco acceso tutto il giorno... c'è un forno a legna.
C'è una finestra, e vicino alla finestra c'è un enorme tavolo, con una panca che fa un angolo.
I bambini dormono sulla panca.
Dalla cucina si va nella camera della nonna, ma i bambini non ci possono entrare; la camera è sempre chiusa a chiave. Entra solo la nonna, alla sera, per dormire.
Dalla cucina si può entrare anche in un'altra camera. Anche la porta di questa camera è sempre chiusa a chiave.
Questa camera è affittata ad un ufficiale straniero; ogni tanto arriva un uomo, un militare, senza gradi... dice di essere “l'attendente del capitano”... parla male la lingua dei bambini... e deve preparare la camera per quando arriva il capitano.
Sotto la casa c'è una cantina piena di cose da mangiare. Ma anche lì, i bambini non possono entrare.
Sotto il tetto c'è una soffitta. Lì i bambini riescono a salire, si arrampicano su una corda.
Nella soffitta i bambini nascondono tutti gli oggetti che vogliono tenere segreti.
La nonna non sale in soffitta. I bambini una volta hanno segato un pochino la scala e quando la nonna c'è salita si è fatta male cadendo.
I bambini sono riusciti a costruire delle chiavi che aprono tutte le porte, e hanno fatto dei buchi nel pavimento di legno della soffitta e da lì possono osservare la nonna e l'ufficiale nelle loro camere senza che loro se ne accorgano.

III. La nonna.

Il quaderno dice che la gente del paese, quando parla della nonna la chiama Strega.
I bambini la chiamano nonna. Lei li chiama figli di cagna.
La nonna è piccola e magra. Ha un fazzoletto nero sulla testa. I suoi vestiti sono grigi, scuri.
Se c'è bel tempo cammina a piedi nudi, altrimenti porta dei vecchi scarponi militari.
Il suo viso è coperto di rughe, e ci sono anche delle macchie scure da cui spuntano dei peli.
Forse, non ha più denti. La nonna non si lava mai. Quando mangia, quando beve, si asciuga la bocca con un fazzoletto. Non porta le mutande. Quando deve pisciare si ferma un momento, allarga le gambe, e piscia lì per terra, sotto la gonna.
La nonna non si spoglia mai. I bambini lo sanno perchè la spiano, alla sera, quando si chiude in camera sua; vedono che si toglie la gonna, ma sotto c'è un'altra gonna. Vedono che  si toglie la camicia, ma sotto c'è un'altra camicia. Non toglie il fazzoletto dalla testa, e si mette a dormire così.
La nonna parla poco. Alla sera prende una bottiglia e beve a canna. Poco dopo si mette a parlare una lingua che noi non conosciamo. In questa lingua sconosciuta la nonna si fa delle domande e si risponde da sola. A volte ride, a volte si arrabbia e urla. Quasi sempre si mette a piangere... allora va in camera, si butta sul letto. I bambini la sentono singhiozzare a lungo, durante la notte.
È strano che i bambini non si addormentino subito. Ma forse in tempo di guerra succede davvero così.

IV. I lavori.

La nonna vuole che i bambini lavorino, altrimenti non gli dà niente da mangiare e alla sera, li chiude fuori di casa. I bambini all'inizio si ribellano. Mangiano lo stesso quello che riescono a rubare in giardino.
La nonna lavora molto. Dà da mangiare agli animali, munge le capre, bagna l'orto, raccoglie le verdure e la frutta; mette tutto in una carriola, con le uova, un coniglio o un pollo, e poi va al mercato. Le verdure che non ha venduto le usa per fare una zuppa. Con la frutta avanzata, invece fa delle marmellate. Al pomeriggio si occupa della vigna, va a cercare funghi nella foresta, raccoglie legna secca, fa dei formaggi, mette a posto le cose in cantina... fa un sacco di cose, prima che sia notte.
I bambini per un po' stanno lì a guardare senza far niente... ma stare lì a far niente guardando qualcuno che lavora, li fa vergognare di se stessi, soprattutto se il lavoro è pesante, e chi lavora è vecchio.
I bambini prima cominciano ad andare nel bosco a cercar legna, poi cominciano a segarla.
Dopo un po', fanno tutti i lavori che sono in grado di fare.
Una volta, nel bosco, vicino a un grosso buco fatto da una bomba, i bambini trovano un soldato morto.
Ci si aspetterebbe che si spaventino, che scappino, che corrano a chiamare qualcuno...
e invece no, il quaderno dice che bambini prendono il suo fucile, le cartucce, le bombe, e di nascosto le portano a casa, li avvolgono con cura nella paglia, li nascondono dentro i sacchi di patate e li sotterrano sotto una panca, proprio davanti alla finestra della camera dell’ufficiale.

V. La sporcizia.

A casa della nonna è impossibile a lavarsi. Non c'è un bagno. L'acqua bisogna andare a prenderla in un pozzo in cortile. Non c'è sapone, non c'è dentifricio, non si può fare il bucato.
La nonna ha venduto tutto: le lenzuola, le coperte, gli asciugamani... tutto quello che c'era nella grossa scatola lasciata dalla mamma... tutto è scomparso.
I bambini diventano sempre più sporchi, i loro vestiti pure. Ormai non hanno più vestiti puliti. Le loro scarpe si consumano, si bucano. Quando è possibile camminano a piedi nudi. Le piante dei loro piedi diventano sempre più dure; i bambini non sentono più le spine né i sassi.
La loro pelle diventa scura, le loro gambe e le loro braccia sono coperte di tagli e croste.
Le loro unghie si spezzano, i capelli ormai arrivano alle spalle.
La latrina è in fondo al giardino. Non c'è mai carta.
I bambini puzzano, hanno un odore misto di letame, erba, fumo, formaggio, fango, sudore, e piscia.
I bambini puzzano come la nonna.





VI. Bambini fanno esercizi.

La nonna quando si arrabbia grida, e picchia i bambini. I colpi fanno male e fanno piangere i bambini. I bambini decidono di imparare a sopportare il dolore senza piangere.
I bambini si picchiano anche tra di loro, lottano... si danno degli schiaffi sulla faccia, sempre più forti... poi dei pugni... il viso gonfia e si riempie di lividi.
I bambini si spogliano... restano nudi... si colpiscono l’un l’altro con una cintura...
A ogni colpo urlano: Non fa male! Non fa male! E colpiscono più forte, sempre più forte...
Passano le mani sopra una fiamma, versano dell’alcol sulle ferite... e ogni volta dicono:
Non fa male! Non fa male! Non fa male!
A poco a poco, è come se fosse qualcun’altro che ha male... qualcun’altro che soffre.
A poco a poco i bambini non piangono più.

La nonna chiama i bambini figli di cagna.
La gente del paese li chiama figli di una strega, o figli di puttana.
li insultano... li chiamano imbecilli, mascalzoni, asini, porci, canaglie, carogne, merdosi...
quando sentono queste parole, il viso dei bambini diventa rosso...
le orecchie ronzano... le ginocchia tremano.
I bambini vogliono abituarsi alle ingiurie... vogliono imparare a sopportare le parole che feriscono.
I bambini cominciano a insultarsi anche tra di loro... bastardo, stronzo, buco di culo... vaffanculo...
E continuano fino a che le parole non entrano più nel loro cervello,
fino a che non riescono a restare indifferenti anche davanti agli insulti più infamanti.

Ma i bambini ricordano anche quando la mamma li chiamava... tesori miei, amori miei, miei bambini adorati, voi siete la mia gioia, gli voglio bene, non vi lascerò mai, siete tutta la mia vita...
Quando i bambini ricordano queste parole, i loro occhi si riempiono di lacrime.
I bambini decidono che devono dimenticare queste parole... il ricordo di parole simili è un peso troppo grosso da portare...
I bambini ora cominciano a ripetere: tesori miei, amori miei, vi voglio bene, non vi lascerò mai, io vorrò bene solo a voi... sempre... siete tutta la mia vita...
A forza di ripeterle anche queste parole, a poco a poco, perdono il loro significato... e il dolore che portano diventa più leggero.

Prima di andare dalla nonna i bambini erano andati a scuola due anni e mezzo... poi è scoppiata la guerra... il papà era partito subito per il fronte... era un giornalista, un corrispondente di guerra.
Anche i maestri a un certo punto erano partiti per il fronte. Erano rimaste solo le donne a insegnare. Ma dopo poco la scuola aveva chiuso perché c'erano troppi allarmi e bombardamenti.
Quando la scuola aveva chiuso, i bambini sapevano leggere, scrivere, contare, fare le operazioni.
Il grande quaderno dice che un giorno i bambini decidono di continuare i loro studi da soli, anche senza insegnanti... usando solo un dizionario e una Bibbia... e così vanno alla cartolibreria e riescono a farsi regalare carta, quaderni, matite...
Troppo saggi, questi bambini!

VII. La vicina e sua figlia.

La nonna abita vicino alla piccola città.
Nell'ultima casa della piccola città abita una vecchia, con sua figlia. La casa ha il tetto sfondato. Attorno alla casa c'è un giardino ma non ci crescono che erbacce. La vicina sta seduta tutto il giorno su uno sgabello, nel suo giardino e guarda davanti a sé. Forse è sorda, forse è muta. Forse soltanto non vuole parlare con nessuno. La gente dice che la vicina è matta.
La figlia della vicina durante il giorno chiede l'elemosina in città... al mercato raccoglie le verdure e la frutta che la gente butta via... ruba tutto quello che può rubare.
Una volta i bambini l'hanno trovata mentre succhiava il latte dalla mammella di una delle capre.
Quella è stata la prima volta che l'hanno vista da vicino. È strabica, ha il moccio al naso, ha i denti neri, ha il labbro leporino. Tutti la chiamano Labbro-leporino.
Una volta i bambini la vedono giocare con loro cane. Coricata nell’erba, con la sottana alzata, senza mutande... i bambini vedono il suo culo nudo, e anche i peli tra le gambe. Labbro-leporino si accarezza il sesso con le dita, e chiama il cane con voce dolce.
Il cane arriva, annusa, lecca. Labbro-leporino allarga le gambe, spinge la testa del cane sul ventre con entrambe le mani, respira molto forte.
Quando il cane si allontana Labbro-leporino resta a terra ancora per un po', poi si alza, li vede, grida: piccoli spioni! Cosa avete visto?
I bambini rispondono:
  • Ti abbiamo vista giocare con il nostro cane.
Labbro-leporino arrossisce: sono sempre vostra amica?
  • Si, e ti permettiamo di giocare con nostro cane quando vuoi.
E non direte a nessuno quello che avete visto?
  • Noi non diciamo mai i niente a nessuno.
Labbro-leporino si siede sull'erba e piange. Solo le bestie mi vogliono bene.

VIII. La tomba del nonno.

Un giorno i bambini vedono la nonna uscire di casa con l'innaffiatoio e gli attrezzi da giardino.
I bambini la seguono da lontano. La nonna entra nel cimitero e si ferma davanti a una tomba.
Il cimitero è deserto. I bambini si nascondono dietro i cespugli e possono osservarla senza che lei se ne accorga. Strappa le erbacce dalla tomba, pianta dei fiori, va prender acqua al pozzo, ritorna a innaffiare la tomba. I bambini sentono che ogni tanto la nonna dice delle parole... stronzo... mascalzone... bastardo... porco... maledetto...
quando la nonna se ne va i bambini vanno a guardare.
Sulla tomba c'è un cognome: quello della nonna, che era anche il cognome della mamma quando non era ancora sposata... il nome invece è doppio, con un trattino in mezzo... quei due nomi sono anche i nomi dei bambini. Sulla croce ci sono anche le date di nascita e di morte... il nonno è morto a 44 anni, 23 anni prima.
Alla sera bambini domandano: com’era nostro nonno?
La nonna scontrosa risponde: voi non avete mai avuto un nonno.
I bambini insistono: perché lo avete avvelenato?... La gente dice che voi avete avvelenato il nonno.
  • ... se la gente dice... Voi lasciatela dire e smettetela di seccarmi, figli di cagna. Non hanno potuto dimostrare niente... e la gente dice solo un sacco di sciocchezze.

IX. Gli altri bambini.

Nella piccola città ci sono anche altri bambini. Alcuni, qui, hanno la casa e la madre.
Altri invece vengono da fuori, soprattutto dalla grande città.
Nessuno va a scuola... la scuola è chiusa...
I bambini più grandi spesso picchiano quelli più piccoli, li derubano di quello che hanno in tasca, e a volte anche dei vestiti.
Un giorno che c'era un grande caldo Labbro-leporino arriva alla fontana del paese, dove quelli che non hanno un pozzo vengono a prendere l’acqua.
Li vicino ci sono dei ragazzi grandi che stanno distesi nell'erba.
Labbro-leporino arriva con un secchio e lo mette sotto la fontana... esce solo filo d'acqua, ma lei aspetta con pazienza che il secchio sia riempito.
Quando il secchio è pieno uno dei ragazzi si alza e va a sputarci dentro.
Labbro-leporino vuota il secchio, lo sciacqua e lo rimette sotto la fontana.
Quando il secchio è pieno un altro ragazzo si alza e ci sputa dentro.
Labbro-leporino vuota il secchio, lo sciacqua e lo rimette sotto la fontana.
Ora non aspetta più che il secchio sia pieno, lo riempie a metà e svelta, cerca di scappare.
Uno dei ragazzi le corre dietro, la prende per un braccio e di nuovo sputa nel secchio.
Labbro-leporino dice: basta, io devo portare a casa dell'acqua pulita.
Il ragazzo dice: ma è acqua pulita, ci ho solo sputato dentro... non vorrai mica dire che il mio sputo è sporco... il mio sputo e più pulito di te.
Labbro-leporino svuota il secchio e piange.
Il ragazzo si apre i pantaloni e dice: Succhia! Se me lo succhi ti lasceremo riempire il secchio.
Labbro-leporino si avvicina.
Il ragazzo si sposta: credi davvero che io metta il mio cazzo nella tua bocca schifosa... puttana... troia! E dà un calcio nel petto di Labbro-leporino.
Il quaderno dice che i bambini si avvicinano, aiutano Labbro-leporino ad alzarsi, prendono il secchio, lo sciacquano bene, e lo rimettono sotto la fontana.
Uno dei ragazzi dice agli altri: basta andiamo a divertirci da un'altra parte...
un altro dice: ma come... proprio adesso che cominciavamo a divertirci...
il primo: lasciali stare, li conosco, sono pericolosi...
l'altro ride: li metto a posto io, questi stronzetti... , e va verso la fontana,
vuole sputare nel secchio... ma uno dei bambini e gli dà un calcio
e l'altro lo colpisce alla testa con una calza in cui è nascosto un sasso...
il ragazzo cade, uno degli altri vorrebbe intervenire, ma il primo dice: stai attento, questi bastardi sono capaci di tutto, hanno anche un rasoio... il ragazzo a terra si rialza, e i ragazzi se ne vanno... il secchio si sta ancora riempiendo. Labbro-leporino domanda: perché non mi avete aiutata subito?
  • volevamo vedere come ti difendevi
  • cosa avrei potuto fare?
  • potevi graffiargli la faccia, prenderli a calci nei coglioni, gridare, urlare, oppure scappare e ritornare più tardi...

X. Inverno.

Quando arriva l'inverno, i bambini hanno freddo.
Il cielo è grigio, scuro, le strade del villaggio sono vuote, la foresta è coperta di neve.
A casa non c'è più legna.
I bambini non possono uscire di casa; le scarpe che avevano portato dalla città sono consumate e piene di buchi. I bambini vorrebbero un paio di stivali di gomma, vorrebbero dei guanti e un berretto. La nonna dice di non avere i soldi, sta quasi sempre a letto. Quando va in cucina porta della cantina solo un po' di fagioli secchi e qualche patata. La cantina però è piena di carne affumicata e di vasi di marmellata. I bambini mangiano male... non c'è più verdura né frutta, le galline non fanno più uova.
Ogni tanto arriva il postino... porta dei soldi, dei pacchi, o delle lettere...
La nonna li prende... fa una croce sulla ricevuta, la nonna non sa scrivere, poi si chiude in camera...
i soldi e i pacchi li tiene, le lettere le butta nel fuoco... la nonna non sa leggere.
I bambini domandano: chi manda i soldi? Chi manda i pacchi? Chi manda le lettere?
Ma la nonna non risponde. I bambini frugano nella camera della nonna...
in un pacco trovano maglioni, scarpe, berretti e guanti...
  • Nonna, noi abbiamo freddo, non abbiamo più vestiti, non possiamo uscire... e voi vendete tutto quello che nostra madre prepara e manda per noi. È nostra madre che manda i soldi... è nostra madre che scrive le lettere...
  • “Non è a me che scrive...” poi non parla più, e piange.
XI. Il postino e il calzolaio.

La prima volta che torna il postino, i bambini lo aspettano davanti al cancello.
Il quaderno dice che litigano con lui perché vogliono quello che ha portato.
L'uomo rifiuta, ma i bambini lo spingono e lo fanno cadere dalla bicicletta.
Adesso il postino tira fuori i soldi da una tasca, li dà ai bambini, ma vuole una croce sulla ricevuta.
Il postino si sfoga: fate bene a difendervi... tutti conoscono la vostra nonna... tutti sanno che vostra nonna ha avvelenato suo marito... è una vecchia strega... ecco cos'è!
Il giorno dopo i bambini, vanno al villaggio per comprare degli stivali di gomma, con i soldi che la mamma ha mandato.
Il calzolaio è seduto su uno sgabello basso, guarda i bambini da sopra gli occhiali, guarda le loro scarpe piene di crepe.
I bambini mettono sul tavolo i soldi che hanno:
  • Buon giorno, vogliamo degli stivali di gomma impermeabili e caldi.
  • Questo basta per un paio solo. Se volete due paia di stivali, andate dai vostri genitori e fatevi dare altri soldi.
  • Noi non abbiamo genitori, noi abitiamo da nostra nonna, la strega, e lei non ci darà soldi... noi non possiamo passare l'inverno senza stivali. Abbiamo assolutamente bisogno di due paia di stivali caldi ed impermeabili...
il calzolaio ride e dà due paia di stivali... i bambini li provano... vanno proprio bene...
  • Vanno bene... li teniamo, pagheremo il secondo paio in primavera... venderemo pesci e uova, o se preferisce potremo portarle della legna...
il calzolaio restituisce anche i soldi del primo paio
  • Non voglio i vostri soldi... andatevene... anzi no... aspettate, prendete anche queste pantofole, questi sandali per l'estate e queste scarpe... prendete tutto quello che volete...
  • perché vuole regalarci tutte queste cose?
  • perché non ne ho più bisogno... tra poco partirò... mi porteranno via e mi ammazzeranno... su, prendete, non fate domande, e andate.

XII. Un aiuto per Labbro-leporino.

I bambini passano davanti alla casa di Labbro-leporino; è pieno di neve, e non ci sono tracce di passi. Il cammino non fuma.
I bambini bussano alla porta. Nessuno risponde. Il quaderno dice che i bambini entrano lo stesso, e all'inizio non vedono niente... c'è troppo buio.
Sono in una stanza che serve da cucina e da camera da letto. Nell'angolo più buio c'è un letto.
I bambini si avvicinano, chiamano, qualcuno si muove sotto le coperte. Viene fuori la testa di Labbro-leporino.
  • C'è anche tua madre?
  • Si.
  • È morta?
  • Non lo so.
I bambini vanno a casa della nonna; prendono delle fascine per accendere un fuoco nella stufa.
Poi vanno in cantina prendono delle patate  e dei fagioli secchi. Mungono una capra e tornano dalla vicina. Accendono il fuoco, scaldano il latte, cuociono i fagioli e le patate. La mamma di Labbro-leporino non è morta... le danno un pochino di latte.
Con i soldi che hanno risparmiato dal calzolaio vanno comprare un po' di farina, un po' di sale e un po' di zucchero... poi vanno dal macellaio e comprano un po' di lardo e una grossa salsiccia. Quando tornano da Labbro-leporino lei e sua madre hanno già mangiato tutto. La madre è rimasta a letto.
I bambini dicono: vi porteremo un po' di legna, tutti i giorni, e anche dei fagioli e delle patate... ma di soldi non ne abbiamo più... e per il resto ci vogliono i soldi... senza soldi non si può entrare in un negozio... bisogna comprare una cosa, per poterne rubare un'altra.
  • Se avete bisogno di soldi andate a chiederne al curato... a volte me ne dava, quando accettavo di fargli vedere la figa...
  • Ti chiedeva questo?
  • A volte ci metteva dentro il dito... e dopo mi dava dei soldi perché non dicessi niente a nessuno
Quando arrivano dal curato, una vecchia apre la porta. I bambini dicono che sono lì per uno che sta per morire. Dopo qualche minuto arriva il parroco; è un uomo alto e magro, ha una specie di mantello bianco dorato sugli abiti scuri. Domanda: chi vi ha mandati?
  • Labbro-leporino e sua madre
  • Non conosco assolutamente queste persone... comunque andiamo...
  • Non hanno bisogno dell'estrema unzione... hanno bisogno di soldi... è Labbro-leporino che ci ha mandato qui... lei a volte le ha dato dei soldi...
  • è possibile... io dò dei soldi a molti poveri... prendete
il parroco fruga nelle tasche sotto il mantello e dà qualche moneta
  • è troppo poco, non basta nemmeno per comprare un tozzo di pane
  • mi dispiace, non ho altro in questo momento... andatevene ora, e che Dio vi benedica...
  • torneremo domani!
  • No, domani non vi lascerò entrare, andate via immediatamente!
  • Domani torneremo, e busseremo finché non ci lascerà entrare, batteremo contro le finestre, daremo calci alla porta e racconteremo a tutti quello che faceva a Labbro-leporino.
  • Non ho mai fatto niente a Labbro-leporino... nessuno vi crederà... vi ha raccontato delle cose che si è inventata... tutto quello che racconta è falso.
  • Non importa che sia vero o falso... qualcuno ci crederà... Labbro-leporino e sua madre hanno assolutamente bisogno di soldi
il curato si alza, toglie il mantello prende altri soldi e glieli dà.
  • Torneremo una volta alla settimana... verremo ogni sabato... non le chiediamo l'impossibile.
Il quaderno dice che le cose sono andate così.

XIII. L'attendente e la guerra.

Un giorno l'attendente dell'ufficiale arriva con una camionetta piena di casse, di scatoloni... posa sul tavolo bottiglie di vino, grappa, birra e anche un sacco di cose da mangiare... carni, verdure, riso, biscotti, cioccolato, zucchero, caffé... questa sera lui e i suoi camerati festeggeranno... dice che presto la guerra sarà finita... molto presto loro vinceranno... invita i bambini a mangiare anche loro cioccolato, biscotti...
i bambini non prendono niente e lo accusano:
  • Per colpa della vostra guerra c'è gente che muore di fame.
L'attendente si siede sul letto e si prenda la testa tra le mani.
  • Ma voi pensate che io abbia voluto questa guerra? io stavo molto meglio a casa mia tranquillo a fabbricare sedie e tavoli; bevevo il vino del mio paese e mi divertivo con le ragazze... le ragazze erano gentili al mio paese... qui sono tutti cattivi... anche voi bambini siete cattivi... Voi dite che è tutta colpa mia... ma io cosa potevo fare... se io non venivo in guerra qui nel vostro paese... io venivo fucilato. Ecco avete rovinato tutta la festa. Voi siete troppo cattivi con me e io ora sono troppo triste.
I bambini prendono un po' di cioccolato, del latte in polvere, della farina... qualcos'altro da mangiare... l'attendente ora sorride... i bambini se ne vanno... arrivano i suoi amici... e restano a cantare tutta la notte.



XIV. La nuova domestica del curato.

Una mattina, verso la fine dell'inverno, bussano alla porta, ed entra una giovane donna. Vuole delle patate per il signor curato. È la nipote della vecchia perpetua. Sua zia è morta ieri, e da oggi lei la sostituisce. Vuole 10 chili di patate, e anche delle mele.
La nonna dice: Signorina glielo dico subito... in questo periodo dell'anno tutto quello che si mangia costa caro. La signorina ride: non abbiamo scelta, faccia lei il prezzo. Ora è la nonna che ride.
Quando la nonna va a prendere la roba da mangiare la signorina dice:
  • Ma come siete belli! E come siete sporchi! Perché siete così sporchi? Non vi lavate mai?
  • In questa casa non c'è bagno e non c'è sapone.
  • E i vostri vestiti... guarda come sono ridotti... non avete altri abiti?
  • Ne abbiamo... ma sono sporchi e strappati... La nonna non li lava mai...
la nonna ritorna con due sacchi.
  • Ecco, qui c'è la roba da mangiare. Sono 10 monete d'argento. Prendere o lasciare.
  • Prendo. Porterò i soldi domani.
Poi si rivolge ai piccoli: volete aiutarmi a portare i sacchi? se portate un sacco per uno, io porterò la valigia con i vostri vestiti sporchi... ve li riporterò domani coi soldi.
La nonna ride; i bambini accompagnano la ragazza fino alla canonica. Lei cammina davanti... ha le trecce bionde, spesse e lunghe che danzano sullo scialle nero. Mentre cammina si può vedere un po' delle sue gambe tra la sottana e gli stivali... le calze sono nere, e quella di destra è un po' smagliata. Quando arrivano alla canonica, la domestica apre le valigie, mette i vestiti a bagno nell'acqua fredda, e poi accende un fuoco per scaldare dell'acqua in due grossi paioli.
  • Adesso farete il bagno... chi comincia, tu, o tu... su, spogliatevi!
  • Lei resta qui mentre facciamo il bagno?
  • Ma certo che resto qui... e vi strofino anche la schiena... e vi lavo i capelli. Non dovete vergognarvi davanti a me... potrei quasi essere vostra madre...
I bambini restano immobili... Il quaderno dice che allora è lei che si spoglia per prima... i bambini la guardano... guardano i suoi seni tesi e appuntiti... guardano la sua pelle bianchissima... guardano i suoi peli biondi dappertutto... tra le cosce e sotto le braccia. Quando esce dall'acqua si infila in fretta un accappatoio... allora i bambini si spogliano ed entrano insieme nella vasca...
Dopo che bambini si sono fregati bene dappertutto la ragazza li aiuta a uscire dall'acqua e li avvolge in due grandi panni bianchi... poi gli taglia le unghie delle mani e dei piedi... e dopo anche i capelli... li bacia in continuazione sulla faccia e sul collo... li accarezza e li bacia su tutto il corpo... poi si siede tra di loro e li stringe a sé...
  • Se avessi due bambini così belli... vi darei da bere tutti giorni del buon latte zuccherato...
La ragazza mette le mani dentro l’accappatoio e si carezza tra le gambe... sospira... sospira sempre più forte... poi di colpo si irrigidisce... e ora sospira di nuovo.
  • Tornerete tutti i sabati, a fare il bagno... e porterete sempre la biancheria sporca... voglio che siate sempre puliti.
I bambini dicono: In cambio le porteremo della legna, dei pesci e dei funghi, quando ce ne saranno.
Il sabato successivo i bambini tornano a fare il bagno... quando finiscono la ragazza prepara del tè e del pane con la marmellata. A un certo punto entra il curato... chiama i bambini... i bambini lo seguono in un'altra stanza. Il curato dice: siete cambiati molto adesso... siete puliti... sedetevi.
Il curato si siede dietro la scrivania e porge una busta: ecco i soldi... mi vergogno di non aver aiutato prima quelle due donne.
Il curato guarda i bambini che restano in silenzio... poi dice: Non vi vedo mai in chiesa...
  • Non ci andiamo.
  • E pregate qualche volta?
  • No, non preghiamo.
  • Sapete leggere?
  • Sì, signore...
  • Tenete, leggete questo... ci troverete la storia di Gesù Cristo...
  • La conosciamo già, abbiamo una Bibbia...
  • Allora conoscete i 10 comandamenti...
  • Si li conosciamo.
  • E li rispettate?
  • No signore, nessuno li rispetta...
Il parroco e i bambini, restano in silenzio per un po'... poi il parroco dice: lasciatemi solo adesso... su... tornate in cucina a finire la merenda.

XV. La domestica del curato e l’attendente.

Un giorno i bambini sono in giardino con la domestica del curato e stanno raccogliendo ciliege. L'ufficiale straniero e l'attendente arrivano con una camionetta.
L'ufficiale passa senza guardare e va diretto nella sua camera.
L'attendente invece si ferma un istante, assaggia qualche ciliegia e fa qualche complimento alla signorina. Quando l'attendente deve entrare in casa la ragazza dice: perché non mi avete detto che ci sono degli uomini da voi... che bell'uomo che è l'ufficiale...
  • A noi piace di più l'attendente, è piccolo e grasso, ma è gentile e divertente... e poi parla bene la nostra lingua.
  • Me ne frego... a me piace l'ufficiale!
L'ufficiale viene a sedersi sulla panca davanti alla sua finestra... La ragazza lo guarda e ride... ride forte... si aggrappa a un ramo, si dondola, si stende sull'erba e alla fine lancia una margheritina ai piedi del ufficiale...
L'ufficiale si alza e se ne va con la camionetta.
L'attendente chiama... chiede che qualcuno lo aiuti a pulire la camera...
I bambini con la ragazza vanno nella camera dell’ufficiale... La ragazza comincia a mettere ordine...
L'attendente è allegro... si rivolge alla ragazza chiamandola principessa... la prende tra le braccia... Le pizzica il sedere... anche la ragazza ride. L'attendente manda fuori i bambini e chiude la porta.
I bambini salgono in soffitta e da lì spiano quello che succede nella camera dell'ufficiale.
Da quel giorno la domestica del curato ritorna spesso, e si chiude in camera con l'attendente.

XVI. L'ufficiale.

Un giorno l'ufficiale è seduto a torso nudo sulla panca davanti alla sua camera, la testa appoggiata contro il muro bianco, in pieno sole. All'improvviso va verso i bambini che sono distesi immobili, in giardino, all'ombra di una pianta... attraverso le foglie guardano il cielo e le nuvole... le foglie e le nuvole sembrano essere immobili.
L'ufficiale dice ai bambini qualcosa nella sua lingua... ma i bambini restano immobili e non rispondono.
L'ufficiale si ritira nella sua camera... manda l'attendente:
  • L'ufficiale vuole parlare con voi... dice di alzarvi e di venire in camera sua...
quando bambini vanno l'ufficiale fa delle domande, e l'attendente traduce:
  • Il signor ufficiale chiede perché non vi siete mossi... perché non avete risposto.
  • Stavamo facendo il nostro esercizio di immobilità.
  • Il signor ufficiale ha visto che vi stavate picchiando con una cintura... anche questo era un esercizio.
  • Si, era un esercizio per abituarci al dolore.
  • L'ufficiale domanda se vi piace avere del male...
  • No. Noi vogliamo soltanto vincere il dolore, il caldo, il freddo, la fame e tutto quello che fa male.
  • L'ufficiale dice che vi ammira molto.
L'ufficiale dice qualche parola l'attendente... e l'attendente deve andare via. L'ufficiale ora trattiene i bambini per le braccia e sorride... si siede su una sedia, avvicina a sé i bambini, li solleva, li fa sedere sulle sue ginocchia. I bambini lo abbracciano, si stringono al suo petto, lui li culla...
i bambini sentono qualcosa di caldo che si muove tra le gambe dell'ufficiale.
Dopo l'ufficiale regala ai bambini un dizionario con cui possono imparare la sua lingua... loro imparano i vocaboli e l'attendente corregge la pronuncia... l'ufficiale è contento dei bambini... gli dà anche la chiave della sua camera... ora i bambini possono entrare nella camera liberamente, quando vogliono... e possono fare tutto quello che vogliono... mangiare biscotti e cioccolato... fumare sigarette. Possono anche ascoltare i dischi con il grammofono, restando distesi sul letto... a volte i bambini si addormentano anche, nel letto, e quando di notte l'ufficiale rientra... li carezza sulla testa e dice soltanto: restate... restate...
Poi si spoglia, si stende in mezzo a loro, li abbraccia e sussurra: dormite bambini, dormite, vi amo...

XVII. L’amico dell'ufficiale.

L'ufficiale a volte rientra con un amico, un altro ufficiale più giovane. Passano la serata insieme e l'amico si ferma anche dormire. I bambini diventano testimoni. Una sera, mentre stava mangiando in camera, l'amico dell'ufficiale dice: questi mocciosi mi fanno innervosire, falli sparire!
L'ufficiale domanda: sei geloso?
L'amico prima ride: mi danno fastidio con la loro aria... come se ci ascoltassero... come se ci spiassero.
  • Sono i due bambini più intelligenti che io abbia mai incontrato.
  • Lo dici per ferirmi... fai di tutto per tormentarmi... per umiliarmi. Un giorno o l'altro ti ammazzerò!
L'ufficiale getta la sua pistola sulla tavola: non chiedo di meglio!
  • Lo farò! La prossima volta che mi parlerai di lui... ti ammazzerò.
  • Era bello, giovane, forte, gentile, delicato, colto, tenero, sognatore, coraggioso, insolente...
Lo amavo. È morto sul fronte orientale. Aveva 19 anni. Non posso vivere senza di lui.
Dopo si sente solo il rumore di una zuffa, dei colpi, il fracasso di sedie rovesciate, un tonfo, delle grida. Dopo ancora, si sente solo ansimare. Poi silenzio.

XVIII. Una taverna.

Certe volte i bambini passano in una vecchia stradina vicino al castello.
C'è una casa bassa, da lì vengono dei rumori, delle voci e l'odore del fumo.
I bambini scendono i gradini di pietra e arrivano in una cantina trasformata in taverna.
Ci sono degli uomini che bevono vino... sono quasi tutti vecchi... e ci sono anche tre donne.
Il quaderno dice che i bambini iniziano a cantare una canzone che parla di una donna che attende il marito partito per la guerra. Qualcuno smette di parlare e si volta verso di loro.
Quando finiscono la canzone un vecchio ha gli occhi pieni di lacrime. Scuote la testa.
  • Che disgrazia... che mondo disgraziato... povero mondo.
Una donna si siede sulle ginocchia di un uomo a cui manca un braccio...
  • Almeno... tu sei tornato...
  • Hai ragione... sono tornato... ma con che cosa lavorerò? con che cosa terrò fermo l'asse da segare? con la manica vuota della giacca?
Un altro giovane seduto su una panca dice:
  • Anch'io sono tornato... solo che sono paralizzato da qui in giù... le gambe e tutto il resto... non mi si rizzerà più l'uccello... avrei preferito crepare subito.



Un'altra donna dice:
  • Non siete mai contenti... quelli che vedo morire all'ospedale dicono tutti... “io non vorrei morire... io vorrei vivere ancora... vorrei tornare a casa, rivedere mia moglie, mia madre... io vorrei vivere ancora un poco”.
Un uomo dice:
  • Chiudi il becco donna! Voi donne non sapete niente della guerra...
  • Certo! Noi donne non sappiamo niente... abbiamo tutto il lavoro, tutte le preoccupazioni... i bambini da sfamare, i feriti da curare... quando finisce la guerra, voi uomini siete tutti degli eroi... morti: eroi... sopravvissuti: eroi... mutilati: eroi.
Siete voi uomini che avete inventato la guerra... e allora fattevela...  eroi!
Tutti si mettono a parlare ad alta voce, alcuni urlano anche... il vecchio scuote ancora la testa...
  • Nessuno ha voluto questa guerra... nessuno... nessuno...

XIX.  Gli allarmi.

Quando i bambini erano appena arrivati nella piccola città... c'erano pochi allarmi.
Ora ce ne sono sempre di più. Quando si sentono le sirene, la gente corre a nascondersi nelle cantine. In questi momenti le strade sono deserte... e a volte le porte delle case dei negozi rimangono aperte...
Il quaderno dice che i bambini ne approfittano per entrare e per prendere quello che vogliono.
I bambini non si rifugiano mai nella cantina... le persone che si trovano nella cantina di una casa bombardata sono sempre morte.
Un giorno, durante un allarme, mentre i bambini stavano passeggiando, un uomo come impazzito si precipita su di loro:
  • Non dovete restare fuori durante i bombardamenti...
e li trascina per un braccio verso un rifugio:
  • Entrate... entrate lì dentro... li sarete al sicuro...
l'uomo apre la porta e li spinge davanti a sé... la cantina è piena di gente... in silenzio... le mamme tengono stretti i bambini.
Esplodono delle bombe... le esplosioni si avvicinano... i bambini hanno paura...
le bombe continuano a cadere... i bambini aprono la porta della cantina, ma una donna grande e grossa li butta indietro e richiude la porta. Porta al braccio la fascia della Protezione civile.
  • Non potete uscire adesso!
  • Nelle cantine la gente muore sempre... noi vogliamo uscire!
  • Adesso non si può!
Il quaderno dice che i bambini l'aggrediscono a calci e morsi... lei urla, cerca di colpirli, la gente ride... la donna è furiosa
  • Andatevene! Andatevene via di qua! Andate a crepare fuori... bastardi!
I bambini corrono fuori, mentre continuano a cadere le bombe.












XX. Il gregge umano.

Un giorno i bambini vanno alla canonica a prendere la biancheria pulita. Mangiano pane e marmellata insieme alla domestica del curato. A un certo punto si sentono arrivare delle urla dalla strada. C'è un sacco di gente sui marciapiedi. Dei bambini corrono gridando: Arrivano! Arrivano!
Dal fondo della strada arriva una camionetta militare con degli ufficiali stranieri.
La camionetta avanza lentamente, seguita da militari con il fucile a tracolla.
Dietro di loro, una specie di gregge umano... bambini, donne, vecchi... vecchi come il calzolaio... sono due o trecento... alcune donne portano i bambini in braccio o stretti al petto...
una donna con un bambino cade... subito gli altri l'aiutano a rialzarsi, perchè un soldato ha già puntato il fucile. Una mano sporca si tende, una voce implora: Pane!
La domestica del curato, sorridendo, fa il gesto di offrire l'avanzo del suo pane e marmellata... l'avvicina alla mano tesa, poi, con una gran risata, riporta il pezzo di pane alla bocca ed esclama:
  • Anch'io ho fame!
I bambini rientrano in casa. La domestica del curato dice:
  • Finite le vostre tartine...
  • Non abbiamo più fame...
Nella camera vicina il curato è inginocchiato davanti a un grande crocifisso e sta pregando. Si volta.
  • Volete pregare con me?
  • No, noi non preghiamo mai... vogliamo capire...
  • Non si può capire...
  • Chi sono quelle persone? Dove le portano? Perché?
  • Le vie del Signore sono imperscrutabili... è terribile che siate stati costretti ad assistere uno spettacolo simile.
La domestica arriva portando la biancheria pulita...
  • Siete troppo sensibili... dimenticate quello che avete visto.
  • Noi non dimentichiamo mai niente!
  • Dimenticate... Voi non avete niente da spartire con tutto questo... a voi non capiterà mai una cosa simile... quelli che avete visto... non sono delle persone... sono solo delle bestie.
I bambini escono di corsa dalla canonica... vanno fino alla casa del calzolaio... i vetri della finestra sono rotti... la porta sfondata... tutto è devastato... alle pareti parole oscene.
C'è una vecchia seduta davanti alla casa; i bambini le domandano:
  • Il calzolaio se n'è andato? Era tra quelli che hanno attraversato la città oggi?
  • No, quelli di oggi li hanno portati da fuori, con dei vagoni per il bestiame... lui l'hanno ammazzato qui, nella sua bottega. Non prendetevela, Dio vede tutto, Dio saprà riconoscere...

XXI. Le mele della nonna.

Quando i bambini arrivano a casa trovano la nonna stesa a terra davanti al cancelletto del giardino. Ci sono delle mele sparpagliate tutt’intorno. La nonna non si muove... la sua fronte sanguina.
Il quaderno dice che i bambini corrono in cucina, inumidiscono un panno, prendono della grappa da uno scaffale.
Mettono il panno bagnato sulla fronte della nonna e cercano di farle bere della grappa.
La nonna si alza sui gomiti e si mette a gridare:
  • Raccogliete le mele, figli di cagna!
I bambini raccolgono le mele dalla strada e le posano nel suo grembiule.
Il panno è caduto dalla fronte della nonna, e il sangue le cola negli occhi.
  • Non sarà un colpo col calcio di un fucile a uccidermi...
  • Cos'è successo nonna?
  • Niente. Niente... stavo solo raccogliendo le mele, sono venuta qui per vedere il corteo... il grembiule mi è scappato di mano e le mele sono cadute... sono finite proprio mezzo a quella gente...
  • Chi vi ha picchiato, nonna!
  • Siete imbecilli? Hanno picchiato tutti... hanno picchiato nel mucchio... eppure qualcuno ce l'ha fatta a mangiare le mie mele!
I bambini aiutano la nonna a rialzarsi, e la riaccompagnano in casa.

XXII. Il poliziotto.

La mattina dopo un uomo entra in cucina senza bussare. Mostra la tessera della polizia.
La nonna alza la voce:
  • Non voglio polizia in casa! Non ho fatto niente!
  • No certo... non avete mai fatto niente... solo un po' di veleno a vostro marito...
  • Non è stato dimostrato niente...
  • Calmatevi nonna... non vogliamo togliere i morti da sottoterra...
  • E allora cosa volete...
Il poliziotto non risponde più alla nonna... ora guarda i bambini:
  • Dove eravate ieri sera?
  • Siamo rimasti qui perché la nonna ha avuto un incidente...
  • Sono caduta mentre scendevo in cantina... ho picchiato la testa... i piccoli mi hanno portato di sopra... e sono stati vicino a me tutta la notte.
  • Dobbiamo perquisire la casa... venite tutti e tre... cominceremo dalla cantina
La nonna apre la porta della cantina.
Il poliziotto sposta tutto: i sacchi, le ceste, i barattoli, i mucchi di patate...
Dopo la cantina, il poliziotto fruga in cucina... poi nella camera della nonna... disfa il letto... non c'è niente... solo un po' di soldi sotto il cuscino.
Il poliziotto vorrebbe entrare anche nella camera dell'ufficiale, ma nonna dice che non ha la chiave. Il poliziotto allora guarda la porta della soffitta. Chiede dov'è la scala. Ma la nonna dice che la scala è rotta... lei non ci sale mai, ci salgono solo i bambini.
Il poliziotto dice ai bambini:
  • Va bene, allora andiamo noi!
Si arrampicano in soffitta con l'aiuto di una corda. Il poliziotto apre il baule dove ci sono la Bibbia, il dizionario, la carta, le matite e il grande quaderno.
Nel grande quaderno c'è scritto tutto. Ma il poliziotto non ha tempo per leggere. Scendono.
  • Va bene, venite con me... non posso rivoltare tutto il giardino.
Il poliziotto con i bambini vanno nella foresta, vicino al grosso buco dove una volta i bambini avevano trovato il cadavere. Il cadavere non c'è più.
  • Siete già stati qui?
  • No, mai, abbiamo paura ad andare così lontano.
  • Non avete mai visto questo buco, né un soldato morto?
  • No, mai.
  • Quando è stato trovato questo soldato morto, mancavano il fucile, le cartucce e le bombe.
  • Li avrà persi...
  • Non li ha persi! Sono stati rubati dopo la sua morte. Non avete qualche idea?
  • No, nessuna idea.
  • Eppure qualcuno ha preso questo fucile, queste cartucce, queste bombe.
  • Ci vuole molto coraggio per toccare degli oggetti così pericolosi!
I bambini ora vengono portati all'ufficio del poliziotto. C'è un interrogatorio.
  • Da quanto tempo conoscete la domestica del curato? Come l'avete conosciuta? Lei è gentile con voi? E il curato é gentile con voi? Quando avete portato la legna per ultima volta? Volevate bene alla fantesca? Sapete cos'è successo?...
Questa mattina, mentre accendeva il fuoco, come al solito, la stufa della cucina è esplosa... le è esplosa in piena faccia... ora è all'ospedale... rimarrà sfigurata per tutta la vita!
Il quaderno dice che i bambini tacciono, anche il poliziotto tace; guarda i bambini, e i bambini lo guardano.
  • Non avete l'aria particolarmente triste.
  • Siamo contenti che dopo quest'incidente sia ancora viva.
  • Non è stato un incidente... qualcuno ha nascosto dell'esplosivo nella legna per il riscaldamento... una cartuccia proveniente da un fucile militare... abbiamo ritrovato il bossolo.
  • Perché qualcuno avrebbe dovuto fare una cosa simile?
  • Per uccidere lei, o il signor curato.
  • La gente è crudele... e la guerra gli ha insegnato ad uccidere...
  • Smettetela di fare i furbi! Siete voi che portate la legna in canonica! Siete voi che passate tutta la giornata nella foresta! Siete voi che derubate i cadaveri! Sareste capace di tutto... siete come vostra nonna che avuto il coraggio di avvelenare il suo marito... confessate... confessate, canaglie che non siete altro! Lo so che siete stati voi!
  • Chiunque potrebbe nascondere una cartuccia in un mucchio di legna.
  • Si, ma non tutti possono avere delle cartucce... io me ne frego della domestica... voglio sapere dove sono le cartucce... dove sono le bombe... dov'è fucile. Voi lo sapete e me lo direte!
Il poliziotto colpisce i bambini. I bambini sanguinano dal naso e dalla bocca... i bambini stanno zitti... il poliziotto li colpisce, li colpisce ancora. Li fa cadere dalle sedie. Li prende a calci nella schiena, nello stomaco. I bambini non riescono più ad aprire gli occhi. Non sentono più niente. Svengono. Quando si svegliano sono distesi sul pavimento di terra battuta di una cella. Da una finestrella con le sbarre di ferro penetra un poco di luce. I bambini hanno male dappertutto... la vista annebbiata, le orecchie ronzano, la testa rimbomba; hanno una sete terribile e la bocca secca.
Dopo un paio di ore arriva il poliziotto.
  • Avete bisogno di qualcosa?
  • Da bere.
  • Parlate, ditemi dove sono le armi e avrete da bere e da mangiare tutto quello che volete.
I bambini non rispondono. Il poliziotto se ne và. Quando torna è notte.
  • Ancora non avete niente da dire? Per me va bene lo stesso... io ho tutto il tempo... o parlerete, o creperete qui.
Più tardi, in piena notte, la porta si apre di nuovo. Entro il poliziotto, l'attendente e l'ufficiale straniero. L'ufficiale si china sui bambini...
  • Telefoni al campo per un'ambulanza!
Dice all'attendente, poi si volta verso poliziotto:
  • Sei un verme... la pagherai cara... non te l'immagini nemmeno quanto la pagherai cara per tutto questo...
Il poliziotto non capisce... Il quaderno dice che chiede ai bambini:
  • Che cosa dice?
  • Dice che lei è un verme... e che la pagherà cara.
  • Cosa vuole farmi ? Ditegli che ho dei bambini... io non sapevo... ma... ma chi è lui per voi... è vostro padre? È un parente?
  • È nostro zio.
  • Avreste dovuto dirmelo... non potevo saperlo... vi chiedo scusa... cosa posso fare...
  • Pregate Dio!
Quando i bambini vengono riportati a casa la nonna domanda: avete confessato?
  • No, nonna. Non avevamo niente da confessare.
  • È quello che pensavo... sono sicura che il poliziotto non tornerà mai più.
La nonna ride. Ride proprio di gusto.
  • Mi chiedo perché avete cercato di ucciderla... certo avrete avuto le vostre ragioni.

XXIII. La cugina.

Una sera dopo cena, arriva un signore anziano con una ragazzina. L'uomo dice un nome. La nonna dice ai bambini di uscire... i bambini escono, ma si nascondono vicino e spiano quello che succede in casa. L'anziano signore dice: abbia pietà!
  • Come può chiedere una cosa simile?
  • Lei conosceva i suoi genitori... me l'hanno affidata prima di essere deportati... mi avevano dato il suo indirizzo... se a casa mia non fosse stata più al sicuro.
  • Sa cosa rischio?
  • Sì lo so, ma ne va della sua vita.
  • C'è un ufficiale straniero in questa casa.
  • Appunto, nessuno la cercherà qui... basterà dire che è sua nipote... la cugina di questi due bambini...
  • Tutti sanno che non ho altri nipoti
  • Dica che è della famiglia di suo genero... non le chiedo che di sfamare la ragazzina per qualche mese... fino alla fine della guerra.
  • La guerra può durare ancora anni...
  • No, non sarà così lunga...
  • Sono solo una povera vecchia che si ammazza di lavoro, come posso sfamare tante bocche?
  • Ecco tutti i soldi che possedevano i suoi genitori... ci sono anche i gioielli di famiglia... è tutto suo, se la salva.
Poco dopo la nonna chiama i bambini: ecco vostra cugina.
La ragazza ha cinque anni più dei bambini. Dopo la partenza dell'anziano signore, la nonna dice:
  • Vostra cugina dormirà con voi in cucina.
  • Non c'è più posto in cucina.
  • Arrangiatevi!
La cugina dice:
  • Dormirò volentieri sotto il tavolo, per terra, se mi date una coperta.
  • Tu puoi dormire sulla panca, noi dormiremo in soffitta.
  • Vengo a dormire in soffitta con voi.
  • Tu non devi mai mettere piede in soffitta.
  • Perchè?
  • Tu hai un segreto... anche noi ne abbiamo uno... se non rispetti il nostro segreto, noi non rispetteremo il tuo. Se sali in soffitta muori...
La cugina guarda i bambini in silenzio per un istante...
  • Va bene, non salirò mai nel vostro schifo di soffitta...
La cugina non lavora, non studia, non fa esercizi... spesso guarda il cielo... a volte piange.
La nonna non la picchia mai, non la insulta, non le dice di lavorare... non le parla mai.
Una sera, prima di dormire i bambini spiano la nonna nella sua camera... c’è la lampada a petrolio accesa. La nonna è davanti a un vecchio mobile con tre specchi.
Sopra la testa, sul fazzoletto nero, ha posato una cosa che brilla. Al collo ha messo delle collane... le braccia sono piene di braccialetti, le dita di anelli. La nonna parla da sola.
La cugina verso sera va in paese. I bambini spesso la seguono di nascosto... la spiano.
La cugina raggiunge un gruppetto di ragazzi vicino al cimitero.
Stanno seduti sotto gli alberi, fumano. Hanno anche delle bottiglie di vino. Bevono a canna.
I ragazzi parlano a voce bassa... parlano della guerra... e anche di deportazioni, di resistenza, di liberazione. Dicono che i militari stranieri che dicono di essere gli alleati, in realtà sono i nemici, e invece, quelli che stanno per arrivare e per vincere la guerra, non sono i nemici ma i liberatori.
Quando è il momento di tornare a casa...  la cugina e uno dei ragazzi si nascondono dietro un muro in rovina... si baciano... si amano. I bambini ascoltano tutto... i bambini vedono tutto.

XXIV. La fuga.

Un giorno i bambini vedono dei nuovi manifesti sui muri della città.
In uno c'è un vecchio steso a terra, trafitto dalla baionetta di un soldato nemico. In un altro un soldato nemico colpisce un bambino che tiene per i piedi. In un altro ancora, un soldato nemico trascina una donna e le strappa la camicia.
I bambini ascoltano. La gente dice che la grande città è caduta...
  • Se hanno attraversato il grande fiume, ormai niente può più fermarli.
Qualche giorno dopo i bambini sentono dire che l'esercito si è arreso, che c'è l'armistizio e che la guerra è finita. Il giorno dopo la gente dice che c'è un nuovo governo e che la guerra continua.
I bambini vedono molte persone scappare. Dicono che bisogna lasciare il paese per sempre, perché quando nemico arriverà si vendicherà. Scappano a piedi, con una sacca sulle spalle... o in bicicletta portando gli oggetti più diversi. Alcuni hanno dei carri tirati da cavalli e si portano dietro tutti i mobili. In quei giorni anche l'ufficiale straniero e all'attendente vengono a salutare la nonna e i bambini. Vengono a dire addio. L'ufficiale piange... tiene stretti a sé i bambini... sono seduti tutti e tre sul lettone. L'ufficiale dice: Non vi rivedrò mai più. Alla notte si sentono delle esplosioni. Dal campo militare si alza un grande fuoco. Sulla strada che conduce alla base militare non c'è più la sentinella. C'è solo un fumo denso dall'odore nauseante. I bambini decidono di andare a vedere. Il campo è vuoto. Non c'è nessuno, da nessuna parte. Alcune baracche continuano a bruciare. C'è una barriera di filo spinato. I bambini salgono su una torretta di guardia... da lì si vede il grande spiazzo. Nello spiazzo quattro grandi roghi neri. Sono cadaveri carbonizzati... ce ne sono molti, grandi e piccoli, adulti e bambini. Certi sono bruciati bene... non restano che le ossa. Altri invece sono appena anneriti.

XXV. La mamma.

Alla sera una camionetta militare si ferma davanti alla casa. La mamma dei bambini scende seguita da un ufficiale straniero. Tiene un bambino piccolo tra le braccia. Appena vede i bambini dice:
  • Svelti, salite subito sulla camionetta, sbrigatevi. Partiamo!
  • Di chi è il bambino piccolo?
  • È la vostra sorellina. Venite! Non c'è tempo da perdere.
  • Non vogliamo andare. Vogliamo restare qui.
  • Io devo andare... venite con me!
  • No, noi resteremo qui!
Interviene anche la nonna:
  • Lasciali stare, non vedi? Non vogliono venire con te.
La madre chiede all'ufficiale di prendere i bambini con la forza, ma i bambini si arrampicano di corse in soffitta, e tirano su la corda. L'ufficiale bestemmia. La mamma dei bambini si mette a piangere. Si sente sparare... si sente il rumore dei cannoni. L'ufficiale prende la mamma dei bambini per le spalle e la spinge verso la macchina... la mamma piange:
  • Sono i miei figli... voglio i miei figli...
ma i bambini non vogliono partire. L'ufficiale prende la mamma dei bambini tra le braccia, ma lei lo respinge. L'ufficiale va a sedersi sulla camionetta e accende il motore...
in quel momento c'è un’esplosione in giardino... la mamma dei bambini è a terra... l'ufficiale corre verso di lei... ora bestemmia... sale sulla camionetta e parte a tutta velocità.
Il quaderno dice che i bambini con la nonna avvolgono la mamma e la bambina piccola in una coperta e le seppelliscono.
Per tutta la notte si sentono spari ed esplosioni. Poi verso l'alba silenzio.
I bambini dormono sul lettone dell'ufficiale. Il suo letto è diventato il loro letto, la sua camera, la loro camera. Al mattino, mentre stanno facendo colazione in cucina, bussano alla porta.
Entra un uomo in abiti borghesi, seguito da due soldati. Parlano una lingua strana che la nonna conosce. L'uomo in abiti borghesi dice:
  • Cerco una ragazza - e dice un nome.
La cugina dice: Si sono io... sapete dove sono i miei genitori?
  • No, io non lo so... io sono soltanto incaricato di ritrovare i ragazzi che sono sulla mia lista... prima vi porteremo in un centro di accoglienza nella grande città... e poi faremo delle ricerche per trovare i vostri genitori.
  • Ho un amico qui... è sulla vostra lista anche lui?
e dice il nome del suo innamorato.
  • Si, è già al quartiere generale dell'esercito... farete il viaggio insieme... prepari le sue cose.
La cugina raccoglie in una piccola valigia gli oggetti da bagno e un asciugamano.
  • Ecco sono pronta, andiamo!
  • Quanta fretta! Potrebbe almeno ringraziare la signora e dire arrivederci a questi ragazzi...
  • Questi sono due mascalzoni, ecco cosa sono!
Poi li stringe forte
  • Non fate troppo gli scemi, siate prudenti.
Li stringe ancora più forte, e piange. Il civile la prende per il braccio e saluta la nonna:
  • Grazie signora! La ringrazio per tutto quello che ha fatto per questa ragazza.
Salgono sulla camionetta. La camionetta parte. La cugina non si volta.

XXVI. All’arrivo dei nuovi stranieri.

Ora i bambini vanno in città per vedere quello che succede.
A ogni angolo di strada c'è un carro armato, e poi camion, camionette, moto... soldati dappertutto.
Nel pomeriggio i militari cominciano a frugare in tutte le case... sparano in aria, sfondano le porte... cercano spie, armi, munizioni, orologi, oro, donne... Molte case sono vuote...
dopo i soldati, passano i ladri... vecchi, donne, bambini, poveri...
i bambini incontrano anche Labbro-leporino che ha le braccia cariche di vestiti e di scarpe
  • Svelti, prendete anche voi finché c'è qualcosa da prendere...
i bambini entrano nella libreria e prendono matite, carta, gomme, temperini, cartelle... e una enciclopedia completa... Per strada un vecchio e una donna si picchiano per un prosciutto affumicato. Alcuni si ubriacano con l'alcol rubato... si picchiano... rompono le finestre delle case... le vetrine dei negozi... buttano per terra gli oggetti che non possono portare via.
Anche i soldati bevono, e tornano nelle case, ora cercano le donne... nelle strade si sentono colpi di arma da fuoco e le grida delle donne violentate.
Il quaderno dice che dopo qualche giorno i bambini decidono di andare a trovare Labbro-leporino. È un po’ di giorni che non la vedono. La porta della catapecchia è aperta.
Il quaderno dice che la mamma di Labbro-leporino è distesa sul tavolo, e non si muove.
Labbro-leporino invece è coricata sul letto. È nuda. Tra le sue gambe divaricate c'è una pozza di sangue secco. Labbro-leporino è morta.
La vicina dice ai bambini di andare via. I bambini si avvicinano e chiedono?
  • Non è sorda?
  • No, e non sono nemmeno cieca... andate via...
  • Cosa è successo qui?
  • È morta, non vedete... è morta.
  • Sono stati i nuovi stranieri?
Il quaderno dice che è stata lei a chiamarli... erano 12 o 15... dice che intanto che la montavano lei non smetteva di gridare
  • Come sono contenta... come sono contenta! Ancora... ancora uno.
Il quaderno dice che Labbro-leporino è morta felice, scopata a morte.
La mamma di Labbro-leporino dice:
  • Io... io invece non sono morta... non so da quanto tempo sono qui, senza mangiare... e la morte non arriva...
Il quaderno dice che la mamma di Labbro-leporino ora dice ai bambini:
  • Se volete fare qualcosa per me, date fuoco alla casa. Non voglio che ci trovino cosi.
I bambini esitano un istante...
  • Non preoccupatevi... date fuoco e basta... e andatevene.
Il quaderno dice che i bambini le tagliano la gola con un colpo di rasoio...
poi vanno a prendere della benzina da un automezzo dell'esercito...
bagnano di benzina i due corpi e i muri della catapecchia poi appiccano il fuoco
e se ne vanno a casa.

XXVII. La fine della guerra.

Nelle settimane successive i bambini vedono passare l'esercito vittorioso dei nuovi stranieri, e le file di prigionieri di guerra... i vinti...
i vinti, quelli che passano a piedi, a testa bassa, fino alla stazione.
I liberatori portano sigarette, tabacco, cioccolato... li scambiano con vino, grappa, frutta...
le ragazze vanno a letto con i soldati in cambio di calze di seta, profumi, orologi, piccoli gioielli...
A tutti manca tutto... la gente fa la coda davanti alla macelleria e davanti al fornaio fin dalle quattro del mattino... i bambini vedono che le signore ora vengono a casa della nonna, e chiedono di scambiare una gallina o una salsiccia con un anello, o con degli orecchini.
C'è un nuovo governo. Contro il nuovo governo e contro i liberatori non è permessa nessuna critica. Dietro una semplice denuncia gettano in prigione chiunque, senza processo, senza sentenza.
Uomini e donne scompaiono senza che si sappia perché... neanche le loro famiglie ne hanno notizie.
Il paese ora è circondato di filo spinato... il paese ora è tagliato fuori dal resto del mondo.

XXVIII. La malattia di nonna.

Una mattina la nonna non esce dalla sua camera... i bambini  la chiamano ma lei non risponde...
i bambini entrano in camera della finestra; la nonna è distesa sul letto... non si muove, ma respira e il suo cuore batte... i bambini chiamano un dottore:
  • Vostra nonna ha avuto un'emorragia cerebrale...
  • Morirà?
  • Non si può sapere, è vecchia, ma il suo cuore è forte... datele questa medicina tre volte al giorno... datele da mangiare... lavatela... probabilmente resterà paralizzata per sempre...
I bambini preparano un passato di verdura... e lo danno da mangiare alla nonna con il cucchiaio... il quaderno dice che bambini lavano la nonna anche quando si sporca nelle mutande...
una settimana dopo la nonna comincia a muovere le mani, e una mattina:
  • Figli di cagna, fate cuocere una gallina! Come volete che faccia a rimettermi con la vostra verdura! Voglio anche latte di capra! Aiutatemi ad alzarmi!
  • Nonna il dottore ha detto che dovete restare coricata...
  • Il dottore è un imbecille... gli faccio vedere io come resto paralizzata!
I bambini aiutano la nonna ad alzarsi, la fanno sedere su una panca... quando la gallina e cotta, mangia da sola.
  • E ora fabbricatemi un bastone... e che sia bello solido... voglio andare a vedere se tutto è a posto.
Qualche sera dopo la nonna si fa portare carta e matita, fa chiudere porte e finestre, si siede al tavolo e disegna qualcosa su un foglio... disegna un rettangolo, una croce, e sotto la croce un cerchio...
  • Ecco dove si trova il mio tesoro... sotto la croce della tomba del nonno...
  • Si nonna... ma lo sapevamo già...
La nonna tace per un istante
  • Avrei dovuto sospettarlo... lo sapete da molto tempo?
  • Da quando vi abbiamo visto curare la tomba del nonno...
  • È inutile che mi innervosisca... tanto è tutto per voi... ormai siete abbastanza intelligenti per sapere cosa farvene.
  • Per il momento non si può fare molto.
  • È vero, avete ragione, bisogna aspettare... ma non è tutto... c'è un'altra cosa...
quando avrò un altro attacco... non voglio saperne, di medicine, di essere lavata...
La nonna si alza... cerca tra i suoi barattoli... torna con una bottiglietta blu...
  • Ecco, verserete il contenuto di questo bottiglietta in una tazza di latte... avete capito figli di cagna?
La nonna ora si mette a piangere.
  • Voi non lo sapete cosa vuol dire restare paralizzati... vedere tutto, sentire tutto e non potersi muovere... se non siete nemmeno capaci di rendermi questo piccolo servizio, siete degli ingrati!
  • Smettetela di piangere, nonna... lo faremo, se lo volete veramente, noi lo faremo.

XXIX. Il padre.

Un giorno arriva il padre dei bambini, si ferma davanti alla porta, braccia incrociate, gambe divaricate. I bambini lo guardano senza parlare. Il padre domanda:
  • Dov'è mia moglie?
la nonna ride.
  • Si sono il marito di sua figlia, e questi sono i miei figli...
  • Mia figlia me li aveva affidati.
  • Avrebbe fatto meglio ad affidarli a qualcun altro... ora dov'è? Mi hanno detto che è andata all'estero...
  • E lei dov'è stato fino ad oggi...
  • Sono stato prigioniero di guerra... e ora voglio ritrovare mia moglie...
  • Mi piace molto il suo modo di ringraziarmi per quello che ho fatto per i suoi bambini...
  • Me ne frego! Mi dica dov'è mia moglie!
  • Se ne frega? E va bene... allora glielo faccio vedere io dove sua moglie!
La nonna esce in giardino... col bastone indica un quadrato di fiori che i bambini hanno piantato sulla tomba della madre...
  • Eccola lì sua moglie... sottoterra...
  • Come è morta... quando?
  • È morta per una granata... qualche giorno prima della fine della guerra.
  • Voglio vederla
  • Non dovrebbe... non bisogna disturbare i morti...
  • Portatemi un badile!
  • Portategli un badile...
Il quaderno dice che quando il padre arriva alle coperte e le scosta, lì... lì, c'è coricato un grosso scheletro, con uno scheletro piccolissimo attaccato al petto.
  • E questo cos'è?
  • È la nostra sorellina...
  • Gliel'avevo detto di lasciare tranquilli i morti...
L'uomo esce a fatica dal buco.... e se ne va, se ne va senza voltarsi, con le mani e gli abiti coperti di fango...
  • Bambini, ora bisogna richiudere il buco... non si può fare altro. Dice la nonna.

XXX. Il ritorno del padre.

Il quaderno dice che il padre torna solo molti anni dopo... quando ormai la nonna aveva avuto un nuovo attacco e i bambini l’avevano aiutata a morire come lei aveva chiesto...
Ora è sepolta nella stessa tomba del nonno. Prima che aprissero la tomba, i bambini avevano recuperato il tesoro e l'avevano nascosto sotto la panca davanti alla finestra dove ci sono ancora il fucile, le cartucce e le bombe.
Il padre torna in cerca di aiuto. Vuole che i bambini lo aiutino a fuggire dal paese..
  • Sono appena uscito di prigione... mi hanno torturato. Non so perché... sono un individuo politicamente sospetto... sono sorvegliato costantemente... non posso più vivere in questo paese... devo attraversare la frontiera.
  • Voi che vivete qui... sicuramente sapete come posso fare...
  • Una possibilità c’è, ma è a rischio della vita...
  • Preferisco morire... piuttosto che restare qui.
I bambini spiegano al padre tutte le difficoltà e tutti i rischi... reticolati, pattuglie, torrette di guardia,  terreni minati... il padre riflette, poi dice:
  • Va bene, accetto il rischio...
  • Va bene anche per noi... vogliamo proprio aiutarvi... vi accompagneremo fino alla prima barriera
I bambini offrono al padre del pane con del formaggio di capra e anche del vino.
La mattina dopo i bambini recuperano il Tesoro della nonna... le monete, i gioielli, e le mettono in un sacco di tela. Poi fanno un giro vicino alla frontiera e nascondono il sacco di tela ai piedi di un grosso albero. Poi rientrano, mangiano e preparano la colazione per il padre: latte, caffè, uova, prosciutto, burro, marmellata! Tutte cose introvabili nella grande città.
  • Mangiate! Non ci sarà tempo di fare un altro pasto prima della vostra partenza.
  • Questa sera?
  • No, subito, appena sarete pronto.
  • Mi rifiuto di passare questa frontiera di merda in pieno giorno! Ci vedranno.
  • Solo le persone stupide cercano di passare la frontiera di notte. Di notte la frequenza delle pattuglie è moltiplicata per quattro... il momento in cui la sorveglianza è più debole e verso le 11 del mattino.
  • Avete certamente ragione. Mi fido di voi.
Alle 11 partono... arrivano vicino alla frontiera... si nascondono dietro il grosso albero. Aspettano che passi la pattuglia... quando la pattuglia si allontana i bambini dicono:
  • Avanti, padre, abbiamo 20 minuti prima dell'arrivo dell'altra pattuglia...
Il padre avanza... posa due assi di legno contro la barriera... i bambini si stendono a terra dietro il grosso albero... si tappano le orecchie con le mani... aprono la bocca... c'è un'esplosione.
I bambini corrono fino al reticolato con altri due assi e il sacco di tela. Il padre è steso a terra vicino alla seconda barriera... L'unico modo giusto per attraversare la frontiera consiste nel far passare qualcuno davanti a sé... Il quaderno dice che uno dei due bambini, prende il sacco di tela con il tesoro di nonna... prima cammina sulle tracce dei passi del padre, poi sul suo corpo inerte e così passa nell'altro paese. Il bambino che resta, torna da solo a casa della nonna.

C’è un quaderno.
Sembra il diario di due bambini... in tempo di guerra...
Non so in quale guerra... non so in quale tempo... non so dove... Non so chi l’ha scritto.
Non so nemmeno se quello che c’è scritto è vero... però...

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